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Il cisplatino (cis-DDP) è un chemioterapico utilizzato in un ampio spettro di neoplasie (Eastman, 1991; Rosenberg 1999; Katzung 2006), ma è anche conosciuto per i sui effetti ototossici e nefrotossici come danni collaterali alla cura antitumorale (Humes, 1999; Devarajan et al., 2002; Rademaker- Lakhai et al., 2006; Huang et al., 2007). Ricerche sia sull’uomo sia su animali hanno dimostrato che l’ototossicità del cisplatino risultava maggiore a carico delle cellule cigliate esterne del giro basale della coclea (Laurell & Bagger-Sjoback, 1991; Rybak et al., 1995, 1999; Kopke et al., 1997; Liu et al., 1998; Evans & Halliwell, 1999; Alam et al., 2000; Huang et al., 2000; Watanabe et al., 2001; Van Ruijven et al., 2005). Il cis-DDP danneggiva anche le cellule del ganglio spirale inducendo o la perdita della loro funzionalità o la morte (Rybak et al., 1995; Cardinaal et al., 2000; Van Ruijven et al., 2005).

Dai dati raccolti in questa tesi è stato confermato che su modelli in vitro il cisplatino aveva un effetto tossico dose e tempo dipendente (Lee et al., 1998; Wang et al., 2000; Bertolaso et al., 2001; Devarajan et al., 2002; Imandi et al., 2004; Amràn et al., 2005; Liu et al., 2008), e che induceva la morte cellulare per apoptosi (Forge, 1985; Vago et al., 1998; Alam et al., 2000; Pirvola et al., 2000; Watanabe et al., 2000; Liu et al., 2008) La tossicità del cis-DDP è apparsa più o meno marcata in funzione della linea cellulare che veniva trattata, infatti, in questo studio le OC-k3 sono risultate molto più sensibili al chemioterapico rispetto alle PC12 indifferenziate in quanto a parità di concentrazione (13μM) le prime subivano una mortalità del 20% a 24h e del 40% a 48h, mentre per le seconde le percentuali erano minori (8% a 24h e 17% a 48h). Come documentato da Kim et al. (2000), la privazione del siero per le PC12 comportava la morte cellulare per apoptosi. In questa condizione le PC12 risultavano più sensibili all’azione

tossica dell’etanolo rispetto a quelle mantenute in terreno con il siero (Krzyzanski et al., 2007). Pertanto, nel nostro studio, per simulare un danno su cellule che non erano già state compromesse, le PC12 sono state mantenute in terreno completo prima del trattamento con cisplatino, in modo da isolarne l’effetto tossico, stesso tipo di procedimento utilizzato da vari altri ricercatori (Klein et al., 2007; Piga et al., 2007).

Le PC12 se trattate con NGF nell’arco di 6 giorni differenziano in neuroni simpatetici (Greene & Tischler, 1976; Tischler & Greene, 1978). L’eliminazione dell’NGF dopo il differenziamento comporta la morte cellulare per apoptosi (Green & Tischler, 1976; Batistatou & Green, 1991; Rukenstein et al., 1991; Mesner et al., 1992). Anche in questo caso come per le PC12 indifferenziate abbiamo eseguito il trattamento con il cisplatino senza eliminare l’NGF per valutare i danni causati esclusivamente dal chemioterapico (Klein et al., 2007). In letteratura è stato riportato che l’NGF proteggeva i neuroni ritardando l’apoptosi indotta dal cisplatino in modelli animali (Apfel et al., 1992) e cellulari (es: DRG e PC12 differenziate) (Koning et al., 1994; Jayadev, et al., 1995; Gill &Windebank, 1998; Mc Donald et al., 2005) ma in alcuni casi questo effetto non era stato documentato (Windebank et al., 1994). Nel nostro studio le PC12 differenziate sono risultate molto sensibili all’azione del cisplatino che dopo 24h a basse concentrazioni causava una mortalità già molto alta (circa il 40% per il cisplatino 13μM) e raggiungeva il 50% alla dose 50μM.

Come documentato da Previati et al. (2007) sulle OC-k3, il cisplatino per esplicare la sua azione apoptotica danneggiava il citoscheletro. Anche nel nostro caso sia le PC12 sia le OC-k3 sottoposte all’azione del farmaco subivano una disorganizzazione delle fibre di actina con conseguente cambiamento e restringimento della forma cellulare, la perdita del contatto cellula-cellula, il distacco e il passaggio in sospensione. Questo fenomeno si presentava già alla dose 13μM, l’effetto si aggravava con il passare del

tempo di esposizione al cisplatino e con l’aumento della sua concentrazione.

Sulle PC12 differenziate il cis-DDP agiva causando l’accorciamento e la perdita dei neuriti con conseguente perdita della funzionalità neuronale, gia documentata sulle stesse cellule e su altre linee neuronali sia dopo trattamento con il chemioterapico (Koning et al., 1994; Quasthoff & Hartung, 2002), sia dopo privazione dell’NGF (Dispersyn et al., 1999).

Parallelamente al citoscheletro è stato indagato il danno a livello nucleare. Su varie linee cellulari in particolare sulle HL60 è stato dimostrato che l’apoptosi indotta da cisplatino causava la frammentazione del nucleo dando il tipico DNA ladder (Rauko et al., 2001; Cipak et al., 2003). Per entrambe le linee cellulari da noi studiate non è stata evidenziata nessuna frammentazione della cromatina nell’arco delle 48h di esposizione alle concentrazioni di cis-DDP oggetto di questo studio (13μM per le OC- k3, dalla 5μM alla 200μM per le PC12). Come noi, altri autori hanno documentato come la morte cellulare causata dall’esposizione al cisplatino avvenisse senza frammentazione della cromatina (Ormerod et al., 1994), in particolare per le OC-k3 questo fenomeno era già stato descritto da Previati et al. (2007) i quali avevano trattato le cellule con cisplatino 50μM per 24- 48h.

Un marker tipico del processo apoptotico è l’esposizione della fosfatidilserina (PS) sulla membrana citoplasmatica evidenziabile con l’annessina-V (Böhm & Schild, 2003). Le PC12 e le OC-k3 mostravano una positività a questo marker gia alla dose 13μM e all’aumentare della concentrazione di cisplatino si potevano anche osservare un principio di condensazione e marginalizzazzione della cromatina e in casi rari la frammentazione del nucleo in corpi rotondenggianti.

Tutti questi eventi indicavano che il cisplatino sulle linee cellulari da noi studiate aveva un effetto tossico con induzione della morte cellulare per apoptosi ma senza che vi fosse frammentazione della cromatina.

La dose di cis-DDP 13μM è stata considerata quella ottimale per studi di protezione, in quanto era la concentrazione minima in grado di dare apoptosi, senza causare una mortalità pari o superione al 50%. Le dosi superiori erano considerate troppo tossiche, infatti, per quelle pari e superiori alla 100μM molto probabilmente le cellule morivano per necrosi come documentato anche da altri autori su una linea cellulare epiteliale renale (LLC-PK1) (Imandi et al., 2004) o su un’altra linea cellulare derivante dall’orecchio interno di topo (HEI-OC1) (Devarajan et al., 2002).

Seppur limitandoci allo studio della vitalità e dei danni morfologici causati dal cisplatino, anche per le PC12 differenziate, la concentrazione 13μM è risultata quella limite per studi di protezione.