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48 La figura 19 mostra la prevalenza totale dei pazienti sieropositivi per T. gondii, suddivisi tra donatori e riceventi. Salta subito all’occhio come il valore percentuale sia abbastanza elevato in entrambe le categorie, 37% nei donatori e 56% nei riceventi. Nei donatori avevamo un’alta percentuale di pazienti con sierologia dubbia (38%), che non è stata inclusa in questo grafico.

Pazienti Maschi Femmine Totale

Riceventi positivi 240 (42,11%) 81 (14,21) 321 (56,31%)

Donatori Positivi 156 (27,37%) 55 (9,65%) 211 (37,01%)

Figura 19. In alto: istogramma che mostra la percentuale di pazienti sieropositivi per T. gondii sottoposti a trapianto ortotopico di fegato dal 2012 al 2017. In basso: tabella che mostra il numero e la relativa percentuale dei pazienti sieropositivi sottoposti a trapianto, suddivisi per riceventi e donatori e per genere maschile e femminile.

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5. Discussione

Toxoplasma gondii è responsabile dell’infezione di oltre due milioni di persone a livello

mondiale, e la toxoplasmosi rappresenta la terza causa di morte per malattie infettive trasmesse attraverso il cibo, dopo salmonellosi e listeriosi1,2. Alcuni studi hanno dimostrato un declino progressivo della sieroprevalenza di toxoplasmosi negli ultimi due decenni, soprattutto nei giovani, nei paesi industrializzati, sia negli Stati Uniti che nei paesi dell’Unione Europea. In Italia manca un apparato di sorveglianza nazionale per la prevalenza di T. gondii nella popolazione generale, e una sorveglianza per la toxoplasmosi congenita è stata routinariamente messa a punto solo a livello regionale in Campania; di conseguenza, non è disponibile una stima accurata dell’impatto della toxoplasmosi nel nostro Paese, e le informazioni provengono solo da studi cross-sectional come questo condotti su coorti limitate di popolazione (ad esempio dati derivanti da strutture ospedaliere o limitati all’analisi nell’età riproduttiva)4.

In questo studio abbiamo analizzato la sieroprevalenza nei confronti di T. gondii all’interno di un campione di 569 soggetti sottoposti a TOF presso l’AOU Pisana, in un periodo compreso tra il 2012 e il 2017. Abbiamo suddiviso tali dati per status immunologico del donatore dell’organo trapiantato (positivo, negativo o dubbio), per genere (maschile o femminile) ed, infine, per profilassi con cotrimoxazolo (associazione tra trimetoprim e sulfametossazolo), alla dose di 400 mg al giorno per una durata di tre mesi, eseguita o meno, in accordo con le attuali Linee Guida81.

Dai dati raccolti risulta che vi è una prevalenza del 37% di donatori di fegato sieropositivi e del 42,1% di riceventi sieronegativi, ma anche un’alta percentuale (39,5%) di campioni dubbi, soprattutto tra i donatori d’età compresa tra 50 e 60 anni – la fascia d’età maggiormente rappresentata nella popolazione dei soggetti riceventi trapianto di fegato - per cui non è stato possibile quantificare la reale sieroprevalenza per T. gondii sul totale del campione in studio. Questo dato indica una scarsa attenzione alla sierologia del donatore, che potrebbe essere portatore di cisti tissutali con importanti sequele in caso di prima infezione nel ricevente dopo mancata profilassi. Da questo studio è emerso infatti che in 17 casi (2,9%), in cui il donatore di fegato era sieropositivo o dubbio e il ricevente sieronegativo, non è stata effettuata la profilassi con cotrimoxazolo raccomandata dalle Linee Guida81. Fortunatamente, nessuno di questi

soggetti, comunque, risulta essere andato incontro a manifestazioni di toxoplasmosi acuta, che in un soggetto immunodepresso potrebbero essere particolarmente gravi. Dallo studio sono comunque stati esclusi i soggetti che si erano sottoposti a trapianto ortotopico di fegato (TOF) ma che erano deceduti al momento della raccolta dei dati. Mancando anche un follow up per la

50 sierologia nei pazienti trapiantati, questo non ci ha permesso di capire se negli anni presi in considerazione dallo studio ci fossero stati cambiamenti nella sierologia dei pazienti.

Parallelamente, risulta però che in 24 casi (4%) è stata inutilmente effettuata la profilassi farmacologica, pur non sussistendo alcun pericolo di riattivazione di toxoplasmosi ovvero dal momento che sia il donatore che il ricevente del trapianto di fegato risultavano sieronegativi per T.gondii, esponendo quindi questi pazienti inutilmente a possibili effetti avversi dell’associazione trimetroprim e sulfametoxazolo.

Abbiamo infine indagato se ci fossero differenze tra i soggetti italiani e gli stranieri (europei ed extraeuropei). Gli italiani sottoposti a TOF sono stati 505 (89%) persone, gli stranieri 64 (11%). Tra i riceventi di trapianto di fegato, il 72% dei pazienti stranieri è risultato positivo alla ricerca di anticorpi anti-Toxoplasma gondii, mentre solo il 28% è risultato negativo.

In letteratura mancano valutazioni sistematiche su dati epidemiologici, sia in pazienti trapiantati che non, ma ciò sarebbe importante per valutare eventuali casi di riattivazione o prima infezione da toxoplasma in pazienti riceventi il trapianto. Derouin et al. nel 2008 hanno raccolto dati provenienti da alcuni Paesi relativi alla prevalenza in pazienti trapiantati di cuore o cuore- polmoni, secondo gli studi di vari autori: sono dati molto variabili anche all’interno della stessa Nazione, ad esempio negli Stati Uniti si va dall’84% in uno studio di Montoya (2004) al 62% di Luft et al, oppure in Europa si passa dal 43% in Svizzera secondo Gallino et al. al 70% in Gran Bretagna secondo Wregitt et al. Queste differenze sottolineano come ancora oggi non sia ben chiara l’effettiva distribuzione e sieropositività di Toxoplasma a livello mondiale28.

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6. Conclusioni

Da questo studio è emerso che, nonostante i dati di sieroprevalenza in un campione di soggetti sottoposti a trapianto di fegato, siano parziali, vi è una prevalenza significativa di casi in cui la profilassi con cotrimoxazolo raccomandata dalle Linee Guida internazionali81 non viene

eseguita, ponendo a rischio di manifestazioni cliniche gravi, potenzialemente mortali, pazienti temporaneamente immunodepressi. In Italia, un documento del 2008 della Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) riporta che gli schemi di profilassi delle infezioni dopo trapianto differiscono non poco tra i diversi Centri, e che la loro scelta dipenda, almeno in parte, dall’esperienza e dalla consuetudine dei singoli centri, ma anche dall’incidenza delle diverse patologie infettive e dalla maggiore o minore disponibilità e possibilità di utilizzo di metodiche diagnostiche complesse. In questo documento si fa riferimento a un centro che utilizza come profilassi post-TOF una compressa di cotrimossazolo 3v/settimana a giorni alterni, in ogni status sierologico, in grado di prevenire la pneumocistosi, e non viene ritenuto necessario uno screening post-trapianto. In questo documento si auspica che ogni Centro Italiano Trapianti possa trovare un maggior consenso sul tipo di profilassi da intraprendere (http://www.webaisf.org/media/10208/documento.trapianto_di_fegato.2008.pdf).

Si può notare anche come la sierologia sia positiva maggiormente nei riceventi e donatori di sesso maschile rispetto a quello femminile: questo trend è stato messo in luce da Pinto et al. nel 2016, in uno studio cross-sectional che andava ad indagare, tra le altre cose, l’accesso ai test per la ricerca di Toxoplasma in base al genere, e uno dei motivi può essere la maggior attenzione a livello di prevenzione che le donne mettono in atto durante il periodo della gravidanza. Sia dal nostro studio che da quello di Pinto et al., condotto sulla popolazione dell’area pisana e lucchese, si vede come la sieropositività aumenti con l’aumentare dell’età, per raggiungere il picco nella decade 60-70 anni, dimostrando come la toxoplasmosi sia un’infezione che può essere acquisita in ogni momento della vita. Mentre per Pinto et al. il trend aumenta ancora oltre i 70 anni, in questo studio diminuisce, ma il motivo è probabilmente da ricondursi al minor numero di pazienti che accedono al trapianto di fegato4.

La mancanza di un sistema di sorveglianza epidemiologica in Italia non permette comunque di avere un quadro sufficientemente rappresentativo della situazione epidemiologica della toxoplasmosi, basata per lo più su dati condotti su donne in gravidanza. In letteratura si trovano alcuni case report di toxoplasmosi acuta disseminata, a seguito di TOF: sebbene tale evento sia raro, esso in tali casi solitamente evolve in esito fatale, dovuto generalmente ad un ritardo nell’inizio della terapia data sia la rarità dell’evento che sintomi aspecifici90. Visto il notevole

52 impatto clinico che l’infezione da Toxoplasma gondii può avere soprattutto sui soggetti immunodepressi, tra cui i pazienti trapiantati, una maggiore consapevolezza nei confronti della sierologia prima e nell’importanza della profilassi poi può risultare determinante nell’esito di una eventuale prima infezione da organo di donatore sieropositivo o per una riattivazione nel ricevente sieropositivo90,28.

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