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3) LA TRADIZIONE ORALE

Nel paragrafo precedente l’analisi si è concentrata sulle fonti letterarie usate da Jean d’Arras per la costruzione della sua versione della storia di Melusina, a partire dagli autori citati esplicitamente, fino ad arrivare ad altre versioni inevitabilmente collegate alla storia. Come già specificato, tuttavia, nessuno degli autori citati ha inventato la vicenda narrata: essa trae origine da un patrimonio orale di stampo mitico e popolare, rielaborato e adattato poi secondo le esigenze di ciascun autore.

Inserita nel racconto-tipo 400 di Aarne-Thompson “l’uomo alla ricerca della sposa perduta”, la leggenda melusiniana però fa uso anche di altri elementi, in quanto è impossibile classificare un testo limitandolo ad un unico tipo.

Volendo andare a ricercare le fonti più antiche della leggenda, quelle popolari che si rifanno alla mitologia, ce ne sono diverse da tutto il mondo che descrivono tratti presenti poi anche nello schema melusiniano, ma solo due storie corrispondono perfettamente alla definizione dei racconti melusiniani: la leggenda irlandese di Macha, la fata Ulaid, e quella normanna della fata d’Argouges.

3.a) Macha

La leggenda di Macha è contenuta nella Saga di Cuchulainn con lo scopo di spiegare l’origine della malattia degli Ulaid: al momento del pericolo essi sono per cinque giorni deboli come lo è una donna in preda ai dolori del parto.32

All’inizio della storia l’attenzione è concentrata sul protagonista maschile Crundchu, il fattore Ulaid, e sulla sua solitudine dovuta alla morte della moglie. L’isolamento contraddistingue l’eroe nel momento in cui si prepara all’incontro con la creatura meravigliosa. In questo caso però, non è il giovane a raggiungere il confine con l’altro mondo, ma è la fata ad abbandonarlo e a

33 dirigersi dall’uomo per diventare la sua sposa. Un giorno, mentre è solo nella sua casa, il fattore vede entrare e andare verso di lui una bellissima donna, di nome Macha. La fata, senza parlare, inizia a svolgere tutti i compiti di padrona di casa: accende il fuoco, munge le mucche, prepara i pasti e, venuta la sera, si corica a fianco di Crundchu, divenendo, anche se implicitamente, la sua nuova moglie. Macha rimane incinta e il fattore, grazie alla sua unione con la donna, vede le sue ricchezze prosperare sempre di più. Un giorno, Crundchu, decide di andare ad un’assemblea degli ulati, ma Macha lo mette in guardia e gli consiglia di non rimanere a casa, in modo da non correre il rischio di parlare della loro relazione. La fata termina il suo discorso dicendo che il loro legame durerà fino a quando lui non rivelerà la sua presenza a qualcuno. Di fronte a questo patto il fattore promette assoluta obbedienza ma si reca comunque alla riunione. Con leggerezza, il fattore infrange la proibizione di Macha: di fronte ai cantori che celebrano la velocità dei cavalli regali, l’uomo si vanta di avere una moglie più veloce. La fata è subito condotta di fronte all’assemblea e fatta gareggiare contro i due cavalli nonostante l’evidente stato di gravidanza. Superandoli nella corsa e, al traguardo, partorendo accanto a loro i suoi due figli, un maschio e una femmina, la fata è costretta a rivelare la sua natura semianimale, proprio come Melusina colta di sorpresa durante il bagno. La leggenda termina con la sparizione della donna e la sua maledizione estesa a tutta la sua discendenza.

La particolarità di Macha, che la rende diversa dalle altre fate, è quella di essere l’unica ad avere un nome, probabilmente perché la leggenda è stata arricchita di connotazioni mitologiche nazionali, tanto da prendere il nome di una dea celtica. In due articoli che mettono a confronto le figure di Epona, Rhiannon e Macha, Jean Gricourt33 arriva alla conclusione che Rhiannon, e Macha non siano altro che la corrispondente gallese e irlandese della divinità gallo-romana Epona, dea madre della fertilità, della maternità e della ricchezza. Lei ha come attributo il cavallo, che le vale l’appellativo di

34 giumenta. Facendo riferimento alle leggende premelusiniane attestate da Gualtiero Map e dal folklore celtico, che ho analizzato in precedenza, è evidente come la fata della storia di Wastinius abbia un legame anche con questa storia: lei proibisce all’amato di colpirla con la briglia del suo cavallo, la stessa riemersa quando ho citato quella leggenda in cui più che l’oggetto in sé è importante il materiale di cui esso è fatto. Nella leggenda gallese sulle origini del capostipite dei medici di Myddvai, la dama proibisce all’uomo di colpirla tre volte e il divieto è infranto proprio quando, sbadatamente, egli la colpisce tre volte per incitarla a cercare un cavallo. G. Dumézil rivelava “l’importanza del cavallo nel momento critico dell’azione”34. Le melusine celtiche, dunque, sono divise a metà fra la forma umana e quella animale, incarnata non da una serpe ma da un cavallo e, ritornano nell’altro mondo perché l’eroe, con il suo gesto, ha messo in evidenza la vera natura della fata.35

Nel corso degli anni la sovrapposizione con altri motivi folklorici ha portato confusione nella leggenda, tanto che le fonti più antiche, come appunto quella di Macha, sono state quasi totalmente cancellate.

3.b) La fata d’Argouges

La leggenda normanna della fata d’Argouges36, per quanto riguarda l’incontro, sembra avvicinarsi di più allo schema melusiniano tracciato in precedenza, poiché riprende l’elemento della caccia nel bosco e del cavaliere che, attirato dalla fata, le va incontro in un luogo che presenta tutte le caratteristiche della frontiera fra due mondi. Mentre è a caccia, il giovane s’imbatte in un gruppo di fanciulle, fra le quali una attira immediatamente la sua attenzione poiché dotata di rara bellezza e di ornamenti sontuosi: il carattere fisico e quello materiale sono inseparabili nella figurazione della creatura meravigliosa. La richiesta di matrimonio è accompagnata ovviamente da un divieto: l’uomo non deve pronunciare mai in presenza della moglie la parola "Morte". Il termine

34 La citazione è presa da Dumézil 1929, p. 269.

35 Ivi, p. 333.

35 proibito qui assume lo stesso valore del nome della fanciulla in altre versioni, probabilmente perché allude alla sua vera natura. Dalla loro unione felice e duratura nascono numerosi bambini e la fata arricchisce con gioia il suo sposo. Il signore d’Argouges è così attento che dopo numerosi anni non ha ancora infranto il divieto. Tuttavia, un giorno, il giovane si lascia sfuggire la parola vietata durante un momento di collera. Più che vittima di una sua leggerezza, come Crundchu, il cavaliere compie una trasgressione involontaria che risulta attenuata, ma che non ammette un cambiamento nelle sorti finali. La fata a quel punto inizia a gridare, in modo così straziante che sembra che il vocabolo “proibito” le abbia davvero inflitto la morte. Seppur innamorata, è costretta ad andarsene, lasciando solo l’impronta della sua mano sulla porta del castello. A differenza di Macha che sparisce per sempre, la fata d’Argouges dimostra un attaccamento forte verso i suoi figli andando a trovarli ogni notte. L’impronta della mano rimane ancora oggi una prova dell’antenata sovrannaturale che i discendenti d’Argouges mostrano con orgoglio.

Il personaggio di Melusina ha ricevuto diverse contaminazioni: sia pagane, come il legame con l’isola di Avalon; sia cristiane, come la coda di serpente. Nonostante questo, come abbiamo visto, i tratti originari della fata premelusiniana sono ben individuabili, a testimonianza che i narratori del Medioevo, probabilmente affascinati da queste leggende, hanno attinto dagli antichi racconti mitologici e orali gli elementi necessari a dare vita all’antenata dei Lusignano.

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CAPITOLO 3

LE LEGGENDE MELUSINIANE

I vari testi analizzati in precedenza non sono gli unici ad affrontare il tema melusiniano. Nel panorama letterario del XII e nel XIII secolo la leggenda di Melusina dimostra di essere una delle più apprezzate e impiegate dagli autori.