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La tradizione a stampa postuma

Nel documento Giovanni Pascoli, Phidyle. Edizione critica (pagine 182-187)

Fase elaborativa A

2. L’approdo alla stampa

2.3 La tradizione a stampa postuma

L’ultima fase della storia di Phidyle è relativa al suo ingresso nella vicenda editoriale moderna. Dopo la pubblicazione, nel 1894, a cura dell’Accademia olandese, il poemetto viene inserito nell’editio princeps dei Carmina curata nel 1914 (pubblicata, però, solo nel 1917) da Ermenegildo Pistelli, il quale ha lavorato soprattutto con i materiali che la sorella Maria metteva a sua disposizione1. Viene

ripubblicato nel 1930 nell’edizione critica dei Carmina curata da Adolfo Gandiglio, che condusse una nuova analisi diretta sui manoscritti autografi2. Il

testo edito dal latinista verrà recepito nell’edizione diretta e curata da Manara Valgimigli con la collaborazione di Marino Barchiesi e pubblicata da Mondadori nel 1951 nella collana dei Classici Contemporanei Italiani3.

Il testo di Gandiglio è più fedele all’edizione amstelodamense rispetto a quello di Pistelli, ma rimane comunque soggetto a un’incostante normalizzazione del testo autografo, con forti risvolti che incidono sul versante del suono e del ritmo e che alterano l’usus grafico pascoliano. Si tratta di un fenomeno legato alla temperie culturale del tempo degli editori, ma oggi non più accettabile.

Così come risulta illegittima la scelta di Pistelli, e poi di Gandiglio, di far scomparire dai testi alcuni usi grafici tipicamente pascoliani, di cui si è detto: la semivocale u per v, l’iniziale minuscola dopo il punto fermo e la dissimilazione nei composti. Phidyle rappresenta indubbiamente un unicum, essendo il solo tra i poemetti pascoliani usciti dalla tipografia Muller a conservare queste particolarità grafiche operanti fin dalla ‘copia di Maria’ e mantenute nel testo inviato al

1 IOANNIS PASCOLI Carmina collegit Maria Soror, edidit H. PISTELLI, exornavit A. DE

KAROLIS, Bononiae Bononiae, in aedibus N. Zanichelli, A.D. MCMXIV (a fine libro: «Finito di stampare il giorno 8 settembre 1915 nella tipografia di Augusto Cacciari in Bologna»). Un foglio conservato nell’Archivio di Castelvecchio (edito per la prima volta da Fera in Le nuove prospettive

editoriali, 328 sgg.), contiene le indicazioni fornite da Pascoli al pittore De Carolis sul corredo

iconografico dei testi: «Phidyle. | La contadinella in casa? al fonte con Orazio. | La contadinella manus superis tollens» (ACP, G.59.1.1,2). De Carolis rappresenterà, in testa al poemetto (p. 145), Fidile in preghiera con le mani rivolte al cielo («La contadinella manus superis tollens», situazione che risponde all’epilogo del poemetto – vv. 169-70 – e anche a Hor. Carm. 3, 23, 1-2) e, in chiusura (p. 154), la fanciulla intenta a riempire la brocca («al fonte con Orazio», ai vv. 106-07).

2 IOANNIS PASCOLI Carmina recognoscenda curavit Maria soror, I-II, Bononiae, sumptu

Nicolai Zanichelli, 1930. Il nome di Gandiglio non compare nei frontespizi, ma solo in occhielli alla fine dei due volumi, rispettivamente a I, 213 e II, 197: Appendicem criticam addidit Adolphus

Gandiglio. Una descrizione puntuale del volume in Concordanza dei «Carmina» di Giovanni Pascoli, a

cura di CLEMENTE MAZZOTTA, Firenze, 1999, VIII. Per un profilo culturale del latinista vd. TRAINA, Adolfo Gandiglio, un “grammatico” tra due mondi, con una bibliografia ragionata a cura di M.BINI, Bologna 2004.

3 IOANNIS PASCOLI Carmina, recognoscenda curavit Maria soror / GIOVANNI PASCOLI, Poesie

latine, a cura di M.VALGIMIGLI, Milano 1951 (non si tratta di una nuova vera edizione, perché

saldamente fondata sui risultati del Gandiglio, ma presenta importanti aggiunte). È da questa edizione che si cita il testo dell’Appendix del Gandiglio, perché in essa sono confluiti diversi

addenda vergati dal professore di Fano, a pochi mesi dalla pubblicazione, nella sua copia di lavoro

(vd. PARADISI, L’Appendix critica pascoliana e due distici latini del Gandiglio, «Rivista pascoliana», 10, 1998, 197-200). Un’accurata revisione del testo curato da Valgimigli è stata effettuata da Clemente Mazzotta per l’elaborazione della Concordanza dei «Carmina».

Certamen1. Cancellare le tracce di un’operazione realizzata consapevolmente da

Pascoli nella prima metà degli anni Novanta significa perdere un indicatore pregnante sul piano storico-culturale. Negli anni successivi questo gusto andrà affievolendosi un po’ in tutta la produzione pascoliana e solo nuove edizioni criticamente fondate dei testi latini potranno illuminare su questi aspetti obliterati per una sorta di idiosincrasia, comune un tempo ma oggi intollerabile, per la specificità grafica dei singoli carmina.

Ancor meno accettabile l’attitudine di Pistelli di fare ricorso qua e là alle carte autografe, operando, in presenza di varianti testuali, scelte non giustificabili sul piano filologico, in quanto non aderenti a un’accertabile ultima volontà del poeta: è il caso della soluzione di Pistelli, accolta da Gandiglio, che sostituisce al v. 116 «ut», presente nell’edizione amstelodamense («ut solam me territat umbra Vacunae»), con «et», che risale invece alla correzione apportata da Pascoli sul testo d’impianto della ‘copia di Maria’2:

La necessità del recupero di «ut» è confermata dal fatto che sulla copia inviata al Certamen Maria in un primo momento scrive «et», recependo la prima correzione di Giovanni, ma poi, indirizzata con ogni probabilità dal fratello che sorvegliava la trascrizione, corregge in «ut»:

La soluzione «ut», in luogo di «et», consente l’acquisto sul piano fonico dell’allitterazione «ut territat» rafforzata dal suono cupo della u in associazione con «umbra», che sottolinea, anche fonosimbolicamente, il senso di sgomento di Fidile allo scendere delle ombre della notte, fra l’ermo tempio di Vacuna e il lungo lamento del gufo.

Risulta infine arbitraria la scelta di Pistelli, e poi di Gandiglio, di accogliere ai vv. 161-62 la lezione «iam nox tegit imam | Usticam»3:

Al v. 161-2 nella ediz. di Amsterdam si leggeva iamque Ustica noctem | concipit, dove era inesatta la misura Ustĭca. Il Poeta corresse in due modi;

1 Vd. supra, Fase elaborativa A1 e Fase elaborativa B.

2 Vd. supra, la trascrizione critica. Nell’Appendix di Gandiglio leggiamo: «v.116: ut solam 1. A.

[edizione amstelodamense], et solam Pist. [Pistelli] cum libello poetae idiographo. Quamquam primo sic P. [Pascoli] scripserat: namque etiam ad lumen dubitantis pensa (saepe) lucernae | saepe (pensa)

uno quello da noi accolto; e l’altro iam concipit umbram | Ustica. La misura inesatta è rimasta nella Silvula IV, 4, a pag. 513 di questo volume1.

Tale soluzione, che si basa probabilmente sul criterio dell’usus scribendi pascoliano2, non è accettabile, dato che il poeta, come si è già detto, non aveva

espresso una volontà definitiva3.

Si propongono di seguito le varianti delle varie edizioni rispetto al testo amstelodamense4:

vv. EDIZIONE

AMSTELODAMENSE

PISTELLI GANDIGLIO

16 aequumst aequum est aequumst

17 Phraatem Phraaten Phraaten

27 inpositam impositam inpositam

33 crinis crines crinis

41 inmeritus immeritus inmeritus

41 paenasque poenasque poenasque

45 saluom salvum salvom

53 conposita composita conposita

54 inprimis imprimis inprimis

80 conpos compos conpos

115 ignis ignes ignes

1 IOANNIS PASCOLI Carmina collegit Maria Soror, edidit H.PISTELLI, 563. Anche Gandiglio,

editore dei Carmina nel 1930 (vd. supra), accoglie la scelta di Pistelli: «v. 161 sq.: iamque Ustica

noctem | concipit 1. A., ch.; corr. P. in exemplari Amst., quod sorori «Phidylae suae dulcissimae»

dicavit» (PASCOLI, Poesie latine, a cura di M.VALGIMIGLI, 707).

2 Nei Carmina, concipit è documentato, con un senso realistico, soltanto una volta (Ecl. XI 99,

riferito ad agna: «concipit: est praegnans: geminas parit»), mentre tegit, più spinto sul piano metaforico, quattro volte (Mor. 186: «Huic candida pectus | barba tegit»; Fan. Vac. 340: «Horrida deinde nudum | me tegit nix et glacies»; Fan. Ap. 217: «atque haustum placido tegit aequore pontus»; Post occ. 205: «Ignarum plane rerum tegit omnia gramen»)

3 Per la scelta adottata nel testo fissato nella presente edizione, vd. infra, Criteri di edizione. 4 Non tengo in sinossi l’edizione curata da Manara Valgimigli che assume il testo critico di

Gandiglio; unica variante grafica è «moretum» per «moretum;» al v. 74, come ha già segnalato C. Mazzotta nelle Concordanza dei «Carmina» di Giovanni Pascoli, X.

116 ut et et

126 inprimis imprimis inprimis

133 labantis labantes labantis

134 eheu eheu! eheu

142 naris nares naris

147 fragilis fragiles fragiles

154 crinis crines crinis

161- 162

iamque Vstica noctem | concipit

iam nox tegit imam | Usticam.

iam nox tegit imam | Usticam.

Questi, inoltre, i casi in cui le edizioni divergono nella punteggiatura dall’edizione amstelodamense:

vv. EDIZIONE

AMSTELODAMENSE

PISTELLI GANDIGLIO

56 proles, proles; proles,

68 ei soror, heus uirgo – conclamant – eia age, nata!

Ei soror, heus virgo, – conclamant – eia age, nata!

«Ei soror, heus virgo» conclamant «eia age, nata!»

70 est; est: est;

108 Quintus, Quintus Quintus,

110 sedes sedes, sedes

111 respiciens uirgo, “Tangis, pater”, inquit, “acu rem:

Respiciens virgo – Tangis, pater, – inquit – acu rem:

Respiciens virgo, ‘Tangis, pater’ inquit ‘acu rem:

118 “At deus,” inquit erus, – At deus – inquit erus –

‘At deus’ inquit erus 123 Iuppiter” inquit

“erum!”

Iuppiter, – inquit – erum!

134 eheu eheu! eheu

142 naris, nares naris

156 albanis; gelidus pascat licet Algidus agnos,

albanis: gelidus pascat licet Algidus agnos:

albanis; gelidus pascat licet Algidus agnos,

159 alumnis, alumnis: alumnis,

Nel documento Giovanni Pascoli, Phidyle. Edizione critica (pagine 182-187)