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CAPITOLO 3. TRADURRE IL MONDO LETTERARIO DI ANA MARÍA

3.1 Breve excursus sulla teoria della traduzione

3.1.1 Tradurre per i bambini

Come si accennava, questo lavoro culminerà in una proposta di traduzione di tre dei racconti per bambini di Ana María Matute: El saltamontes verde (1960),

Paulina (1969) e Sólo un pie descalzo (1983). Sarà necessario, innanzitutto,

passare in rassegna alcune questioni che riguardano quello che ormai è considerato un genere autonomo, ovvero la letteratura per l’infanzia, e di conseguenza i problemi e le difficoltà legate alla sua traduzione. L’ambito attiene ovviamente a quello della traduzione letteraria, riguardo cui Hurtado Albir afferma:

[…] los textos literarios se caracterizan por una sobrecarga estética. De hecho, el lenguaje literario podría definirse como todo lenguaje marcado con recursos literario, es decir, con recurso cuyo objetivo es complacerse en el uso estético de la lengua en transmitir emociones al lector. Son características propias del lenguaje literario, entre otras: una integración entre forma y contenido mayor de la habitual, y una especial vocación de originalidad. Además los textos literarios crean mundos de ficción que no siempre coinciden con la realidad.174

I testi letterari, inoltre, si caratterizzano per la varietà dei tipi testuali (narrativo, descrittivo, concettuale, ecc.), di campi, toni e stili che possono comprendere, combinare e integrare, dando luogo nella narrativa ad alternanze tra narrazione e dialogo, alla presenza di diversi dialetti e idioletti. Il traduttore letterario, prosegue Hurtado Albir, necessiterà di una serie di competenze specifiche che gli permettano di affrontare le problematiche derivate, ad esempio, dalla carica estetica (di stile, metafore, connotazioni) del testo, dall’idioletto proprio dell’autore, dalla presenza della dimensione diacronica, dalla distanza culturale tra il testo di partenza e quello di arrivo. Inoltre, può risultare essenziale nell’ambito della traduzione letteraria, la dimensione creativa, su cui molti autori, a partire dagli anni ‘80, si sono concentrati proponendo nozioni quali: traducción

174 HURTADO ALBIR, Amparo [2001], Traducción y traductología: Introducción a la

recreación (Etkind), metacreación (Popovic), metaliteratura (Holmes), proceso recreador (Solinski).175 Tra le diverse finalità della traduzione letteraria, vi è appunto, quella di voler dirigersi a un pubblico di giovani e bambini, e ciò spesso richiede un tipo di approccio iniziale al testo e diverse considerazioni.

Come suggerisce Franca Cavagnoli, prima di iniziare a tradurre letteratura per bambini è necessario individuare l’età del lettore, dato che i libri per bambini sono destinati a un’età specifica e ogni età ha la sua proprietà lessicale, e tuttavia, ciò non vuol dire rinunciare alla ricchezza lessicale.176 Inoltre, come nel caso dei racconti per bambini di A. M. Matute, si potrebbe dire che includano differenti livelli di lettura e che siano indirizzati tanto al pubblico adulto quanto a quello dell’infanzia. La traduttrice Simona Mambrini suggerisce un’altra caratteristica della letteratura per bambini, che è l’asimmetria, dovuta al fatto che l’autore reale (adulto) scriva per un lettore implicito bambino, basandosi sul concetto di child

image, ovvero l’idea che si ha dell’infanzia, da un lato basata sulle esperienze

personali dell’autore, e dall’altra dipendente dalla società e dalla cultura.177

Un’altra sfida per il traduttore potrebbe presentarsi, come nel caso del racconto

Paulina, quando il narratore è la bambina protagonista stessa, per cui il traduttore

dovrà avere come obiettivo quello di ricreare l’illusione di un bambino che parla e racconta direttamente ai suoi coetanei. Alla narrazione per bocca dei bambini si aggiungono i dialoghi, fitti e in genere molto vividi in questo tipo di letteratura, attingendo direttamente alla lingua dei giovani, spesso spezzano la narrazione conferendole freschezza. Come vedremo, i racconti di A. M. Matute sono colmi di dialoghi tra bambini e tra bambini e adulti.

E infine, la domanda che si pone ogni traduttore, e in particolare il traduttore per bambini, e che Mambrini riprende da Rodari: far viaggiare il testo o il lettore?

175 HURTADO ALBIR, Amparo [2001], Traducción y traductología: Introducción a la

traductología, pp. 63-64.

176 CAVAGNOLI, Franca [2012], La voce del testo: L’arte e il mestiere di tradurre, Feltrinelli, Milano, p. 118.

177 MAMBRINI, Simona [2010], C’era due volte… Tradurre letteratura per ragazzi, in Écrire et

traduire pour les enfants: Voix, images et mots. Writing and translating for children: Voices, images and texts, Elena di Giovanni et al. (a cura di), P.I.E. Peter Lang, Bruxelles, pp. 245-246.

É vero che si traduce sempre in funzione del lettore di arrivo, ma quando lo si fa per i bambini e i ragazzi ci si sente investiti di una responsabilità ulteriore al fine di rendere la lettura quanto più scorrevole possibile. Perché ciò avvenga bisogna affrontare la questione dei riferimenti culturali, che non sempre possono essere dati per scontati come nella letteratura per adulti. Secondo il concetto che si ha dell’infanzia, infatti, il bambino viene considerato come sprovvisto degli strumenti culturali enciclopedici che gli permetterebbero di comprendere i riferimenti a un’altra cultura. A ciò si collegano una serie di problematiche come l’umorismo che evidentemente funzionerà in maniera diversa a seconda del contesto culturale, così come i riferimenti al cibo o a qualsiasi abitudine o tradizione radicata nella cultura di partenza ed estranea a quella di arrivo. In generale, la letteratura per bambini sembrerebbe essere più target-oriented che

source-oriented, e tuttavia nel privilegiare eccessivamente la cultura di arrivo si

potrebbe cadere nell’errore di sconfinare in un atteggiamento limitante nei confronti delle diversità tra le due culture. Per questo, come suggerisce Mambrini, lasciare zone d’ombra o misteriose man mano che si traduce, potrebbe rappresentare uno stimolo per la curiosità di chi legge.178

3.2 Alcuni aspetti della traduzione dei racconti matutiani per bambini Hurtado Albir nel suo studio sulla traduzione e sulla traduttologia dedica alcuni capitoli a due questioni che riguardano il processo traduttivo e che sono state definite e teorizzate da traduttori come Marina Presas e Christiane Nord: il problema e la difficoltà della traduzione.179 Il primo è di tipo oggettivo e riguarda ogni traduttore indipendentemente dal suo livello di competenza; le difficoltà della traduzione, invece, sono soggettive e possono avere a che fare, ad esempio, con le condizioni di lavoro particolari di ogni traduttore o con la pragmatica, collegata alla natura stessa del processo di traduzione.

178 MAMBRINI, Simona [2010], C’era due volte… Tradurre letteratura per ragazzi, pp. 245-250 179 HURTADO ALBIR, Amparo [2001], Traducción y traductología: Introducción a la

Per quanto riguarda i problemi della traduzione, questi vengono classificati in quattro categorie: problemi linguistici, quelli di carattere normativo, che comprendono le differenze intrinseche tra due lingue e su diversi piani (lessico, morfosintattico, stilistico e testuale); problemi extralinguistici, quelli che rimandano a questioni di tipo tematico, culturale ed enciclopedico; problemi che riguardano gli strumenti della traduzione, ovvero difficoltà del processo della documentazione e ricerca, uso degli strumenti informatici; infine i problemi pragmatici sono quelli che riguardano la voce del testo originale, l’intenzione dell’autore, le possibili implicazioni e presupposizioni.180

Il primo problema da affrontare, accostandosi alla traduzione di un testo, è proprio quello linguistico, che presenta non poche conseguenze e difficoltà soprattutto nel caso specifico della traduzione dallo spagnolo all’italiano. Si tratta infatti di due lingue affini181, per certi aspetti, poiché neolatine e dunque con un ampio vocabolario di origine latina in comune, ma che abbondano anche di prestiti linguistici dall’arabo (nel caso dello spagnolo), inglese e francese. Tuttavia, mentre lo spagnolo tende ad adattare i prestiti al suo sistema grafico e fonetico, tramite il processo di naturalizzazione, in modo da integrarli pienamente e renderli propri, l’italiano tende a trasferirli al proprio sistema nella forma originale. Ci si imbatterà comunque in casi di similitudine, di parole esattamente uguali ma diverse nella totalità o in parte dei loro significanti, come ad esempio i “falsi amici”. Una prima difficoltà è stata riscontrata proprio riguardo a un traducente di quello che è risultato essere un falso amico, almeno nel contesto specifico del racconto Paulina, di cui leggiamo di seguito l’estratto e la relativa proposta di traduzione:

180 HURTADO ALBIR, Amparo [2001], Traducción y traductología: Introducción a la

traductología, pp. 287-288.

181 Viene utilizzato qui l’aggettivo ‘affine’ in relazione a due lingue romanze quali l’italiano e lo spagnolo, consapevoli che durante il processo traduttivo ci si scontrerà costantemente con la costatazione teorizzata da Sapir, secondo cui, non esistono due lingue che siano sufficientemente simili da poter rappresentare la stessa realtà sociale.

Allí enfrente, alta, sobre la terraza, estaba la casa. Las paredes eran lo mismos que trozos de turrón de Alicante. La casa cuadrada, las ventanas cuadradas, un balcón muy largo y el tejado encarnado, con su chimenea echando humo y todo.

Il termine terraza potrebbe condurre direttamente al traducente italiano terrazza, inteso come ampio balcone posto sui piani più alti di un edificio, salvo il fatto che

balcón venga menzionato subito dopo e che il sintagma da considerare sia sobre la terraza, estaba la casa, che suggerisce che alla base della casa vi sia piuttosto

un portico o una veranda, per cui si è optato in traduzione:

Lì di fronte, alta, sulla veranda, sorgeva la casa. I muri erano come pezzi di torrone di Alicante. La casa quadrata, le finestre quadrata, un balcone grandissimo e il tetto rossiccio, col comignolo da cui usciva fumo e tutto.

Un altro tipo di problema può essere rappresentato, al contrario, dalla carenza di traducenti di un termine come angarilla, di origine mozarabica e assorbito al castigliano, in questo caso specifico, dei luoghi della Rioja e assai meno noto in molte aree della Spagna. José María Pastor Blanco in uno dei suoi studi sulla presenza di mozarabismos nel castigliano moderno, definisce il termine in questione ‘cierre de la entrada a un prado o finca valiéndose de tablas o troncos cruzados’182, definizione che non coincide con nessuna di quelle presenti

all’interno del DRAE, trattandosi appunto di léxico pastoril familiare solo ad alcune zone della Spagna. Al momento di tradurre il termine in italiano si è pensato di portarlo nel contesto di arrivo attraverso l’uso di un termine comune che designa un tipico cancello in legno (steccato in legno) che può delimitare uno spazio di campagna (l’ambientazione del testo) sulla base della definizione letterale di angarilla.

Un simile procedimento, consapevoli che talvolta possa implicare delle perdite nella resa di ogni sfumatura del significato, è stato usato per la traduzione

182 PASTOR BLANCO, José María [2011], El léxico pastoril en la Comunidad de Valles del Alto

di garrotillo, procedente da garrote, strumento utilizzato legalmente in Spagna dal 1820 al 1978 per infliggere la pena di morte per strangolamento. Nel racconto

Paulina, garrotillo, spiega la domestica María, era il termine usato per definire la

malattia che provocava “un ruido terrible con la garganta”183 fino quasi al

soffocamento, malattia che anni dopo sarebbe stata designata con il termine difterite. In traduzione, si è dovuto rinunciare a mantenere il richiamo al senso di soffocamento suggerito da garrote, optando per la locuzione (“collo di toro”) che in italiano rimanda a uno dei sintomi della difterite, ovvero il gonfiore del collo, e che pertanto potrebbe risultare familiare al lettore italiano quanto garrotillo a quello spagnolo. Si è tentato di evocare un’immagine, così come nel testo originale, evitando di menzionare termini tecnici del campo medico e mantenendo un registro medio-basso. Durante il processo traduttivo di questo particolare passo, infatti, si è tenuto conto che il contesto in cui avviene il dialogo è quello colloquiale tra la domestica della casa (riguardo cui si specifica non essere in possesso di un grado di istruzione) e la bambina protagonista.

Dunque, in questi ultimi due casi appena analizzati, non avendo potuto trovare riscontro in due equivalenti che rendessero il Contenuto Nucleare184 di

angarilla e garrotillo, sulla base dei suggerimenti di Umberto Eco, si è tentato di

negoziare i significati affinchè si potesse evocare nel lettore italiano lo stesso Contenuto Nucleare che i due termini evocano nel lettore spagnolo.

Nei tre racconti di cui si è proposta una traduzione sono disseminati termini del mondo della natura, caratteristica di tutta l’opera matutiana, per cui in linea generale si è adottato il rispettivo equivalente italiano del linguaggio corrente, evitandone i nomi scientifici. Così nel racconto Sólo un pie descalzo, per il termine riachera ‘mozarabismo escuchado en Mansilla de La Sierra. De riacho, mozarabismo ugualmente der. de río (lat. rivu, arroyo)’185, secondo la definizione

183 MATUTE, Ana María [2012], Paulina, p. 190.

184ECO, Umberto [2003], Dire quasi la stessa cosa: Esperienze di traduzione, Bompiani, Milano, p. 91.

185 PASTOR BLANCO, José María [2010], Presencia de mozarabismos en el castellano hablado

di Pastor Blanco, si è scelto uno dei traducenti del suo corrispettivo castigliano

aguzanieves, ovvero “batticoda”. Un procedimento tipico dell’autrice è

l’invenzione di nomi riguardante, appunto, il mondo vegetale, per cui si è fatta eccezione rispetto alla scelta di una traduzione addomesticante (Venuti), per la necessità di rispettare l’invenzione letteraria dell’autrice e la connotazione misteriosa aleggiante attorno al termine in questione: arzadú, il fiore nato dall’immaginazione di Matute riguardo cui, in occasione del ritiro del premio Cervantes, ha raccontato: “Brotaba esporádica, espontáneamente, [...]. Si existía, vivía sólo en la memoria de su delicadeza, su color, su perfume, aunque no constara en ningún libro ni catálogo de botánica”.186

Per concludere la lista delle maggiori difficoltà che si sono presentate in sede di traduzione, ci soffermeremo sull’analisi del termine remanso, e per cui nuovamente si è ricorso all’interpretazione del contesto. Il lemma remanso in spagnolo si riferisce al punto in cui la corrente d’acqua rallenta o si ferma, e scorrendo degli esempi ci si accorge di come il termine in spagnolo conservi anche una connotazione positiva rispetto al primo traducente italiano (ristagno) che appare nella maggior parte dei dizionari consultati. Nonostante in italiano la definizione di ristagno sia simile (arresto dello scorrimento di acque e liquidi), convoglia anche l’accezione negativa dell’imputridimento dell’acqua. Infatti scorrendo alcuni esempi del dizionario Treccani ci si è soffermati particolarmente su due tra quelli proposti: il primo rimarca la connotazione negativa del termine attraverso un verbo (“Evitare il ristagno del fiume”); il secondo pare voler modificare positivamente l’accezione del termine attraverso due aggettivi (“trovò un ristagno chiaro e tranquillo).187 Consideriamo ora il contesto, che è quello dei bambini che nuotano in un fiume:

PresenciaDeMozarabismosEnElCastellanoHabladoHoyEnL-3347507%20(2).pdf, ultima consultazione 28/05/2020.

186 MATUTE, Ana María [2014], Discurso de Ana María, Premio Cervantes 2010, https://www.rtve.es/rtve/20141023/discurso-ana-maria-matute-premio-cervantes-

2010/1034560.shtml, ultima consultazione 01/06/2020.

187 Cit. in Vocabolario Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/ristagno/, ultima consultazione 23/06/2020.

Al fin uno tras otros, después de muchas salpicaduras y persecuciones, se lanzaron al agua. Nadaban en un remanso ancho y profundo. Todo resplandecía: el agua, la sombra del los árboles, el liquen de las piedras, las salpicaduras y los gritos.

La narratrice sembra descrivere un luogo che somiglia a un’oasi in cui l’acqua e l’ambiente naturale che la circonda risplendono. Si è dunque scelto di rendere il termine tramite una perifrasi che potesse meglio evocare l’immagine descritta ed evitare ogni caso di ambiguità potenzialmente convogliato dal traducente “ristagno”. Inoltre, in questa scelta si è tenuto conto del nostro lettore ideale e della dominante che ha determinato la traduzione dei testi, aspetti che verranno approfonditi successivamente. Di seguito la proposta di traduzione relativa al frammento analizzato:

Alla fine, uno dopo l’altro e dopo tanti schizzi e rincorse, si tuffarono in acqua. Nuotavano in un punto del fiume riparato e profondo. E ogni cosa risplendeva: l’acqua, l’ombra degli alberi, il lichene delle pietre, persino gli schizzi e le urla.

Per quanto riguarda le strutture morfosintattiche dei tre racconti, si è tentato di riprodurre quelle dei testi originali, le quali variano almeno in due casi. Tuttavia, prima di passare a questo tipo di analisi, è opportuno approfondire ulteriormente il tipo di lettore che l’autrice ha in mente al momento della composizione dell’opera, e che è lo stesso tipo di lettore a cui si è voluto indirizzare la traduzione. Si è già precisato che El saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie descalzo sono racconti per l’infanzia, ma come afferma Riitta Oittinen: “Children’s literature often (usually?) has a dual audience: children and adults”188. E in una intervista A. M,

Matute conferma tale ambivalenza rispetto quantomeno a Sólo un pie descalzo:

Empecé otra vez a escribir y pensé en un libro que es Gnomo. Pero habia dos cosas raras en ese libro que no acababa de ver bien claras. Realmente era un libro para adultos y lo es. Pero habia una parte que yo no podia silenciar. Me acuerdo que una noche salimos mi marido y yo y le dije, «Mira, me pasa esto con aquel libro» y estaba muy preocupada, «porque hay como dos libros en uno.» Y me dijo, «Pues, es muy sencillo. Haz un libro para niños y otro para adultos.» Sólo un pie descalzo es Gnomo para los niños, pero una parte solamente, la primera, la de la niña cuando es muy niña. Esa parte son algunas cosas que sobrarian en Gnomo. Me he reservado muchos cosas para Gnomo porque Gnomo es mi libro. Sólo un pie descalzo es decir a los niños, porque son tan bonitos, que las cosas de Gnomo pueden ocurrir, para que se vayan preparando, ¿no?, porque algun dia de una manera u otra, les va a Ilegar. 189

Ed effettivamente l’autrice non ha mai negato questo tipo di ambivalenza rispetto a nessuna delle sue opere per bambini, né mai separato nettamente il suo pubblico; basti considerare il fatto che Primera memoria (romanzo per adulti) per molti aspetti appaia come una continuazione di ciò che aveva iniziato in Paulina.190

Inoltre, una volta che ci si è accostati alla lettura dell’opera matutiana per adulti e per bambini, ci si rende conto della presenza di una continuità, che non è solo di temi, ma anche stilistica, fondata su strutture sintattiche e periodi talvolta ricchi di subordinate, e che in sede di traduzione sono stati rielaborati a favore della leggibilità, cercando però di mantenere la complessità del testo originale. Infatti, come segnala Susan Bassnett, le frasi di un testo letterario “sono sempre un’indicazione di qualcosa che deve ancora venire, la cui struttura viene prefigurata dal loro contenuto specifico”191. Dunque, in modo da non perdere parte della dimensione delle frasi, concentrandosi unicamente sul loro contenuto specifico, si è lavorato sulla loro struttura sintattica, e in particolar modo su quella

189 DOYLE, Michael Scott [1985], Entrevista con Ana María Matute: Recuperar otra vez cierta

inocencia, Anales de la literatura española contemporánea,

file:///C:/Users/User/Desktop/Doyle-Entrevista-con-Ana-Maria-Matute-Recuperar-otra-vez- cierta-inocencia.pdf, ultima consultazione 29/05/2020.

190 NICHOLS, G. Geraldine [1992], La privación en la literatura infantil de Matute, pp. 100-101. 191 BASSNETT, Susan [1993], La traduzione: Teorie e pratica, trad. it. Genziana Bandini,

di Sólo un pie descalzo. Mentre in Paulina, che è il racconto in prima persona di una bambina di tredici anni, è stato necessario mantenere una prosa più semplice e un registro familiare, soprattutto nei dialoghi di cui il racconto è fitto. El

saltamontes verde, invece, si distingue rispetto agli altri due racconti in quanto a

brevità e semplicità della prosa. I periodi sono estremamente concisi e la lettura ad alta voce sembra quasi richiamare un racconto di tradizione orale. In traduzione, dunque, si è cercato di mantenere l’andamento ritmico del testo originale, scandito dalle ripetizioni del nome del bambino protagonista, Yungo, all’inizio di quasi ogni proposizione.

Coerentemente a tali scelte si è voluto mantenere in traduzione, almeno in linea generale, il potere evocativo conferito dal tempo verbale del passato remoto, consapevoli che non vi sia una assoluta corrispondenza metalinguistica e pragmatica con il pretérito indefinido dello spagnolo. Tuttavia, al fine di mantenere anche il potere evocativo del racconto di fantasia indirizzato al pubblico infantile della cultura di arrivo, è stata mantenuta la tradizionale formula di apertura della fiaba: “C’era una volta un bambino...”, laddove l’incipit del testo di partenza El saltamontes verde recita: “Una vez existió un muchacho...”.

Per concludere, si ritiene opportuno specificare che l’intero processo di

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