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La perdita in alcuni racconti di Ana María Matute: El saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie descalzo, con una proposta di traduzione.

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUISTICA E TRADUZIONE

TESI DI LAUREA

La perdita in alcuni racconti di Ana María Matute: El saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie descalzo, con una proposta di traduzione

CANDIDATO RELATORE

Ilaria Servello

Chiar.mo Prof. Enrico Di Pastena CONTRORELATORE Chiar.ma Prof.ssa. Federica Cappelli

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INDICE

INTRODUZIONE 3

CAPITOLO 1. IL RACCONTO: GLI ALBORI DI UN GENERE E LA SUA CODIFICAZIONE LETTERARIA 1.1 Sull’etimologia del termine «cuento» 6

1.2 Il Cuento popular e le prime forme del cuento literario 9

1.3 Storia e teoria del cuento literario moderno 12

1.4 Influenze e teoria del racconto ispanoamericano 16

1.5 Verso una nuova estetica del racconto e un nuovo secolo: il XX 21

CAPITOLO 2. ANA MARÍA MATUTE: UNA NIÑA DE LA GUERRA 2.1 Panorama letterario del dopoguerra: la Generación de medio siglo 31

2.1.1 Il racconto neorelista: una nuova dimensione 33

2.1.2 Il romanzo sociale 35

2.1.3 Lo stile letterario di Ana María Matute: l’impronta di un’autrice 37

2.2 Traiettoria umana e letteraria 39

2.3 L’infanzia tormentata nella narrativa di Ana María Matute 43

2.4 Un accenno al fantastico nella letteratura del XX secolo 54

2.5 La poetica del fantastico dei racconti matutiani 58

2.6 La privazione nell’infanzia dei protagonisti di El saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie descalzo 67

2.7 Simbolismo, metafore e immagini ricorrenti nell’opera narrativa di A. M. Matute 71

CAPITOLO 3. TRADURRE IL MONDO LETTERARIO DI ANA MARÍA MATUTE 3.1 Breve excursus sulla teoria della traduzione 81

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3.2 Alcuni aspetti della traduzione dei racconti matutiani per bambini 91 3.3 Una proposta di traduzione di El saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie

descalzo 101

CONCLUSIONI 580

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INTRODUZIONE

L’ispirazione per questo lavoro di tesi, incentrato su una delle figure più interessanti della letteratura spagnola del XX secolo, Ana María Matute, nasce dalla lettura di una raccolta di racconti per bambini pubblicata nel 2012.

Accostandosi alla traiettoria letteraria dell’autrice, che ricopre un arco temporale di circa cinquanta anni (dal dopoguerra fino alla pubblicazione della sua ultima opera risalente al 2008), ci si affaccia su un mondo di creatività e fantasia originale, riconoscibile come proprio di Matute. E questo microcosmo letterario non riguarda solo i racconti per bambini, ma un’intera produzione di opere che si contraddistingue per la centralità e la ricorrenza del tema dell’infanzia. È noto che il ricorso al tema infantile sia comune agli scrittori appartenenti alla Generación de medio siglo, i quali spesso si sono serviti della metafora dell’infanzia come procedimento letterario attraverso il quale far conoscere e criticare alcuni aspetti della realtà sociale contemporanea. Tuttavia, il caso letterario di A. M. Matute risulta particolarmente interessante perché l’autrice ha fatto di un tema, e soprattutto della perdita di cui soffre il bambino nel passaggio inevitabile all’età adulta, il tratto distintivo della sua opera sia per bambini sia per adulti. L’autrice ha costruito attorno a questo leitmotiv una serie di immagini e di simbolismi, spesso dal richiamo autobiografico, attraverso uno stile semplice, ma evocativo, talvolta dal tono crudo e tremendista, atto a far prendere coscienza delle ingiustizie sociali, del senso di solitudine e incapacità di comunicazione che attanagliano la società del dopoguerra. Oltre al tema dell’infanzia, ciò che rende riconoscibile e unica l’opera di Matute è l’ambientazione in un passato atemporale e in uno spazio oscillante tra la realtà e la fantasia capace di rompere qualsiasi frontiera.

In sede di studio e approfondimento della carriera letteraria dell’autrice, ampiamente riconosciuta nel suo Paese che l’ha insignita di premi come il Cervantes nel 2010, ci si è però imbattuti in alcune lacune bibliografiche riguardanti la reperibilità di testi sul territorio, dovute anche all’esigua ricezione della critica italiana dell’opera di Matute. A sua volta, la mancanza di un solido

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supporto critico potrebbe essere dovuto al fatto che, fino ad oggi, non sia stata ancora tradotta all’italiano l’intera e vasta opera matutiana. Ciononostante sono giunte al pubblico italiano sette delle sue opere più rappresentative, tra cui, Fiesta

al Noroeste (Festa al nordovest) tradotta per Einaudi, ma solo a distanza di otto

anni dalla sua comparsa in lingua originale; mentre l’ultima opera tradotta rimane

Olvidado rey Gudú (Dimenticato re Gudù). Della corposa collezione di racconti,

invece, solo la traduzione di Los niños tontos (I bambini tonti) raggiunge il pubblico italiano nel 1964. Secondo quanto riportato da Pérez Vicente, infatti, le opere spagnole di questo periodo con più pubblicazioni da parte delle nostre case editrici sono quelle di Carmen Martín Gaite e del marito Sánchez Ferlosio.1

Da qui nasce l’interesse per una proposta di traduzione di tre dei racconti per bambini selezionati dalla raccolta Todos mis cuentos, racconti che in Italia non hanno goduto della stessa fortuna di alcuni dei romanzi più celebri dell’autrice. L’obiettivo che si è tentato di perseguire durante lo sviluppo del presente lavoro di tesi è stato quello di avvicinarsi all’unicità dello stile matutiano, ma nella forma di un genere, il racconto, forse ancora oggi sottovalutato dal grande pubblico. Inoltre, è stata presa in considerazione l’opera di letteratura infantile dell’autrice perché si ritiene, anzi, che sia indirizzata a un pubblico molto più vasto, che certamente comprende anche quello adulto, e che fa dei racconti delle opere brevi leggibili a più livelli.

Dunque, anche un excursus sulla genesi e sull’evoluzione del racconto lungo la storia della letteratura è stato utile all’impianto dell’elaborato.

Il lavoro di tesi è stato suddiviso in tre capitoli che muovono da una panoramica sul racconto come genere, giungono allo studio della traiettoria umana e letteraria dell’autrice con un focus particolare su alcuni dei racconti fantastici, e infine, pervengono alla proposta di traduzione dei racconti selezionati

1 PÉREZ VICENTE, Nuria [2006], La narrativa espaolañola del siglo XX en Italia: Traducción

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dalla raccolta Todos mis cuentos (2012) nel formato Debolsillo, ovvero El

saltamontes verde, Paulina e Sólo un pie descalzo.

In particolare, il primo capitolo si apre con una breve analisi sull’etimologia del termine cuento, sulla base delle teorie formulate da annoverati studiosi del genere come Baquero Goyanes, Angelo Marchese e Fernando Valls. Si prosegue con gli sviluppi che hanno portato nella penisola alla nascita del cuento literario, non indipendentemente dal cuento popular e dalle influenze provenienti, in particolar modo, dalla letteratura ispanoamericana.

Il secondo capitolo si apre, invece, con un’indagine storico-letteraria riguardo al periodo che pertiene l’attività letteraria di A. M. Matute, dunque la

Generación de medio siglo, a cui viene generalmente ascritta dalla critica. Si

percorre brevemente, in seguito, la traiettoria umana dell’autrice, per cui si è dovuto ricorrere per lo più alla lettura di interviste e articoli, a causa della carenza di fonti autobiografiche e biografiche. Minori ostacoli ha incontrato, invece, la lettura critica dei romanzi più studiati dell’autrice e che hanno reso necessaria una suddivisione in due fasi: la prima detta del realismo subjetivo, e una seconda fase, di piena maturità, consacrata all’opera fantastica. Si è poi dato spazio all’analisi dei racconti di fantasia per adulti e bambini, focalizzandosi sulle particolari condizioni di privación (Geraldine Nichols) e perdita che accomunano i piccoli protagonisti matutiani. Si è concluso questo capitolo passando in rassegna le immagini, le metafore e simbolismi ricorrenti nella vasta produzione letteraria dell’autrice.

Infine, l’ultimo capitolo dedicato alla proposta di traduzione dei racconti, è stato impostato con un’introduzione alla Traduttologia e alla serie di dibattiti che si sono susseguiti nella storia di una disciplina relativamente giovane. La trattazione sintetica del livello teorico ha poi lasciato spazio all’esposizione e al commento delle maggiori difficoltà e problematiche che sono state affrontate in sede di traduzione.

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1. CAPITOLO 1. IL RACCONTO: GLI ALBORI DI UN GENERE E

LA SUA CODIFICAZIONE LETTERARIA 1.1. Sull’etimologia del termine «cuento»

Il racconto scritto è oggi tra i generi letterari più in voga ed è curioso soffermarsi su come, paradossalmente, sia anche quello più antico, se si prende in considerazione la sua primitiva condizione di oralità. Prima ancora che come operazione di scrittura letteraria, il racconto si configura come appartenente al vasto dominio della comunicazione orale, che, attraverso le culture e i secoli, si travasa in una notevole serie di “generi”, dal mito alla favola, dalle canzoni di gesta al poema, sino alla novella e al romanzo. Gli studiosi dell’origine del racconto da Propp a Lévi-Strauss hanno indagato i legami tra l’arte del narrare e le antiche tradizioni culturali con l’intento di ritrovare un grande modello originario capace di spiegare, quantomeno, i racconti archetipici: racconti che occulterebbero una unità di fondo sotto una proliferante varietà di contenuti.2 Lo studio di Angelo Marchese sulla natura della narratività si basa sull’assunto fondamentale per cui esiste una base strutturale comune a ogni tipo di racconto3 (mito, favola, romanzo, film, fumetto) e che fa sì che determinate comunicazioni segniche siano avvertite come narrazioni: una storia, cioè la concatenazione degli eventi gestiti dai personaggi, e un discorso, cioè i particolari procedimenti espressivi atti a comunicare il contenuto della storia.4

E ancora, riguardo alle origini del racconto, Rolf Eberenz afferma che l’oralità insieme all’intensione narrativa, alla struttura interna e la scarsa estensione, costituiscono le caratteristiche essenziali del racconto primitivo. Il particolare schema comunicativo, invece, rappresenta il punto di contatto e di continuità tra il racconto orale e quello scritto, e che, secondo gli studiosi, sarebbe ancora oggi la manifestazione più evidente del genere e ciò che lo rende unico e

2 MARCHESE, Angelo [1983], L’officina del racconto: semiotica della narratività, Mondadori, Milano, p. 5.

3 Qui il termine è da intendere nella sua eccezione lata, cioè comprensiva di ogni specifico genere di narrazione (Angelo Marchese).

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diverso da qualsiasi altro. Infatti il racconto letterario moderno tenderebbe a mantenere quell’andatura spontanea e la parvenza di improvvisazione tipiche dell’oralità.5

L’etimo del termine cuento ha origine nella lingua latina e in particolare nella radice del verbo computare, da cui lo spagnolo calcular, computar, fino alle più moderne accezioni di narrar, relatar.2 E la presenza del termine nella lingua

castigliana risale al 1140, ipotetica data della composizione del Cantar del Mío

Cid, secondo Menéndez Pidal. Dalla semplice enumerazione di oggetti, si sarebbe

passati all’enumerazioni di fatti e infine al recuento degli stessi.

Nella sua opera critica sul racconto, Baquero Goyanes passa in rassegna alcune opere significative, tra cui il già citado Cantar, in cui riscontra l’avvenuto passaggio tra le operazioni appena descritte. La prima è la Disciplina Clericalis, anteriore al Cantar, scritta in latino da un ebreo spagnolo (che assunse il nome di Pedro Alfonso) convertitosi al cristianesimo, consta di una raccolta di racconti che attingeva al mondo dei proverbi arabi e alle favole. In uno di questi, l’autore innesta una sorta di cornice narrativa per cui all’interno del macroracconto uno dei personaggi si fa narratore di altri racconti. Si tratta della nota tecnica narrativa usata anche da Cervantes nel Quijote, in cui Sancho Panza (episodio dei mulini a vento, cap. XX della prima parte) si improvvisa narratore per il suo compagno di avventure, con la speranza di intrattenerlo e distrarlo, in attesa che arrivi l’alba:

Díjole don Quijote que contase algún cuento para entretenerle, como se lo había prometido; a lo que Sancho dijo que sí hiciera, si le dejara el temor de lo que oía. Pero, con todo eso, yo me esforzaré a decir una historia que, si la acierto a contar y no me van a la mano, es la mejor de las historias; y estéme vuestra merced atento, que ya comienzo.6

5 EBERENZ, Rolf [1989], Semiótica y morfología textual del cuento naturalista, Editorial Gredos, Madrid, pp. 32, 33.

6 CERVANTES SAAVEDRA, Miguel de [2004], El ingenioso hidalgo don Quijote de La

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Entrambe le opere hanno in comune dei relatos che hanno lo scopo di conciliare il sonno di un re e di intrattenere il più famoso cavaliere Don Chisciotte. Il caso è che, nel racconto dell’opera di Pedro Alfonso, questo effetto soporifero è associato all’enumerazione (cuento, computo) delle pecore che passano.7

Secondo Goyanes, l’opera di Pedro Alfonso rappresenta l’esempio più espressivo di come un termine con lo stesso etimo latino si sia biforcato in due, di cui un cultismo (cómputo) rimasto poi riservato all’ambito strettamente scientifico, e una voce con un’accezione popolare (cuento) che si è andato radicando nell’antichissima attività umana di narrare fatti e vicende curiose.

E tuttavia, aggiunge Goyanes, bisogna mantenere una distinzione tra la parola cuento apparsa nella lingua castigliana per designare storie brevi di carattere orale e tono popolare; e il cuento literario, sorto non prima del XIX secolo, per differenziarlo da quello tradizionale, dato che nel passaggio dall’oralità alla forma scritta, il racconto ha acquisito diverse voci, modi e tecniche. Basti pensare che il racconto popolare o medievale era anonimo e veniva trasmesso oralmente, mentre il racconto moderno o letterario ha un autore a cui vengono riconociute pienamente l’invenzione e la creatività della propria opera.

Quanto ai vari termini impiegati nel tempo, Goyanes cita, tra gli altri,

apólogo, fábula, parábola, caduti poi in disuso in riferimento al racconto come

genere letterario, per aver assunto accezioni più limitate e, nelle parole di Goyanes, “por imprecisión conceptual”8, giacchè, se è lecito che al sorgere di un nuovo

genere letterario le voci impiegate per designarlo possano essere molteplici e con diverse accezioni e sfumature, è anche vero che al momento della sua codificazione, molti dei termini medievali siano spariti o abbiano trovato corrispondenza in un genere unico e definito. È il caso, ad esempio, della parola

parabola, il cui uso è oggi esclusivamente riservato all’ambito degli insegnamenti

e delle predicazioni di Gesù Cristo.

7 BAQUERO GOYANES, Mariano [1993], Qué es la novela? Qué es el cuento?, p. 100. 8 BAQUERO GOYANES, Mariano [1949], El cuento español en el siglo XIX , Madrid, p. 34.

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Ritornando al genere trattato, già nella prima metà del XVI secolo, si insedia in Spagna il termine novela, che in Italia si era diffuso grazie alle cento novelle del Decameron di Boccaccio. La traslazione del termine in Spagna, tuttavia, causa una certa confusione in relazione all’uso del termine cuento, visto che sia con l’uno sia con l’altro si alludeva a relatos breves. In italiano, novella non era che un diminutivo di nova, con cui si intendeva appunto, una piccola storia o una breve notizia. In Spagna lo stesso termine finì con il rappresentare una narrazione più estesa, alla pari del romanzo in italiano, e il cuento rimase relegato alle narrazioni brevi, e in particolar modo a quelle orali. Ancora una volta, riporta Goyanes, testimonianza di tale distinzione è l’opera di Cervantes, che riservava la voce

cuento alle narrazioni orali, e la voce novela a quelle scritte.9

Solo il consolidamento del cuento come genere letterario, avvenuto nel XIX secolo, attenuerà tale confusione terminologica.

1.2 Il Cuento popular e le prime forme del cuento literario

Tale confusione, dunque, viene solo attenuata, trattandosi di un genere, il

cuento popular, che in qualche modo ha influenzato e ha dato origine a quello

letterario. Anche dopo il medioevo e l’importante contributo di opere come El

conde Lucanor di Juan Manuel, la narrativa breve continua ad attingere a materiali

eterogenei quanto quelli del racconto popolare. Questa e altre forme provenienti dall’antichità classica e orientale, come la parabola e l’apologo, perdurarono e si mantennero fino al Rinascimento. Angelo Marchese asserisce, infatti, l’imprescindibilità della tradizione orale al sorgere della narrativa, che ne conserva le tracce soprattutto nella sua forma primaria, l’epica, ovvero il racconto di una storia (mythos), ricreata da un narratore attorno a un nucleo in cui si intrecciano mito, realtà e fantasia.10 E più tardi Fernando Valls, nel suo studio sul racconto, soffermandosi sulle origini del racconto afferma che per la configurazione letteraria del nuovo genere fu fondamentale la raccolta di racconti

9 BAQUERO GOYANES, Mariano [1949], El cuento español en el siglo XIX, p. 45. 10 MARCHESE, Angelo [1983], L’officina del racconto: semiotica della narratività, p. 69.

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popolari dei fratelli Grimm, che attinsero alla tradizione orale, nei primi decenni del XIX secolo.

Ne nacque una pratica che ebbe eco in tutta l’Europa e che in Spagna venne sugellata con la raccolta di racconti popolari (Cuentos y poesías populares

andaluzas) di “Fernán Caballero”11, che trascriveva e rielaborava i racconti orali dei contadini andalusi per trasmettere messaggi di satira politica e diffondere considerazioni di carattere morale.

Il Romanticismo è la corrente letteraria che introduce il racconto moderno nella letteratura, rappresenta una fase di sperimentazione, ma soprattutto un processo di recupero artistico di un genere che, in precedenza, era escluso dalla letteratura e giudicato inadeguato, e che si giovò della maggiore attenzione riservata dai romantici a ciò che era caratterizzato da brevità, frammentarietà, tensione, rilascio quasi violento di emozioni. Si tratta ancora di un genere non ben definito, ma che altera gli schemi classici per il suo gusto per l’imprecisione, per il finale aperto. E nonostante ciò, afferma Goyanes, è proprio il racconto romantico a rappresentare il nucleo centrale da cui avrà origine la più brillante letteratura narrativa12.

Nel racconto romantico si fondono varie tipologie caratteristiche dell’epoca: la tradizione, la leggenda, il racconto fantastico e quello popolare, solo per citarne alcune. Il Romanticismo riporta alla luce le narrazioni brevi della tradizione e conferisce loro dignità letteraria. In seguito, gli scrittori realisti e naturalisti, sull’impronta romantica, saranno capaci di riempire di nuova materia il racconto, creando un genere di cui, però, si continuerà a percepire l’influenza romantica.

Infatti, la prima forma di realismo letterario spagnolo, il costumbrismo, riconosciuto come tale a partire dal 1849 e grazie all’opera La Gaviota di “Fernán Caballero”, non è che una delle facce del poliedrico Romanticismo. Tanto che quando quest’epoca sarà ormai ben lontana, si percepirà la sua influenza anche in

11 Cecilia Böhl de Faber, “Fernán Caballero”, aveva già incorporato all’interno suoi romanzi, a cominciare da La Gaviota (1849), brevi racconti come Mediopollito.

12 BAQUERO GOYANES, Mariano [1992], El Cuento español: Del Romanticismo al Realismo, Madrid, p. 15.

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scrittori di racconti realisti come Clarín, nella sua ¡Adiós, Cordera!, e non solo, nei testi nei quali la passione e l’amore per i più deboli raggiunge la sua migliore espressione letteraria.

Proprio l’interesse e la passione per la società contemporanea, per l’uomo in quanto essere semplice e in società, caratterizzano il realismo, che inizia a lasciarsi dietro le storie relative al passato e alla tradizione per rivolgersi al più ampio pubblico borghese. A tal proposito non può mancare il riferimento, ancora una volta, a Clarín, lo scrittore che lo stesso Goyanes ha definito “creador del cuento español”.13 Autore la cui scrittura mostra ancora influenze romantiche,

uomo straniero nel suo tempo, dal pensiero Noventayochista. I suoi racconti, che oggi sono considerati classici per eccellenza, risultano essenziali per comprendere un’intera epoca. Tuttavia la sua opera non riceve immediatamente la dovuta attenzione, fu infatti incompresa dalla sua generazione e riscoperta e apprezzata da quelle successive. L’autore stesso si definiva, appunto, uno straniero nel suo Paese e nel suo tempo, dichiarando che la Spagna in cui viveva non era stata capace di fornire ai suoi intellettuali una solida educazione culturale e morale, ma solo una debole pseudosaggezza di facciata. Questa critica dal sapore

noventayochista costituirà quasi una sorta di leitmotiv attraverso tutta la sua opera

di critica letteraria.

Eppure Clarín è più spagnolo di qualsiasi suo conterraneo, riesce a cogliere le fragilità e le debolezze dell’uomo del suo tempo e a tradurle in tecnica, linguaggio puro e semplice, prosa fresca, tanto da risultare propri del nostro tempo. Clarín è inoltre uno dei primi autori della sua epoca a definire le caratteristiche del racconto e a paragonarlo alla composizione poetica. Lo scrittore di racconti, così come il poeta, deve essere in grado di catturare un momento intenso di un’esistenza e condensarlo in poche pagine. Lo scarto del racconto naturalista rispetto a quello romantico consiste nella rinuncia, da parte di quello naturalista, degli aspetti della finzione e del fantastico, per farsi specchio di vicende semplici

13 BAQUERO GOYANES, Mariano, «Clarín», creador del cuento español,

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ma drammatiche della vita quotidiana di giovani uomini chiamati al servizio militare (¡Adiós, Cordera!), di amori e malattie (El dúo de la tos), di rinascita spirituale grazie alla fede (La conversión de Chiripa).14 Clarín riesce a fondere nelle sue narrazioni lirismo e dimensione psicologica, riflettendo quasi inevitabilmente la crisi dell’intellettuale stesso di fronte ai problemi della società. Altri autori, tra cui Pardo Bazán, Luis Coloma e Armando Palacio Valdés, saranno continuatori del racconto così concepito.

1.3 Storia e teoria del cuento literario moderno

Il racconto letterario moderno, così come lo si conosce in Spagna, nasce durante il periodo della Restaurazione.15 I precursori del genere sono, come si è già visto, Fernán Caballero con i suoi racconti di natura folklorica e Pereda col racconto costumbrista. Come una delle massime autorità del racconto naturalista e delle sue teorizzazioni, si prenderà qui in esame, in particolare, il pensiero di E. Pardo Bazán, la quale tuttavia, sarà anche tra i primi autori spagnoli a proclamare la crisi del naturalismo e la ricerca di nuove forme di narrazione che culmineranno nel movimento spiritualista di derivazione russa di fine secolo.16 Per meglio circoscrivere la definizione di naturalismo, ci affideremo inoltre a quella di Eberenz per cui la scrittura degli autori naturalisti spagnoli è dominata da un approccio drammatico alla vita sociale e individuale, e per cui viene rintracciata una certa affinità con la struttura della tragedia.17 In qualche modo tutti avvertono

14 “¡Adiós Cordera!”, “El dúo de la tos”, “La conversión de Chiripa”, sono racconti di Alas Leopoldo (“Clarín”), appartenenti rispettivamente alle raccolte: “El señor y lo demás, son

cuentos”, “Cuentos morales”, “Cuentos religiosos”; citati qui a titolo esemplificativo dei

maggiori temi dell’opera dell’autore e del racconto naturalista in generale.

15 Quella della Restaurazione è l’epoca che si caratterizza, in contemporanea agli altri Paesi occidentali, per l’ascesa della borghesia liberale, per una particolare stabilità politico-sociale e per un’espansione straordinaria della produzione industriale. Juan Oleza ricorda che durante questo periodo il paese si apre al confronto col resto delle culture europee e che il romanzo realista risponde e riflette anche questa nuova necessità.

16 OLEZA, Joan, El movimiento espiritualista y la novela finisecular,

http://www.cervantesvirtual.com/research/el-movimiento-espiritualista-y-la-novela-finisecular/, ultima consultazione 24/06/2020.

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le contraddizioni di un sistema apparentemente liberale e a patire più sensibilmente tali contraddizioni, insieme a una certa mercificazione delle relazioni umane, al contrasto tra i vecchi valori e i nuovi, sono proprio le figure letterarie dell’epoca. Così, si manifesta una nuova concezione narrativa, che si tratti di racconti o di romanzi, in cui questo vivere drammatico trasforma il precedente racconto costumbrista in una diegesi, concentrata in brevità e tensione, con una struttura avente un inizio, uno svolgimento e una fine. Struttura che pare addirsi quasi naturalmente al racconto, come avevano già intuito Pardo Bazán, Clarín, il francese Maupassant, poiché più adeguato a trattare avvenimenti straordinari, drammatici, la cui verità si rivela solo alla fine e spesso in maniera brutale. Ciò che risulta tipico di questi racconti è la visione innocente delle vicende drammatiche, che esclude qualsiasi altra possibilità che i fatti sarebbero potuti andare diversamente rispetto a quanto riportato. Di questo modo di procedere è maestro, ancora una volta Clarín, narratore onnisciente che muove i fili dei suoi personaggi determinando la lettura del testo e anticipatore rispetto ai suoi contemporanei, tra le altre cose, in quanto non tenta di dissimulare tale manipolazione nel dialogo col lettore. Nella sua opera, inoltre, è predominante un discorso critico oscillante tra l’idealismo romantico e il materialismo positivista dell’epoca, ovvero, ricorrono costantemente i temi sociali cari all’autore, ma trovano spazio anche quelli che riguardano il mondo contemporanaeo divorato dall’immanente capitalismo liberale e le conseguenze che questo avrà sul lavoro del semplice contadino.18

Anche Pardo Bazán adotta spunti del naturalismo francese quali l’interesse per i problemi sociali con un focus sugli aspetti drammatici del quotidiano e apparentemente banali, ma al contrario di Clarín o Maupassant mantiene l’illusione borghese, rivestita di moralismo benpensante che tenta di reintegrare la società borghese all’interno del quadro dei valori dell’epoca, quali famiglia, patria

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e religione,19 per cui i personaggi di Pardo Bazán falliscono individualmente e personalmente, o all’interno del loro microcosmo fatto di teatro, feste ed eventi mondani, ma senza mai compromettere l’immagine della società.

Dunque, la tipologia testuale che si impone durante gli ultimi decenni del secolo corrisponde a un paradigma di orientamento realista/naturalista, proprio per la necessità dello scrittore di non deludere le aspettative del lettore e di attenersi a un principio di verosimiglianza a cui il tipo di narrazione breve meglio si presta. Va chiarito che non tutto ciò che si pubblica in questo periodo è di matrice puramente realista, basti pensare ad autori appena citati come Pardo Bazán, che prima di altri profetizza la crisi del Naturalismo, esaltando i tratti dello Spiritualismo russo20 e prendendo in considerazione un elemento fondamentale, che i realisti francesi avevano trascurato, cioè lo spirito in quanto parte migliore dell’umanità.

Infatti, i giovani autori dei primi anni del XX secolo cambiano rotta nella direzione di un nuovo paradigma in cui hanno più importanza l’introspezione, gli spazi interiori, e codificando questa nuova prospettiva in senso ampio, in ciò che viene definito “racconto lirico” e che si contrappone alla precedente epical story, come la definisce Baldeshwiler.21 Il tipo lirico ed epico si distinguono per alcuni

tratti essenziali che riguardano la struttura e i temi. Se, infatti, il racconto epico si concentrava principalmente su un’azione esterna sviluppata “sillogisticamente” da e tramite personaggi creati con lo scopo di sciogliere una trama, culminante in un finale chiuso e decisivo, che voleva offrire una visione universale servendosi del linguaggio tipico della prosa realistica, il racconto lirico, al contrario, si tesse

19 OLEZA, Joan, El movimiento espiritualista y la novela finisecular,

http://www.cervantesvirtual.com/research/el-movimiento-espiritualista-y-la-novela-finisecular/, ultima consultazione 25/02/2020.

20 HERRÁN GONZÁLEZ, José Manuel [1989], La cuestión palpitante: Emilia Pardo Bazán, Editorial Anthropos, Barcelona, p. 77. La scrittrice già in Obras Completas aveva preso le distanze da un tipo di naturalismo caratterizzato dai tratti del fatalismo e determinismo, questo processo vede il culmine durante “Las conferencias sobre la literatura rusa” tenute per l’Ateneo di Madrid nel 1887 e pubblicate sotto il titolo di “La revolución y la novela en Rusia”.

21 BALDESHWILER, Eileen [1976], The Lyric Short Story: The Sketch of A History, in C. E. May (a cura di), Short story theories, Ohio University Press, pp. 202, 203.

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quasi interamente sulla vita interiore dei personaggi, ha un finale che tende ad essere aperto e il momento epifanico o di rivelazione proviene proprio dal mondo interiore dei personaggi; quando esso si rivela influenza la loro prospettiva e forse anche quella del lettore. La lyrical story, anziché concentrarsi su una trama e sul suo svolgimento, pone l’enfasi su un simbolo o un’immagine simbolica ricorrente attorno a cui evolve la narrazione, e da cui discenderà un finale aperto, affidato soprattutto alla libera interpretazione del lettore. E la struttura stessa di un finale aperto, così come incerta è la vita dei personaggi, richiede una sintassi e un vocabolario densi che ricerchino ed evochino i tratti propri delcomponimento poetico.22

Norman Friedman in Recent short stories: Problems in definition analizza una serie di approcci teorici al racconto e i divergenti punti di vista di alcuni dei maggiori studiosi del genere su una teoria della short story e della sua intrinseca brevità.23 Tra questi vi è Charles May, che alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, adottando un approccio di tipo deduttivo, ha particolarmente insistito sulla corrispondenza tra una struttura e un tema peculiari nel racconto: il racconto è breve perché ha a che fare sempre con una breve ma straordinaria esperienza umana che può essere materia solo del racconto. Friedman presenta poi un altro punto di vista, ancora deduttivo, che analizza la struttura del racconto più che la sua brevità. Secondo Anthony Burgess proprio il momento epifanico costituirebbe la tipicità della struttura del racconto, che in questo modo si differenzia da quella del romanzo, la cui caratteristica è la resolution.24 Anche Ferguson punta su una

sostanziale differenza tra il romanzo e il racconto per provare a fornire una definizione di short story, ovvero: mentre il racconto può fare a meno di una trama, la stessa è indispensabile al romanzo. Tuttavia la maggior parte degli studiosi, in quanto sostenitori delle teorie epifaniche, concordano nell’affermare

22 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

siglo XX, Alianza, Madrid, p. 21.

23 FRIEDMAN, Norman, Recent short story theories: Problems in definition,

https://vdocuments.site/norman-friedman-recent-short-story-theories.html, ultima consultazione 28/02/2020.

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che il racconto moderno sicuramente condivide alcune delle caratteristiche fondamentali della poesia, e per questo può essere definito lyrical story (Eileen Baldeshwiler). E Charles May riguardo tale vicinanza del racconto alla forma poetica aggiunge:

Writes have revolted againts this formula and have stopped trying to concoct plots; they have directed their attention to unveiling the latent value in an incident or episode. This effort to reveal “latent value” in an episode tends to push the short story closer to the lyrics with its emphasis on the artist’s subjectivity and technique.25

La “vecchia formula”, come la definisce May, viene sostituita da una nuova che tende a prendere le distanze da un’attenzione eccessiva alla trama e al personaggio, non più fine a se stesso, ma mezzo attraverso cui indirizzare il lettore verso una esperienza emozionante.

1.4 Influenze e teoria del racconto ispanoamericano

Prima di inoltrarsi ulteriormente nel racconto spagnolo, è bene chiarire che il racconto in quanto genere letterario si afferma in Spagna relativamente tardi ed è importante segnalare la reciproca influenza, nella storia della letteratura, tra il racconto americano, in particolare quello del sud America, e quello spagnolo ed europeo.

Nei primi decenni del XIX secolo sia in Latino America sia in Spagna si parla ancora di cuadro de costumbres, creazione letteraria da cui si distanzierà il racconto moderno letterario vero e proprio, partendo dalle formulazioni di studiosi del genere come Pop e più tardi dalle teorie di Propp e Todorov. A Poe, spiega José Miguel Oviedo, si deve la distinzione in inglese tra tale e short story: vi è un momento decisivo per la storia del genere in cui la semplice narrazione breve,

25 MAY Charles (a cura di), [1976], Short story theories, p.7. Col termine “formula” riportato in citazione, May si riferisce alla cosiddetta “formula commerial story” basata su sentimentali slogan legnosi, che la lyrical story vuole sorpassare a favore di uno “storyable incident”, un breve episodio degno di essere narrato e più vicino alla forma poetica.

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priva di consistenza letteraria e dal carattere meramente popolare (tale), diviene un racconto con leggi interne, una struttura precisa e un proposito ben definito (short story).26 Lo scrittore statunitense fornisce un quadro delle caratteristiche del racconto che ancora oggi sembrano risultare valide: la brevità, la tensione, la rapidità con cui viene sviluppata la vicenda, l’elemento sorpresa e la conclusione inaspettata, spesso aperta, e infine la lettura del testo in un’unica seduta. Poe è inoltre uno dei primi scrittori americani a conferire dignità alla brevità del racconto, scorgendo in essa la vicinanza alla composizione poetica. In un saggio dedicato all’analisi della raccolta di racconti Twice –Told Tales di N. Hawthorne, considerato da Poe l’autore di racconti più ingegnoso e creativo della sua epoca, recensisce la sua opera anche allo scopo di rintracciare le doti eccezionali dello

story teller e di un genere ingiustamente sottovalutato.

Riguardo alla brevità e al talento dello scrittore di racconti afferma:

In the brief tale, however, the author is enabled to carry out the fullness of his intention, be it what it may. During the hour of perusal the soul of the reader is at the writer’s control. There are no external or extrinsic influences –resulting from weariness or interruption. A skilful literary artist has constructed a tale. If wise, he has not fashioned his thoughts to accomodate his incidents; but having conceived, with deliberate care, a certain unique or single effect to be wrought out, he then combines such events as may best aid him in establishing this preconceived effect.27

Dunque Poe individua nell’unità d’effetto o impressione la dominante del racconto e ciò che lo distingue dal romanzo, e aggiunge che tale unità non può essere preservata se non all’interno di un’unica sessione di lettura.

Tornando alla nascita e all’evoluzione del racconto nella realtà ispanoamericana, sappiamo da cronisti come Cortés che esse siano da rintracciare in epoca coloniale, tra il XVI e il XVIII secolo, quando questo tipo di attività

26 OVIEDO, José Miguel [2001], Antología crítica del cuento hispanoamericano del siglo XIX:

Del romanticismo al criollismo, Alianza Editorial, Madrid, p. 9.

27 POE, Edgar Allan [1976], Review of Twice –Told Tales, in C. E. May (a cura di), Short Story

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letteraria sorge principalmente come espressione e riflesso dei racconti dei Paesi colonizzatori. Si trattava per lo più di storie in cui si fondevano miti e leggende, racconti popolari a volte spietati, a volte intrisi di umorismo, ma in qualche modo costituiscono le basi della futura narrativa romantica, del cuadro de costumbres e persino della cronaca giornalistica. L’ispanista Giuseppe Bellini definisce “coloniale” questo tipo di narrativa previa a quella regionalista o americana, che si crea lentamente in seguito alla divisione dell’America in nazioni, all’inizio del XIX secolo. Questo lungo e lento processo fa sì che gli scrittori sviluppino una propria indipendenza, in questo caso in campo letterario, rispetto ai

conquistadores, per dare spazio alle preoccupazioni per i nativi all’interno del

proprio mondo, quello delle pampas e dei campos. Tuttavia, l’opera di José Joaquín de Fernández de Lizardi segna già una prima saldatura dell’espressione propriamente americanista negli anni della colonizzazione. Nel 1776 l’esempio di ribellione del Nord America nei confronti della madrepatria alimenta la lotta per la libertà anche in sud America; in ambito letterario la finzione diviene marginale per dare spazio a temi attuali e alle traduzioni della Declaración de los derechos

de los hombres e del contrato social di Rosseau. La narrativa messicana, frutto

anche dell’inquietudine del Paese, conferisce un’importante svolta alla narrativa americana in generale, grazie al Periquillo sarniento di Lizardi, che riscatta quasi un secolo di silenzio della letteratura ispanoamericana con una descrizione e osservazione attente della realtà messicana e un entusiasta anelito verso la libertà, anticipando il costumbrismo.28

Le prime manifestazioni del racconto all’interno del ciclo romantico sono tuttavia ancora modeste e in questo periodo non vengono prodotte opere che possano definire il nuovo genere. Un importante contributo del romanticismo alla nascita del racconto ispanoamericano risiede, però, nell’aver stimolato l’interesse del pubblico verso la forma aneddotica, pittoresca, talvolta meramente fantasiosa

28 BELLINI, Giuseppe [2008], El cuento hispanoamericano: De las culturas precolombinas al

siglo XX, in Alicante, Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes,

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o derivante da storie melodrammatiche e violente. Dunque il racconto nel mondo latinoamericano si sviluppa a partire da due nuclei fondamentali: da un lato il nazionalismo romantico e lo storicismo, dall’altro il gusto per l’esotismo e la fantasia. Miguel Oviedo considera i racconti José María Heredia tra i primi a poter essere definiti cuentos all’inizio del XIX secolo, mentre considera El Matadero di Esteban Echeverría il testo fondamentale del Romanticismo:

Lo es, al menos, en el sentido de que es el primer cuento americano que se escribe en el continente, el primero en utilizar el lenguaje y las ideas del romanticismo europero, no para imitarlo en todo, como ocurre en los cuentos de Heredia, sino para decir algo completamente nuevo. Se trata de una síntesis admirable de todo lo que el romanticismo había traído o popularizado: el artículo de costumbres, el gusto por el color local, la afirmación nacionalista, la exaltación de la libertad, la defensa de la sagrada dignidad individual, etc.; pero, a la vez, presenta una minuciosa observación realista y un grado de violencia descarnada que no eran tan frecuentes en su época.29

Comunque il dominio del romanticismo in America Latina si prolunga per almeno due generazioni, risultando un fenomeno tardivo in alcuni Paesi come il Perù, mentre le opere di autori come Horacio Quiroga e Adolfo Bioy Casares influenzeranno ancora la letteratura fantastica fino al XX secolo. Horacio Quiroga viene considerato, invece, il precursore del nuovo genere letterario secondo Jaime Alazraki, il quale ritiene che il contributo di Quiroga al genere in America Latina sia stato parallelo a quello di Poe nell’America Settentrionale. Quiroga apprende da Poe le tecniche che conferiscono al racconto la fisionomia di un genere autonomo, ma a Quiroga stesso va il merito di aver saputo modellare semplici vicissitudini, materia quotidiana in forma, riuscendo a raggiungere la tensione espressiva necessaria perché un banale evento possa divenire racconto.30 Più tardi sarà Cortázar, tra i maggiori teorici e scrittori del racconto in Ispanoamerica, ad

29 OVIEDO, José Miguel [2001], Antología crítica del cuento hispanoamericano del siglo XIX:

Del romanticismo al criollismo, pp. 13-14.

30 ALAZRAKI, Jaime [1973], Relectura de Horacio Quiroga, in Enrique Pupo-Walker (a cura di), El cuento hispanoamericano ante la crítica, Editorial Castalia, Madrid, p.64.

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ampliare il concetto di tensión, come caratteristica imprescindibile, insieme a quelli di significación e intensidad, della struttura del racconto. Infatti riguardo alla buona riuscita di un racconto spiega:

No hay temas buenos ni temas malos, solamente hay un buen o un mal tratamiento del tema. Tampoco es malo porque los personajes carecen de interés, ya que hasta una piedra es interesante cuando de ella se ocupan un Henry James o un Franz Kafka. Un cuento es malo cuando se lo escribe sin esa tensión que debe manifestarse desde las primeras palabras o las primeras escenas. Y así podemos adelantar ya que las nociones de significación, de intensidad y de tensión han de permitirnos, como se verá, acercarnos mejor a la estructura misma del cuento.31

Già nei primi decenni del XIX secolo, in America comincia a definirsi pienamente una poetica del racconto e, senza dimenticare le sue origini romantiche, sorgono altre correnti letterarie che danno maggiore impulso allo sviluppo del genere. Alla fine del secolo, sarà invece il Modernismo, nella prosa, a preferire la narrazione breve. Lo scrittore modernista sarà il primo a sperimentare una sorta di economia del linguaggio poetico e a fare in modo che il racconto graviti attorno a un centro capace di produrre quella tensione emotiva che caratterizza il componimento poetico. In America Latina, un esempio di tale sperimentazione intensamente selettiva è lo scrittore nicaraguense Rubén Darío, considerato l’iniziatore del Modernismo grazie alla pubblicazione dell’opera in versi Azul (1888). Il precursore di una corrente letteraria caratterizzata dall’espressione individuale, quasi anarchica dell’arte, e che funzionerà come proiezione e prolungamento del simbolismo francese e come anticipatore delle correnti di Avanguardia, che avrà tra i suoi maggiori esponenti Jorge Luis Borges.

Parallelamente al Modernismo, si coltiva in sud America il racconto di matrice naturalista, considerata tendenzialmente una continuità del Modernismo. Così, mentre quest’ultimo si afferma in opposizione al Realismo, il naturalismo si

31 CORTÁZAR, Julio, Algunos aspectos del cuento,

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afferma in quanto documentazione oggettiva delle ingiustizie, della miseria e delle esperienze degradanti della vita umana. In qualche modo, questo tipo di scrittura rappresenta un amaro antidoto al preziosismo che caratterizzava la scrittura dei modernisti. Tuttavia, alla fine del secolo, queste due tendenze sembrano incontrarsi in alcuni testi capitali dell’epoca, come El fardo (1887) di Rubén Darío, in cui la perfezione verbale del modernista si alleggerisce per raccontare avvenimenti violenti e grotteschi.32

Nonostante, in linea generale, le impronte del racconto rivoluzionario e del linguaggio semplice dei suoi primissimi testi saranno tangibili, a partire dagli anni Quaranta il racconto esplorerà diverse possibilità fino ad approdare a quello fantastico, del realismo magico e psicologico. Saranno i generi che domineranno l’opera di scrittori come Cortázar, Borges, Gabriel García Márquez. 33 Quest’ultimo, in particolare, propone una lettura in grado di trasportare il lettore contemporaneo in un mondo magico e originale, diverso da tutto ciò che fino a quel momento aveva offerto la letteratura, compresa quella europea occidentale. La narrazione ispanoamericana, quindi, apporta un repertorio innovativo di temi e tecniche grazie al convergere di scrittori con formazione, età e origini diverse.

1.5 Verso una nuova estetica del racconto e un nuovo secolo: il XX

I primi decenni del XX secolo in Spagna vedono il sorgere di scrittori che sentono la necessità di rinnovare una prosa ormai radicata in formule di una retorica insufficiente ad esprimere le esperienze coeve, che parevano scorrere ad

32 PUPO-WALKER, Enrique [1973], Prólogo: Notas sobre la trayectoria y significación del

cuento hispanoamericano, in E. Pupo-Walker (a cura di), El cuento hispanoamericano ante la crítica, Editorial Castalia, Madrid, pp. 12-13.

33 I racconti di García Márquez, (secondo quanto spiega Roger M. Peel, nel saggio dedicatogli all’interno della raccolta di saggi di critica al racconto ispanoamericano già citato), offrono una rapida e sommaria introduzione alla sua opera. Pubblicati nel 1962, in un unico volume intitolato Los funerales de la Mamá Grande, hanno molto in comune con i suoi romanzi più famosi, tra cui Cien años de soledad. Alla stessa maniera di Faulkner, molti degli stessi personaggi figurano in diverse opere, creando una sorta di mondo fittizio o una famiglia che ruota attorno alla città di Macondo, nata dalla fantasia dell’autore. In un modo che somiglia anche alla tecnica usata da autori spagnoli come Cervantes, o più tardi, da Azorín, la cui lettura rende facile al lettore la familiarizzazione con certi personaggi e temi che ritroverà in diversi racconti.

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un ritmo più veloce e serrato rispetto a quella precedente. Tale necessità di cambiamento viene rivendicata a gran voce, e quasi violentemente, in un modo che forse può essere paragonato solo alla veemenza di alcuni romantici. Come altri movimenti, l’Avanguardia si ribella ai suoi predecessori, asserendo che per poter essere indipendenti sia necessario allontanarsi dalla tradizione. Nel credo di questo nuovo movimento si impone l’obbligo di essere moderni: l’obbligo di essere moderni. E questo richiamo alla novità e alla modernità è strettamente legato al fascino per il progresso tecnologico della società industrializzata, dove non c’è più spazio per ciò che è rimasto indietro, è anzi una aperta e dichiarata opposizione al passato. Sarà nei Paesi in cui il peso della tradizione risulta particolarmente asfissiante che sorgeranno i primi movimenti rivoluzionari e di maggior influenza come il futurismo e il cubismo. Gli artisti di Avanguardia prima ancora di iniziare un’opera di costruzione hanno intenti distruttivi e demolitori.34 Prova di tale impulso è, per esempio in Italia, il Manifesto del Futurismo di Marinetti, pubblicato nel 1909 e in cui venivano dichiarate le intenzioni e le convinzioni dei futuristi in undici punti.

Per quanto riguarda la produzione letteraria in Spagna, quello preso in considerazione rappresenta allo stesso tempo un periodo di transizione in cui autori emergenti, con tendenze stilistiche e tecniche differenti, convivono con quelle della tradizione precedente, ancora ben radicate. Unamuno e Antonio Machado, ad esempio, sono uomini del XIX secolo di cui sentono ancora il peso, ma sono allo stesso tempo profondamente innovatori, sebbene senza esternazioni clamorose. In particolare, durante i primi decenni del nuovo secolo convivono ‘98 e Modernismo, Novecentismo e Generazione del ’27 (solo per citarne alcuni). Tali gruppi letterari sorgono sulla base di una preoccupazione patriottica e di una dolorosa solidarietà nazionale che li univa, e che vista dal di fuori della Spagna appariva solo come elemento complementare, dato che in realtà si trattava di

34 DEL PINO, José M., Montajes y fragmentos: Una aproximación a la narrative española de

Vanguardia,

https://books.google.it/books/about/Montajes_y_fragmentos.html?id=xdINO1gclzQC&redir_e sc=y, ultima consultazione 05/03/2020.

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autori impegnati socialmente, di poeti e prosatori la cui opera può essere rivisitata alla luce di qualsiasi altro momento storico o situazione biografica. Gli scrittori appartenenti al primo di questi gruppi, quello del ’98, in particolare, sono accomunati da un atteggiamento definito poetico e che fa riferimento anche ai prosatori che non hanno mai scritto poesia, ma la cui scrittura è dominata da un carattere lirico, in cui l’autore esprime la propria esperienza personale privandola di oggettivazioni di tipo romanzesco.35

Il genere del racconto si consolida grazie alla pubblicazione di racconti sulle più importanti riviste dell’epoca come El Liberal e Blanco y negro, che, se da un lato contribuiscono alla loro diffusione, dall’altro ne compromettono la natura. Infatti, il racconto viene modulato a partire dal condizionamento di schemi giornalistici, e piegato all’attualità e a una certa rigidità in merito alla scelta dei temi e dei messaggi veicolati.

Nei primissimi anni del XX secolo sopravvive ancora un’impostazione di tipo realista/naturalista e i racconti pubblicati e premiati sulle riviste appena citate sono opera per lo più di gente vieja36, autori del secolo precedente come Emilia Pardo Bazán, José Nogales, Juan Valera. Tra gli autori emergenti, invece, attira l’attenzione dei giudici della rivista El Liberal il giovane scrittore “modernista” Valle-Inclán, con il racconto Satanás. Si può affermare che a partire dagli avvenimenti che si collocano all’inizio del XX secolo, si inizi a procedere verso una nuova estetica del racconto, che lentamente verrà avvalorata dal riconoscimento della critica e del grande pubblico.

Essenziale per comprendere il racconto di questo nuovo secolo è anche l’opera di Pío Baroja, ricordata anche perché riflette le esigenze di un genere che si evolve. La sua è una narrazione aperta, caratterizzata da strutture episodiche che permettono e favoriscono l’inserzione di romanzi brevi e racconti. E tuttavia

35 VALVERDE, José M. [19693], Storia della Letteratura Spagnola, Francesco Tentori Montalto

(traduzione di), ERI- Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, Torino, pp. 279,280.

36 Martinez Cachero, nella sua introduzione all’antologia di racconti del XX secolo, spiega che la differenza tra gente vieja e gente nueva, in cui venivano convenzionalmente raggruppati gli autori del tempo, non era dovuta solo a un fatto anagrafico. Anzi, molti degli artisti rifiutavano tali etichette e si mostravano invece aperti alla nuova corrente modernista.

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Baquero Goyanes, in un saggio critico dedicato all’autore, ricorda che la parte più significativa della sua opera si trova sotto forma di appunti incompleti, in uno stato previo all’arte propriamente detta. Ma è proprio quello stato di incompletezza che le conferisce la spontaneità, la semplicità descrittiva proprie del racconto genuino. Secondo la critica, il Baroja più puro, più fedele a questo modo di procedere è proprio quello dell’opera giovanile Vidas sombrías, pubblicata nel 1900. Si tratta di una raccolta di racconti, nelle parole di Baquero Goyanes:

Un conjunto de estampas y cuentos dominados por la calma, por la falta de acción, [que] supone un rasgo caracterizador que afecta –contrastadamente –a uno de los más decisivo componentes del cuento clásico, es decir, del cuento literario tal y como fue cultivado en el siglo XIX: la primacía del argumento.37

Proprio tale predominanza della narración-argumento viene sostituita da Baroja con la narración-situación o cuento-lírico, come era già stato denominato. In molti dei racconti contenuti in Vidas sombrías, come Parábola, Piedad postrera,

Playa de otoño, Hogar triste, solo per menzionarne alcuni, non vi è lo sviluppo di

una trama propriamente detta, bensì una descrizione di frammenti di vita, il cui valore risiede nella loro capacità di evocare e simbolizzare una totalità lasciata volutamente inespressa. E Baroja non è l’unico dell’epoca ad apportare tali novità alla narrazione. Azorín e Juan Ramón Jiménez, allo stesso modo, portati alla scrittura di opere ancora sotto forma di appunti e note, prendono le distanze dal

cuento–argumento, per accostarsi a una concezione del racconto in cui i limiti tra

sottogeneri vanno sfumandosi. Questa sorta di ibridismo, visibile già nell’opera di Baroja, rappresentava un chiaro segnale anticipatore e di adesione al

37 BAQUERO GOYANES, Mariano, Los cuentos de Baroja,

http://www.cervantesvirtual.com/obra-visor/los-cuentos-de-baroja/html/3d2e3f84-34cd-48de-9a45-620a459c2ac5_4.html, ultima consultazione 28/02/2020.

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Modernismo38 e del nuovo interesse per l’introspezione e il mondo interiore dei personaggi.39

Tale contaminazione e la rottura con i modelli precedenti fanno sì che anche le accezioni terminologiche sfumino e vengano sostituite da altri termini che alludono alla nomenclatura più tradizionale: narración, prosa, fragmento,

noveloide, embeleco, come suggeriscono Navarro e González nel loro studio sul

racconto di questo periodo.40 Ciò che è importante, in ogni caso, è che questi nuovi tipi privilegino la scrittura in cui predominano la costruzione e lo stile, propri della forma artistica, in una costante ricerca di perfezione formale, in cui la poetica, la narrazione e la forma saggistica si amalgamano senza stridere (e quando succede, soprendono il lettore). Questo è il contesto in cui può essere inserita la produzione di autori come Ernesto Jiménez Caballero o Antonio Espina. Mentre in altri come Pedro Salinas o Moreno Villa, la corrente innovatrice porta ancora con sé il peso di influenze di un certo classicismo, ed è possibile riconoscere una concezione del personaggio letterario non molto lontana da quella tradizionale. Tuttavia queste narrazioni, in particolare nel caso di Salinas, culminano in uno spostamento, iniziato già nei primi anni del nuovo secolo, verso la forma del cuento lírico. Víspera del gozo di Salinas è forse quella che più delle altre altera la tradizione. I sette racconti mantengono una propria indipendenza della trama, ma allo stesso tempo propongono una serie di preoccupazioni e temi che riguardano lo spazio interiore e la coscienza dei personaggi. Salinas, autore e poeta dell’amore, anche in questi racconti propone una ricostruzione immaginaria, da parte di un giovane innamorato, dell’incontro imminente con la propria amata. Ciò che qui acquisisce particolare importanza è l’imminenza dell’incontro e la gioia dell’attesa a cui allude il titolo stesso. In qualche modo vengono posti in

38 Baquero Goyanes nel saggio Los cuentos de Baroja segnalava come la pubblicazione di Vidas

sombrías ponesse in relazione certi aspetti stilistici propri di Baroja con il Modernismo sorto

tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX.

39 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

siglo XX, Alianza, Madrid, p.26

40 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

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contrapposizione l’immaginario del protagonista, ciò che viene creato dalla sua coscienza, in un esercizio in cui si fondono ricordi, desideri e impressioni provenienti dall’esterno, che per un momento invadono il piano del reale. Ma quando l’incontro diviene impossibile da concretizzare, la finzione e l’immaginario sostituiscono del tutto la realtà e divengono l’unica possibilità concepibile. Tale costruzione del mondo interiore del personaggio in funzione della donna amata può essere pensata anche come un processo che parallelamente avviene in Salinas stesso e nel suo momento di creazione artistica. Nel racconto

Mundo cerrado, che apre la raccolta, si stabilisce già dall’incipit una sorta di

analogia tra un libro acquistato dal protagonista e non ancora letto e la realtà, quella che osserva dal finestrino di un treno e che si presenta ai suoi occhi come “un libro de letra clara”. In questa analogia sembra risiedere la chiave di lettura per la nuova estetica letteraria: infatti, la realtà esterna non è più percepita individualmente come un elemento dato che si riflette chiaramente nella coscienza e che ne permette una traslazione artistica priva di difficoltà (com’era secondo la visione più ingenua degli scrittori realisti), al contrario è un processo continuo di percezione attiva sempre problematico. La realtà è percepita soggettivamente e ciò si intuisce bene in un passo di Mundo cerrado: “[…] el maquinista, el cual, sin duda por ser nuevo en la línea, ignoraba la profunda belleza de lo que iba revelando con torpísimo ritmo”41 e che per il protagonista è invece una pagina

tenera, commovente, così classica nella sua semplicità e paragonabile quasi alle pagine dell’Odissea che raccontano l’allontanamento di Omero dalla sua amata terra.42

Nei racconti di Antonio Espina probabilmente la corrente avanguardista raggiunge il suo culmine, e in particolare in Pájaro pinto, nessuno più di lui si allontana dal racconto tradizionale eliminando completamente l’intreccio dalle sue narrazioni e privandole, allo stesso tempo, dei tratti che fino a quel momento

41 SALINAS, Pedro [1994], Mundo cerrado, in Martínez Cachero (a cura di) Antología del

cuento español: 1900-1939, Editorial Castalia, Madrid, p. 223 ,224.

42 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

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erano stati fondamentali, in una continua ricerca di “una especie de proyección imaginista sobre la blanca pantalla del libro” che risultasse come una suggestiva interferenza tra la prosa e la cinematografia. Pájaro pinto, il racconto che apre la raccolta, può essere considerato una parabola ironico-burlesca sulla tragedia della prima guerra mondiale e la perdita dell’umanità, che ha dimenticato troppo facilmente il dolore e la sofferenza della guerra.

Tuttavia questo periodo lascia presto spazio a nuove trasformazioni e innovazioni della società e della letteratura, di cui però, è inizialmente complicato rintracciare le caratteristiche, specie dopo l’esperienza avanguardista e il ritorno a formule narrative più semplici e strutturalmente meno complesse che sembrano rimandare più ad un’involuzione che ad un nuovo sviluppo estetico. In tutto ciò sono imprescindibili due fatti di natura diversa ma che appaiono intrinsecamente collegati: l’effervescenza politico-sociale che va coinvolgendo parti sempre più ampie della società spagnola (compresi i rappresentanti dell’arte), e il progressivo abbandono della sperimentazione avanguardista che iniziava a perdere il suo prestigio e di conseguenza coloro che ne erano stati precursori e adepti. In seguito alla caduta di Primo de Rivera e all’instaurazione della Seconda Repubblica, la domanda e le pressioni del pubblico si muovono verso altre direzioni. Si inizia allora a parlare di rehumanización (intesa come recuperazione di temi e approcci narrativi che rappresentino, in una maniera più immediata da captare, la posizione dell’uomo nella società) e di compromiso apertamente politico. Questo è propriamente il cammino intrapreso dal romanzo sociale e da autori come José Díaz Fernández che già da tempo cercavano di far conciliare rinnovazione estetica con impegno politico, etico e sociale. Nella sua opera El Blocao, (1928) l’approccio è di tipo quotidiano, nonostante il soggetto sia la guerra del Marocco, si tratta per lo più di racconti di esistenze individuali segnate dalla routine, dalla trivialità di situazioni e avvenimenti, in cui ciò che più conta sono le ripercussioni della guerra sulla società e le conseguenze politico-economiche, l’assurdità di una guerra senza alcun senso, esplosa a causa di interessi ben lontani dal campo di battaglia e in cui a rimetterci inutilmente sono le vite dei soldati.

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D’altra parte l’Avanguardismo sopravvive ancora in forme molto più attenuate; suo evidente segnale è una narrazione di tipo umoristico dal forte virtuosismo verbale e metaforico, atto a rivelare il nonsense dell’esistenza umana. Ad ogni modo, sia l’angoscia sia l’atteggiamento umoristico che caratterizzano l’inizio del XX secolo fino alla Guerra civile sono entrambi considerati sintomi di uno stesso malessere. 43

Un importante ruolo, negli anni della Guerra civile, viene svolto dal genere del racconto. L’ambiente carico di tensione dovuta al tumulto bellico rende difficile liberarsi dalla pressione subìta e gli scrittori si ritrovano davanti due strade opposte da seguire: scegliere di rinchiudersi in un silenzio creativo o consacrarsi ad un tipo di scrittura di denuncia, per cui il racconto proprio per la sua brevità, risultava più adatto. La necessità di dare testimonianza di ciò che stava succedendo, rende labile il confine tra il racconto e un altro, per così dire, genere, quello del servizio giornalistico. Di conseguenza diviene altrettanto difficile riconoscere testi degni di nota e memorabili da quelli di carattere puramente informativo, fatta eccezione per i testi di alcuni autori che scrivono in piena Guerra civile come Max Aub, Arturo Barea, Chaves Nogales.

La guerra costituisce certamente un’immensa catastrofe collettiva nella vita nazionale, eppure in ambito letterario si potrebbe dire che il conflitto abbia rappresentato una sorta di continuità, in cui le divergenze semmai riguardano le linee estetiche di due diverse generazioni: quella del ‘98, che aveva sviluppato i temi concreti dell’uomo, e quella del ‘27, dei primi anni, formata da un gruppo di intellettuali dallo spirito più individualista e più orientato verso la qualità formale dei testi. A favore del processo di integrazione delle due tendenze coopera il processo di rivitalizzazione neoromantica che era stata iniziata negli anni Trenta da autori come Salinas e Alberti, e che sfociava nelle battaglie ideologiche alla

43 LLERA ESTEBAN, Luis de [1987], Ortega y Gasset e le avanguardie, in Gabriele Morelli (a cura di), Trent’anni di avanguardia spagnola: Da Ramón Gómez de la Serna a Juan-Eduardo

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vigilia della guerra; e dall’altra parte, un movimento neocattolico progressista, assertore dei valori spirituali dell’uomo moderno.44

Il periodo successivo a quello della guerra è testimone dell’esilio di un importante numero di scrittori spagnoli come Juan Gil-Albert, e altri che proseguirono sullo stesso filone dell’esperienza traumatica della guerra, come il già citato Max Aub e Francisco Ayala.45 L’opera letteraria di María Teresa León risulta particolarmente rilevante nella storia della narrazione spagnola, sia in quanto opera de compromiso, sia perché sarà alimentata anche durante l’esilio dell’autrice tra l’Argentina e l’Italia. María Teresa León farà dell’esperienza dell’esilio una missione letteraria con ìl fine di preservare la propria memoria e quella della storia collettiva. È ascritta a questo periodo la raccolta di racconti

Morirás lejos (1942), frutto dell’esperienza della guerra e dell’allontanamento

dalla terra natia. Appartiene al periodo precedente all’esilio Cuentos de la España

actual (1928), opera letteraria posta al servizio della lotta di classe e fedele alla

ideologia comunista, considerata “ejemplo inexcusable de literatura revolucionaria”.46 Tra le raccolte di racconti dell’autrice si ricordano, inoltre, Las

peregrinaciones de Teresa (1950) e Fábulas del tiempo amargo (1962).

In generale, il panorama letterario dell’esilio spagnolo si configura come una realtà varia e diversificata. Tra gli scrittori che nel dopoguerra lasciano la Spagna ve ne erano alcuni che vantavano già un’ampia produzione letteraria, come nel caso dei già citati Max Aub, Francisco Ayala e María Teresa León; altri che avevano appena iniziato a scrivere nel primo trentennio del XX secolo, come José Ruiz Borau, che durante la guerra aveva composto una serie di cuentos raccolti in

El tío Candela (1938); e altri ancora che intraprenderanno una traiettoria letteraria

44 ALVAR, Carlos –MAINER, Josè Carlos –NAVARRO, Rosa [2000], Storia della letteratura

spagnola: L’età contemporanea, Pier Luigi Crovetto (a cura di), Einaudi, Torino, pp. 535-538.

45 MORELLI, Gabriele –MANERA, Danilo [2007], Letteratura spagnola del Novecento: Dal

modernismo al postmoderno, Mondadori, Milano, pp. 99,100.

46 LEÓN, María Teresa [2003], Fábulas del tiempo amargo y otros relatos, Gregorio Torres Nebrera (a cura di), Ediciones Cátedra, Madrid, p. 61-62.

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proprio durante l’esilio. 47 Inoltre, la risposta individuale di ogni autore all’esperienza dell’esilio risulta essere altrettanto disomogenea. Tale risposta viene presa in considerazione in El sol de los desterrados: literatura y exilio di Claudio Guillén, il quale individua una differenza fondamentale tra gli autori che hanno vissuto l’esilio come un’esperienza mutilante e quelli che ne hanno fatto un’occasione di arricchimento personale ed esercizio di universalizzazione.48 Per questi motivi, Díaz Navarro e José Ramón González García, discutono la difficoltà

di individuare un comune denominatore all’interno della letteratura dell’esilio, preferendo descrivere questa realtà disomogenea come il riflesso di ciò che viene scritto durante il periodo dell’esilio stesso: la nostalgia del Paese natale, la relazione tra il momento drammatico vissuto dall’autore e la scrittura, nella quale, a sua volta, si fondono la necessità vitale di identificazione e l’esperienza illusoria e fantastica.49

47 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

siglo XX, p. 89.

48 Cit. in González García e Díaz Navarro, p. 215.

49 GONZÁLEZ GARCÍA, Ramón – DÍAZ NAVARRO, Epicteto [2002], El cuento español en el

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