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8. Risultati

8.3 Traffico navale e cetacei

Il confronto tra il numero di imbarcazioni registrate in presenza di cetacei ed il numero di imbarcazioni registrate “random” mostra chiaramente che esiste una differenza notevole (-51%). Questa differenza è quindi molto rilevante e addirittura più elevata di quella riscontrata da Lara Carosso (-40%) nel biennio 2013-2014. Per verificare che il dato fosse significativo è stato comunque utilizzato il test di Kolmogorov-Smirnov. 82% 9% 2% 7% LIBA winter 2018 Artificial polymer materials Glass Proc. wood Metal Textile Paper Rubber 91% 1%

1% 5%LIBA spring 20182% Artificial polymermaterials Glass Proc. wood Metal Textile Paper Rubber 88% 1% 3% 1% 4% 3% LIBA summer 2018 Artificial polymer materials Glass Proc. wood Metal Textile Paper Rubber 89% 2%

2%0% 5% 2%

LIBA 2018

Artificial polymermaterials

Glass Proc. wood Metal Textile Paper Rubber

8.4 Analisi spaziale

Il secondo punto su cui si sono concentrati gli sforzi di questo studio riguarda un’analisi di tipo spaziale.

8.4.1 Cetacei

In primo luogo tutte le track “on effort” di monitoraggio sono state plottate su QGIS:

Successivamente sono stati messi in evidenza gli avvistamenti divisi per specie, come mostrato nella seguente immagine:

Immagine 8.2: Avvistamenti registrati nei due anni di studio (LIBA+LIGA)

Dall’immagine appare evidente come gli avvistamenti siano distribuiti abbastanza uniformemente, con l’eccezione della zona antistante alla Sardegna. C’è una maggiore densità di avvistamenti nel canale di Corsica, in cui il fondale scende ad almeno 200 metri, e tra le isole Elba e Capraia.

Per quanto riguarda la composizione delle specie, c’è una maggiore concentrazione di Stenella

coeruleoalba, mentre gli avvistamenti di Tursiops truncatus e di Balaenoptera physalus sono più

Tali risultati sono confermati anche dalle analisi spaziali relative allo SPUE, effettuate su entrambe le tratte accorpando i dati relativi a ciascuna stagione nei due anni oggetto di studio. Anche in questo caso, infatti, le celle in cui lo SPUE è più elevato sono relative alle giornate di monitoraggio estive e sono localizzate in prossimità della Corsica e del porto di Livorno.

8.4.2 Rifiuti marini

Per i rifiuti marini è stata messa in evidenza la densità: in inverno e primavera essi si concentrano nel canale di Corsica e tra le isole Capraia ed Elba, all’incirca dove si incontrano la piattaforma continentale ed il canale di Corsica. Il picco di rifiuti è stato registrato invece in estate, approssimativamente nella stessa zona in cui è stato registrato in inverno e primavera, ma a concentrazioni più alte. In autunno i rifiuti diminuiscono ma rimane un picco nel canale di Corsica. Tali risultati sono in linea con quelli esposti nella tesi di Cristina Luperini, che ha svolto un’analisi dei rifiuti marini durante gli anni 2013-2015, sempre sulla tratta Livorno-Bastia. Anche in quel caso, infatti, la maggiore concentrazione di rifiuti è stata registrata proprio in prossimità del canale di Corsica, soprattutto in primavera ed estate.

8.4.3 Traffico navale

Anche per il traffico navale sono state create delle griglie con maglie della stessa dimensione di quelle utilizzate per i cetacei (25Km2) relativamente ad ogni stagione, ma in questo caso è stata anche

effettuata anche un’analisi di tipo kernel. L’analisi mostra come il maggior numero di imbarcazioni siano state registrate in estate, mentre le aree a maggiore concentrazione sono prevedibilmente quelle vicine ai porti e in prossimità della costa. La zona che rimane più libera dal traffico in tutte le stagioni è quella che si trova a sud dell’Isola d’Elba, fino in prossimità della Sardegna. Tali risultati sono simili a quelli del biennio 2013-2014 della tesi di Lara Carosso, in cui la maggiore densità di traffico veniva riscontrata nelle zone costiere, in prossimità dei porti. Di seguito sia le immagini con i valori per cella che le immagini dell’analisi kernel.

8.4.4 Indice di rischio

Tutte queste analisi su composizione ed abbondanza del traffico navale e dei rifiuti marini, sono state utilizzate per produrre un indice di rischio, che prendesse in considerazione appunto questi aspetti. Questo tipo di analisi è stata effettuata solo sulla tratta Livorno-Bastia, l’unica in cui oltre al traffico navale ed ai cetacei sono stati monitorati anche i rifiuti marini.

Se i risultati relativi primavera ed autunno non mostrano un indice elevato, in estate appare evidente come le celle a maggior rischio siano localizzate nel Canale di Corsica e in prossimità dei porti, le zone con maggiore presenza di cetacei, ma anche di un traffico navale elevato e di una maggiore densità di rifiuti marini.

Del resto è proprio nel canale di Corsica che è stata registrata la maggior concentrazione di rifiuti marini, soprattutto in estate, e il maggior traffico navale, sempre in estate. Di conseguenza un risultato di questo tipo non solo non stupisce ma era anche previsto.

9. Discussione e conclusioni

Il presente studio ha lo scopo di proseguire il monitoraggio dei cetacei (presente fin dal 2008),

dei rifiuti marini e del traffico navale (presenti dal 2012) e confrontare i dati ottenuti con quelli

delle tesi precedenti, cercando di offrire un quadro complessivo relativamente all’impatto

delle pressioni antropiche su questi animali, identificando le aree e le stagioni in cui il rischio

è maggiore.

I dati raccolti nei due anni di monitoraggio (2017/2018) non sono purtroppo molto numerosi,

sia a causa del basso numero di transetti effettuati (soprattutto nel 2017), sia a causa del basso

numero di avvistamenti: sono stati infatti registrati solo 25 avvistamenti (10 nel 2017 e 15 nel

2018) sulla Livorno-Bastia, mentre 30 avvistamenti (11 nel 2017 e 19 nel 2018) sulla Livorno-

Golfo Aranci.

Inoltre, delle otto specie che abitano stabilmente il Mediterraneo, solo tre sono state avvistate,

ovvero Stenella coeruleoalba, Tursiops truncatus, Balaenoptera physalus, più alcuni

avvistamenti di esemplari non identificati.

È del resto vero che alcune specie, come il grampo o il capodoglio, preferiscono zone più

profonde dell’area di mare indagata e quindi sono rare da trovare in tale zona, in cui la

batimetria rimane piuttosto bassa; il ridotto numero di transetti potrebbe quindi essere

sufficiente per spiegare il fatto che non sono state avvistate le altre specie.

Dalle analisi di questo studio sembra che Tursiops truncatus sia maggiormente presente nella

porzione settentrionale dell’Arcipelago toscano (come dimostra il maggior numero di

avvistamenti sulla tratta LI-BA), mentre nella porzione più meridionale il maggior numero di

avvistamenti è stato attribuito a Stenella coeruleoalba.

Del resto la letteratura è coerente con quanto riscontrato, visto che i tursiopi preferiscono

acque costiere poco profonde (massimo 100 metri) e sono cetacei che tollerano meglio la

convivenza con l’uomo (Gnone et al., 2005). Inoltre in un habitat di questo tipo risiedono i

pesci bentonici e demersali che costituiscono la frazione principale della dieta di questa specie

(Voliani e Volpi, 1990; Orsi Relini et al., 1994).

Al contrario S. coeruleoalba è una specie che predilige acque più profonde (Gannier, 1995,

1998) oltre la piattaforma continentale e infatti è stata avvistata soprattutto nel Canale di

Corsica, dove la batimetria scende a 200 metri.

Gli avvistamenti di Balaenoptera physalus sono stati invece molto sporadici, ma sono avvenuti

sempre in primavera e in estate. Questo è in accordo con quanto esposto in bibliografia

(Nascetti e Notarbartolo di Sciara, 1996), in cui si sottolinea come sia il cetaceo con la più

marcata stagionalità.

Questa specie tende infatti a trascorrere gli inverni nelle acque più calde, nel Mediterraneo

meridionale, ottime per la riproduzione ed il parto, mentre in estate migra in acque più fresche

e più ricche di cibo, come le acque del Mar Ligure.

Inoltre il bassissimo numero di avvistamenti di questa specie è in linea con quanto esposto in

letteratura (Panigada et al., 2006; 2011) in cui si mette in evidenza come negli ultimi quindici

anni la presenza di questo cetaceo all’interno del Santuario “Pelagos” sia in continua

diminuzione, probabilmente a causa del sempre crescente traffico navale e dell’inquinamento

dato dalla presenza dei rifiuti.

quest’ultimo caso è supportato da uno studio del 2014 (Arcangeli et al.) che attesta una

maggiore presenza di questa specie nella porzione centrale del Mar Tirreno. In altri termini,

la balenottera potrebbe quindi prediligere il Mar Ligure come zona preferenziale di

alimentazione su grande scala, ma su meso-scala potrebbe anche cercare zone più vicine in

cui il cibo risulta più concentrato, proprio a causa dei disturbi di natura antropica a cui è

sottoposta.

La successiva normalizzazione dei dati ha permesso poi di confrontare i risultati di questo

studio con quelli delle tesi precedenti. Si è scelto come unità statistica il transetto e per ogni

transetto è stato calcolato lo SPUE (Sightings per Unit of Effort).

Anche in questo caso le principali differenze riscontrate con i dati ottenuti nelle tesi precedenti

riguardano due aspetti: il primo è una diminuzione dell’indice di abbondanza, sia in relazione

alle specie totali sia per ognuna delle specie osservate; il secondo è relativo al numero di

specie osservate: durante il biennio di monitoraggio di questo studio, su entrambe le tratte

sono state avvistate solamente tre specie (Tursiops truncatus, Stenella coeruleoalba e

Balaenopera physalus), mentre negli anni precedenti sono stati segnalati avvistamenti anche

di specie che sono molto più rare nel Mar Mediterraneo, come Physeter macrocephalus o

Grampus griseus.

Il confronto tra l’indice di abbondanza relativo al biennio e gli anni precedenti, del resto parla

chiaro: per la tratta Livorno-Bastia c’è stata una diminuzione dello SPUE del 49%, mentre per

la tratta su Golfo Aranci del 38%; analizzando l’andamento dello SPUE negli anni si vede

infatti come ci sia una generale diminuzione dell’indice di abbondanza per le specie totali e

per le specie prese singolarmente, con alcune eccezioni, come Balaenoptera physalus nel

2018, di cui in realtà si assiste ad un aumento.

Per quanto riguarda l’analisi dei rifiuti marini, solamente sulla tratta Livorno-Bastia, dai dati

relativi alla composizione dei materiali emerge come la quasi totalità dei rifiuti monitorati

(89%) sia attribuibile a polimeri artificiali, in linea con i risultati di Cristina Luperini (Università

di Pisa, Anno Accademico 2014-2015) che aveva effettuato il monitoraggio dei rifiuti nel Mar

Tirreno durante gli anni 2013-2015, in cui era stata registrata una media di rifiuti composti da

polimeri artificiali superiore al 95%.

Del resto, i detriti plastici sono particolarmente difficili da degradare e hanno un’alta capacità

di persistenza in superficie; di conseguenza possono essere trasportati per lunghe distanze

dalle correnti e raggiungere zone di mare aperto.

Il fatto che la maggior parte dei rifiuti sia di materiale plastico emerge anche da studi più

approfonditi: in uno studio del 2017 (Campana et al.), relativo alla composizione e

provenienza dei rifiuti marini nel Mediterraneo è emerso che, per il bacino occidentale, i rifiuti

sono composti per oltre il 65% di plastica, anche se questa percentuale varia per ogni settore.

Lo studio riporta anche il valore medio di macro rifiuti durante le stagioni, con medie tra 1,9

e 2,8 frammenti per km

2

e valori più alti registrati in primavera ed estate in tutti i bacini,

suggerendo una relazione con l'aumento delle attività turistiche e marittime, sia nelle acque

costiere che in quelle di mare aperto.

Per completare le analisi sono stati messi a confronto il numero di imbarcazioni registrate in

assenza di cetacei con il numero registrato in presenza di cetacei. Il risultato mostra una

differenza sostanziale, -51% di imbarcazioni in presenza di cetacei.

Questo valore è interessante, perché conferma quanto esposto in letteratura (Campana et al.,

2015a, Campana et al., 2015b) in cui si dimostra che la media di imbarcazioni in presenza di

animali è statisticamente più bassa rispetto a quella che si osserva in maniera random lungo

gli stessi transetti di osservazioni.

Gli animali tendono quindi a dislocarsi in zone in cui ci sono meno navi oppure fanno

immersioni più prolungate, ma in ogni caso appaiono disturbati.

In ultima analisi non è possibile escludere l’influenza della piattaforma di ricerca stessa sul

comportamento degli animali (Jahoda et al., 2003), ma è pur vero che questa è una costante

presente in tutte le campagne di monitoraggio, sia durante i dati di presenza che durante i dati

di assenza di cetacei; inoltre la scelta di una piattaforma di ricerca di questo tipo è la più

indicata, in quanto imbarcazioni di grandi dimensioni hanno un minor impatto sul

comportamento di questi animali piuttosto che imbarcazioni più piccole e più veloci

(Campana et al., 2015a, Campana et al., 2017).

Nella tesi di Lara Carosso (Università di Pisa, Anno accademico 2014-2015) la differenza

riscontrata nel biennio 2013-2014 è del 40%. Questo conferma ancora una volta l’ipotesi che

gli animali si vedono di meno perché si dislocano di più.

Il secondo tipo di analisi utilizzato in questo studio è di tipo spaziale, e permette di valutare

la distribuzione delle specie avvistate. Dalle immagini appare evidente come gli avvistamenti

siano distribuiti abbastanza uniformemente, con l’eccezione della zona antistante alla

Sardegna. C’è una maggiore densità di avvistamenti nel canale di Corsica, in cui il fondale

scende ad almeno 200 metri, e tra le isole Elba e Capraia, in cui la profondità è attorno ai 100

metri.

I risultati portano alle stesse conclusioni dell’analisi dei dati relativi al numero di avvistamenti:

in questo caso infatti si evince come la maggior parte degli avvistamenti di Tursiops truncatus

sia localizzata nella zona tra le isole di Capraia e Elba, mentre la maggior parte di avvistamenti

di Stenella coeruleoalba sia localizzata nel Canale di Corsica. Sono stati molto rari gli

avvistamenti di Balaenoptera physalus.

Dall’analisi dell’indice di abbondanza in relazione all’analisi spaziale emerge come il maggior

valore di SPUE sia stato riscontrato in estate nel Canale di Corsica e in prossimità dei porti.

L’analisi spaziale dei rifiuti marini mostra risultati analoghi: la maggiore densità di rifiuti si

registra in estate nel Canale di Corsica e tra le isole.

Questo risultato indica dunque un aumento della quantità di rifiuti durante il periodo estivo e

ciò porta a confermare l’ipotesi già formulata da precedenti studi (come quello di Campana et

al., 2017) che i rifiuti rinvenuti (composti per oltre il 90% da materiale plastico) siano

riconducibili al turismo “della bella stagione” e quindi alla presenza dell’elevato numero di

persone ed imbarcazioni che in altri periodi dell’anno inevitabilmente cala.

Altro aspetto interessante è comprendere perché i rifiuti si collochino per la maggior parte

proprio in questa zona. In tal senso, visto che la localizzazione dei rifiuti è molto simile a

quella riscontrata in studi precedenti (tesi di Cristina Luperini), si ipotizza che la distribuzione

di questi debba essere dovuta alla concomitanza di molti aspetti, tra cui direzione e velocità

delle correnti sottocosta e al largo, l’azione del vento e la tipologia del rifiuto stesso.

Prendendo in considerazione questi aspetti, lavori precedenti ipotizzano come nel periodo

estivo la sorgente vada ricercata nelle coste toscane, ma gli agenti atmosferici spostano i rifiuti

da est ad ovest, fino al Canale di Corsica e tra le isole.

L’analisi spaziale è stata applicata anche al traffico navale. Anche in questo caso il maggior

numero di imbarcazioni è stato riscontrato in estate e nel Canale di Corsica, oltre che,

ovviamente, in prossimità dei porti.

Il Canale di Corsica rappresenta infatti un ”corridoio” utilizzato non solo dai cetacei per

spostarsi da nord verso sud (e viceversa, ma anche dalle principali rotte navali. Del resto il

Mar Mediterraneo è il bacino più trafficato al mondo (Coomber et al., 2016). Questo si ripercuote

poi sui cetacei: il disturbo delle imbarcazioni, infatti, può determinare cambiamenti a breve e

lungo termine nel comportamento e nella distribuzione degli animali (Arcangeli and Crosti,

2009; Bejder et al., 2006; Erbe, 2002; Jahoda et al., 2003; Pennino et al., 2016; Pirotta et al.,

2015; Rako et al., 2013; Risch et al., 2012; Scarpaci et al., 2011). Inoltre, la velocità e le

dimensioni delle navi sono direttamente correlate al rischio di collisioni (Laist et al., 2001;

Silber et al., 2010), che riguardano in particolare le balene di grandi dimensioni (Carrillo and

Ritter, 2010; Geijer and Jones, 2015; Panigada et al., 2006), ma sono riportati anche per le

specie più piccole in tutto il mondo (Pace et al., 2006; Ritter, 2012; Van Waerebeek et al.,

2007; Wells e Scott, 1997).

Infine questo studio ha voluto combinare i principali fattori di rischio per i cetacei (traffico

navale e rifiuti marini) per evidenziare le stagioni e le zone in cui la concomitanza del rischio

è maggiore. I risultati non sorprendono, visto che sia per rifiuti marini che per il traffico le zone

più a rischio sono quelle comprese nel Canale di Corsica, soprattutto in estate.

In conclusione, i risultati di questa tesi dimostrano come esistano zone ad alto rischio per i

cetacei, sia per quanto concerne il traffico navale (questi animali vengono disturbati e

preferiscono cambiare le proprie rotte e risalire meno frequentemente in superficie) sia per

quanto riguarda i rifiuti marini, che si concentrano proprio nell’area di passaggio per le specie

migratrici, ma costituiscono un rischio anche per tutte le altre specie, soprattutto quelle

ittiofaghe, che possono scambiare i rifiuti per cibo e quindi ingerirli con tutte le tragiche

conseguenze che ne derivano.

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