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I manoscritti di Niccolò Paternò Castello si trovano citati in F Strano, Catalogo ragionato della Biblitoeca Ventimiliana esistente nella Regia Università

3.2.2 Trascrizione di una selezione del Tomo I della Raccolta di Prose e Poesie

L’autore agli amici

Voi fate troppo conto, amorevoli amici miei, di quelle letterarie bagattelle, che in varj tempi, et in diverse occasioni mi sono uscite di penna, e per tal riflesso a chi doverei più giustamente offerirle, che a voi, i quali consapevoli di mie buone intenzioni approverete la mia condotta nell‟avere convocato di schivare in tali esercizj l‟ozio fomentator di ogni

vizio, e compatirete discreti quelle debolezze, e difetti, che vi verrano sotto l‟occhio nel leggere che farete i tenui (?) del debbole ingegno mio. E a parlare con quella, che a voi conviensi amichevole candidezza, a raccogliere questi frutti pochi altri della verde, altri dell‟Età mia più matura non mi à indotto se non la brama di far noto a chiunque in essi, che io non del tutto disapplicato, ed alieno della nobbile profession delle lettere ò menati i migliori anni del viver mio, anzi che studiosamente seguendo le (?) degli Autori più applauditi del nostro secolo (pei quali come per i miei Maestri ò avuta tutta la venerazione) ò cercato di immitare in essi come in tanti esemplari, or lo stile maestoso, or la subblimità dei concetti, e colla purezza della lingua tutto ciò, che per essere difficile, e raro, rende vaga e preggiata l‟arte del Poetare Eccovi scoperta, Amici miei, la fucina, dove ò procurato temprare i miei mentali lavori. Molti venner da me nelle frequenti adunanze dei nostri Pastori, et accademici Etnei; molti ne voleste trascritti per assaporar lì posatamente, e con aggio, e gli altri, o li ignoraste affatto, o di essi a voi non arrivo che una semplice notizia per mezzo delle altrui relazioni, bastanti solo a stuzzicarvi la brama curiosa, ma non a saziarla come avreste voluto. In tal situazioni di cose, io che sono come esser deve ogni amico, compiacente verso di voi, mi sono accinto a soddisfarvi; E perché bramo, che con pieno comodo godiate di quanto io posso presentarvi di mie fatiche, mi son risoluto imprimerne tante copie, quanti considero di numero esser di numero gli amici miei. Già mi immaggino che saggiamente direte, che pochi sono al mondo, anzi pochissimi i veri amici. Così è la cosa veramente, e chi non lo sa? onde non saravvi non si meravigli, se pochi corpi favonne uscire da sotto il torchio, bastanti ad appagare quei soli eruditi benigni leggitori, che vorranno accordarmi il favore di loro gradimento, ed amicizia. Oltre di che io non pretendo io mica, che il picciolo volumetto abbia a dilungarsi pomposamente in tutte quelle parti dove è giunta la illuminata letteratura a diradare le tenebre più fosche dell‟ignoranza, e riscuoter esso colà il fumo di vane approvazioni; E molto meno è mia mira coll‟impressione, che ne faccio, di ricavare alcun lucro sopra una peraltro nobbile mercanzia. Contentomi che il picciolo librettino venga a mano di voi soli, miei cari Amici, dai quali verrà difeso dal livore, e dalla mordacità. Voi bisognando reprimerete i critici baldanzosi, spesso loquaci a censurare le altrui produzioni, e sempre muti, ed inetti a dare alla luce qualcosa di meglio. Se questi sono versati in tal arte, si asterranno dal dire l‟ira di Dio sulle opere altrui, per la esperienza che anno. Della di lei difficoltà, E se imperiti ne sono, sosteranno il rossore di sentirsi rinfacciare, che

Caecus non indicat de coloribus, Nec sutor, ultra trepidas.

Voi però, Amati amici miei, gradite il mio buon animo, nella picciola esibizione tutta indirizzata al vostro virtuoso diletto, E ocorrendo, fate a favore dell‟operetta quanto vi detterà l‟amicizia. Scorrete altresì queste carte con occhio sicuro di non abbattersi in cosa, che offender possala delicatezza di vereconde persone, avendo io sempre cercato di scansar quello scoglio, dove quasi tutti i Poeti, ànno urtato, per il quale arrosiscon sovente le sacre Vergini del Parnasso, vedendo con detestevole abbuso impiegata in materia men che decente quell‟arte, che di suo primo intendimento considerata esser deve per venerabbile, e sacrosanta. Qui dunque troverete un po‟ di tutto. Discorsetti di materie diverse, Componimenti Sacri, e Profani, e qualche cosa sull‟ultimo di Bernesco. Tutto però senza ordine alcuno, e quasi raccolto alla rinfusa. Questo è in breve il contenuto dell‟Opera, Amici cari, e la mira, che ò di incontrare con essa il vostro genio sia un nuovo contrasegno di quell‟amicizia, che vi professo, nemica di lusinghe, e di adulazione. Gradite dunque il mio buon animo, e pagatemi della stessa moneta.

Discorso intorno alla Difficoltà e Bellezza del Sonetto detto nell’Accedemia dei Pastori Etnei

Non è da stupire se minaccia ruina imminente quell‟edificio nella di cui erezione a tutt‟altro badossi, fuorchè ad assicurare i fondamenti sopra stabili massi di ferme pietre, dall‟Ingegniere, o spratico di suo mestiero o poco desideroso di eternare alle costrutte fabbriche il proprio nome; uniformi appunto, seppur mi attengo alla Verità, a questi mari già già rovinosi io considero quiei giudizj, che stabbiliti si veggono sulla base dell‟apparenza; E coloro, che imperiti, o sprezzanti si appoggino a così dubbioso sostegno, del tutto simili al male avveduto Architetto. E se volte di ciò assicurarvi, Osservare, che fra le tenebre di notte buia alza un inespero giovinetto un occhiata alle stelle, e tutte quasi le spreggia quali astri, che comparati alla Luna assai minori, a lui sembra, che la corteggino: Interrogare un rozzo pescatorello, e veri e reali diravvi essere quei colori, di cui si adorna l‟Iride ruggiadosa, Anzi se fede uguale dalui dar si volesse a ciò, che gli viene rappresentato dalle acque, affermerebbe senz‟altro, che si torcano i remi qualora si tuffin nelle onde; Ed un contadino, che mai siasi allontanato dalle montagne ove ebbe il natale, e il soggiorno, se mai su picciolo palischermo venisse a costeggiar la riviera, terrebbe per evidenze allontanarsi le spiaggie, e correre le foreste, e le ville se alla terra il guardo volgesse. Ora essendo la bisogna in questa guisa, che di voi non si accorge, che gli accennati sinora, tutti peraltro gravissimi errori, non da latro traggon origgine, se non dall‟avere essi per fondamento la sola vacillante apparenza? Quantnque però sifatti verissimi esempj mostrino i notabbili pregiudizj, che alle umane menti proveggono quando all‟Apparenza si appoggiano, con tutto questo, perchè al nostro intendimento non sì tosto ci guidano gli tralascio assai di buon grado, purchè si faccia avanti a rendercene persuasi, e convinti la turba numerosissima di coloro, i quali il salire la rapida, e troppo scoscesa via di Parnasso cosa stimano facile di molto ed aggevole. Egli è fisso nel loro menti un falso principio, che una mediocre nozione della favella, ed alquanto di pratica in sapere ridurre i sentimenti in mebri endecasillabi, sia bastevol cosa a farne un Poeta; Molto più che veggendo di giorno in giorno crescere il numero di tali Poeti, ingannati da Questa apparente facilità credono (per parlare con poetiche espressioni) potere commodamente montare anch‟essi sulla vetta del monte Pierio, quando anche l'accostarsi alla dilui falde ella è cosa difficilissima, E giudica immergersi nel fonte Ippocrene colui, che forse ne vide appena, e ben da lungi la sponda, gonfio passeggiando, e umanamente fastoso sulla lusinga d‟aver superati, o almeno di esser facili a superarsi da lui quei difficilissimi intoppi, che in salita attraversansi a chi, sebben fornito d‟arte, e di naturale vicchissima vena, pure di rado, e a gran fatica vi arriva a riposar sulle cime. Ma strappisi da queste menti deluse il velo dell‟inganno in cui sono, e si tolga altrsì alla Poesia la maschera dell‟apparente facilità; il che spero mi abbia a riuscire, se vi contenterete meco esaminar colla mente, non già la moltitudine presso che inficia di communali Versificatori, ma bensì il numero sì scarso, e limitato di Poeti eccellenti, e le qualità, che a divenir tali son necessarie.

Saremo, io mi immagino, di accordo, che la Purità della lingua, la Franchezza del verso, la Facilità delle rime, il Maneggio delle figure, e passando a ciò che è più essenziale, vale a dire la Novità dei concetti, la Uniformità del carattere, la Grandezza delle sentenze, il Movimento degli Affetti, l‟Artifizio della condotta, saremo, io dicea, di accordo che sien cose tutte in ogni Poeta oggidì ricercate, ma che in pochissimi si ritrovano.

Vi bramo però sul bel principio avvertiti, acciò non sia tra voi, chi in suo pensiero condanni questi miei sentimenti come quegli, che son capaci a scuorare gli animi dei Studiosi, e a trattenerli dalla lodevole incominciata carriera. Udite però come sulla fattami opposizione a me fa raggione il Menzini, che così comincia i suoi Precetti sull‟Arte Poetica243

è il giogo di Pindo. Anime eccelse montar la perigliosa cima

umero infinito Apollo scelse.

Parla in mio favor l‟Averani, il quale eccitar volendo l'animo dei Giovani all‟amore della Virtù, affermò senza timore di somiglianti rimbrotti244 Essre aspra la via, che alla

Sapienza conduce. E questo esse stato il motivo per cui gli Poeti finsero le Muse abitatrici di un Monte in verità delizioso, ma che per giugnervi bisognava passare per via alpestri e balze scoscese. Ippocrate anche ci mi difenda, che sul principio de' suoi Aforismi così si protesta

Ars longa; Vita brevis.

A dispetto di luce sì chiara prodotta da esempj tanto autorevoli, non credo esser tra voi chi voglia rimanersi nelle tenebre dalle primiera scrupolosa incertezza, ma se pure contro ogni mia espettazione vi fosse, noto gli sia, che quantunque strana cosa ella sembri il permettere così paurosi principj, pure ad aggevolazione degli ingen, furono anche i modi di superare ogni difficoltà a noi lasciati in varie Opere, che contengono le regole e precetti intorno all'Arte Poetica, il che fece Orazio tra gli antichi e tra i moderni il Menzini, il Viperano, e per lasciar tutti gli altri il Vida, il quale con i seguenti versi invita i geniali giovani Poeti a seguitarlo nel faticoso cammino

Ecquis erit iuvenu, segni qui plebe relicta. Sub pedibus, pulcrhae laudis succensus amore Ausit inaccessae mecum se credere rupi?

Ma usciamo, Sig.ri, di grazia usciamo da questi preamboli generali e per non far fascio di tutto, onde molto parlando, poco o nulla dirvi potrei, fermiamoci a considerar brevemente la Difficoltà e la Bellezza insieme di quello seben picciolo, pure compitissimo Componimento, che Sonetto chiamiamo, mentre io mi studiarò solo di andar proponendovi i requisiti che in esso si ricercano dal gusto delicato del secol presente, considerandolo in tutte quelle differenti idee nelle quali è stato adoprato; Lo che cercherò di avvalorare con esempj di autori di sano giudizio, e di autorità, quali a suo luogo proporrovvi di mano in mano.

Né in animo già vi cadesse, pretendere io in simil guisa farmi propalatore di precetti forse da voi non più intesi; Troppo andrebbe a ferir lungi dal vero chi dalle mie intenzioni formasse un così sinistro concetto. Nel dovere fare scelta di un argomento erudito, e piacevole quale io desiderava, e quale parmi averlo trovato, altra mira in verità non ò avuto, se non se farvi vedere chiaramente non solo quanto sia difficile l'arditura di questo breve componimento, ma altresì quanto in esso lampeggi pomposamente, e risplenda la Poetica grandezza, leggiadrica pelle tante diverse idee nelle quali è stato adoprato; E tutto ciò affine affine che poi ognuno dei Geniali a tale studio, si attenga a quella più confacente al suo gusto, ed alla quale sentirassi naturalmente tirato, facendo colle fatiche, coll'aplicazione, e con l'esercizio pruova delle proprie forze, per venire a conoscere, ma senza lusinga

Quid ferre recusent Quid valeant humeri.245

In quattro specie Aristotele divide l'universal Poesia, vale a dire in Epica, Tragica, Comica e Ditirambica. Quella che noi diciam Lirica, tutta si riferisce e contiene nello stil

244 Averani Oraz: 8. Tom. 3. 245 Oraz.: de Arte Poetica.

Ditirambico, ed il Sonetto, di cui imprendo a trattare in questa dissertazione nella Lirica vien compreso. Se dunque vogliamo uniformarci al sentimento dell'erudito P. Teobaldo Ceva, avvalorato ed autorizzato dal consentimento della maggior parte degli intendenti, Il più vago, il più nobile, ed il più perfetto Poema che abbiasi la Lirica italiana è da riputarsi il Sonetto246 il quale, sebbene a parere di molti Eruditi, fusse stato dai Provenzali in Italia

recato, pure non v'à dubbio, che gli Italiani il fecero proprio coll'invenzione di quella maniera così gentile che superò in beltà ogni altra antica differentissima forma; E questo nuovo metro di Sonetto in Italia nato non sarà per venir rifiutato giammai, tanto è vaga la dilui simetria. La grandezza, che non eccede, e l'armonia si ben regolata lo rendono capace d'ogni argomento e di uniformarsi a qualunque carattere. Può vaneggiarsi con forza di eloquenza e varietà di figure, e far così risaltare lo stile grande, e sublime nelle immaggini maestose, e nella robbustezza dei pensieri; Si può trattare con maniere più piane e moderate facendo in esso lampeggiare le passioni e gli affetti, e così adattasi assai bene al mezzno stile, in cui vanno annoverati i Sonetti Amorosi, Gravi, Eloquenti, Dolci, e Fioriti; E finalmente con andar dipingendo azzioni e cose più umili e familari e descrivendo pensiei e costumi di semplici pastorelli, allo Stile Infimo dà non poco risalto, ed a quest'ultima maniera, che Pastorale si appella, è simile quasi sorella la Pescatoria idea non meno dello stile, che nelle circostanze delle adattate, e proprie espressioni. Tanto però è da credersi difficolta insieme, e preggevole la fabrica di questo picciol Poema perchè possa piacere al gusto di questo nostro secolo, che io non crederi di avere in tutto il torto, se affermassi con qualche Letterato,247 di credito che chi fa un tal

componimento sino all'ultima sua perfezione, in cui non vi sia che ridire, debba stimarsi degno di essere ammesso nel ruolo dei buoni Poeti; Di che in conferma il Muratori medesimo in una delle sue osservazioni a varj Sonetti248 non si astenne dal dire, che un

bel Sonetto è un gran panegirico per chi lo à composto: Ed abbia luogo la Verità, trovasi l'ingegno impegnato a chiuder gran cose in breve giro, e tra forti legami di metro, versi, rime, e punteggiatura, onde saria cosa più praticabbile l'intraprendere un lungo componimento, dove la fantasia può con libertà allargarsi, massimamente se fosse nello stile adoprato da Alessandro Guidi senza alcun freno di metro, e di rime, dove i difetti sono più ascosi, e difficili a riconoscersi, e maggiormente spiccano le leggiadrìe.

Non per questo però è mio pensiero asserirvi, che non possa giungere ad un tal fine colui, che con diligente attenzione vi impiega uno studio conveniente, non essendo punto disdicevole a qualunque gran persona di lettere il consumar tempo, e versar sudori intorno a un lavoro, che sebben di picciola mole, pure al par di qualunque altro più grande, può vedere il proprio autore immortale alla memoria dei letterati; E state a udire s'io dico la verità. Quanti ingegni si son provati nella Tragica Poesia? E pure tutti sfortunatamente incontrarono, non avendo saputo avvezzare alle Tragedia volgari i teatri dei nostri tempi.Con quanto studio molti degli Italiani ànno intrapresa la Comica? Ma che, per questa niuno si è reso immortale, oggi che la vera Comica più non si riconosce: Di tanti, e tanti, che nell'Epica poesìa ànno cercato di mostrare il loro talento, niun altro, a riserba del Tasso, e dell'Ariosto, à avuta la sorte di guadagnarsi universale applauso nel mondo; Anzi il Trissino medesimo, che nella sua Italia Liberata altra mira non ebbe, che di edificarla sul modello del Greco Omèro, appena la diede alla luce, che videsi nella memoria degli uomini miseramente perire; Che più? La Lirica poesìa finalmente, altri che il Chiabrera (degli antichi parlando) non potè eternare colle sue sole Canzoni; là dove non pochi coll'aiuto dei Sonetti ànno scansato la voracità e le ingiurie del tempo. Lo dica il Venieri, il Guidiccioni, il Costanzo, il Tarsia, Annibal Caro con tutti quei molti che ànno unite ai loro Sonetti diverse Canzoni, e più per quelli che per queste saran tenuti, come è di giusto, in estimazione ed in preggio; Ma che gioverebbe rammemorarli un per uno, se

246 Ceva: Disert. Intorno al Sonetto.

247 Crescimbeni: Istor. della Volgar Poesia. Tom: 6. Dia / 9. 248 Perfetta Poesìa tom. 2.

basta il dire che innumerabili sono quegli autori che in questo secolo ànno dati alla luce varj bellissimi loro Sonetti in diverse raccolte nuovamente uscite, da Bologna, e da Lucca, fralle quali merita uno dei più ragguardevoli posti quella del P. Ceva, nella quale egli fa diverse erudite osservazioni, e dà lodi convenienti agli autori di quei Sonetti, i quali con tutti gli altri, che di mano in mano faran comparire i loro novelli ammirabili parti vivranno alla perpetua ricordanza dei Virtuosi, contentissimi di quella immortalità, che si augurava Ennio greco Poeta, allorchè pregava gli amici a non piangerlo dopo la sua morte, sicuro essendo che più che mai vivosarebbe andato volando per le bocche degli uomini; E dopo lui Orazio249 così ci dichiar un simil pensiero:

Non ego quem vocas Dilecte Mecenas abibo;

Nec stygia cohibeban unda

Abstintinani funere naeniae

Luctusque turpes, et querimoniae Compesce clamorem et sepulcri Mitte supervacuos honores

Merita bene a tai riflessi, che ogni ingegno desideroso di gioia si applichi alla fabbrica di questo picciolo invero, ma degnissimo Poemetto, il quale in ogni tempo tralle migliori galanti cose della Poesìa toscana à fatto la prima comparsa.

A procedere però con qualche ordine, asserir bisogna, che la Scelta della materia, dei pensieri, e delle sentenze è quella che ricercasi in primo luogo, e questa suol riuscire di non picciolo inciampo ai Compositor di Sonetti arrecando varj disordini, e di ciò diverse son le caggioni. Alcuni dei sonettisti (lo che addivenne nei secoli già trascorsi) riputarono il miglior capitale dei loro Sonetti consistere in contarposti puerili, in allusioni ridicole, in acutezze di pensieri fondati quasi esclusivamente sul falso, la qual cosa che sia il vero veleno dell'arte Poetica chiaro apparisce, mentre per regola sicura a noi viene assegnata dai più chiari maestri di tal materia, che allora si pensa male, quando il nostro raziocinio si appoggia, e stabilisce sulla base d'una metafora, attribuendo un affetto vero ad una caggione immaginaria, e figuarata. Chiamasi, a caggion d'esempio, dai Poeti Sole, il viso delle amate lor donne, (?) che pensereste voi di chi lavorando sù tale traslato asserisse, che egli a cielo scoperto, di mezzo inverno, e nell'auror della notte non averebbe nè freddo nè scuro perchè il viso della sua vaga gli darebbe calore, e luce. Tale era il pensare di moltissimi antichi, i quali adesso appena trovano, e ben di rado chi vada lor dietro. Alcuni poi dei Moderni in rinvenire alcuna idea sentenziosa, che sembri loro abbia grazia, e vivacità, troppo son facili ad appagarsene, e credono non potere essa esprimersi, che nella maniera la prima volta da lor concepita. Altri più isofferenti, conoscono poter migliorare le loro sentenze, ma pure non san ridursi a dar loro l'ultima mano, mettendole al giusto lume onde facciano tutto il risalto. Quando che niuno dovria contentarsi d'alcuna sentenza da se ritrovata, se questa non è nobbile e grande nel suo genere, e pellegrina, E se questa è altrui, (dacchè è difficilissimo per non dire impossibile il ritrovar sempre sentenze nuove) giammai è lodevol cosa il rappresentarla come dagli altri è stata proprosta, e molto meno sminuita di peggio, ma dee cercarsi di farla divenir propria col trattarla in differente maniera, e vestendola di vezzi modelli, rintracciare, e manifestare le di lei non più discoperte bellezze, Le quali cose tutte non poco vantaggiose saranno alla novità, anzi son capaci di cuoprire gli altri sentimenti di tali arnesi, che gli faranno comparire proprj, e non di colui, che pria di noi sudò in ritrovarli. Che se assai ardito vi