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Le trasformazioni del rapporto di lavoro

5. Il contratto a tempo parziale tra esigenze di flessibilità e di sicurezza

5.1. Le trasformazioni del rapporto di lavoro

Il legislatore ai primi tre commi dell’art. 5 del d.lgs. 61/2000, disciplina le trasformazioni del rapporto di lavoro da part-time a tempo pieno e viceversa.

Per quanto riguarda la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, essa è esplicitamente consentita. Ma poiché risulta essere un passaggio sfavorevole per il lavoratore in considerazione alla diminuzione della retribuzione mensile, deve essere circondato da cautele formali e procedurali a garanzia della genuinità del consenso del lavoratore.

Per prima cosa l’accordo delle parti deve avvenire in forma scritta ad

probationem e lo stesso deve essere approvato dalla Direzione

Provinciale del lavoro competente per territorio, mentre è venuta meno la possibilità alternativa dell’assistenza sindacale.

Il legislatore ha riconosciuto il diritto al part-time soltanto in caso di particolari ragioni di salute del lavoratore156, per i restanti casi, all’art. 5, comma 3 d.lgs. 61/2000, si limita ad affermare l’obbligo di informazione da parte del datore di lavoro della propria decisione di assumere lavoratori a tempo parziale ai propri dipendenti con rapporto a tempo pieno e quello di prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione applicando i criteri eventualmente previsti dai contratti collettivi.

155 Si veda in tal senso V. LECCESE, L’orario di lavoro. Tutela costituzionale della

persona, durata della prestazione e rapporto tra le fonti, Bari, 2001, 346 ss; V. FERRANTE, Il tempo di lavoro fra persona e produttività, Torino, 2005, 306.

156 Si pensi al caso dei lavoratori affetti da patologie oncologiche per i quali residui una

capacità lavorativa. Il legislatore si è mostrato sensibile alla scelta del part-time per ragioni di salute dei familiari e conviventi del lavoratore, riconoscendo la priorità degli stessi rispetto agli altri lavoratori nel caso in cui il datore decida di utilizzare lavoro a tempo parziale. Il legislatore non riconosce però un vero e proprio diritto soggettivo e senza preoccuparsi di un eventuale successivo rientro al tempo pieno.

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Per quanto concerne, invece, la trasformazione inversa dal tempo parziale al tempo pieno, essa è considerata dal legislatore vantaggiosa per il lavoratore, per cui non vengono richieste particolari formalità. Il diritto di precedenza al ritorno al rapporto di lavoro a tempo pieno, previsto dall’art. 12 ter d.lgs. 61/2000, è riconosciuto solo per il lavoratore che era stato assunto a tempo pieno. Per tutti gli altri lavoratori vi sarà applicazione dell’art. 5, comma 2 del d.lgs. 61/2000, che prevede la mera facoltà del contratto individuale di accordare il diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale. Per quanto riguarda la trasformazione del rapporto nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni, l’art. 17 del collegato lavoro alla finanziaria 2010, pur non essendo passato al vaglio del Presidente della Repubblica, ha affermato che“entro 180 giorni dalla data di entrata in

vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima dell’entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008”.

Per comprendere quale sia la portata di tale innovazione, è necessario partire dall’analisi della disciplina del part-time pubblico di cui all’art. 1 commi da 56 a 65 della l. 662/1996, che ha profondamente innovato la preesistente normativa del rapporto a tempo parziale e del regime delle incompatibilità del lavoro pubblico, allo scopo di favorire una più ampia diffusione del part-time, attraverso l’alleggerimento dei vincoli che rendevano poco appetibile ai dipendenti la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale.

L’originario art. 1, comma 58 della l. 662/1996, generalizzava infatti a favore di tutti i dipendenti la facoltà di optare per un rapporto part- time, in precedenza condizionata dall’assenso dell’amministrazione e comunque limitata ad alcune figure professionali. Veniva riconosciuto un vero e proprio diritto del dipendente pubblico alla trasformazione

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del rapporto di lavoro, senza che residuasse in capo all’amministrazione alcun potere discrezionale di negare la trasformazione.

Il necessario assenso dell’amministrazione è stato oggi reintrodotto dal d.l. 112/08 convertito in l. 133/2008, il quale ha ricondotto la disciplina del rapporto di pubblico impiego al rispetto delle regole convenzionali che governano la gestione del rapporto giuridico di lavoro il quale, reperendo la propria fonte in un contratto, non può che essere modificato da una volontà concorde delle parti. Tale modifica raccoglie, infatti, le critiche che da più parti erano state sollevate circa la compatibilità del diritto alla trasformazione, con le esigenze di efficienza dell’agire amministrativo. Occorre precisare, però, che il rigetto della domanda deve comunque essere motivato in relazione allo specifico pregiudizio che il passaggio al regime a tempo ridotto determinerebbe a danno del servizio cui l’impiegato è addetto.

L’intervento di cui al collegato si pone proprio in linea con tale ultimo intervento legislativo, rendendo ancora più effettivo il principio di volontarietà concorde delle parti, spostando però forse in maniera eccessiva il punto di equilibrio tra flessibilità e sicurezza verso le esigenze datoriali. L’amministrazione, infatti, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del collegato, potrà rivedere i provvedimenti di concessione di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a part-time, qualora ravvisi che tale trasformazione sia in conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero che la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni ed alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, un pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa.

Tale possibile intervento legislativo risulta infatti essere il riconoscimento formale di quanto affermato da un orientamento giurisprudenziale secondo il quale “dal principio del buon andamento

della pubblica amministrazione, enunciato dall’art. 97 Cost., discende che la disciplina del pubblico impiego non può assumere

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caratteristiche tali da determinare una vera e propria subordinazione dell’interesse dell’ente a quello del personale, attraverso un’unilaterale trasformazione del rapporto che prescinda dalle necessità funzionali dell’amministrazione” (TAR Piemonte sent. n.

281/98)157. In realtà bisogna però tenere presente che la possibilità di negare la trasformazione è stata fortemente limitata dall’art. 39, comma 25, l. 449/97 laddove prevede che i decreti di cui all’art. 58 bis, l. 662/96, devono essere emanati entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. In mancanza, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale può essere negata esclusivamente nel caso in cui l’attività che il dipendente intende svolgere sia in palese contrasto con quella svolta presso l’amministrazione di appartenenza o in concorrenza con essa, con motivato provvedimento emanato d’intesa fra l’amministrazione di appartenenza e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica.

L’intervento di cui al collegato risulta quindi essere in contrasto con la restante disciplina del contratto di lavoro a tempio parziale. Come esaminato, alla luce della l. 247/2007, risulta essere riconfermato il sistema della c.d. doppia chiave, volto a tutelare in maniera più pregante le esigenza di sicurezza del lavoratore di fronte all’apposizione di clausole elastiche o flessibili. Tale sistema non è in linea con quanto previsto per il part-time nella Pubblica Amministrazione ove, se da un lato, si applicano le disposizioni di cui

157 In tal senso si veda anche TAR Lazio, 26 ottobre 1998, n. 1711: “Dalla lettura

dell'art. 1, commi 57 e 58, l. 23 dicembre 1996, n. 662, riguardante la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, si evince non già il potere discrezionale dell'amministrazione di concedere tale trasformazione, ma la facoltà dell'impiegato di richiederla, nonché il potere dell'amministrazione di negare tale trasformazione di rapporto esclusivamente nel caso in cui l'attività lavorativa autonoma o subordinata conduca ad un conflitto di interessi con lo specifico servizio svolto dal dipendente, o, di differirla nel tempo, nell'eventualità possa arrecare grave pregiudizio alla efficienza dell'amministrazione; pertanto, è illegittimo il rifiuto del Comune di Roma alla trasformazione del rapporto in luogo del differimento per 6 mesi, a norma del comma 58 cit., nei confronti del personale scolastico, adducendo motivi di continuità educativa”; T.A.R. Veneto ord. 4 giugno 1997, n. 1005, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa anche per contrasto con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.

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al d.lgs. 61/2000 e quindi le disposizioni che prevedono il necessario consenso del lavoratore e le disciplina della contrattazione collettiva per far eseguire al dipendente delle prestazioni lavorative in più rispetto a quanto previsto dal contratto individuale, dall’altro lato, la Pubblica Amministrazione potrebbe, trincerandosi dietro il principio del buon andamento, revocare i provvedimenti di concessione del tempo parziale.

All’interno dello stesso rapporto di lavoro si presenterebbe così la paradossale situazione in cui, con riferimento allo svolgimento di lavoro ulteriore rispetto a quanto previsto dal contratto, ci sarebbe uno spostamento del baricentro verso le esigenze di sicurezza del lavoratore, mentre con riferimento alla possibilità da parte della Pubblica Amministrazione di rivedere i provvedenti di concessione, una maggiore tutela delle esigenze di flessibilità datoriali.

6. Il contratto di lavoro a tempo determinato. Tra esigenze di flessibilità ed esigenze di sicurezza.

6.1. L’interpretazione dei requisiti formali di cui ai commi 1 e 2