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3.4 Modelli di combustione turbolenta per l’approccio RANS

3.4.2 Approccio Flamelet

3.4.2.2 Trasporto turbolento

Per poter risolvere l’equazione 3.21, che descrive la conservazione della variabile di progresso ec, occorre chiarire le modalit`a con cui si realizza il tra- sporto turbolento e definire un’espressione per il flusso turbolento incognito:

¯ ρ gc00

u00

i (3.27)

A differenza delle comuni grandezze scalari inerti, la variabile di progresso c, ma in generale un qualsiasi scalare reattivo definito nell’ambito delle fiamme premiscelate, non consente di chiudere il trasporto turbolento, garantendo una validit`a generale, con la consueta ipotesi di gradiente di diffusione:

¯ ρ gc00 u00 i = −¯ρ ∂ec ∂xi (3.28) E’ infatti possibile verificare che in alcune condizioni, le fluttuazioni turbo- lente determinano una diffusione di c di verso opposto a quello stabilito dal segno del gradiente di c (Gradient Diffusion, GD): si parla comunemente di Counter Gradient Diffusion (CGD).

Per giustificare la tendenza al CGD, `e utile richiamare il concetto di media condizionale. Indichiamo con uu

i e ubi i valori medi condizionali delle

tre componenti del vettore velocit`a. Per la 3.24 risulta: ¯ ρ gc00u00 i = ¯ρec (1 − ec) ¡ ub i − uui ¢ (3.29) Dal momento che nel passaggio attraverso il fronte di fiamma risulta ρb < ρu,

`e lecito aspettarsi un’accelerazione del gas che rende positivo il segno di ¯ρ gc00

u00 i

secondo la 3.29. Tuttavia per la 3.28, essendo positivo il gradiente di ec, il flusso turbolento presenta segno negativo [75].

La condizione ub > uu non `e vera sempre, in quanto dipende dalle ca-

ratteristiche del campo di moto e della fiamma: in altre parole la media condizionale del vettore velocit`a non ha un valore univoco come visto per temperatura e concentrazioni. Per questo motivo `e necessario stabilire dei criteri che permettano di indicare i regimi nei quali si ha GD o CGD [59]. Purtroppo le valutazioni sperimentali di questo fenomeno risultano assai com- plesse ([56], [59]) mentre risultano estremamente esplicativi i pochi risultati di simulazioni DNS disponibili in letteratura [75] [49].

Dall’analisi dei calcoli di Rutland e Trouv`e, emergono le seguenti consi- derazioni sulle caratteristiche del trasporto turbolento:

• All’aumentare dell’intensit`a di turbolenza si ha il progressivo passaggio dalla condizione di GD a quella di CGD. In particolare `e possibile osservare una dipendenza dal parametro u0/S0

Figura 3.17: Effetto della turbolenza sul trasporto turbolento

Bassa turbolenza Il fronte di fiamma `e moderatamente corrugato (vedi figura 3.17 (a)) e il salto di velocit`a ub−uu`e comandato prin-

cipalmente dall’espansione indotta dal processo di combustione, quantificabile quindi dai corrispondenti valori laminari:

ub − uu ≈ τ S0

L

Alta turbolenza Il fronte di fiamma viene fortemente corrugato dal- l’azione delle fluttuazioni di velocit`a (figura 3.17 (b)): il salto di velocit`a pu`o essere stimato con la semplice espressione lineare:

ub− uu ≈ 2αu0

dove la costante α ha valori prossimi all’unit`a per alte intensit`a di turbolenza, tendendo progressivamente a zero al ridursi di u0 [75].

• Sulla base delle considerazioni svolte `e possibile definire un numero adimensionale caratteristico del trasporto turbolento di c, che permette di stabilire un criterio di transizione tra GD e CGD. Il numero di Bray `e definito da:

Nb =

τ S0

L

2αu0 (3.30)

per valori sufficientemente alti dell’intensit`a di turbolenza (Nb < 1) la

fiamma non `e in grado di alterare la consueta dinamica del trasporto turbolento (proporzionale al gradiente dello scalare, GD), mentre per valori bassi di turbolenza (Nb > 1), l’espansione dovuta al rilascio

di calore, e quindi l’inversione del trasporto, domina sul meccanismo turbolento, decretando il CGD. Per valori di τ compresi tra 5 e 7 (tipici dei comuni campi di impiego), si ha CGD per u0/S0

• E’ interessante visualizzare i regimi GD e CGD sul diagramma spettrale di Borghi, seguendo la schematizzazione proposta da Veynante [75] (ve- di figura 3.18). A seconda dell’intensit`a del rilascio termico (τ ), la linea di separazione tra GD e CGD si sposta tra i regimi di Wrinkled Flamelet e Corrugated Flamelet: il regime Thin Reaction Zone non sembra poter essere compatibile con il trasporto contro gradiente, almeno per valori sufficientemente alti del numero di Reynolds Turbolento (ReT > 100).

Figura 3.18: Individuazione dei regimi di GD e CGD sul diagramma di Borghi

• L’analisi svolta presuppone una pressione costante: la presenza di gra- dienti di pressione positivi verso i gas bruciati, tende a favorire il regime CGD. Inoltre, la metodologia proposta per individuare il meccanismo di trasporto turbolento, `e valida solo in relazione alle caratteristiche no- minali della fiamma, rilevate con riferimento alla miscela reagente. Non si pu`o quindi escludere che per fiamme nominalmente operanti nel re- gime GD, possano localmente essere interessate da CGD: zone soggette a laminarizzazione (pareti, scie) e l’aumento della dissipazione viscosa nelle regioni ad alta temperatura, possono giustificare meccanismi di trasporto locale contro gradiente.

• Dobbiamo precisare che le considerazioni fin qui svolte si basano essen- zialmente su analisi DNS svolte negli ultimi 8-10 anni e bench´e siano stati individuati i criteri generali che regolano la transizione tra GD e CGD, molti aspetti rimangono ancora da chiarire.

Nonostante la rilevanza che il CGD sembra manifestare, almeno in alcuni regimi di combustione, non esistono attualmente modelli capaci di predire il CGD con sufficiente generalit`a in simulazioni RANS tridimensionali [56]. L’approccio utilizzato `e, in ogni caso, basato sulla soluzione del flusso turbo- lento ¯ρ gc00

u00

i mediante una specifica equazione di trasporto. L’equazione viene

derivata e chiusa in combinazione con la soluzione completa di tutti i termini del tensore di Reynolds (Reynolds Stress Model) [3] ,[47] e [1]. L’operazione di chiusura richiede la modellazione di numerosi termini incogniti, rendendo estremamente incerta la procedura obbligando al contempo all’uso di schemi di discretizzazione di ordine elevato per via della estrema rigidezza nume- rica che accompagna la soluzione diretta dei momenti di ordine superiore [59]. Nell’analisi comparativa dei risultati fra chiusura secondo il gradiente di diffusione e mediante il trasporto dei momenti, si osservano differenze ap- prezzabili solo in presenza di forti rilasci termici (τ > 6 − 7) a fronte di un sensibile aumento dei tempi di calcolo (pi`u che raddoppiati) [47].

Dobbiamo inoltre rilevare che il campo di indagine del presente lavoro `e la combustione magra premiscelata nelle moderne turbine a gas che, come visto nel paragrafo §3.3.2, operano in una zona del diagramma spettrale difficilmente interessata dal CGD (bassi valori diτ [3 − 4] ed elevata intensit`a di turbolenza [u0/S0

L< 10]). Riteniamo quindi che le complicazioni necessarie

alla trattazione del CGD esulino dagli scopi della presente indagine e, quando ci riferiremo all’approccio BML, riterremo quindi valida la consueta chiusura con l’ipotesi di gradiente di diffusione.

3.4.2.3 Level Set Method

Per poter descrivere il fronte di fiamma istantaneo senza ricorrere all’uso di uno scalare reattivo, che abbiamo visto determina numerose incertezze nella chiusura del termine di trasporto turbolento, `e possibile definire un apposito scalare non reattivo G che costituisce il valore della generica curva di livello della fiamma. In regime laminare `e possibile dedurre un’equazione di trasporto dello scalare G dal bilancio cinematico fra la velocit`a del flusso e la velocit`a di propagazione del fronte di fiamma, descritto, convenzionalmente, dalla isolinea G = G0:

∂G

L’equazione 3.31 (denominata semplicemente G-equation) descrive l’evolu- zione del fronte di fiamma attraverso il valore dello scalare G: l’equazione `e formalmente valida solo in corrispondenza di G = G0 ed `e del tutto in-

dipendente dai valori di G al di fuori del fronte. Generalmente si definisce la funzione G (~x, t) (per G 6= G0) come la distanza dal fronte di fiamma: in

questo modo il significato fisico di G `e proprio quello di una curva di livello della fiamma premiscelata [56].

La G-equation si presta assai bene alla soluzione di fiamme premiscelate nell’ambito di simulazioni DNS e LES ([59]), mentre risulta meno chiara la sua formulazione Favre averaged. La definizione di una teoria per applicare la G-equation alla soluzione delle RANS `e interamente dovuta al recente lavo- ro di Peters ([56]), che propone una formulazione unificata della G-equation valida nei regimi Corrugated Flamelet e Thin Reaction Zone: nei capitoli successivi verranno analizzate in maniera dettagliata le basi teoriche dell’ap- proccio derivato da Peters e verr`a descritta l’implementazione qui proposta di un modello flamelet basato sulla G-equation.

3.4.3

Turbulent flame stretch

Nel paragrafo §3.2.1 abbiamo introdotto il concetto di stretching ed ana- lizzato i suoi effetti su una fiamma laminare. In una fiamma turbolenta, almeno finch´e risulta valido il regime di flamelet, `e necessario stimare l’effet- to del campo di turbolenza sullo stretching. Il valore locale dello stretching in una fiamma laminare `e quantificato dall’equazione 3.8, che riportiamo qui per chiarezza, con il significato di stretching istantaneo in regime turbolento:

K = ∇t· ~u + SL∇t· ~n

In linea di principio `e possibile applicare alla 3.2.1 la definizione di media alla Favre ma la forte non linearit`a dei termini uini presenti richiederebbe

la chiusura di numerose correlazioni rimaste incognite dopo l’operazione di media, analogamente a quanto necessario per la chiusura delle RANS. Ge- neralmente, quindi, si preferisce quantificare lo stretching tramite opportuni modelli che esprimano lo strain medio del flusso con grandezze caratteristiche del campo di turbolenza [54].

Questo modo di procedere deve essere interpretato in maniera del tut- to analoga alla modellazione della frequenza turbolenta caratteristica che

viene considerata in numerosi modelli per fiamme premiscelate. Ci riferia- mo, ad esempio, ai modelli EBU, EDC e BML che assumono (nell’ipotesi di Da À 1) una proporzionalit`a tra il reaction rate e l’inverso di un tempo turbolento caratteristico (1/bτ ). Anche nel caso dei modelli flamelet, quindi, si quantifica lo stretching a cui `e sottoposta la struttura laminare interna (avente le dimensioni [s−1]), con una frequenza turbolenta caratteristica [59].

Un primo criterio per valutare lo stretching medio consiste nel considerare una proporzionalit`a con l’inverso della scala temporale integrale di turbolenza (modelli EBU):

e K ≈ ε

k (3.32)

Alcuni autori propongono invece di stimare eK tramite la lunghezza di scala di Kolmogorov (ad esempio i modelli EDC):

e K ≈

r ε

ν (3.33)

L’espressione 3.33 porta generalmente a valori dello stretching medio supe- riori (di un fattore ReT) a quelli predetti dalla 3.32, determinando una

sovrastima dell’effetto in condizioni di strain elevato (ad esempio a parete). Infatti, bench´e i microvortici abbiano frequenza caratteristica molto pi`u alta, giustificando uno stretching pi`u elevato, la loro vita media `e molto minore di quella delle strutture di moto integrali [54].

Non esistono tuttavia motivi validi per assumere a priori che il fenomeno sia governato da l’una o l’altra scala ma `e lecito supporre che siano coin- volte un gran numero di scale temporali da quelle di Kolmogorov alla scala integrale. Basandosi sui risultati di una simulazione DNS nella quale viene

investigata l’interazione tra due vortici controrotanti e un fronte di fiamma laminare (vedi figura 3.19), Meneveau e Poinsot ([49]) hanno dedotto una correlazione per tenere conto dell’azione sulla fiamma di un ampio range di scale temporali: la correlazione viene espressa come funzione di efficienza da applicare alla definizione di stretching medio data dalla 3.33:

e

K = α0 Γk

ε

k (3.34)

essendo α0 una costante. La funzione Γk, detta ITNFS (Intermittent Net

Flame Stretch), viene valutata tramite:

s = log µ LT δLσ1 = 2 3 Ã 1 − 1 2exp " µ u0 S0 L ¶1 3 #! log (Γk) = − 1 (s + 0.4)exp [− (s + 0.4)] + {1 − exp [− (s + 0.4)]} (σ1 s − 0.11) La funzione presenta una forte dipendenza dal rapporto LT/δL ed una pi`u

contenuta dipendenza da u0/S0

L: `e interessante notare come ΓK cresca inde-

finitamente al crescere di LT/δL, in modo da rendere ragione del continuo

aumento di ReT [59].

Il modello ITNFS pu`o essere usato in un qualsiasi approccio flamelet, in modo da avere una stima fisicamente consistente dello stretching medio.

Eddy Dissipation Concept

Contenuto

4.1 Introduzione . . . 82

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