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Trattamenti associati, volti ad evitare altre complicanze Shock cardiocircolatorio

P OTENZIALI E VOCAT

4.2.7.3. Trattamenti associati, volti ad evitare altre complicanze Shock cardiocircolatorio

Obiettivo primario della gestione del paziente con insufficienza epatica acuta è garantire una ade- guata perfusione d’organo, in particolare cerebrale e splancnica, garantendo adeguati livelli di pres- sione arteriosa. Tali pazienti tipicamente non assumono sufficienti quantità di liquidi fin dalle prime fasi della malattia, per cui giungono al ricovero in condizioni di disidratazione ed emoconcentrazio- ne. Clinicamente appaiono pertanto ipotesi, tachicardici, ma con estremità calde per le caratteristi- che alterazioni del microcircolo.

Il primo approccio pertanto è quello di reintegrare la volemia con infusione di adeguate quantità di soluzioni colloidoosmotiche, evitando tuttavia di raggiungere valori pressori eccessiva- mente elevati, che potrebbero favorire la comparsa di edema cerebrale. In caso di ipotensione arte- riosa resistente anche dopo reinfusione di liquidi, si potrà considerare l’impiego di noradrenalina (alle dosi necessarie al raggiungimento di valori pressori medi almeno superiori a 60 mmHg), in par- ticolare quando dai dati emodinamici apparirà predominante lo stato di riduzione delle resistenze arteriolari, quadro peraltro tipico del paziente con insufficienza epatica acuta. L’impiego di prosta- ciclina, un vasodilatatore del microcircolo, può indurre un calo delle resistenze periferiche senza calo della pressione arteriosa media per aumento della gittata cardiaca. L’impiego di prostaciclina determina a livello tissutale un aumento sia del rifornimento di ossigeno (tramite il miglioramento della performance cardiaca) sia del suo utilizzo, correggendo pertanto il deficit di metabolismo aerobico tissutale che è in parte responsabile dell’iperproduzione di acido lattico e dello stato di aci- dosi metabolica che caratterizza i pazienti con insufficienza epatica acuta (Heneghan e Lara, 2003). Anche l’impiego di N-acetilcisteina ha ottenuto risultati analoghi (Harrison et al., 1991).

Alterazioni metaboliche ed insufficienza renale

L’alterazione metabolica più frequente nel paziente con insufficienza epatica acuta è l’acidosi meta- bolica lattacidemica. Sebbene inizialmente attribuita alla insufficienza epatocellulare (ridotto meta- bolismo epatico dell’acido lattico), essa è in realtà dovuta ad iperproduzione di acido lattico a livel- lo tissutale, per un aumento del metabolismo anaerobico.

L’ipoglicemia è un'altra complicanza che interviene abbastanza precocemente, ed è dovuta a ridotta gluconeogenesi epatica, iperinsulinismo e ridotta capacità di mobilizzare le scorte di glicogeno. La glicemia deve essere monitorata ogni 4-6 ore e l’ipoglicemia corretta tramite infusione di glucosata al 20%. Deve inoltre essere fin dall’inizio garantito un adeguato apporto nutritivo per via parentera- le o enterale (tramite SNG nei pazienti sedati ed intubati).

Una adeguata reintegrazione idroelettrolitica deve essere instaurata prima che si sviluppi un’insuffi- cienza di tipo prerenale. L’oliguria con incremento degli indici di funzionalità renale si verifica nel 70% dei casi di insufficienza epatica acuta da acetaminofene (dove, oltre ad essere di tipo prerena- le, è fin dall’inizio in parte di tipo organico, per l’effetto nefrotossico diretto del paracetamolo) e nel 30% dei casi di insufficienza epatica acuta di altra eziologia. La sua comparsa è favorita, oltre che dall’ipovolemia (assoluta od efficace), anche dalla sepsi. Il trattamento iniziale dell’insufficienza renale consiste nell’infusione di soluzioni colloido-osmotiche o idroelettrolitiche. In caso di oligu- ria persistente, si può considerare l’impiego di dopamina a dosaggi renali o di furosemide (qualora il rapporto creatinina urinaria/plasmatica, la sodiuria nelle 24 ore e la clearance frazionata del sodio indichino una insufficienza renale di tipo organico).

segnalato come possano peggiorare l’iperammoniemia e peggiorare l’edema cerebrale anche deter- minando un aumento del flusso cerebrale (Chung et al., 2002;Shawcross et al., 2003).

In caso di comparsa di acidosi di tipo renale, iperkaliemia o sovraccarico di liquidi, sono opportune tecniche emodialitiche o di emofiltrazione. Si deve pertanto posizionare un accesso venoso a due vie tipo Quinton, in quanto i normali cateteri venosi centrali non sono in grado di supportare tali meto- diche. L’emodiafiltrazione continua artero-venosa o veno-venosa sono le tecniche migliori, mentre l’emodialisi intermittente deve essere evitata in quanto espone il paziente a possibili crisi ipotensive che potrebbero determinare ischemia cerebrale in un contesto di perfusione cerebrale già non otti- male.

Sepsi

La sepsi è una complicanza molto precoce nel decorso clinico del paziente con insufficienza epati- ca acuta ed è responsabile di un quarto dei decessi (Rolando et al., 1990). Infatti, il paziente con insufficienza epatica acuta è caratterizzato da immunosoppressione grave, per cui la prevenzione delle infezioni è un obiettivo di primaria importanza, così come il precoce ed aggressivo trattamen- to della sepsi. In tali pazienti tuttavia i segni più comuni di infezione, quali la febbre e la leucocito- si, sono spesso assenti anche in presenza di emocolture positive (Rolando et al., 1990). Per tale moti- vo, alterazioni delle condizioni cliniche generali devono far sorgere il sospetto di un’infezione in atto e spingere ad eseguire emocolture ed urocolture seriate oltre ad instaurare una terapia antibiotica empirica in attesa dell’isolamento dell’agente responsabile (Rolando et al., 1990). Tuttavia l’utilità di una profilassi antibiotica è controversa. È stato proposto l’impiego profilattico di ceftazidime (Rolando et al., 1996); tuttavia altri autori ritengono preferibile attendere un indicazione clinica prima di avviare una terapia antimicrobica (Heneghan e Lara, 2003). La decontaminazione intesti- nale non sembra fornire vantaggi aggiuntivi nella prevenzione delle infezioni batteriche rispetto al trattamento antibitico profilattico (Rolando et al., 1996).

I siti più frequenti di infezione appaiono le vie respiratorie, le vie urinarie ed i siti di accesso veno- so. I più comuni agenti batterici identificati negli Stati Uniti sono risultati essere lo Stafilococco aureo e l’Escherichia coli, mentre lo Pseudomonas aeruginosa è risultato frequente solo nei pazien- ti da lungo tempo degenti in terapia intensiva. Sempre negli Stati Uniti infezioni fungine sono state identificate in un terzo dei casi: l’agente più frequentemente implicato è la Candida albicans che può anche sovrapporsi ad un’infezione batterica (Rolando et al., 1991).

4.3. Encefalopatia epatica di tipo B