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2. LESIONI DA STRESS DELLA MUCOSA GASTRICA

3.8 Trattamento

Una volta sospettata la polmonite associata al ventilatore e inviati gli appropriati campioni di coltura, deve essere iniziata l’antibioticoterapia poiché il ritardo nell’avvio del trattamento antibiotico peggiora la prognosi correlata alla VAP. La sfida è iniziare una terapia antibiotica che sia immediatamente efficace ed eviti l'uso eccessivo di antibiotici ad ampio spettro che espone a rischio di emergenza di resistenza antibiotica.

La migliore strategia per ottenere questo risultato sarebbe quella di avere a disposizione test diagnostici rapidi, questi sono stati già sviluppati, ma le loro prestazioni per la diagnosi VAP devono essere ulteriormente valutate.

Un recente studio pilota, ha riportato risultati promettenti: è stato in grado di rilevare i patogeni nel BAL dopo 5 ± 7 ore di coltura e 5 ore di analisi con sensibilità e specificità del 100% e 97% rispettivamente. Sono stati utilizzati sistemi di identificazione, nelle secrezioni respiratorie, mediante microscopia a fluorescenza in situ e test di suscettibilità agli antibiotici su un gruppo precedentemente definito di agenti patogeni.

Attualmente dunque, la terapia antibiotica viene impostata in modo empirico, affinché la terapia sia appropriata sia nella scelta del farmaco che del dosaggio è necessario basarsi essenzialmente su:

• Durata dell'intubazione e dell'ospedalizzazione: in generale la VAP ad insorgenza tardiva (> 4 giorni) richiede antibiotici ad ampio spettro, mentre quella ad esordio precoce (≤ 4 giorni) può essere trattata con antibiotici a spettro ristretto, poiché i batteri MDR sono solitamente associati alla VAP ad esordio tardivo; va comunque sottolineato, come recenti evidenze suggeriscano, che sempre più frequentemente anche le VAP ad esordio precoce riconoscono come agenti eziologici germi MDR;

• Terapia antibiotica precedente o attuale: questa correla infatti con un maggiore rischio di colonizzazione da parte di germi MDR;

• Gravità della malattia clinica;

• Conoscenza dei modelli di suscettibilità del patogeno locale: un antibiogramma aggiornato per ciascun ospedale e ogni unità di terapia intensiva basato sulla prevalenza e sensibilità batteriologica locale, è essenziale per guidare la scelta della terapia empirica iniziale e il dosaggio ottimale;

Le problematicità relate all'uso di antibiotici empirici, sono il potenziale uso eccessivo di antibiotici e la comparsa di resistenza. Al fine di ridurli è quindi necessario considerare due aspetti:

• l’assenza di risposta al trattamento impone di riconsiderare la diagnosi, riesaminare l'organismo in trattamento o cercare altri motivi che giustifichino la clinica;

• è necessaria una adeguata riduzione progressiva della terapia antibiotica basata sui risultati della coltura e sulla risposta clinica del paziente poiché l’abbassamento graduale della terapia è la chiave per ridurre l’insorgenza di resistenza;

In generale, è appropriata una iniziale terapia empirica ad ampio spettro con copertura per bacilli gram-negativi, tra cui P. aeruginosa e possibilmente Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA).

I beta-lattamici rimangono un antibiotico fondamentale per il trattamento della VAP, la loro somministrazione deve essere costituita da una dose di carico seguita da un'infusione continua al fine di aumentarne la concentrazione nel sangue riducendo il rischio di tossicità neurologica o renale, soprattutto quando i batteri non sono completamente suscettibili o le MIC sono elevate (come nel caso di infezione da Pseudomonas aeruginosa o MDR Gram-negativi) e quindi sarebbero richieste dosi di antibiotici superiori a quelle approvate.

La terapia di associazione con aminoglicosidi aumenta la probabilità di ottenere immediatamente una terapia adeguata, in particolare per l'infezione dovuta a batteri MDR Gram-negativi ed è associata ad una migliore prognosi nei pazienti più gravi; esistono ancora controversie su vantaggi e svantaggi dell’utilizzo degli aminoglicosidi, secondo alcuni studi, infatti, sarebbe un predittore indipendente di insufficienza renale senza avere nessun effetto sulla riduzione della mortalità. La terapia di associazione con fluorochinoloni è stata associata ad una diminuzione delle recidive o reinfezione in una coorte di pazienti con VAP da P. aeruginosa o

Enterobacteriaceae non precedentemente trattati con fluorochinoloni; per contro è noto che sono attivi in modo incostante sui Gram-negativi MDR e il loro uso è associati ad un importante rischio di proliferazione di batteri MDR nel polmone e nel microbioma intestinale.

I Carbapenemi rimangono la terapia di prima linea in caso di Enterobacteriaceae β- lattamasi produttrici, questo nonostante il loro impiego sia associato ad un rischio di comparsa e diffusione di Enterobacteriaceae carbapenemasi produttrici.

Altre opzioni che possono essere considerate sono cefalosporine di terza generazione e l’associazione piperacillina / tazobactam o le più recenti associazioni quali ceftolozano / tazobactam e ceftazidima / avibactam.

Per i batteri gram-negativi resistenti ai carbapenemi classicamente si utilizza la colistina, l’associazione ceftazidima /avibactam sembra avere la stessa efficacia. Nelle UTI con percentuali di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) intorno al 10-20%, è necessario includere vancomicina o linezolid nella terapia empirica.

Un ulteriore approccio terapeutico che può essere preso in considerazione è la terapia antibiotica per via inalatoria al fine di far giungere il farmaco ad elevata concentrazione nelle basse vie respiratorie, tuttavia, non esistono soluzioni specificamente formulate per l'inalazione e un numero limitato di dispositivi è progettato per la nebulizzazione di antibiotici.

Sulla base di queste considerazioni in una recente reviewè stato proposto un possibile schema di trattamento empirico:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5710313/table/T2/?report=objecto nly

La durata del trattamento, in casi non complicati si attesta tra 7 e 10 giorni di terapia, se complicati o con polmonite necrotizzante, devono essere somministrati almeno 14

Gli strumenti utilizzati nel follow up del paziente per valutare la risposta al trattamento e quindi la possibilità di interruzione dello stesso, sono la concentrazione ematica di procalcitonina (PCT) in discesa e la necessità di una minore assistenza ventilatoria (PEEP < 5% e/o FiO2<40%) per mantenere gli stessi valori di PaO2. Il dosaggio ematico della procalcitonina è utile anche come strumento di follow up della mancata risposta al trattamento farmacologico, infatti valori stabilmente superiori a 1,5 ng /ml dopo almeno tre giorni di trattamento antibiotico sono indicatori della necessita di rivedere la terapia farmacologica.

4. INFEZIONE DA CLOSTRIDIUM DIFFICILE

Clostridium difficile è un batterio anaerobio, Gram positivo, sporigeno. Esistono diversi ceppi con un differente potenziale patogeno legato alle diverse tossine prodotte, tra queste abbiamo: tossina A o enterotossina, tossina B o citotossina e tossina binaria.

4.1 Epidemiologia

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L'infezione da Clostridium difficile (CDI) è un problema crescente in ambito sanitario infatti, sia l’incidenza che la mortalità sono più che raddoppiate dal 2000 al 2010.

La CDI ha un particolare impatto nelle unità di terapia intensiva, infatti i pazienti affetti, hanno una maggiore mortalità oltre che una prolungata degenza in UTI.

4.2 Patogenesi

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Il meccanismo che sembra essere alla base dell’infezione da Clostridium difficile, spesso saprofita intestinale, è una alterazione della flora microbica intestinale, si suppone infatti che la crescita del batterio e soprattutto la sintesi delle sue tossine, sia normalmente impedita da alcune componenti normali della flora intestinale la cui alterazione determinerebbe una riduzione dei processi fermentativi e della quantità endoluminale di acidi grassi a catena corta. Tali modifiche comporterebbero un vantaggio in termini di patogenicità e virulenza per C. difficile.49

Le tossine A, B e l’eventuale tossina binaria sono responsabili di un processo infiammatorio prevalentemente a livello della parete colica (colite), l’intestino tenue può essere colpito ma più comunemente viene risparmiato.

Il processo infiammatorio mediato dalle tossine, può essere di gravità variabile e dunque determinare uno spettro ampio di manifestazioni anatomopatologiche (da semplice colite a colite pseudomembranosa) e di conseguenza cliniche.

4.3 Fattori di rischio

47,48

I principali fattori di rischio per l’infezione da C. Difficile sono:

• pregressa antibioticoterapia: tutti gli antibiotici rappresentano un fattore di rischio, ma quelli maggiormente associati sono fluorochinoloni, clindamicina e cefalosporine di terza/quarta generazione;

• ricovero ospedaliero nei precedenti 60 giorni; • età maggiore di 75 anni;

• ipo/acloridia (da gastrite o da inibitori della secrezione acida); • immunosoppressione;

• anamnesi positiva per pregressa CDI; • terapia dialitica;

• ventilazione meccanica; • scompenso cardiaco;

• bassi livelli di albumina sierica;

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