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Tre esempi di deficit informativo nelle news A) Gli accordi di Tripol

La confisca dei beni e la espulsione degli italiani nel 1970 erano considerati fatti molto gravi dal governo italiano. Nonostante ciò le relazioni energetiche tra i due paesi continuavano.

Nel 1970 le compagnie petrolifere in Libia erano state sottoposte ad insistenti pressioni per via della minaccia di tagliare la produzione e nazionalizzare le società, veniva loro richiesto di aumentare il prezzo di listino del greggio di oltre 14 punti percentuali e incrementare l’aliquota dell’imposta sui profitti delle società dal 50% al 55% (per alcune compagnie raggiungeva anche il 58%). Ciò aveva portato nelle casse libiche una maggiore entrata di circa 400 milioni di dollari all’anno534.

In Italia, come negli altri paesi industrializzati, si temeva un continuo rialzo generalizzato dei prezzi da parte dei maggiori paesi produttori e che la ripartizione del 50:50 venisse messa in discussione nella Conferenza OPEC a Caracas di dicembre. Per cercare di fare pressione e scongiurare ciò le grandi compagnie petrolifere si erano riunite a Washington535 per avviare trattative con l’OPEC, questa riunione aveva implicitamente dato un riconoscimento internazionale al cartello, ma ormai le decisioni del rialzo dei prezzi e della tassazione erano già state prese e avrebbero portato nel febbraio 1971 agli accordi di Teheran che stabilirono aumenti di 35 centesimi al barile e un rialzo al 55% della tassazione iraniana536.

534 G. Pappalardo – R. Pezzoli, p. 12 535 G. Pappalardo – R. Pezzoli, p. 14 536 Yergin, p. 582

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L’ENI si era dissociata dall’iniziativa delle compagnie petrolifere in quanto, come risulta da un comunicato della società537, riteneva che fosse una decisione da concertare in sede governativa. Inoltre, la società italiana aveva già da tempo concluso accordi con la formula 75:25 e quindi gli aumenti imposti dai paesi produttori erano accettabili dalla sua strategia aziendale.

La Libia, criticando aspramente l’OPEC, considerava gli aumenti dei prezzi e i premi inadeguati in quanto la Libyan National Oil Company (LNOC)538 aveva già venduto petrolio a prezzi sostanzialmente più alti dei prezzi di riferimento perché includeva anche un premio per il minor costo di trasporto, essendo ad ovest di Suez, ed uno per il basso tenore di zolfo del suo greggio539. Si definivano quindi gli accordi di Tripoli del 20 marzo 1971, che avevano portato ad un aumento del prezzo di riferimento libico di 90 centesimi540 facendo arrivare il prezzo a 3,32 dollari al barile, la tassazione veniva fissata al 55% e si era stabilita anche una tassa supplementare variabile sulle esportazioni di greggio541.

La Libia, avendo accumulato ingenti riserve monetarie nel precedente decennio, era divenuta consapevole che poteva influire sull’attività petrolifera rallentandola o addirittura sospenderla senza incorrere in problemi di liquidità, era quindi in grado di influenzare il prezzo del greggio. Gli accordi di Tripoli avevano cambiato il bilanciamento di potere tra i governi dei paesi produttori e le compagnie petrolifere542 e si era avviato il processo che avrebbe portato nel paese nordafricano alla nazionalizzazione della rete distributiva dei carburanti e poi, verso la fine del 1973, alla nazionalizzazione di Shell, Texaco, British Petroleum e Amoseas che contestavano le imposizioni. Ci si avviava verso il controllo del 70% della produzione petrolifera da parte della LNOC543.

B) Gli shock petroliferi544

Per quanto riguarda le politiche petrolifere perseguite dalla Libia, c’era stato qualche mese prima della guerra arabo-israeliana del 1973 una sospensione delle concessioni delle superfici alle compagnie petrolifere ed erano stati introdotti i cosiddetti accordi di esplorazione e produzione congiunta (Exploration and Production-Sharing Agreements, EPSA) con i quali le compagnie

537 Comunicato ENI del 20/01/1971. In riferimento alle notizie pubblicate in questi giorni, l’ENI comunica la decisione

di non aderire alla proposta, pervenuta da parte di un gruppo di compagnie petrolifere, a partecipare ad una comune trattativa con i paesi OPEC, concernente la riconsiderazione dei prezzi del petrolio greggio. L’ENI ritiene infatti di essere impegnato a tutelare interessi diversi da quelli delle compagnie petrolifere internazionali, con le quali esistono rilevanti diversità sul modo di concepire la concorrenzialità del mercato mondiale ed italiano dell’energia e sul tipo di rapporti di cooperazione da instaurare con i paesi produttori di petrolio. Negli ambienti dell’ENI è stato infine rilevato che il problema del livello dei prezzi dell’energia è di grande importanza per i paesi europei; per tale ragione la trattativa non può essere lasciata esclusivamente all’iniziativa di compagnie private ma riguarda anche i governi e gli organi che possono promuovere un’intesa a livello europeo. G. Pappalardo – R. Pezzoli, p. 89

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Quando la formula federale fu abolita nel 1963, la commissione petrolifera fu rimpiazzata da un Ministro degli affari petroliferi e da un Alto consiglio per gli affari petroliferi. Subito dopo, il governo creò la LNOC e, nel 1968 la Libyan Petroleum Company (LIPETCO). D. Vandewalle, p.74

539 D. Vandewalle, p. 108 540 Yergin, p. 582 541

Il testo dell’accordo di Tripoli in G. Pappalardo – R. Pezzoli, pp. 103-104

542 Yergin, p. 580 543 A. Del Boca, p. 43

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diventavano semplici appaltatori della Società petrolifera nazionale libica. Quando furono firmati i primi contratti in base ai nuovi accordi, il prezzo del petrolio del paese era salito da 4,605 a 9,061 dollari ed era arrivato a 15,768 il 1° gennaio 1974 sommergendo la Libia di petrodollari, anche se la produzione di petrolio scese del 26,4% nel 1974 facendo diminuire anche l’esportazione. Il paese comunque restava esposto alle condizioni mutevoli del mercato internazionale: alla fine del 1974, il prezzo del petrolio libico era sceso a poco più di 11 dollari. Il risultato fu una crisi finanziaria di breve durata nell’estate 1975.

Riguardo l’industria petrolifera, il governo libico prestò poca attenzione all’instabilità del mercato per tutti gli anni Settanta. La crescente ostilità verso la Libia costrinse varie compagnie americane a riconsiderare i propri investimenti nella Jamahiriyya. L’impennata dei prezzi tra il 1978 e il 1979 spinse le entrate a livelli mai toccati prima, permettendo al governo di mantenere intatto lo standard di produzione. Già nel 1978 gli Stati Uniti avevano iniziato ad apporre restrizioni al commercio con la Libia a causa del suo sospetto coinvolgimento in attività terroristiche.

C) Aldo Moro e l’incontro di Tripoli

Un terzo esempio di ciò che la stampa non aveva trattato approfonditamente era relativo all’incontro a Tripoli tra il Ministro degli esteri Aldo Moro e Gheddafi. Moro aveva simpatia verso il mondo arabo e quindi voleva cooperare545, da parte libica ne è prova di credibilità il fatto che in questo periodo si salvarono dalla confisca le società dell’ENI e della Fiat che operavano il Libia. Moro aveva aperto con il governo di Tripoli dei negoziati relativi alle richieste di risarcimento libiche e teneva aperta l’opzione sull’Egitto affinché intercedesse. A tal proposito aveva quindi fissato un incontro ufficiale con il colonnello.

La visita era stata programmata per il 5 maggio 1971 ma l’agenda era preparata da mesi dal segretario generale della Farnesina Roberto Gaja e includeva anche il sostegno alle imprese italiane che operavano in Libia che erano l’ENI, la Fiat e altre aziende edili e di costruzioni stradali. L’obiettivo era stimolare l’industrializzazione del paese, ad esempio con la costruzione di una flotta mercantile che era inesistente546, ma si lavorava anche per aiutare Gheddafi a sconfiggere gli oppositori al suo regime anche formando i funzionari libici per dotarsi di un servizio di intelligence. Poco prima dell’incontro c’era stato un fatto importante che aveva avuto riflessi distensivi sull’incontro: il 31 marzo a Trieste fu sequestrato il Conquistador XIII che avrebbe dovuto trasportare armi e mercenari in Libia per sovvertire il regime di Gheddafi547.

Durante l’incontro di Tripoli si erano discussi i punti stabiliti dall’ordine del giorno ed era stato ricambiato l’invito al colonnello per una sua visita in Italia, che comunque non avrebbe effettuato. Alla Farnesina c’era ottimismo ed erano seguite numerose missioni diplomatiche548 che andavano a rafforzare la più generale politica di distensione mediterranea nella prospettiva

545 A. Del Boca, p. 129 546 A. Varvelli, p. 172

547 Rivelazioni fatte dal generale Ambrogio Viviani, ex capo dei servizi segreti italiani. Panorama, 18/05/1986 548 A. Varvelli, p. 207

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ambiziosa di una convocazione italiana per la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo549.

Dopo l’incontro c’era ottimismo anche all’ENI perché, sebbene non avesse ancora cominciato ad estrarre petrolio dai propri giacimenti, aveva più volte ricevuto550 dai libici segnali collaborativi anche perché la società aveva deciso di dissociarsi dai colossi internazionali del petrolio e di accettare le condizioni degli accordi di Tripoli551. Inoltre, l’affare della nazionalizzazione dell’Asseil (società a compartizione italo-libica) aveva portato ad un indennizzo e le concessioni non erano state toccate dalle decisioni anti-italiane del 1970552. Veniva quindi offerta all’ENI la costruzione di una raffineria di grandi dimensioni, per la perfezione dell’accordo l’ambasciatore Soro sarebbe rimasto in Libia nei giorni successivi, e a fine mese c’era stata la firma di un contratto tra il governo libico e la Snam Progetti, del gruppo ENI, per un valore di 42 miliardi di lire553.

Anche in questa occasione, però, l’ottimismo era durato poco. Nell’agosto del 1971, stesso mese degli sconvolgimenti monetari internazionali dovuti alla decisione di Nixon di porre fine alla convertibilità del dollaro con l’oro, la Libia aveva richiesto tramite il ministero del Petrolio di negoziare la partecipazione dell’ENI nell’importante concessione denominata A-100 che proprio in quei giorni stava iniziando la produzione ed era in grado di portare il petrolio sulla costa554. Il governo libico infatti aveva dato il via a una nuova politica sulle concessioni dichiarando che l’ente petrolifero libico avrebbe rilevato presto la maggioranza, il 51%, delle società straniere operanti in Libia555 mentre l’ENI, pochi mesi prima del colpo di Stato, aveva concordato il 20% che sarebbe nel tempo salito al 50%556. Visto che la compagnia italiana era “amica”, i libici avrebbero proposto di ottenere il 50% sulla joint venture, ma immediatamente557. Passarono mesi prima di arrivare ad una soluzione che si sarebbe avuta con il prossimo governo di Giulio Andreotti.

Per quanto riguarda le commesse, la Libia allargava il ventaglio dei vincitori d’appalto ad imprese dell’Europa dell’est558 ma uno dei risultati dell’incontro tra Moro e Gheddafi era stato anche quello di favorire le imprese italiane: agli inizi del 1972 la DEG.FER ottenne la costruzione di acquedotti, fognature, edifici per una centrale elettrica, la Cuffanti e la Gadola di Gadola per l’edificazione di ospedali; la Cogefar per la costruzione di edifici abitativi e di altre opere pubbliche, la Salini Costruzioni e l’Impregilo per opere civili, la Costruzioni stradali per strade, la

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A. Varvelli, p. 208

550 Anche durante le contrattazioni sul posted price e sulle tasse dovute al regime libico sia sul greggio che sul gas

naturale, trattative condotte dal ministro del Petrolio Ezzedin Mabruk e da Jallud con le compagnie internazionali, l’atteggiamento dell’Eni era stato gradito. L’Eni aveva evitato di adottare una strategia comune con la Esso, della quale era cliente, nonostante le continue richieste e le pressioni della compagnia americana. Già in un incontro tra i rappresentanti dell’Eni e il ministro Mabruk nel dicembre 1970, appariva evidente una certa sintonia tra le due parti: veniva espressa l’intenzione libica di dare all’Agip il monopolio della distribuzione dei prodotti petroliferi per il totale del fabbisogno libico. A. Varvelli, p. 183

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Fu ufficialmente espressa in un incontro avvenuto il 25 gennaio 1971 tra l’ambasciatore Borromeo e il sottosegretario agli Esteri libico. A. Varvelli, p. 186

552 A. Varvelli, p. 182 553 A. Varvelli, p. 201 554 A. Varvelli, p. 218 555 A. Varvelli, p. 217 556 A. Varvelli, p. 219 557 A. Varvelli, p. 220 558 A. Varvelli, p. 215

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Lodigiani per infrastrutture portuali, Impresit per bonifiche559. Inoltre, tra le imprese operanti in Libia c’era la Fiat che controllava il 50% del mercato libico di autovetture e addirittura il 70% di quello degli autocarri560 che come l’ENI non fu nazionalizzata e che negli anni successivi gli sarebbero state affidate forniture di autobus, camion e turbine per centrali elettriche561.

Gli ultimi sviluppi che avevano riguardarono l’incontro erano stati sulla fornitura italiana di armi. Sebbene c’era stata l’iniziale negazione da parte di Moro per una possibile fornitura, all’inizio del 1972 tali richieste erano state prese in considerazione perché c’erano già francesi e belgi che vi provvedevano. I veicoli chiesti erano prodotti dalla ditta Oto Melara che aveva un accordo di co- produzione con una società statunitense che ne deteneva il brevetto562. Anche in questo caso la soluzione del problema era passata al prossimo governo.

Alla Farnesina l’indirizzo fu quindi di orientare il negoziato verso l’ottenimento di commesse e impegni futuri che potessero in questo modo compensare la perdita dei beni confiscati563e dare una tregua alle richieste di risarcimento

Appendice III. Flussi informativi