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I tributi «propri» degli enti locali e il federalismo municipale

I Comuni, le Province e le Città Metropolitane sono provvisti di autonomia finanziaria di entrata e di spesa, la quale richiede necessariamente la sufficienza dei mezzi finanziari autonomi affinchè tutti gli enti locali possano svolgere le funzioni loro attribuite.

La questione è molto rilevante perché, da un lato, l’art. 5 Cost. sancisce il principio dell’autonomia e del decentramento e, dall’altro lato, l’istituto della riserva di legge inibisce alle fonti secondarie di stabilire gli elementi essenziali della prestazione patrimoniale imposta. In conformità alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, si profila la possibilità di concepire situazioni di disciplina normativa sia a tre livelli (legislativa statale, legislativa regionale, e regolamentare locale) sia a due soli livelli (statale e locale ovvero regionale e locale)360.

Un ruolo decisivo, per l’autonomia impositiva dei Comuni, è rivestito dal federalismo municipale attuato con D. lgs. n. 23 del 2011, il quale ha riformulato completamente il quadro relativo agli strumenti di finanziamento degli stessi Comuni.

Con uno schema di tributi molto simile a quello stabilito per le Regioni, il D. lgs. n. 23 del 2011 dispone la devoluzione ai Comuni del

359 Sul favore per la finanza autonoma ex plurimis, L. ANTONINI, Il federalismo

fiscale ad una svolta: il nuovo disegno di legge, in www.federalismi.it, 2008, 2. L’A.

afferma che mantenere un modello sostanziale di finanza derivata in un Paese che con la riforma costituzionale del 2001 ha decentrato forti competenze legislative crea gravi confusioni in quanto produce la dissociazione della responsabilità impositiva da quella di spesa, generando una situazione istituzionale che rende ingovernabili i conti pubblici e in cui si favoriscono la duplicazione di strutture, l’inefficienza e la deresponsabilizzazione.

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gettito di numerosi tributi erariali nonché l’istituzione di una nuova imposta sulle locazioni di immobili ad uso abitativo (la cedolare secca sugli affitti), l’imposta municipale propria (IMU), l’imposta municipale secondaria in sostituzione della tassa per l’occupazione delle aree pubbliche, dell’imposta pubblicità e, infine, dell’imposta sulle pubbliche affissioni. Inoltre, è attribuita ai Comuni una compartecipazione al gettito dell’IVA, la cui percentuale dovrà essere determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del D. lgs. n. 281 del 1997 assumendo come riferimento il territorio su cui è determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo (art. 2 comma 4).

È, inoltre, previsto per l’addizionale comunale IRPEF la graduale cessazione della sospensione (art. 5) del potere dei Comuni di istituire l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero di aumentare la stessa nel caso in cui sia stata istituita. Nel caso di mancata emanazione del regolamento, potranno esercitare tale facoltà i Comuni che abbiano fissato l’aliquota dell’addzionale ad un livello inferiore allo 0,4 per cento361.

Tra i tributi propri derivati, istituiti dai Comuni, si colloca l’imposta di soggiorno disciplinata dall’art. 4 del D. Lgs. 23 del 2011. Si tratta di un’imposta che potrà essere istituita dai Comuni e dalle città d’arte e turistiche a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sui propri territori, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo praticato dalle stesse strutture, sino ad un massimo di 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonchè interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali.

Il decreto legislativo attuativo del federalismo municipale dispone, inoltre, la revisione dell’imposta di scopo, già prevista dalla Legge n. 296 del 2006, finalizzata all’individuazione di opere pubbliche oltre a quelle già previste e l’aumento, sino a dieci anni, della durata massima di applicazione dell’imposta, in luogo degli attuali cinque, fermo restando l’obbligo di restituzione ai contribuenti comunali nel caso di mancato inizio dell’opera entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo.

L’art. 2, comma 10, del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dell’ IRPEF. I Comuni, infatti, hanno diritto al 50 per cento del maggior reddito prodotto derivante dalle loro segnalazioni362.

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Abrogato dall’art. 11 della L. n. 148 del 2011. 362

Nelle more della stampa del presente lavoro è intervenuto la L. n. 148 del 2011 recante misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria. L’art. 12 bis della sopra citata legge ha elevato la quota prevista dall’art. 2, comma 10 del D. Lgs. n. 23 del 2011 nella misura del

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È altresì prevista, ex art. 2, comma 3 del decreto in esame, l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, per gestire il graduale passaggio al federalismo fiscale e da ripartire tra i Comuni in relazione ai loro bisogni standard.

Dalla disamina sin qui svolta si possono trarre alcune considerazioni critiche.

In primo luogo si comprende agevolmente come la porzione di potestà regolamentare attribuita ai Comuni è ancora tutta in fieri in quanto è subordinata alla finanza statale e regionale e, pertanto, sarà lungo il processo di assestamento per l’attuazione dell’art. 119 Cost.

In secondo luogo, la circostanza che il sistema tributario, in seguito all’entrata in vigore del federalismo fiscale, sarà estremamente complesso non è un dubbio, ma una certezza, contrariamente alla «semplificazione del sistema tributario» proclamata dalla legge delega n. 42 del 2009, destando molta preoccupazione, per l’unitarietà del sistema tributario, il rischio, in realtà abbastanza fondato, che l’attuazione del federalismo fiscale nel nostro ordinamento porti all’aumento della pressione fiscale complessiva. In tal senso basti pensare all’istituzione dell’imposta di scopo, ai nuovi tributi propri regionali e alle varie compartecipazioni al gettito erariale nonché alla possibilità di aumentare le addizionali comunali e regionali comportando stridenti contrasti con i princìpi di eguaglianza e di solidarietà.

La tassa di soggiorno può offrire un ulteriore spunto di riflessione. Essa non appare in linea con i princìpi fondamentali su cui si basa il federalismo fiscale in quanto il Comune che istituisce l’imposta di soggiorno non preleva soldi dalle tasche dei suoi cittadini, ma dai cittadini, turisti di altri Comuni, i quali evidentemente non potranno incidere sul consenso elettorale degli amministratori di quei Comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno. Inoltre, non si può negare che tale imposta sia in contrasto con il principio di eguaglianza perché diretta a differenziare ingiustamente territori con un forte tasso di turismo locale da altri territori non turistici accentuando maggiormente, ancora una volta, la differenza tra Regioni ricche e Regioni povere dell’unica e indivisibile Repubblica italiana.

Si può, dunque, affermare che, almeno sotto questo primo approccio prospettico, le finalità verso cui tende il federalismo fiscale sono ancora in una fase di assestamento. Il controllo democratico delle decisioni tributarie da parte dei cittadini-elettori più vicini al livello di governo che effettua le scelte politico-finanziarie che direttamente li coinvolge, sembra sia stato per il momento accantonato o, comunque, rinviato a tempo da definirsi363.

100% al fine di incentivare la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento tributario per gli anni 2012, 2013, 2014.

363 In tal senso M BASILAVECCHIA, Il fisco municipale rispetta i vincoli

costituzionali, in Corr. Trib., 2011, 1106, secondo il quale le prime grandi motivazioni che

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