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A TTRAVERSO IL DIBATTI TO PARLAMENTARE : COME NASCE UNA LEGGE (1976-1977)

.1. LA S FID A D E L D IS C ORS O DE B OLE

L‘apparire sulla scena pubblica di un tema personale come il corpo che si riproduce, si rivela elemento fortemente perturbativo411,in grado di modificare le relazioni nel contesto politico. Irriducibile e inevitabile, il corpo femminile è acceleratore di reazioni, produce narrazioni, parole nuove, discorsi mai fatti prima; è l'elemento in grado di far compiere al paese un passo avanti decisivo verso la ―modernità‖412. Come sostiene il sociologo Mario Diani, affinché un discorso dia luogo a forme di policy durature ed efficaci, in grado di incidere sulla pratica politica, esso deve essere in grado di trovare uno spazio sulla scena del discorso pubblico, deve trovare cioè il modo di emergere ed essere riconosciuto tra i discorsi autorevoli, al punto di poter sfidare il sistema di regole e pratiche vigenti413.

Se si declina questo ragionamento su un aspetto specifico del tema corpo e cioè la scelta di maternità, e lo si fa in un paese cattolico e tradizionalista come l‘Italia, il risultato – apparentemente- sembra essere nient‘altro che lo scontro/sfida tra due discorsi diametralmente opposti, che non hanno apparenti punti di contatto tra loro – un discorso ―pro life‖ (impropriamente tradotto in a

411 Tutte le volte che una nuova voce, un nuovo linguaggio/racconto emerge sulla scena pubblica e sfida la costruzione dominante accettata come ―tradizione‖, il risultato è la produzione di un perturbamento. Si tratta di uno scontro di parti non irriducibili in grado di dare luogo a interazioni, determinando modificazioni in entrambe le parti. Modificazioni che nel caso specifico del linguaggio portano all‘allargamento dei confini del dibattito così come fino a quel momento codificato e alla resa evidente di aspetti prima lasciati in ombra. Non solo aumentano gli interlocutori ma ognuno di essi è modificato dall‘entrata in scena di un nuovo elemento. 412 M. Diani, Linking Mobilization frames and political opportunities: insights from regional populism in Italy, ―American Sociological Review‖, 61 (1996), n.6, p.1053-1069.

413 Diani propone come esempio di funzionamento di questo meccanismo il caso dei movimenti ambientalisti rispetto alla questione nucleare no/nucleare si in Italia negli anni ottanta: solo se ci sono fazioni nei partiti che sostengono una parte o l‘altra si creano quelle necessarie aperture dei blocchi contrapposti che permettono agli attivisti di farsi sentire (quindi: necessaria un‘apertura in alto, nei partiti (Ivi., p. 1060).

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favore della vita414) definito come dominante e uno ―pro choice‖ (a favore della scelta) definito come debole415, senza particolari possibilità di interazione.

Il discorso delle donne sulla ―maternità come scelta‖ nella scena politica italiana degli anni settanta si qualifica dunque con ―discorso debole‖ rispetto ad un sistema legato ad una visione profondamente maschile dell‘organizzazione dei rapporti sociali. Per trovare adeguato spazio esso deve trovare un appoggio e fare breccia nel discorso dominante, deve sfidarlo, intersecarlo. L‘alternativa altrimenti è il non incontrarsi mai e il perdurare dello statu quo.

Diani individua tre fattori che rendono possibile l‘incrocio e quindi la sfida alla struttura tradizionale da parte dei discorsi deboli: il primo è l‘importanza del tema di accesso; il secondo è la presenza di alleati influenti; il terzo è che la sfida sia lanciata in un momento e in un contesto in cui le elite si mostrino divise, in modo da sfruttare la loro indecisione. Tale schema tripartito viene applicato dalla politologa americana Elisabeth Nossiff416 al caso degli attivisti pro aborto nello Stato di New York negli anni che precedono il 1973. Nossiff individua la mossa vincente da parte dei gruppi femministi e dei movimenti ―pro choice‖ nell‘aver agganciato un Partito Democratico sfiduciato, alla ricerca di nuova linfa, che ha colto l‘occasione di fare della questione aborto la propria causa per ritornare ad essere competitivo. Gli attivisti pro choice, dal canto loro, hanno potuto facilmente sfruttare la macchina-partito e tutti i suoi apparati comunicativi collaudati per portare avanti il loro percorso di azione. Un caso di mutuo aiuto, in cui entrambe le parti trovano reciproco vantaggio: il partito ha bisogno di aderire ad una causa nuova per uscire dalla china dell‘anonimato, e gli attivisti pro-choice hanno bisogno di uno spazio organizzato in cui agire in autonomia.

Diverso, anzi opposto, afferma sempre Nossiff, il caso dello Stato di Pennsylvania. Applicando anche qui lo schema di Diani, la politologa ricostruisce un quadro in cui la sconfitta dei pro-choice non si spiega con la sola forza delle

414 Traducendo in questo modo, automaticamente ―pro choice‖ diviene sinonimo di ―contro la vita‖. 415 Ivi, p.1067.

416 Un esempio proposto invece da Rosemary Nossiff (R.Nossiff, Before Roe: abortion polizie in the States, Philadephia, Temple University Press, 2001; Id, Abortion Policy Before Roe: Grassroots and Interest-Group Mobilization, Journal of Policy History - Volume 13, Number 4, 2001, pp. 463-478,) viene dalla diffusione del movimento (poi partito) della Lega nel Nord Italia, favorita da un‘instabilità del pensiero politico dominante democristiano a inizio anni novanta che crea una breccia tale per cui il discorso dal basso della Lega può emergere, può sfidare il sistema dominante ad armi sostanzialmente pari. Si tratta di un caso particolarmente favorevole, in cui gli schieramenti politici tradizionali si dimostrano deboli o poco coinvolti in quel tema (o colti di sorpresa?), al punto da permettere che si insinui una nuova voce, si crei uno spazio per l‘emergere di un pensiero diverso. La sfida in questo modo è abbastanza semplice per il nuovo discorso, poiché un riallineamento delle forze è piuttosto improbabile o se avviene si compie in maniera scomposta, strappando di sicuro consensi alla nuova forza: ormai il dubbio è insinuato nella struttura tradizionale e recuperarla alla forma originale diventa impossibile. Nella peggiore delle situazioni invece il discorso dominante è forte, le forze sono coese e la sfida del nuovo discorso diventa quindi difficilissima.

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organizzazioni cattoliche: è vero, dice, che in Pennsylvania i gruppi confessionali sono molto radicati, certamente più che a New York, ma la questione sta tutta nel fatto che all‘inizio degli anni settanta il Partito Democratico in questo Stato non si dimostra per nulla aperto ad accogliere nuove sfide: molto coeso e senza fazioni riformiste in cerca di cause da portare avanti, il sistema partitico della Pennsylvania finisce per rendere inefficace la sfida portata al sistema dai pro- choice. L‘aborto viene definito subito in termini di morale e di fedeltà ai principi religiosi e da questo tipo di rappresentazione non si muove, non ci sono discorsi giuridici forti né agganci a strutture di partito forti che legittimino l‘azione degli attivisti. Neppure i gruppi femministi, che solitamente generano supporto pubblico alla causa, riescono a rompere l‘equilibrio delle forze dominanti. Sia nel caso dello Stato di New York che nel caso Pennsylvania è quindi il partito democratico a fare da gatekeeper, permettendo con il suo atteggiamento -il recepimento in un caso e il rifiuto nell‘altro- di un discorso su un tema non usuale per un‘agenda politica a cui la sola voce della donne e dei movimenti non riusciva ad accedere.

Gli esiti diversi del dibattito nei due stati di cui riferisce Nossiff mettono in luce che, se si indaga la struttura delle relazioni tra le forze in gioco in un determinato contesto, si possono trovare delle connessioni e delle chiavi di lettura per nulla evidenti ad un primo sguardo. Gli studi di Nossiff evidenziano infatti come, nel caso aborto, non si tratti in maniera semplicistica di un confronto netto tra ―destra cattolica pro life‖ e ―sinistra laica pro choice‖, né tra democratici e repubblicani, ma di un intreccio molto più complicato. La soluzione non verrà da una mediazione tra discorsi politici, né dalla prevalenza di una visione laica rispetto ad una cattolica, ma da un fatto esterno, nuovo, da un discorso che sbaraglia i competitori: la Corte Suprema americana, interpellata nel caso ―Roe vs Wade‖ nel febbraio del 1973, sceglie di richiamarsi al quattordicesimo emendamento che regola il diritto alla privacy dei cittadini, mettendo in campo una vera e propria carta vincente. La Corte infatti sceglie di legare il discorso sull'aborto a qualcosa che non è negoziabile, qualcosa di molto alto nella scala di valori del cittadino americano: la privacy costituisce il nucleo forte non di una semplice legge, ma del quattordicesimo emendamento della costituzione dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America.

Il successo di questo approccio rispetto ad altre possibili soluzioni è dipeso dunque dalle capacità degli attivisti di sfruttare i punti deboli del sistema politico

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in quel particolare momento, mentre da parte della Corte tutto si è giocato sulla decisione di intercettare le corde più alte della sensibilità della società americana. La Corte ha agganciato il ―mito‖. Rispetto alla portata di questo risultato, bisogna comunque tener conto di come si è arrivati a questo punto. Fino alla fine degli anni sessanta, nella definizione dello spazio del discorso sull'aborto, negli Stati Uniti avevano avuto voce in capitolo sia il punto di vista femminista – che si era posto in sfida aperta e decisa contro il discorso legale, sulla base della restrizione dei diritti riproduttivi417- sia il discorso cattolico (non di tutta la cattolicità: il discorso più rigido è quello delle gerarchie ecclesiastiche, ma altrove il terreno era più favorevole), che formava un fronte chiuso, apparentemente inattaccabile, spazio delimitato e ben chiaro, per niente ambiguo e che faceva proprio di questa omogeneità la sua forza.

Il discorso mediano dei riformisti -cioè dei gruppi genericamente definibili pro aborto- appariva invece molto vario e sfaccettato: alcuni sostenevano che la strada giusta fosse quella della depenalizzazione, altri si mostravano favorevoli all‘aborto se la gravidanza era frutto di stupro, ma non invece in caso di malformazioni, altri ancora sostenevano l‘esatto contrario418. Il discorso riformista appariva quindi composto da una serie di voci coese sui fini ma divise rispetto alle motivazioni e ai mezzi. Una mancata unità che decreta, agli occhi della società civile, la sua debolezza. Fino al 1969.

Poi emerge un gruppo che si propone come unico scopo non più la riforma della vecchia legislazione, ma la scrittura di una legge totalmente sull‘aborto. E‘ una posizione decisamente più radicale, che lavora su un foglio totalmente bianco, senza fare cenno a riforme di vecchi discorsi. La sua posizione è fin da subito

417 Rispetto alle posizioni del femminismo americano su questa questione nel 1968 il NOW – National Organization of Women- si pronuncia a favore del fatto che venga incluso nella carta americana dei diritti il diritto per le donne di controllare la propria vita riproduttiva. Anche in Italia sarà l‘uscita delle donne dal silenzio tra il 1969 e il 1971 con la costituzione del Movimento di Liberazione della Donna a fare da choc culturale quindi da evento catalizzatore per avviare una revisione radicale della normativa. Le donne, oltre che parlare e raccontare, scendono in piazza, riempiono la scena pubblica e non possono più essere ignorate, la loro entrata in gioco sbaraglia i linguaggi e le immagini con cui fino a quel momento quella scena viene descritta. Esse portano nello spazio pubblico la questione dei diritti: non più solo i medici, gli avvocati, la Chiesa, lo Stato: la decisione sull‘aborto deve passare attraverso la voce delle donne per una questione di parità di diritti (J. Jensen, Introduction in The politics of abortion, edited by J.Brodie, S.Gavigan, J. Jenson, Toronto, Oxford University Press, 2007, p. 12).

418 Nel caso americano (così in quello canadese e marginalmente in quello italiano) avviene anche un altro tentativo di spostamento della chiave di lettura: nel 1968 alcuni attivisti cercano di portare la questione aborto fuori dal codice penale per inserirlo nel codice medico, come questione appartenente alla sola sfera della salute. Il tentativo della lobby dei medici fallisce del tutto nel caso americano, molto meno in quello canadese ed è quasi nulla nel caso italiano, ma dal punto di osservazione della presente ricerca, si tratta non di un aspetto da scartare perché fallito, ma di vederlo in chiave di un apertura di spazio ulteriore, che serve a portare nuovi attori sulla scena, a porre al questione aborto dal punto di vista dei diritti di libertà, ampliando il discorso anche a forze - nel caso americano repubblicane e pro-choice che pure c‘erano ma che non avevano mai avuto voce (J. Jensen, Introduction in The politics of abortion, cit., p. 23).

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chiara: non ci sono casi in cui ―si può‖ e casi in cui ―non si può‖ abortire. L‘aborto o è morte o non lo è. Bisogna dunque scegliere. Questa opzione radicale è certamente tra le più difficili da portare avanti, poiché significa rompere nettamente con alcuni il fronte del dialogo. E infatti all‘inizio vi è la preoccupazione tra i membri del gruppo che sia un‘azione troppo forte quella di proporre un ripensamento radicale della questione: ―potrebbe spaventare gli elettori‖ si dice. Ad un certo punto però diviene chiaro alle donne che non si tratta di una battaglia qualsiasi in cui si può giocare rimanere in attesa e vedere cosa se ne ricava: quella dell‘aborto è una questione di diritti - ―Hey, this is a women‘ s right‖, è uno degli slogan del gruppo e in America, queste ―prese di coscienza‖ che si trasformano in un linguaggio immediatamente accattivante hanno appeal, diventano subito frasi perfette, adatte a far presa sulla gente comune.

Con questa scelta di campo decisa dunque, fatta con il ―linguaggio giusto‖ da parte del movimento delle donne, lo spazio del dibattito sull‘aborto si allarga a tal punto da rendere possibile l‘accesso alla scena pubblica di un discorso inizialmente debole, che rimette alla sola volontà della donna, da esprimersi in colloquio privato con il proprio medico, la decisione di un aborto. La sentenza Roe vs Wade, in questo senso, può essere letta come una vittoria del fronte abortista, anche se lo sviluppo successivo del dibattito indicherebbe il contrario. Si tratta comunque di un punto avanzato del discorso sul corpo che permette anche al resto dell‘Occidente di muovere dei passi significativi.

.2. IL C AS O IT AL IAN O: C HI S FID A C HI

Le analisi di Nossiff riguardano un caso molto specifico e territorialmente circoscritto, ma l‘applicazione della struttura interpretativa proposta dalla studiosa americana attraverso gli studi di Diani, può essere applicata –con le debite differenze- anche per l‘analisi del contesto italiano in cui si inserisce il tema dell‘aborto negli anni settanta.

Gli schieramenti pro e contro che si determinano sulla scena politica del paese possono essere letti infatti con una sorta di referendum sulla laicità, ma in realtà, analizzando il dibattito acceso e lungo che si produce dentro e fuori dal Parlamento negli anni successivi al 1973, si ha la prova che le cose non sono

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andate in questo modo419. Nel 1975 è enorme ed estremamente evidente l‘impreparazione dei partiti italiani di fronte alla sentenza della Corte che decreta l‘incostituzionalità degli articoli del Codice penale relativi al reato di aborto. Essa crea un vuoto legislativo e, conseguentemente, una breccia nel discorso dominante fornendo una chance inaspettata ai sostenitori della causa abortista. Ad approfittare di questo varco per accedere allo spazio pubblico di un discorso che trovava seguito già da qualche tempo nelle piazze e per le strade, ma che non intercettava nel suo complesso la società civile, né l‘attenzione dell‘Opinione Pubblica, sono gli esponenti del Partito radicale, e con loro i movimenti femministi, pur con tutte le contraddizioni, i contrasti e le fratture che caratterizzano lo scenario del ―movimento delle donne‖ nel corso del decennio.

La sentenza della Corte, forse per la prima volta nella storia della giurisprudenza italiana, mostra dunque come un discorso di legge possa tenere conto delle donne ―in quanto donne‖ e non nel senso diminutivo del termine. Mentre l‘azione di spettacolarizzazione dei processi per aborto non aveva avuto altro effetto che produrre un trauma per chi pubblicamente li aveva subiti, senza mostrare apparentemente alcuna ricaduta positiva per il resto della società, la sentenza – pur racchiusa nei termini di un discorso giuridico e quindi priva del respiro dialettico di un discorso pubblico- riesce a sussumere pienamente in sé la nozione nuova di corpo che ―conta‖ in quanto sessuato420, che conta in quanto corpo di donna diverso rispetto al feto e soprattutto di corpo che, rispetto al feto, ―conta di più‖. Con questa posizione forte e ―radicale‖ la Corte produce la svolta decisiva.

.3. INTORNO A LLA SENT ENZ A: CO SA PENSANO LE DO NN E

Dopo anni di autocoscienza e di pratica dell‘inconscio, nella seconda parte del ―decennio settanta‖ il movimento femminista si mostra carico di sfumature al suo interno421, al punto che, per parlare di aborto, solo una parte di esso sceglie il terreno legislativo. Dibattiti serrati, nuove alleanze e nuove dissensi portano al

419 G. Scirè, L'aborto in Italia, cit. L‘autore, ricostruendo le sfaccettature del discorso cattolico mostra come non sia assolutamente leggibile nella maniera semplicistica di una battaglia laici/cattolici lo schierarsi delle forze politiche sul tema aborto una volta entrato nell‘agenda politica.

420 J. Butler, Bodies that matter. On the discorsive limits of sex, Routledge NewYork, 1993.

421 E. Guerra, Una nuova soggettività: femminismo e femminismi nel passaggio degli anni settanta, in Il femminismo degli anni settanta, cit., p. 25.

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formarsi di un movimento molto variegato, dove si distinguono diversi filoni: il Movimento di Liberazione della Donna -legato ai radicali- e l‘Udi -legata al partito comunista, avviano, in modi diversi e a partire da storie diverse, un processo di autonomia rispetto alle loro matrici politiche e mutamenti interni avvengono anche in quell‘area del movimento molto vicina alla nuova sinistra che, tra molte contraddizioni, deciderà di affrontare il discorso di una legge contro l‘aborto clandestino (e più avanti per una legge contro la violenza sessuale). Un'altra parte del movimento, invece, si muove facendo ―un discorso diverso‖ sull‘aborto, legato alla necessità di riscrivere l‘autonomia delle donne rispetto alle leggi ―degli uomini‖422.

Il 1975 è, tuttavia, anche l'anno delle convergenze, per cui diverse aree del movimento cominciano a concordare su un‘ipotesi: la legalizzazione dell‘aborto. L‘Mld avvia la raccolta firme per il referendum abrogativo degli articoli del Codice Rocco che lo riguardano, l‘Udi invece promuove una consultazione di massa su sessualità, maternità e aborto423. Nuovi diritti soccorrono questa delicata fase: il 1975 è anche l‘anno della riforma del diritto di famiglia e tutt‘attorno è un‘accelerazione convulsa della scena: l‘arresto del medico Conciani a Firenze e di Adele Faccio a Roma nel gennaio del 1975 per la costituzione della rete delle cliniche del Cisa e la nascita del movimento romano aborto contraccezione (Crac); la grande manifestazione pro aborto delle donne il 6 dicembre a Roma è disturbata dall‘assalto degli uomini di Lotta continua alle loro compagne, episodio che sarà l‘inizio della crisi dell‘organizzazione e della ridefinizione dei rapporti in tutta l‘area della nuova sinistra424. Una lunga stagione di creatività politica accompagna dunque l‘incontro-scontro tra il movimento -in tutte/in tante delle sue varie forme- e le istituzioni di quegli anni. E anche se con molta circospezione, si muovono anche i partiti, agitati al loro interno da forze centrifughe, in un orizzonte che non contempla le donne, ma solo la politica nel senso stretto del termine: alleanze, potere.

422 Sul pensiero della differenza in Italia fondamentali le pubblicazioni della comunità filosofica ―Diotima‖: Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano, 1987; Diotima, Mettere al mondo il mondo. Oggetto e oggettività alla luce della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano, 1990; Diotima, Il cielo stellato dentro di noi. L‟ordine simbolico della madre, La Tartaruga, Milano, 1992.

423 M. Michetti- M. Repetto-L. Viviani, L‟Udi: laboratorio di politica delle donne, cit.,

424 Di lì a breve, l‘Mld, con il congresso di Catania del 1978 uscirà dal partito radicale del quale non condivide più le posizioni sbrigative sull‘aborto come puro e semplice ―diritto civile‖; l‘Udi a partire dal 1976 prende le

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