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La Turchia e lo ius corrigendi nel matrimonio islamico p

Nel documento Lo Ius Corrigendi nel matrimonio islamico (pagine 186-191)

islamico.

Fino al 1926, la Turchia è stata dominata da un diritto su base religiosa accolto nel Mejelle291 ottomano, e soltanto con l’adozione della nuova legislazione sono stati introdotti i primi principi giuridici occidentali, determinando l’abrogazione di istituti come la poligamia e il ripudio, ed avanzando il riconoscimento dell’uguaglianza tra i coniugi attraverso la previsione di regole meramente civili per la conclusione del matrimonio292.

L’entrata in vigore del Codice Civile ha rappresentato la soluzione più rivoluzionaria del processo di laicizzazione perseguito dalla nuova

291 Il Mejelle è stato un codice civile in vigore nell’impero ottomano verso la

seconda metà del XIX secolo, fino ai primi del XX secolo. Rappresenta il primo tentativo di codificazione di una parte consistente dell’impianto legislativo, basato sulla Shari’a, in vigore nel mondo islamico durante il dominio ottomano.

292 Cfr. S. O. Ozdemir, Dal matrimonio religioso al matrimonio statuale in

Repubblica, spodestando la Shari’a nella regolamentazione della materia a questa più cara.

La donna è divenuta, in questo quadro, lo strumento attraverso cui rendere la modernizzazione, simbolo dell’avanzamento dello Stato e dell’abbandono della cultura tradizionale di stampo religioso, confermando così lo “state feminism” su cui la nuova compagine statale si è definita, ed eliminando qualsiasi legame con la teocrazia ottomana293.

Sulla scorta di questa nuova coscienza, è stato stabilito che alla moglie spettano doveri di collaborazione e non di obbedienza, ed è stata definita un’età minima per contrarre matrimonio, prevista attualmente al compimento del diciottesimo anno per entrambe le parti, salvo diversa autorizzazione del giudice.

Entrambi i coniugi hanno l’obbligo di assistenza al nucleo familiare, sia materiale che morale, in termini di “mutua assistenza e aiuto” (art. 152), riconoscendo, in tal modo, l’uguaglianza nei diritti e dei doveri tra uomo e donna, in applicazione del principio di non discriminazione tra i sessi previsto nella Costituzione (art. 10)294.

Il principio di uguaglianza appena citato non deve essere inteso quale un’uguaglianza assoluta, ma quale obbligo di perseguire un equo trattamento nelle situazioni in cui i soggetti sono vincolati dai medesimi obblighi e doveri.

Il giudice costituzionale turco identifica la donna come un soggetto autonomo rispetto all’unione familiare, convalidando la scelta del

293 Cfr. I. Capcioglu, The Roles of Religion and Sex in Turkey: a Study on the

Changing Attitudes to Male/Female Relations, in The Islamic Quarterly, vol. 54, n. 3, 2010, pp. 213-229.

294 Gli articoli della Costituzione Turca sono stati reperiti nel sito

powerandmoneyofficialarchive.forumcommunity.net (ultima consultazione 12 agosto 2015). Il testo integrale dell’articolo 10 recita: “Tutti gli individui sono uguali, senza alcuna discriminazione di fronte alla legge, indipendentemente dalla lingua, razza, colore, sesso, opinioni politiche, convinzioni filosofiche, la religione e setta, o tali considerazioni. Nessun privilegio è concesso ad ogni individuo, famiglia, gruppo o classe. Organi dello Stato e le autorità amministrative devono agire nel rispetto del principio di uguaglianza davanti alla legge in tutta la loro causa”.

legislatore nella prevenzione che garantisce un maggiore riconoscimento giuridico e sociale della stessa.

Per quanto riguarda lo ius corrigendi, è necessario citare la sentenza della Corte Costituzionale del 29 settembre del 1998295, la quale ha confermato il principio di uguaglianza nell’ambito familiare, facendo riferimento al diritto della donna di mantenere il proprio cognome. Nella materia matrimoniale, secondo la Corte, la legislazione turca riconosce la priorità di uno degli sposi al fine di salvaguardare l’unità della famiglia, prevedendo l’utilizzo del solo cognome dal padre per i componenti della stessa.

La Corte conferma come la donna non sia assoggettata a tale regola potendo continuare ad usare il proprio cognome davanti a quello del marito dietro richiesta agli ufficiali competenti.

La scelta di dare alla famiglia un solo cognome risponde ad un’esigenza di unità e conformità ma ciò non deve arrecare pregiudizio alla donna alla luce degli articoli 12 e 17 della Costituzione, disciplinanti rispettivamente il riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali ed il diritto alla vita ed alla protezione della stessa296.

295 Sentenza della Corte Costituzionale del 29 settembre 1998 n° E. 1197/61-

K. 1998/59 in Official Gazette n° 24937 del 15 novembre 2002.

296 Il testo integrale dell’articolo 12 recita: “Ognuno possiede inerenti i diritti

e le libertà fondamentali che sono inviolabili e inalienabili. I diritti e le libertà fondamentali comprendono anche i doveri e le responsabilità dei singoli verso la società, la sua famiglia, e di altri individui”. Il testo integrale dell’articolo 17 della Costituzione Turca: “Ogni individuo ha diritto alla vita e il diritto di proteggere e sviluppare la sua entità materiale e spirituale. L'integrità fisica della persona non possono essere violati se non sotto necessità medica e nei casi prescritti dalla legge, e non devono essere sottoposti ad esperimenti medici o scientifici senza il suo consenso. Nessuno può essere sottoposto a tortura o maltrattamenti; nessuno può essere sottoposto a pene o trattamenti incompatibili con la dignità umana. Casi, come ad esempio l'esecuzione delle condanne a morte sotto le sentenze dei tribunali, l'atto di uccidere per legittima difesa, le occorrenze di morte come conseguenza dell'uso di un'arma consentita dalla legge come una misura necessaria, durante l'apprensione, l'esecuzione dei mandati di arresto, la prevenzione della fuga di legittimamente arrestate o condannate persone, la soppressione della sommossa o un'insurrezione, o della realizzazione di un ordine di organismi autorizzati durante la legge marziale o dello stato di

Da questa sentenza emerge l’indirizzo della Corte verso un’equiparazione sostanziale dei coniugi all’interno del rapporto matrimoniale, nel quale ognuno gode di singoli diritti individuali tali da non arrecare pregiudizio all’altro.

All’importante sentenza segue l’adozione del Codice per la Protezione della Famiglia del 17 gennaio 1998297, che mira a salvaguardare l’unione familiare soprattutto nei casi in cui un membro della stessa sia sottoposto a violenze.

Sulla base di quanto stabilito da questa norma, se un membro di una famiglia è sottoposto a violenze, il giudice può decidere di allontanarlo dal soggetto che ha posto in essere le violenze, o di modificarne la residenza.

L’allontanamento dalla famiglia non può superare il periodo di sei mesi, ma se la persona allontanata dovesse continuare a subire violenza allora l’autore potrà essere sottoposto a detenzione obbligatoria per un periodo tra i tre e i sei mesi di carcere.

Questa riforma non tocca la disposizione formale che continua a identificare il marito come il capo famiglia, mantenendo così una visione del diritto che riconosce una posizione di supremazia nel rapporto coniugale spesso tradotta in limitazioni sostanziali delle libertà della donna, in atti di violenza che le ledono la dignità di essere umano.

Il legislatore turco conclude definitivamente la riforma rivalutando la figura della donna con l’emanazione del Codice del 2001, nel quale si riconosce la moglie quale collaboratrice del marito eliminando la disposizione che prevedeva il marito come capo famiglia.

E’ opportuno evidenziare che tra i fattori che hanno portato al compimento delle riforme che hanno reso la Turchia uno stato sempre

emergenza, sono al di fuori del campo di applicazione della disposizione di cui al paragrafo 1”. Testi integrali reperiti nel sito powerandmoneyofficialarchive.forumcommunity.net (ultima consultazione 12 agosto 2015).

297 Legge n 4320 del 14 gennaio 1998 in Officiale Gazette n° 3233 del 17

più laico, migliorando la condizione della donna, troviamo le pressioni dei movimenti femministi turchi, le pressioni provenienti dalla Comunità internazionale, ed in primis dalla Comunità Europea. I dibattiti, che si sono sviluppati intorno alla riforma della materia civilistica, soprattutto per quanto riguarda la figura della donna, rappresentano lo specchio del sistema legislativo turco contemporaneo ed evidenziano come la religione islamica riesce a condizionare ancora lo status dei diritti dei singoli, ed in questo caso della donna. Le resistenze sociali, ancora presenti nell’area politica, al riconoscimento di pari tutele, in un ordinamento che ha abbracciato la logica secolare da decenni, derivano principalmente dall’influenza che la religione islamica esercita sull’intera struttura legislativa e sociale, in quanto sono ancora presenti i retaggi culturali precedenti all’influenza dell’occidente, in cui la donna era subordinata alla figura maschile a lei più vicina, in virtù di un potere legittimato da Allah. In seguito, con la laicizzazione della Turchia, definita stato anomalo, essendo l’unico stato a maggioranza musulmana ad essersi dichiarato laico e secolarizzato, la famiglia e i suoi componenti divengono la “principale istituzione della società”298.

Questa disposizione ha trovato traduzione nell’adozione di un Codice Civile di derivazione europea, il quale, emendato nel novembre 2001299, è diventato il simbolo della transizione laica posto a garanzia dell’uguaglianza giuridica sia nella sfera privata che in quella pubblica300 della donna e dell’uomo, eliminando ogni tipo di diritto, come lo ius corrigendi, che potrebbe ledere questa garanzia.

298 La Costituzione disciplina la famiglia nell’articolo 41 definendola la

“principale istituzione della società” ed imponendo in capo allo Stato il dovere di adottare le misure necessarie per la sua salvaguardia.

299 Il nuovo Codice è entrato in vigore il 12 gennaio 2002.

300 Cfr. J. Afary, The Human rights of Middle Eastern and Muslim women: a

project for the 21st century, in Human Rights Quarterly, vol. 26, n 1, 2004, pp. 106-125.

Nel documento Lo Ius Corrigendi nel matrimonio islamico (pagine 186-191)

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