• Non ci sono risultati.

Dalla tutela nel rapporto di lavoro alla tutela nel mercato

valorizzazione del principio di condizionalità e delle politiche attive. - 2.2.

L’assegno di ricollocazione: un ponte verso il ricollocamento dei lavoratori.

1. Dalla tutela nel rapporto di lavoro alla tutela nel mercato.

Come anticipato in apertura, con l’esordio della crisi finanziarie ed economica degli ultimi anni, vi è stato un condizionamento reciproco tra modelli sociali al fine di mutuare le soluzioni ritenute più funzionali da altri ordinamenti così da aumentare il livello di protezione -complessivamente inteso- offerto al lavoratore.

Per quanto riguarda l’Italia, il legislatore ha traslato all’interno del nostro ordinamento elementi propri dei sistemi di flexicurity510 sulla scorta delle indicazioni delle Istituzioni Europee511; ciò si è tradotto da un lato nella riduzione delle garanzie sul piano del rapporto di lavoro (per quanto concerne la disciplina limitativa dei licenziamenti e dei mutamenti delle mansioni); dall’altro in una maggiore attenzione alla tutela del prestatore nel circolo della modalità esterna512.

510 La locuzione “sistemi di flexicurity” deve essere interpretata sulla scorta delle considerazioni svolte nel primo capitolo.

511 Rapporto della Commissione europea The role of the Public Employment Services related to ‘Flexicurity’ in

the European Labour Markets, marzo 2009 (VT/2006/043);COMMISSIONE EUROPEA, Libro verde, modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo, COM (2006), 708 def., Bruxells 22

novembre 2006; COMMISSIONE EUROPEA, Partnership for a new organization of work, Green Paper, COM (97), 126 def. 16 aprile 1997; in dottrina si veda A.ALAIMO, Servizi per l’impiego e disoccupazione nel « welfare

attivo » e nei « mercati transizionali », in Riv. Dir. Sic. Soc., 2012, pag. 559; D. GOTTARDI Riforme strutturali e prospettiva europea di Flexicurity:andata e ritorno, in Lav. Dir., II, 2015, p. 239; C. ZAPPALA’, Flexicurity e valorizzazione delle capability: l’impulso alla ri-regolamentazione del lavoro a termine, in WP CSDLE “Massimo

D’Antona”.INT – 97/2012, p. 8 e ss; E. ALES, Modello sociale europeo e flexicurity: una sorta di «patto leonino»

per la modernizzazione, in Dir. lav. mer., 2007, p.523 ss ove è presente una dettagliata ricostruzione delle tappe

che hanno portato segnato l’adozione di tale principio in sede comunitaria.

512 E. ALES, Modello sociale europeo e flexicurity, cit., p. 529 ove vengono sintetizzati i caratteri qualificanti della

flexicurity propugnata a livello europeo in questi termini: “l’attenzione si concentra su quello che potremmo definire un circuito occupazionale (employment circuit o pool,) il quale, a fronte di una forte mobilità (soprattutto) esterna del lavoro rispetto al mercato (transazioni), garantisca la totale adattabilità dei lavoratori attraverso generosi emplyment benefits, formazione continua e politiche di sostegno alle responsabilità familiari. Alla costruzione di questo employment protection system dovrebbe corrispondere il ripensamento/riposizionamento della protezione del posto di lavoro(job protection) da garantirsi soltanto all’esito di un periodo di “resistenza” del lavoratore nell’impresa, ancorché privo di tutele”.

Come esposto nel paragrafo precedente, tradizionalmente, il nostro sistema di tutela è sempre stato improntato a una logica di Job Protection in quanto l’obiettivo principe del legislatore era far sì che i prestatori di lavoro mantenessero la propria stabilità occupazionale anche a costo di avvallare abusi e sviamenti funzionali degli istituti appositamente dedicati513.Gli strumenti di sostegno al reddito del lavoratore in caso di disoccupazione, al contrario, hanno sempre svolto un ruolo marginale, finanche giungere ad essere sostituiti in via informale da quelli che in teoria avrebbero dovuto operare in costanza di rapporto. Senza contare che anche nei casi in cui invece hanno trovato applicazione sono stati per lungo tempo ineffettivi, non solo causa della loro connotazione assicurativa ma anche per l’esiguità della misura della prestazione514.

Con le ultime riforme, al contrario, si è assistito a un deciso mutamento di passo, stravolgendo l’impianto tradizionale.

Nel presente studio, naturalmente, pur essendo consapevoli dell’integrazione esistente tra diritto del lavoro tout court e diritto previdenziale, l’attenzione è focalizzata sugli aspetti strettamente previdenziali della questione, ragione per cui l’analisi inerisce esclusivamente all’assetto degli strumenti di sostegno del prestatore in mancanza di lavoro. Circa tale aspetto, vi è stata -come ampiamente esposto nel capitolo che precede- una razionalizzazione delle misure erogabili in costanza di rapporto e, al contempo, un potenziamento nelle prestazioni volte a combattere lo stato di disoccupazione.

Si è parlato di “potenziamento” poiché nei proclami delle forze politiche è stata offerta tale lettura degli interventi di riforma posti in essere; in questa sede, tuttavia, ci si propone lo scopo di analizzare criticamente gli istituti giuridici che vengono in rilievo rispetto a siffatta tematica al fine di verificare se davvero, e in quale misura, si può parlare di potenziamento delle tutele esterne al rapporto.

Occorre, infatti sottolineare come anche i paesi improntati maggiormente ai principi di

flexicurity devono presentare un contemperamento tra flessibilità e sicurezza senza che il primo

513 Vedi supra.

514 Già in passato, la scarsa effettività della misura veniva ricollegata non solo all’operatività del principio assicurativo, ma anche alla limitata entità della prestazione. Fino alla fine degli anni’80, infatti, l’indennità di disoccupazione era erogata in una misura fissa pari a £ 800 al giorno (art. 13, l. n. 114/1974): in merito non era stato previsto alcun meccanismo di rivalutazione che permettesse di adeguare l’importo della prestazione al mutamento del costo della vita. La Corte Costituzionale è intervenuta solo tardivamente con la sentenza n. 497 del 1988, dichiarando l’incostituzionalità della disposizione in commento per contrasto con il principio di adeguatezza della prestazione ex art. 38, co.2. Sempre nello stesso anno vi fu un intervento del legislatore che stabilì che l’indennità dovesse essere parametrata a una percentuale della retribuzione media soggetta a contribuzione dei tre mesi antecedenti il verificarsi dell’evento disoccupazione. Tale importo fu nel tempo gradatamente orientato. Per una panoramica degli interventi legislativi volti elevarne l’importo si veda F. LISO, Il nuovo trattamento di

elemento prenda il sopravvento sul secondo515; da tale esigenza discende l’imprescindibilità di un livello di protezione sociale di base adeguato, oltre che una rete di servizi per il lavoro che offra un supporto concreto al soggetto interessato al fine di ricollocarsi sul mercato.516

La sola presenza di politiche attive non è idonea a estirpare alla radice il fenomeno della disoccupazione stante il fatto che esse, di per sé, non sono idonee a creare nuovi posti di lavoro,517 pertanto i cd. trasferimenti monetari ex post -identificati con le politiche passive- divengono ineliminabili518. Quest’ultimi, permettono, tramite l’attuazione di una politica redistributiva, di realizzare sul piano pratico il principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3 Cost, consentendo conseguentemente il pieno sviluppo dell’individuo nell’ambito della società ex art. 2 Cost. Pertanto, il vero problema sarà proprio valutare il bilanciamento di queste due diverse misure poiché solo un sistema in cui la tutela degli individui non viene appiattita sull’erogazione di percorsi di riqualificazione o di reinserimento è pienamente conforme ai precetti costituzionali519.

L’erogazione di un sussidio conforme al canone costituzionale dell’adeguatezza ex art. 38 Cost è dunque imprescindibile, pena la compressione del principio di uguaglianza sostanziale tra gli individui.

515 E. ALES, Modello sociale europeo e flexicurity, cit., p.533 ove anzi viene affermata la necessaria preminenza della sicurezza sulla flessibilità per rispettare il dettato costituzionale.

516 COMMISSIONE EUROPEA, Peer Review on Flexicurity, Copenhagen, Denmark, 20-21 November 2014, ove si afferma che “flexicurity is an integrated concept that is based on interdependent elements and

complementarities between different institutions in the labour market. Therefore, any changes to one aspect will have a knock-on effect on another”.

517 E. GRAGNOLI, Gli strumenti di tutela del reddito di fronte alla crisi finanziaria, cit., p. 52; M. SPENCE, The

next convergence. The Future of the economic Growth in a multispeed world, trad. it. La convergenza inevitabile. Una via globale per uscire dalla crisi, Laterza, Roma-Bari, 2012, p.89 e ss.

518 S. RENGA, La tutela sociale dei lavori, Giappichelli, Torino, 2006. p. 284.

519 Nonostante le conclusioni della Peer Review on Flexicurity del 2014, pare opportuno sottolineare come in sede comunitaria, storicamente, abbia dominato un diverso approccio -salvo episodi isolati- si veda E. ALES, Dalla

politica sociale europea alla politica europea di coesione economica e sociale, in Riv. Dir. Sic. Soc., 2007, p. 251;

E. ALES, Lo sviluppo della dimensione sociale comunitaria: un’analisi genealogica, in Riv. Dir. Sic. Soc., p. 527 ove, dopo aver offerto una panoramica degli atti adottati in tale sede a riguardo, viene sottolineato come il maggior focus dedicato dalle istituzioni europee alle politiche di ricollocamento rispetto a quelle redistributive ex post è sintomatico della prevalenza, in tale ambito, della dimensione economica rispetto a quella sociale, ragione per cui la valorizzazione di questo tipo di strumenti -atti ad operare una modernizzazione dei sistemi di welfare nazionali- sarebbe stata in realtà funzionale a massimizzare l’integrazione economica tra i vari Stati e ad aumentare le soglie di occupazione. Le tutele sociali, tradizionalmente intese, venivano considerate disincentivanti rispetto alla possibilità di trovare una nuova occupazione, oltre che inadatte a garantire l’integrazione sociale sociale poiché lasciavano i percettori ai margini della vita economica. Tale scala di priorità si poneva in antitesi con quella desumibile dalla Carta costituzionale ove invece il riconoscimento dei diritti -specie quelli sociali- avrebbe dovuto vincolare le scelte economiche. Si esprime in questi termini S. GIUBBONI-A. PIOGGIA, Lo stato del benessere:

dalla redistribuzione al riconoscimento, in Riv.Dir.Sic.Soc., II, 2015, p. 304; per una valutazione circa il rapporto

tra diritto del lavoro ed economia si veda M. BROLLO, Politiche per il lavoro e sviluppo economico, in Istituzione

Pertanto, l’analisi del sistema che verrà effettuata nei paragrafi che seguono si dipanerà lungo queste due direttive: esame dell’adeguatezza delle politiche passive e valutazione dell’efficacia delle politiche attive (in particolare dell’applicazione del principio di condizionalità)520. Tale operazione è tanto più rilevante poiché, come è stato sottolineato,521 il mercato del lavoro è cambiato, discostandosi profondamente dall’assetto che poteva avere durante il’900.

In linea di massima, gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da “una crescente domanda di

flessibilità”, che si è declinata in forme diverse: flessibilità dei modi di produzione, la cd. flessibilità competitiva e la flessibilità nell’utilizzo della forza lavoro.522

Ad oggi, dunque, a causa della frammentazione e della flessibilizzazione del mercato la disoccupazione non può più essere considerata un evento unico ed eccezionale nella vita dei prestatori, bensì una condizione strutturale e una circostanza ricorrente523; oltre a ciò, si è intensificata la concorrenza tra lavoratori, nonché il divario tra cd. core workers e contingent

workers524, ragione per cui la componente security del nuovo sistema dovrà essere valutata

anche alla luce di queste nuove esigenze di tutela.

2. La tutela della disoccupazione nel Jobs Act: Naspi, Dis-Coll e Asdi.