• Non ci sono risultati.

L’UE ci prova: “Il trasporto marittimo tagli le sue emissioni di CO2 del 40%”

Nel documento RASSEGNA STAMPA DEL. 6 febbraio 2020 (pagine 22-26)

Un emendamento in Commissione Ambiente propone la drastica riduzione entro il 2030 parametrando i dati al 2018. E il mondo dello shipping è sempre più vicino a essere inserito nell’ETS, il sistema di scambio delle quote di emissione

Ridurre del 40% le emissioni di anidride carbonica rispetto al 2018 entro il 2030 e l’inserimento del comparto nell’ETS, il sistema di scambio di quote di emissione all’interno dell’Unione Europea. Sono le due novità in arrivo da Bruxelles che agitano il mondo del trasporto marittimo, che a livello di impatto ambientale da gennaio sta già facendo i conti, non senza qualche mal di pancia, con le determinazioni dell’International Maritime Organization (IMO) che ha imposto una diminuzione dal 3,5% allo 0,5% nelle emissioni di zolfo tramite l’uso di un carburante eco-sostenibile o l’installazione di scrubbers in grado di ‘lavare’ gli scarichi delle navi in atmosfera.

Sulla riduzione del 40% delle emissioni di CO2 una decisione definitiva verrà presa entro il prossimo giugno, quando è previsto, dopo i lavori preparatori in Commissione ENVI (Ambiente, Sanità

Pubblica e Sicurezza Alimentare) il voto finale nella riunione plenaria del Parlamento Europeo. Tutto parte da un emendamento al testo preparato dalla Commissione Europea a firma di Jutta Paulus, deputata del gruppo Greens MEP, che vuole imporre alle 12 mila navi già sotto la lente dell’MRV (Monitoring, Reporting and Verification, un sistema entrato in vigore nel 2015 per monitorare le emissioni delle navi che toccano i porti europei) di ridurre del 40% le emissioni di anidride carbonica entro il 2030, prendendo come anno di riferimento il 2018. Il taglio sarebbe basato sulle prestazioni medie di navi della stessa categoria incluse nella prima relazione dell’EU-MRV pubblicata nel 2018, ma sarebbe solo un primo passo verso una rivoluzione nel settore ben più ampia.

L’intenzione infatti è quella di inserire anche il trasporto marittimo all’interno dell’ETS, il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE, per effetto del quale viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi. Il tetto si riduce nel tempo di modo che le emissioni totali diminuiscano. Entro questo limite, le imprese ricevono o acquistano quote di emissione che, se necessario, possono scambiare tra di loro. Possono anche acquistare quantità limitate di crediti internazionali da progetti di riduzione delle emissioni di tutto il mondo. La limitazione del numero totale garantisce che le quote disponibili abbiano un valore. Alla fine di ogni anno le società devono restituire un numero di quote sufficiente a coprire le loro emissioni se non vogliono subire pesanti multe: se un’impresa riduce le proprie emissioni, può mantenere le quote inutilizzate per coprire il fabbisogno futuro, oppure venderle a un’altra impresa che ne sia a corto.

Sino a questo momento il mondo dello shipping era rimasto al di fuori di questo mercato, ma se la proposta dovesse passare – e la Commissione Europea spinge affinché ciò avvenga, come del resto lo stesso Parlamento sembra andare in questa direzione – il testo di Paulus prevede che entro il 1 dicembre 2020 venga stabilita la quantità totale di quote per l’industria marittima, “in linea con gli altri settori”. Inoltre, fra gli obiettivi c’è anche quello far contribuire gli armatori ad un fondo europeo per la decarbonizzazione del trasporto marittimo.

Il 21 febbraio saranno sentiti gli stakeholders interessati a tale cambiamento (in buona sostanza le associazioni armatoriali), fra il 27 e il 28 maggio ci sarà il voto nella Commissione e poi, a giugno, quello dell’assemblea plenaria. A quel punto però il Consiglio dell’Unione Europa (che rappresenta i Governi dei singoli Stati membri ed è formato dai rispettivi ministri a seconda dell’argomento trattato) potrà a sua volta formulare suggerimenti e proposte di modifica, che dovranno essere valutati nuovamente dal Parlamento fino ad arriva ad un compromesso fra i due organi dell’UE.

Non è un mistero che gli armatori non vedano di buon occhio queste possibili novità, soprattutto perché legate ad un contesto meramente europeo, mentre in questo campo la competizione si attua a livello internazionale, dove spesso vigono regole meno restrittive dal punto di vista ambientale.

Inizialmente, infatti, il mondo del trasporto marittimo era stato escluso dall’ETS sino al 2023, quando sarebbe stato l’IMO a definire nuove misure in tal senso a livello globale. La nuova Commissione Europea e il Parlamento rinnovatosi solo l’anno scorso, invece, adesso sembrano voler spingere sull’acceleratore.

Nasce il BlueInvestFound, dall’UE 75 milioni per investimenti nella blue economy

La Commissione Europea e il Fondo Europeo per gli Investimenti della BEI hanno presentato il nuovo BlueInvestFound, strumento finanziario che mira a mobilitare investimenti a sostegno delle aziende europee attive nella blue economy. Con una dotazione iniziale di 75 milioni di euro, intende supportare lo sviluppo delle imprese europee che realizzano prodotti e servizi innovativi e sostenibili in questo settore. Più nello specifico il Fondo BlueInvest sarà gestito dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI) e finanzierà fondi sottostanti che hanno come obiettivo strategico quello di investire nella blue economy innovativa. Il nuovo programma è sostenuto dal Fondo europeo per gli

investimenti strategici (FEIS), che costituisce il pilastro finanziario del Piano di investimenti per l'Europa, il cosiddetto Piano Juncker. Opererà anche grazie alla Piattaforma BluInvest della Commissione europea che stimola la propensione agli investimenti e l'accesso ai finanziamenti da parte di imprese, PMI e scale-up in fase iniziale operanti nel settore nell’economia del mare.

DATA 31/1/2020 TESTATA SHIP2SHORE

____________________________________________________________________________________________________

Sarà Signorini a relazionare alla Conferenza delle AdSP la prima bozza del decreto atteso da 26 anni, che dovrebbe prevedere anche il

superamento del comma 7 dell’articolo 18

L’entrata ufficiale nell’agenda ministeriale non deve far sperare troppo – successe già in passato – ma il piatto forte della riconvocata (domani) Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, organismo introdotto nel 2016 e subito dimenticato, sarà il cosiddetto regolamento concessioni.

La base, cioè, di quel decreto che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti deve varare da 26 anni e che, secondo il dettato dell’articolo 18 della legge portuale, deve disciplinare e armonizzare i criteri con cui le Autorità di Sistema Portuale affidano in concessione il demanio portuale da esse gestito e regolano i relativi rapporti coi concessionari. Una vacatio che in questo quarto di secolo ha prodotto una rigogliosa e multiforme giungla di fattispeci, inestricabile se non (a fatica) per via giudiziaria.

Il punto n.4 dell’ordine del giorno della riunione di domani è infatti intitolato “Inizio discussione su bozza regolamento concessioni marittime”. Dal poco che trapela (ammesso che fosse mai iniziata, la stagione della trasparenza al MIT è terminata presto) a relazionare i colleghi e il Ministro Paola De Micheli dovrebbe essere il presidente dell’AdSP di Genova e Savona Paolo Emilio Signorini. La cui determinazione, negli ultimi giorni, nell’annunciare la volontà di sottoporre al proprio prossimo Comitato di Gestione l’operazione di fusione fra i terminal PSA Pra’ e SECH assume a questo punto contorni più definiti (sebbene resti l’incognita dell’udienza dell’Antitrust, la prossima settimana, sul ricorso proposto da Uniport).

La bozza di Signorini – incaricato di fare sintesi fra i contributi raccolti in questi anni dal MIT e fra i regolamenti delle singole AdSP –, ricalcando e formalizzando quanto delineato sul punto

dal parere dell’Avvocatura dello Stato e sviluppando la dottrina giuridica che ritiene sia non più stringente ma bisognosa di interpretazione caso per caso la limitazione posta dal comma 7

dell’articolo 18 (divieto di doppia concessione), dovrebbe affidare alla singola AdSP la responsabilità di valutare eventuali effetti anticoncorrenziali di operazioni che dovessero portare nelle stesse mani più concessioni. Di fatto, cioè, dovrebbe essere istituzionalizzata una lettura della norma molto simile, nella pratica, alla modifica della norma stessa ipotizzata dagli emendamenti Vazio poi cassati.

Al netto di questo dettaglio, massimo riserbo sul resto del contenuto della bozza.

L’argomento concessioni, tuttavia, sarà toccato già nella prima parte della mattinata, dato che il primo punto dell’agenda della Conferenza riguarda “interlocuzioni in essere con la Commissione Europea”. Il riferimento, è lecito supporre, è alla procedura avviata da Bruxelles sulla fiscalità delle

AdSP, dato che all’inizio della settimana prossima scadrà il termine per la presentazione di osservazioni da parte italiana all’ultima mossa della DG Competition.

In menù poi “l’individuazione di obiettivi generali finalizzati alla determinazione dellla parte variabile dell’emolumeno per i presidenti delle AdSP per l’anno 2020”, “l’approvazione del Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dell’AdSP di La Spezia” e la proposta di regolamento di funzionamento della Conferenza stessa.

DATA 31/1/2020 TESTATA SHIP2SHORE

____________________________________________________________________________________________________

Parte col segno ‘più’ il 2020 del terminal

Nel documento RASSEGNA STAMPA DEL. 6 febbraio 2020 (pagine 22-26)

Documenti correlati