E il pubblico litiga sullo spettacolo anti-kolossal La platea si divide in due. Qualcuno urla: «Ridateci Verdi». Gli altri: «Siete dei fossili». Ma alla fine prevalgono gli applausi
ROMA - Una serata elettrica come non si vedeva da anni, molti applausi e molti fischi all' intervallo, in sala gridano tutti: i conservatori («Ridateci Aida») e gli innovatori («Siete dei fossili»). Se fosse un film, sarebbe Orgoglio e pregiudizio. Alla fine è stata una sorta di gara circense tra il pubblico diviso in due fazioni (arrivando fino agli insulti: «Idioti!»), ma i consensi hanno sovrastato i dissensi. Sfidando un pubblico tradizionale, la stagione dell' Opera di Roma si è aperta ieri sera con l' anti-Aida di Bob Wilson. Le Piramidi sono un contorno, rovine sullo sfondo, i sipari interni creano delle campiture di spazi che non arrivano fino a terra. Il corteo dei prigionieri appare in silhouette in controluce. Lo spettacolo nasce a Londra e Bruxelles. Le differenze sono tre: le trombe in scena nel trionfo, la disposizione del coro, gli effetti più avanzati e ricercati della luce, il regista texano è abituato a scolpirla, trasformarla in un altro personaggio, illuminando i volti dei cantanti come lame affilate, e loro, i protagonisti, si muovono al rallentatore creando un effetto da fermo-immagine, assumendo posizioni ferme, quasi incantate. La gestualità immobile e stilizzata è quella dei geroglifici. Il maestro dell' avanguardia dice che lo spettacolo ha una natura coreografica in una sorta di immagine egizia bidimensionale, come uno spazio piatto, mentre lo spazio della danza è il contrappunto tridimensionale. Gli stessi protagonisti di quest' Aida di Wilson (Oren sul podio), più che di Verdi, erano sul chi va là. Salvatore Licitra: «Se la massa si aspetta di vedere gli elefanti e le piramidi c' è sempre il rischio di fare flop». Si alza il sipario e c' è un braciere al centro e una testa d' aquila, elemento egizio. Il Radames di Licitra porta un cappotto nero, il bavero rialzato come le spalline delle cantanti, anche le pettinature rimandano a Star Trek. Aida è la cinese Hui He, Amneris è Giovanna Casolla e Ambrogio Maestri è Amonasro. L' Egitto si ritrova nei colori dei manufatti, il verde e l' ocra, l' ambra e il bronzo. E le tinte sono uno stato mentale, un modo di pensare e di sentire emotivamente. Un allestimento castigato e ieratico dove danza, mimo e recitazione si fondono alla maniera del giapponese teatro kabuki. Lavorando per sottrazione, il talento visuale di Bob Wilson, tornato all' Opera romana dopo 25 anni, dipinge con la musica, lascia crescere il sentimento dell' assenza e della distanza come se fosse un lied di Grieg, il grande Nord sull' Egitto di Verdi, non a caso il regista parla di ghiaccio e fuoco. «Ho sempre pensato che negli allestimenti di quest' opera ci fosse troppo, una sorta di intrattenimento boulevard, mentre la musica è nobile. Il mio lavoro è formale. La difficoltà è che il direttore è passionale e io cerco di schematizzare questa passione». Il regista toglie la deformazione del gigantismo e, rischiando la staticità, punta alla stilizzazione formale, qui il minimo dettaglio assume un' importanza enorme. C' è l' esaltazione della dimensione intima, che pure appartiene al dna di quest' opera e ne forgia l' altra metà. Lo spettacolo coincide con l' avvio del nuovo corso all' Opera di Roma che, col suo direttore artistico Nicola Sani, si aggancia alle locomotive più innovative dell' Europa musicale. Valerio Cappelli *** L' artista Bob Wilson, 67 anni, debutta nell' opera nel 1976, realizzando con Philip Glass «Einstein on the Beach»;; nel 1997 ha vinto il Premio Europa per il Teatro
Cappelli Valerio
Pagina 46
(21 gennaio 2009) - Corriere della Sera
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27/2/2014 Un' Aida d' «avanguardia» Contestato Bob Wilson
LA «PRIMA» ALL' OPERA DI ROMA L' ALLESTIMENTO DELL' AUTORE TEXANO
Un' Aida d' «avanguardia» Contestato Bob Wilson
E il pubblico litiga sullo spettacolo anti-kolossal La platea si divide in due. Qualcuno urla: «Ridateci Verdi». Gli altri: «Siete dei fossili». Ma alla fine prevalgono gli applausi
ROMA - Una serata elettrica come non si vedeva da anni, molti applausi e molti fischi all' intervallo, in sala gridano tutti: i conservatori («Ridateci Aida») e gli innovatori («Siete dei fossili»). Se fosse un film, sarebbe Orgoglio e pregiudizio. Alla fine è stata una sorta di gara circense tra il pubblico diviso in due fazioni (arrivando fino agli insulti: «Idioti!»), ma i consensi hanno sovrastato i dissensi. Sfidando un pubblico tradizionale, la stagione dell' Opera di Roma si è aperta ieri sera con l' anti-Aida di Bob Wilson. Le Piramidi sono un contorno, rovine sullo sfondo, i sipari interni creano delle campiture di spazi che non arrivano fino a terra. Il corteo dei prigionieri appare in silhouette in controluce. Lo spettacolo nasce a Londra e Bruxelles. Le differenze sono tre: le trombe in scena nel trionfo, la disposizione del coro, gli effetti più avanzati e ricercati della luce, il regista texano è abituato a scolpirla, trasformarla in un altro personaggio, illuminando i volti dei cantanti come lame affilate, e loro, i protagonisti, si muovono al rallentatore creando un effetto da fermo-immagine, assumendo posizioni ferme, quasi incantate. La gestualità immobile e stilizzata è quella dei geroglifici. Il maestro dell' avanguardia dice che lo spettacolo ha una natura coreografica in una sorta di immagine egizia bidimensionale, come uno spazio piatto, mentre lo spazio della danza è il contrappunto tridimensionale. Gli stessi protagonisti di quest' Aida di Wilson (Oren sul podio), più che di Verdi, erano sul chi va là. Salvatore Licitra: «Se la massa si aspetta di vedere gli elefanti e le piramidi c' è sempre il rischio di fare flop». Si alza il sipario e c' è un braciere al centro e una testa d' aquila, elemento egizio. Il Radames di Licitra porta un cappotto nero, il bavero rialzato come le spalline delle cantanti, anche le pettinature rimandano a Star Trek. Aida è la cinese Hui He, Amneris è Giovanna Casolla e Ambrogio Maestri è Amonasro. L' Egitto si ritrova nei colori dei manufatti, il verde e l' ocra, l' ambra e il bronzo. E le tinte sono uno stato mentale, un modo di pensare e di sentire emotivamente. Un allestimento castigato e ieratico dove danza, mimo e recitazione si fondono alla maniera del giapponese teatro kabuki. Lavorando per sottrazione, il talento visuale di Bob Wilson, tornato all' Opera romana dopo 25 anni, dipinge con la musica, lascia crescere il sentimento dell' assenza e della distanza come se fosse un lied di Grieg, il grande Nord sull' Egitto di Verdi, non a caso il regista parla di ghiaccio e fuoco. «Ho sempre pensato che negli allestimenti di quest' opera ci fosse troppo, una sorta di intrattenimento boulevard, mentre la musica è nobile. Il mio lavoro è formale. La difficoltà è che il direttore è passionale e io cerco di schematizzare questa passione». Il regista toglie la deformazione del gigantismo e, rischiando la staticità, punta alla stilizzazione formale, qui il minimo dettaglio assume un' importanza enorme. C' è l' esaltazione della dimensione intima, che pure appartiene al dna di quest' opera e ne forgia l' altra metà. Lo spettacolo coincide con l' avvio del nuovo corso all' Opera di Roma che, col suo direttore artistico Nicola Sani, si aggancia alle locomotive più innovative dell' Europa musicale. Valerio Cappelli *** L' artista Bob Wilson, 67 anni, debutta nell' opera nel 1976, realizzando con Philip Glass «Einstein on the Beach»;; nel 1997 ha vinto il Premio Europa per il Teatro
Cappelli Valerio
Pagina 46
(21 gennaio 2009) - Corriere della Sera
Ogni diritto di legge sulle informazioni fornite da RCS attraverso la sezione archivi, spetta in via esclusiva a RCS e sono pertanto vietate la rivendita e la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi modalitá e forma, dei dati reperibili attraverso questo Servizio. É altresì vietata ogni forma di riutilizzo e riproduzione dei marchi e/o di ogni altro segno distintivo di titolarità di RCS. Chi intendesse utilizzare il Servizio deve limitarsi a farlo per esigenze personali e/o interne alla propria organizzazione.
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9/3/2014 L' inferno di Wilson è un muro E «Orfeo» conquista la Scala
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