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Nell’ambito dell’alimentazione funzionale un ruolo centrale è occupato dagli integratori alimentari; sebbene questi prodotti, dal punto di vista delle definizioni, non corrispondano propriamente agli alimenti funzionali, così come definiti a livello globale76, non vi è dubbio che la motivazione che spinge sempre

più consumatori verso la loro assunzione sia quella di assicurare benefici aggiuntivi e immediati al proprio organismo.

Ciò che più nello specifico contraddistingue un functional food da un integratore, dal punto di vista scientifico, (dato che legalmente sono entrambi alimenti, come vedremo nel proseguo dell’analisi) è l’entità del beneficio aggiuntivo ricercato: l’alimento funzionale è tale se riesce soddisfacentemente a dimostrare di avere un effetto benefico e mirato su una o più funzioni dell’organismo, al di là di adeguati effetti nutritivi, in modo da risultarne un evidente miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o una riduzione del rischio di malattia. Esso è quindi un normale costituente della nostra dieta, parte del normale regime alimentare per cui i suoi effetti benefici devono derivare dal suo consumo nelle quantità che ci si aspetta vengano consumate con una regolare dieta.

L’integratore alimentare, invece, è il concentrato di beneficio aggiuntivo, che può essere nutrizionale o fisiologico, e tale differenza è rispecchiata pure nelle diverse modalità di presentazione dei due prodotti; l’alimento funzionale è

75 Vedi ROBERFROID, op. cit. p. 136. 76 V. retro, § 1.

infatti un cibo convenzionale, l’integratore invece non lo si trova aggiunto agli alimenti, ma è introdotto in commercio perlopiù in forma di capsula o pillola.

Il successo massiccio guadagnato dagli integratori alimentari negli ultimi decenni è correlato senza dubbio alla mutazione repentina degli stili e ritmi di vita, cui, correlativamente, è seguita una modifica delle abitudini alimentari.

Al loro esordio questi prodotti erano principalmente destinati a supportare ed aumentare l’apporto energetico richiesto dagli sportivi, a reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione, a fornire più proteine di quelle apportate dagli alimenti per aumentare rapidamente la massa muscolare; si trattava quindi di prodotti di nicchia, guardati con sospetto dalla maggior parte delle persone in quanto la loro denominazione (integratore alimentare), si riteneva fosse semplicemente una formulazione “politically correct” dietro la quale occultare prodotti fin troppo simil-farmaceutici o dopanti come steroidi anabolizzanti77, in grado tra l’altro di creare dipendenza come le droghe.

L’altro settore che insieme a quello dello sport vide per primo l’affermarsi degli integratori alimentari fu quello della dietetica, e soprattutto negli Stati Uniti, dai quali inizialmente proveniva la più parte di questi prodotti, e nei quali si verificarono per primi i connessi problemi di qualificazione legale, a causa dei tentativi di attribuire a questi composti vitaminico-minerali proprietà curative.

Oltreoceano, come noto, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, si è partiti da situazioni di sovrappeso, per arrivare ad un recente passato che ha visto il dilagare dell’obesità come vera e propria epidemia nazionale, che oggi assorbe, in termini economici, il 9% di tutto il bilancio della sanità, cioè 147 miliardi di dollari, che, secondo le stime, diventeranno 344 nel 2018, quindi con aumento di dodici punti percentuali78.

Di pari passo con l’aumentare del sovrappeso e dell’obesità si è pertanto assistito ad un incremento della commercializzazione di integratori alimentari che

77 Gli steroidi anabolizzanti sono ottenuti dalla manipolazione chimica del testosterone,

ormone endogeno presente della maggior parte dei mammiferi. Queste sostanze sono utilizzate anche in campo medico per curare alcune patologie, ma ciò che fa di esse prodotti dopanti è il fatto che la quantità di assunzione supera dalle dieci alle cento volte il dosaggio terapeutico, e, nonostante la diffusione di informazioni relative agli effetti dannosi a lungo termine, molti atleti le assumono in modo “amatoriale” senza controllo medico, causando al loro organismo disturbi metabolici, comportamentali, cognitivi e dipendenza.

78 Per rendere meglio la portata dell’obesità nella popolazione degli Stati Uniti si possono

citare i dati forniti dai Centers for Disease Control and Prevention: il 32,7% degli adulti (oltre i 20 anni) sono sovrappeso, il 34,3% sono obesi e il 5,9% sono estremamente obesi. Il fenomeno recentemente ha allarmato pure il Vecchio continente, che vede obesa ad oggi quasi la metà della sua popolazione.

reclamizzavano accattivanti proprietà dimagranti, attraendo così quei soggetti che, essendo obesi o a rischio, erano terrorizzati dalla maggiore esposizione al rischio di contrarre patologie legate al peso eccessivo79.

Anche in questo ambito però i nuovi prodotti non furono ben visti, poiché spesso le accattivanti etichette facevano leva proprio sui bisogni e i timori di soggetti a rischio80 di qualche patologia o che si trovavano in una condizione psico-fisica deteriore rispetto alla maggior parte della popolazione, o che semplicemente erano allettati dalla reclamizzata facilità con cui sarebbe stato possibile ottenere determinati risultati (soprattutto per quel che riguarda la cura del corpo), e di conseguenza gli effetti miracolosi pubblicizzati suonavano per lo più come ingannevoli prese in giro. Inoltre tali prodotti, data la loro novità e ancora limitata diffusione, non erano né stati studiati troppo bene scientificamente, né considerati dai legislatori nazionali, i quali, in maniera piuttosto frammentaria emanavano per lo più circolari o raccomandazioni relative alla sicurezza e alla liceità di taluni ingredienti, ovvero, in un clima di confusione generale ne ostacolavano o complicavano la commercializzazione richiedendo ai produttori di seguire le procedure di autorizzazione previste per i farmaci. La principale conseguenza di questa situazione incerta fu quella che spesso i consumatori di questi prodotti “dimagranti”, illusi dalle claims proposte che facevano leva sui loro punti deboli, e convinti della loro sicurezza e genuinità (dato che si faceva spesso riferimento a prodotti di origine vegetale, o contenenti estratti di erbe medicinali), incorrevano nella c.d. “overconsumption” , cioè ne assumevano, senza previa consultazione medica, quantità eccessive, accusando poi reazioni avverse nell’organismo, riportando nei casi più lievi tachicardie o disturbi all’apparato digerente, ma in altri danni al fegato o infarti.

Nonostante ad oggi vi siano regole più o meno rigide che disciplinano il settore degli integratori alimentari, quelli relativi alla riduzione del peso corporeo sono senza dubbio quelli che ancora detengono il primato nella popolarità tra il pubblico, e che, per conseguenza rappresentano la maggior parte dei profitti per le

79 K. A. VAN TASSEL, Slaying the Hydra: The History of Quack Medicine, the Obesity

Epidemic and the FDA’s Battle to Regulate Dietary Supplements Marketed as Weight Loss Aids,

in Indiana Health Law Review, Vol. 6:203, 2009, p. 205.

industrie produttrici81. Questo dato è significativo perché permette di capire anche le ragioni della recente rivalutazione e successo di questa categoria merceologica.

Come detto in apertura di paragrafo, da almeno qualche decennio si è assistito ad un significativo mutamento delle abitudini alimentari, conseguente alla frenesia e velocità del moderno stile di vita; i rapporti interpersonali aumentano in quantità ma diminuiscono in qualità, i talvolta stretti orari entro cui consumare un pranzo o una cena, uniti allo spopolare delle catene di fast foods, degli alimenti surgelati pronti in pochi minuti mediante tecniche di cottura, quali la frittura, che dovrebbero essere usate il meno possibile, unitamente ad altri fattori, hanno portato a perdere di vista l’antica “sacralità”82 del pasto, consumato a tavola, con calma e in buona compagnia, a vantaggio di uno stile alimentare scorretto. In particolare si assiste alla tendenza a mangiare in modo disordinato, evitando per esempio la colazione, alternando grandi abbuffate (serali) a forzati digiuni, e viceversa, e prestando oltretutto scarsa attenzione agli alimenti ingeriti, scegliendo per lo più quelli che “sembrano” buoni, ma che in realtà si rivelano “cibo spazzatura”. Di conseguenza questa diversità nel modo in cui ci si rapporta al cibo determina una maggiore esposizione al rischio di patologie legate all’alimentazione e ai suoi disturbi, come obesità, ipertensione, arteriosclerosi, diabete, le quali, in particolare le ultime due, nonostante siano considerate “malattie del benessere83”, stanno diventando una vera e propria pandemia che conta attualmente circa trecento milioni di pazienti nel mondo, di cui la maggior parte in Cina (92,4 milioni) e India (50,8 milioni), invase anch’esse da stili alimentari che si sostituiscono a quelli sani84.

In questo contesto senza dubbio la prevenzione gioca un ruolo fondamentale nella riduzione di queste e altre patologie, ma la soluzione concreta

81 Le vendite dei c.d. weight loss supplements, solo negli Stati Uniti, sfiorano i 4,5

miliardi di dollari, con prospettive di crescita tra il 10% e il 20% annuo. (Fonte: Consumer Health Products Association, http://www.chpa-info.org/).

82 MONTANARI, op. cit., p. 24.

83 L’aterosclerosi, una particolare forma di arteriosclerosi che colpisce principalmente il

cuore e il cervello, è tra le prime cause di decesso in quasi tutti i paesi industrializzati. Ad esempio in Italia, tra il 1950 e il 1970 (cioè il periodo della grande ripresa economica), le morti per cardiopatie ischemiche sono aumentate del 461%, mentre negli Stati Uniti la mortalità per patologie arteriosclerotiche ha visto il suo massimo a metà degli anni ’90, superando di dieci volte quella per incidenti stradali e di due quella per carcinoma.

84 Si sta in altre parole assistendo, riportando le parole della WHO, al fenomeno della

“Globesity”, vale a dire l’obesità globale, causata dalla globalizzazione di stili alimentari scorretti che soppiantano le singole tradizioni locali.

per ridurre o mitigare l’impatto di questi nuovi stili di vita sull’organismo è offerta dall’integrazione alimentare.

La rivalutazione di questi prodotti è andata di pari passo con il progredire della scienza della nutrizione, che ha sufficientemente provato una correlazione tra alimentazione e salute, e quindi tra cattiva o errata alimentazione e malattia85; inoltre, come detto per gli alimenti funzionali, un’altra ragione del recente successo degli integratori è dato dalla tendenza a preferire rimedi alternativi ai farmaci, a causa del loro prezzo elevato, e della scomodità di dover ottenere il più delle volte una prescrizione medica.

Questi fattori, unitamente alla maggiore attenzione prestata al comportamento alimentare e alla voglia di raggiungere e mantenere uno stato di elevato benessere psico-fisico, hanno determinato un innalzamento esponenziale nelle vendite degli integratori alimentari. Ricordiamo infatti che, anche come recepito nelle normative dedicate, il ruolo degli integratori non è più limitato all’essere un supplemento di “deficienze” nutrizionali; l’integratore pertanto, accanto alla sua tradizionale “valenza nutrizionale”, ha ampliato il suo raggio d’azione, e di conseguenza il suo successo, potendo contenere anche, o solo, sostanze non nutritive, ma comunque attive in senso “fisiologico”, cioè in grado di coadiuvare le normali funzioni biologiche dell’organismo (fermo restando il divieto persistente per gli alimenti di rivendicare proprietà preventive e curative). Non sarà infatti sfuggito agli osservatori più attenti che sui banchi delle farmacie, o delle erboristerie, o degli iper-mercati più forniti, accanto ai tradizionali supplementi di Vitamina C, o di ferro, solo per fare un esempio noto, si possono trovare anche prodotti che favoriscono il transito, aiutano la digestione, aumentano la concentrazione, combattono la forfora o la caduta dei capelli attraverso il ripristino delle vitamine o delle sostanze ritenute responsabili di questi fenomeni, contribuendo così al mantenimento o al raggiungimento di quel benessere fisico, cosmetico, e psichico che è oggi molto ricercato e pubblicizzato.

85 In Germania, ad esempio, è stato calcolato che il cambiamento delle abitudini

alimentari verso stili più sani ha determinato un abbassamento dell’11% dei casi di mortalità per cancro, e che, nel solo 2004, i tedeschi hanno speso 383 milioni di Euro in integratori vitaminici e minerali. (Cfr. A. REINERT, S. ROHRMANN, N. BECKER, J. LINSEISEN, Lifestyle and diet in people using dietary supplements. A German cohort study, in European Journal of Nutrition, Vol. 46,

Solo in Europa negli ultimi anni il mercato dei prodotti salutistici ha raggiunto i 16 miliardi di Euro, di cui 5 sono spesi in integratori alimentari, con la maggior parte delle preferenze verso quelli vitaminici e minerali.

A livello dei singoli Stati membri, secondo gli ultimi dati dell’Euromonitor, risalenti purtroppo al 2005, l’Italia si trova in testa alle classifiche di consumo di integratori alimentari: ne fa uso un cittadino su tre (quindi circa il 32% della popolazione), preferendo principalmente vitaminici e sali minerali (52%), facendo registrare alle circa novecento imprese interessate presenti sul territorio un fatturato globale vicino al miliardo e mezzo di Euro86,

cresciuto di quasi 7 punti percentuali a partire dal 200787. A livello europeo si nota invece una crescente espansione delle preferenze verso gli integratori contenenti “altre sostanze”88, in particolare probiotici, estratti vegetali ed oli derivati dal pesce, nonostante l’assunzione come integratori di prodotti vegetali non sia sempre possibile a causa di alcune legislazioni nazionali che li etichettano come prodotti medicinali. Le stime europee, nel periodo 2005-2010, hanno fatto registrare un decremento del mercato degli integratori alimentari, con percentuali che, considerando i dati forniti da ogni Stato, si sono assestate tra il 20% e il 25%.

Negli Stati Uniti le proporzioni sono chiaramente diverse e più elevate, a causa del maggior numero di abitanti, del diverso stile alimentare e di vita, della maggiore presenza di patologie connesse all’alimentazione, di campagne pubblicitarie più aggressive e della maggiore diffusione di mezzi di comunicazione, e, aspetto non trascurabile, della minor rigidità della normativa settoriale, che permette spazi di manovra più ampi ai supplements manufacturers. Infatti, a seguito del passaggio del Dietary Supplement Health and Education Act del 1994, è stato osservato che l’industria degli integratori è cresciuta in dimensioni più del quadruplo in soli dieci anni; in termini numerici si è assistito ad una maggiorazione del fatturato del 400%, passato dai 4 miliardi di dollari nel

86 Fonte: Federsalus (Associazione Nazionale Aziende Prodotti Salutistici), dati forniti da

AC Nielsen.

87 In particolare, solo tenendo conto del canale farmacie, il comparto degli integratori

alimentari fa registrare fatturati attorno agli 1,2 miliardi di euro, mentre il rimanente, per la maggior parte, deriva dalla grande distribuzione. I primi cinque posti tra gli integratori alimentari venduti nelle farmacie sono occupati da fermenti lattici, multivitaminici, dietetici/dimagranti, sistemici per capelli e lassativi; il canale GDO invece fa segnalare preferenze diverse, con il primo posto occupato dai sostitutivi del pasto, poi dimagranti, ginseng e pappa reale, integratori sportivi e multivitaminici.

1994, ai 20,3 del 2004, per arrivare ai 25,2 del 200989, con circa il 60% degli americani che regolarmente assumono integratori90. La ragione di queste cifre

merita però un’ulteriore precisazione: i consumatori europei si orientano verso la scelta di integratori alimentari prevalentemente dietro consiglio medico, mentre quelli statunitensi sono, per così dire, tendenti a “bypassare” il consiglio di un health care provider, acquistandone liberamente quantità maggiori; del resto proprio negli USA l’integrazione alimentare (latamente intesa, comprensiva quindi anche dei prodotti a valenza non nutritiva) si è diffusa come forma di cura alternativa a determinate patologie o disturbi fisiologici.

Di seguito si riporta un grafico raffigurante le preferenze dei consumatori statunitensi riguardo alle varie tipologie di integratori alimentari:

Come è facile notare da questo grafico e come detto sopra, in generale, il ruolo tradizionale dell’integratore che “integra” la dieta (Vitamins e Meal Replacement), pur essendo ancora importante, non è più l’indiscusso protagonista del mercato, lasciando spazi consistenti a favore di quei prodotti che promettono

89 Fonte: Nutrition Business Journal, www.nutritionbusinessjournal.com

90 Per rendere meglio l’idea della importanza del mercato degli integratori negli Stati

Uniti, pare utile fare un paragone con i volumi di affari registrati in altri settori merceologici tipicamente americani: l’industria dei videogiochi si è assestata sui 10 miliardi di dollari, quella degli “organic foods” 10,8 miliardi, quella dei giocattoli 20,7, e quella dei piccoli dolciumi (caramelle, chewing-gum etc..) sfiora i 2 miliardi.

un beneficio ulteriore e diverso, contribuendo al mantenimento o al miglioramento di funzioni attive dell’organismo, compito svolto per lo più dagli integratori di origine vegetale, per i quali, peraltro, la distinzione rispetto ai medicinali (e in particolare ai medicinali vegetali) appare più labile e problematica, come si avrà modo di osservare da vicino nelle sedi opportune di quest’analisi (Pt. 2, Cap. 2).

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