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4.1 Come nasce la libertà femminile

4.1.4 Una pratica politica della differenza sessuale

La pratica che fa emergere il desiderio di origine femminile di modo che diventi una ric- chezza collettiva, viene chiamata dalle femministe della libreria affidamento. Il rapporto di af- fidamento tra donne è una questione politica, insieme contenuto e strategia nella lotta es- senziale per la liberazione. Nella sua forma più chiara, la persona a cui ci si affida è la don- na, o le donne, che sostengono il proprio desiderio di libertà, che invitano a continuare. L’autorità che si richiede alla donna a cui ci si affida non è individuale (“noi, chiaramente, non pensiamo che il darsi autorità sia un atto individuale” (NCD 153). L’autorizzazione si riceve da una persona che è nella posizione di darla. Ma questa persona non possiede l’autorità se la donna che gliela richiede non le riconosce di possederla. Spiega Zerilli che “diversamente dal riferimento a figure di donne idealizzate, care ad altre femministe, il rap- porto asimmetrico dell’affidarsi permette anche un rapporto orizzontale, reciproco: l’autorità che legittima i desideri delle donne non è nulla senza l’autorità che le viene rico- nosciuta” (FAF 159).

“L’affidarsi di una donna alla sua simile” non è una questione privata, ma un rappor- to sociale, per questo diventa “un contenuto di lotta politica” (NCD 18). ”Una politica di liberazione, come abbiamo chiamato il femminismo, deve dare un fondamento alla libertà femminile”, scrive il collettivo. “Il rapporto sociale di affidamento tra donne è insieme un contenuto e uno strumento di questa lotta più essenziale” (NCD 19).

L’affidamento non è una sorellanza, una regola o una forma politica atemporale. Se- condo le stesse ideatrici “probabilmente esistono altre soluzioni, forse anche migliori” (NCD 187), ma l´affidamento è un passo decisivo verso una mediazione femminile con il mondo e verso la simbolizzazione produttiva e incoraggiante della disparità tra donne, per-

ché rappresenta “la forma della mediazione sessuata femminile in una società che non pre- vede mediazioni sessuate ma soltanto quella maschile rivestita di validità universale”(ibid.). “L’affidamento”, si legge ancora nel testo, ”si stabilisce dove una donna sperimenta, nei confronti del mondo, estraneità e voglia di vincere, insieme. E fra lei e il mondo non c’è niente di mezzo che possa rimediare all’estremità di questa contraddizione tranne che la ri- conosciuta necessità di una mediazione femminile. Il riferimento a una propria simile in questo contesto mette fine alla sterilità simbolica del sesso femminile” (NCD 139).

L’affidamento è una pratica politica contingente che tra il 1966 e il 1988 si forma a Milano come possibile risposta all’assenza di un luogo simbolico per le donne e alla man- canza di rapporti tra donne. È una pratica necessaria per motivi contingenti che può assu- mere anche un’altra forma, ma che risponde a un bisogno ritenuto necessario: la mancanza di autorità femminili positive. Se il compito del femminismo è di creare la base per la libertà delle donne senza dare una giustificazione razionale o sociale a questa libertà, allora il rap- porto di affidamento costituisce questa base. “Ciò che autorizza le azioni e le pretese di una donna, non è dunque né un assoluto, una figura, la cui autorità si giustifica da sé e non ha bisogno di ulteriore comprensione o azione, né un’epistemologia politica, perché le richie- ste politiche non sono pretese di verità” (FAF 160), sottolinea Zerilli. L’affidamento, inol- tre, rappresenta una soluzione al problema femminista della libera volontà. Esso simboleg- gia la trasformazione di un vuoto “io-voglio” nella libertà, situata nel mondo e più concreta, dell’ “io–posso” (ibid.).

Il riconoscimento dell’autorità non è sinonimo di conoscenza, ma di una gratitudine della donna verso una o più donne che le sono davanti o che l’hanno preceduta, che la in- coraggiano e la ispirano. “La gratitudine verso altre donne è espressione di reciprocità, non di gerarchia; è un riconoscimento reciproco delle condizioni di non sovranità della libertà femminile; in essa si incrociano la richiesta di comunanza e la richiesta di individualità” (FAF 161), scrive Zerilli. Ciò che manca alla semplice esposizione delle differenze tra don- ne, ovvero la significazione delle differenze per una maggiore libertà, ora emerge attraverso il riconoscimento di un’autorità che non è superiore, bensì incoraggiante. L’affidamento a una o più donne permette di formulare ed esporre il desiderio femminile di libertà. La sin- golarità di ogni donna assume un significato sociale e politico, in quanto trova nella madre simbolica una mediazione con la realtà. Questo può tuttavia avvenire solo se una donna si sgancia dal sentimento di comunanza generato tra le donne dall’appartenenza al genere op- presso e tenta di fare un passo in più verso la libertà, riconoscendo ciò che deve ad altre

donne, poiché la libertà non è una conquista individuale. “Lo sbaglio di molte donne come di tutta la politica del vittimismo è di pensare che allora una donna non deve niente a nes- suno. E non vedere ciò che invece deve ad altre donne”, scrivono le femministe del collet- tivo. “Il prezzo femminile della libertà è pagare questo debito simbolico. […] La semplice riconoscenza nel rapporto fra donne è l’atto su cui si fonda praticamente la libertà femmini- le” (NCD 158).

L´appartenenza al sesso femminile non deve essere più una condizione accettata con risentimento, ma un fatto che permette di fare di necessità virtù: proprio nella condizione non scelta di essere nate donne – anche se svantaggiate – si può trovare l’origine della liber- tà. L’esperienza dell’oppressione permette una conoscenza e uno sguardo lucido sulla socie- tà che spesso non appartiene a chi non viene discriminato. Le milanesi invitano a scorgere le potenzialità politiche che una situazione svantaggiata può portare con sé in termini di conoscenza e consapevolezza:

“Noi chiamiamo politica femminile il progetto di cambiare la realtà data facendo leva su queste possibilità che ogni donna, ogni essere umano, possiede di trasformare in sapere della realtà ciò che dalla realtà patisce. Chi viene al mondo con un corpo fem- minile, dalla realtà naturale e sociale patisce la sua differenza sessuale. Trasformare in sapere circa la natura e la società e i loro rapporti, è la sua possibilità umana e il suo di più sociale.” (NCD 175)

La donna, che lo è suo malgrado, secondo il disegno del collettivo cerca e vuole la libertà femminile tramite altre donne. La politica della differenza sessuale, come viene concepita dalle italiane, intende trasformare l’”io- voglio”, legato alla necessità, imprigionato nella fan- tasia del controllo sul sé e nutrito di risentimento, in un “io – posso”, che vive la libertà in una comunità femminile che è sia circostanza che scelta. Questo nuovo patto o contratto sociale non è fondato su una serie di principi decisi razionalmente e presunti come apodit- tici, ma su una promessa, quella di raggiungere una richiesta comune e di riconoscere il debi- to dovuto ad altre donne (FAF 162).

La base di una comunità femminista così concepita, che pone al centro una figura femminile (un prototipo o la madre simbolica), non è un punto fermo fatto di verità assolu- te, che lega a sé le partecipanti e le loro eredi. Al contrario: la differenza sessuale al di là del riconoscimento ufficiale di una donna che sostiene e incoraggia una sua simile, non ha ga- ranzie. Essa si esplica nella pratica politica quotidiana del fare e mantenere promesse. Que- sta facoltà secondo Arendt è decisiva per una libertà senza sovranità, poiché limita in qual-

che misura l’imprevedibilità dell’agire umano. Essa rende sopportabile il fatto che le conse- guenze del nostro agire non possano mai essere previste con certezza (FAF 163). “La fun- zione della facoltà di promettere”, si legge in Vita Activa, “[…] è, come tale, la sola alterna- tiva a una padronanza affidata al dominio si sé stessi e al dominio esercitato sugli altri; essa corrisponde esattamente all’esistenza di una libertà che fu data nella condizione dell’assenza di sovranità” (VA 180). Le promesse hanno il “carattere di isole precarie di certezza in un oceano di incertezze” (ibid.), e la capacità di farle e mantenerle trasforma la cruda realtà dell’esistenza di differenze tra donne in qualcosa di politicamente significativo: in autorità femminili positive e interlocutrici autorizzanti (FAF 164). Essa trasforma il rispecchiamen- to tra simili e oppresse in reciprocità produttiva e trasformante.