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Nei precedenti capitoli si è sempre usato il termine “districtus” per indicare i centri minori e le aree poste sotto il controllo del comune di Poggiobonizzo; l’esistenza di un contado vero e proprio era una possibilità concreta negli ultimi decenni di vita autonoma del comune, ma ogni forma di controllo più esteso del territorio extraurbano venne stroncata sul nascere dai continui scontri nell’area tra i due comuni più grandi di Siena e Firenze.

Il nucleo territoriale su cui Poggiobonizzo poteva esercitare la propria autorità, era in origine quello delle chiese suffraganee del monastero di San Michele e della pieve di Santa Maria di Marturi, che abbiamo già delineato nel primo capitolo. Anche in questo ambito l’alleanza e la vicinanza sul piano politico con Siena risultarono vantaggiosi al comune: nel 1221 viene riconosciuta l’autorità di Poggiobonizzo su Strove nell’ambito di una riorganizzazione dei confini di alcune curtes66, che vennero così suddivise tra il controllo senese e quello marturiense. Nei tre documenti dell’estate\autunno del 1221 sono riorganizzati i confini giurisdizionali delle tre curtes di Staggia, Castiglione e Strove ad opera di giudici nominati sia dal comune di Siena sia da Poggiobonizzo. Oltre alla ridefinizione dei confini giurisdizionali, la documentazione riporta anche una serie di permute che i due comuni fanno per ottimizzare la gestione delle curtes; Siena ottenne il pieno controllo su Castiglione cedendo a Poggiobonizzo Strove e gran parte dei diritti su Staggia. Nello specifico il documento del 10 luglio67 riporta: “et nos Senenses non exigemus vel exigi faciemus aliquod datium, vel servitium, vel bannum, vel placitum, vel maltollectum, ab illis hominibus de valle Strove qui sunt castellani Podiibonixi, neque ab eorum filiis vel discendentibus”. Tutta la serie di diritti,

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C. V. 1221 luglio 10, C.V. 1221 luglio 22, C.V. 1221 settembre 18.

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tasse e imposizioni che Siena non poté più esercitare sugli abitanti di Strove è, di fatto, la “lista” dei diritti che Poggiobonizzo poteva vantare sulla curtes: dal momento che tutti gli abitanti di Strove1\q, e i futuri discendenti di questi, erano stati riconosciuti come castellani del comune dipendevano da esso non solo per il pagamento delle tasse, ma anche per l’amministrazione della giustizia e la risoluzione delle controversie con gli abitanti delle altre curtes.

L’espansione territoriale di Poggiobonizzo ebbe due grandi fattori che ne determinarono in un primo momento la limitata espansione e, sul lungo periodo, il fallimento. In primo luogo l’area della Valdelsa in cui sorgeva il comune era interessata da un fitto popolamento e dalla genesi di altri due comuni di media grandezza nelle immediate vicinanze: Colle e San Gimignano entrarono sin dai primi anni del XIII secolo in competizione tra loro e con Poggiobonizzo per il controllo del territorio. Il mancato predominio di uno dei tre comuni nel periodo preso in esame determinò in parte le difficoltà nello sviluppo di un controllo del territorio sulla media distanza rendendo impossibile parlare di un contado vero e proprio. Sul lungo periodo lo scontro tra Firenze e Siena segnò la fine di ogni desiderio espansionistico di Poggiobonizzo: se dall’alleanza con Siena il comune aveva ottenuto un primo nucleo di curtes su cui poter esercitare il proprio controllo, la pressante vicinanza di Firenze non portò vantaggi al castrum che finì per essere distrutto.

Conclusioni

Al termine di questo percorso di ricerca sulle vicissitudini politiche e religiose interne al castrum di Poggiobonizzo nel suo secolo di vita autonoma proviamo a trarre alcune conclusioni. Come abbiamo già accennato all’inizio del nostro lavoro, la situazione di coesistenza di due diocesi all’interno di un centro di medie dimensioni è un fatto estremamente raro nell’area della Tuscia; cosi simili sono registrati con una frequenza relativamente più alta nella zona del monte Amiata, dove le condizioni di isolamento e le difficoltà nei collegamenti rendevano più comuni queste coabitazioni tra diocesi.

La Valdelsa del XII e XIII secolo presenta un panorama frammentario dovuto alla stratificazione di possedimenti comitali, monastici e alla crescente tensione espansionistica di Firenze e Siena: tutti questi fattori creano una situazione favorevole alla nascita di entità di medie dimensioni che cercano di ritagliarsi un proprio spazio di autonomia giostrando tra le due contendenti. Poggiobonizzo deve la sua, seppur breve, esistenza autonoma proprio alla labilità e all’intreccio di diritti politici ed ecclesiastici nell’area, che permisero al nuovo comune di tenersi ai margini delle influenze senesi e fiorentine. La compresenza di due diocesi all’interno del territorio comunale permise una politica estremamente versatile, in cui i passaggi da una all’altra fazione potevano rappresentare un’ottima via di fuga quando le pressioni di una delle parti rischiavano di soffocare l’autonomia del comune.

Sul piano delle ipotesi è senza dubbio affascinante chiederci cosa sarebbe potuto accadere se Poggiobonizzo non fosse finito risucchiato e distrutto dal vortice della guerra tra Firenze e Siena. Se sul piano politico il comune si andava già configurando come una potenza di medie dimensioni come il vicino San Gimignano, è sul piano religioso che le ipotesi si fanno più interessanti. Continuando con una politica ambivalente di appartenenza alle diocesi fiorentina

e senese, il comune si sarebbe trovato in una situazione del tutto nuova di autonomia anche sul piano ecclesiastico. Le strade possibili a questo punto sarebbero state due: attribuire la funzione di guida religiosa agli abati di San Michele o divenire una diocesi autonoma. La seconda possibilità è quella scelta dalla vicina Colle che, assieme a San Gimignano, seppe sfruttare a proprio vantaggio il vuoto di potere successivo alla distruzione di Poggibonizzo nel 1265 sino al punto di divenire, con il tempo, una piccola diocesi autonoma.

Tentare di ricostruire la vita del comune di Poggibonsi significa anche cercare di ricostruire le potenzialità di un’are di confine, una frontiera politica e religiosa che offrì un margine unico nel suo genere di autonomia ed espansione per i centri di medie dimensioni che vi erano collocati. Storicamente il castrum di Poggiobonizzo è quasi un’anticipazione del modello di costruzione di nuovi centri tipico delle “terre nuove”, con la creazione a tavolino dell’abitato e lo spostamento degli abitanti dai centri originari. La breve vita del comune ricorda un altro esperimento di autonomia tragicamente fallito, il caso di Semifonte. Studiare Poggiobonizzo permette di comprendere meglio tutti i casi successivi sia di insediamenti in aree “di frontiera”, sia di repressione e distruzione dei centri ribelli ad opera del comune di Firenze nel corso dell’espansione del contado.

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