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Una sintesi conclusiva

STRUTTURALI E IMPRENDITORIAL

5.3. Una sintesi conclusiva

La stima della competitività delle imprese vitivinicole piemontesi conduce a due considerazioni principali.

Innanzitutto, l’introduzione di elementi di multifunzionalità nella valutazione sembra non apportare significativi mutamenti nel quadro di stima della competitività aziendale. Le aziende vitivinicole più competitive in senso tradizionale, infatti, spesso si confermano a un livello più elevato anche in relazione agli aspetti multifunzionali, mentre non si evidenzia, considerando anche le attività multifunzionali, un apprezzabile incremento nella capacità di competere per le aziende meno strutturate e efficienti in senso stretto fisico ed economico.

In termini di confronto con altre situazioni italiane ed europee, dall’analisi svolta emerge un posizionamento senz’altro positivo delle imprese piemontesi. Seppure queste ultime risultino caratterizzate da dimensioni inferiori rispetto a quelle di altre regioni potenziali concorrenti, tuttavia i viticoltori piemontesi hanno saputo sfruttare in maniera adeguata le proprie potenzialità, basate su unità aziendali di tipo familiare e su produzioni di elevata qualità, conseguendo performance economiche di assoluto rilievo.

In linea generale dallo studio emerge, dunque, una conferma del buono stato di salute in cui versa - sotto il profilo strutturale e produttivo - la vitivinicoltura regionale: le imprese del comparto sono in grado di competere con successo con quelle operanti in altri comprensori vitivinicoli italiani ed europei. Ciò non di meno sussistono diversi elementi - esterni alle aziende - che contribuiscono a inasprire la suddetta competizione così come, del resto, esistono molteplici opportunità che è possibile cogliere da parte delle imprese vitivinicole piemontesi.

Occorre innanzitutto considerare che, dopo decenni di costante riduzione, l’andamento del consumo di vini tende a stabilizzarsi; pur osservandosi una

diminuzione dei consumi totali, si evidenzia anche una crescita del consumo di vini qualificati. Si consolida il consumo fuori casa e risulta interessante, negli anni più recenti, la crescita di nuovi canali distributivi (GDO e wine bar) nonché di nuovi formati di vendita (bag in box).

Il nuovo scenario richiede al mondo produttivo uno sforzo crescente, specialmente verso nuove forme di marketing. Il ruolo del Piemonte - piccolo competitore sulla sempre più affollata scena internazionale - sembra essersi tuttavia stabilizzato sui mercati esteri, dopo alcuni anni di difficoltà. Gli operatori piemontesi, inoltre, hanno assunto piena consapevolezza della necessità di investire in modo più consistente sulla qualità del prodotto, anche nelle fasce di prezzo medio-basse e nei vini alla base della cosiddetta “piramide produttiva”.

Perciò si avverte l’esigenza di attivare una politica commerciale di lungo periodo, basata sulla robustezza delle denominazioni più importanti e sul forte legame con il territorio, ma improntata anche alla diversificazione dell’offerta e alla valorizzazione dell’unicità dei singoli prodotti. A questo riguardo si evidenzia l’opportunità di puntare, anche in termini di investimenti, sulla comunicazione e sulla promozione del cosiddetto “sistema Piemonte”: arte, cultura, paesaggio e gastronomia. Il legame tra prodotto e territorio è, infatti, ritenuto il punto cruciale in termini comunicativi, perché vero elemento caratterizzante l’unicità e la qualità delle produzioni vinicole piemontesi.

Un altro punto di rilevanza strategica interessa gli aspetti organizzativi del sistema vitivinicolo piemontese. Infatti, la capacità di creare integrazione di natura verticale e orizzontale tra soggetti, pubblici e privati, sia all’interno della filiera, sia appartenenti ad altri settori dell’economia, può determinare il definitivo passaggio del vino piemontese da prodotto a sistema di produzione territoriale, in un’ottica di dematurity complessiva.

In tal senso si possono già individuare casi di successo, come le storiche DOCG che, infatti, sembrano meglio affrontare le difficoltà dei mercati. In molti di questi casi positivi si deve ricordare l’importante lavoro, anche in termini interprofessionali, svolto dai Consorzi, come nel caso dell’Asti e dei vini di Langa; in questo quadro si guarda, ad esempio, con ottimismo alle future possibilità per il Barbera, dalla nuova denominazione garantita. Relativamente agli aspetti di integrazione assumono sempre maggiore importanza, ancora, le forme associate per il coordinamento e la gestione di singole azioni commerciali.

Una concisa notazione è opportuno riservare, infine, all’evoluzione del quadro normativo di settore culminata nell’approvazione dei regolamenti (del

Consiglio e della Commissione europea) attuativi della nuova OCM vino e nella predisposizione del Programma di Sostegno Nazionale. L’animata discussione suscitata tra gli operatori del comparto ha visto emergere parecchie delusioni, rispetto alle iniziali proposte di riforma, tanto da qualificare il risultato della negoziazione come una mediazione al ribasso, particolarmente penalizzante per i produttori piemontesi.

Fortemente negativi sono i giudizi espressi nei confronti del mantenimento della pratica dello zuccheraggio, delle modifiche apportate alla normativa per il riconoscimento delle denominazioni di origine e per l’indicazione del nome del vitigno e dell’annata sulle etichette dei vini da tavola. Viceversa, pareri favorevoli ottengono le disposizioni inerenti il sostegno alla promozione e alla comunicazione dei vini nei paesi terzi e la riduzione apportata - rispetto alla previsione iniziale - all’estensione dei vigneti oggetto del regime di estirpazione.

La nuova OCM vino mal si attaglia, per certi versi, al modello (basato sulle molte produzioni di elevata qualità) rappresentato dalla vitivinicoltura piemontese e, tuttavia, è indubbio che la riforma contiene in sé elementi di novità - primo fra tutti: la maggior attenzione nei confronti dei produttori vitivinicoli quali beneficiari delle politiche comunitarie di settore - che si configurano quali importanti opportunità per una più marcata valorizzazione dei vini piemontesi sui mercati italiani e, ancor più, in Europa e nel mondo.