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Le unioni di comuni: oltre la politica?

5.1. Un primo bilancio

Negli ultimi 30 anni, dopo che la crisi petrolifera dei primi anni settanta e l’accelerazione del processo di globalizzazione hanno ridefinito in modo consistente le agende di governo dei paesi occidentali, anche le amministra- zioni pubbliche locali sono cambiate in maniera significativa. Nel primo ca- pitolo abbiamo accennato, in prospettiva comparata, ad alcune macro- tendenze quali globalizzazione, europeizzazione, urbanizzazione, richiesta di nuovi servizi. Poi, con un’enfasi più mirata al caso italiano, abbiamo visto che a tali sviluppi sovranazionali si associano importanti specificità nazionali quali la tradizione politico-amministrativa di matrice napoleonica, l’incerto percorso di federalizzazione, la personalizzazione indotta dall’elezione diret- ta del sindaco. Abbiamo poi ricostruito alcuni elementi importanti per lo svi- luppo della cooperazione tra comuni. Forme, obiettivi e razionalità della co- operazione sono stati esaminati, a un elevato livello di generalità, per com- prendere perché e come nasce la decisione, da parte dei comuni, di mettere assieme le proprie forze per gestire al meglio il governo locale su un territo- rio più grande, ferma restando l’autonomia e l’identità storica del municipio. La comparazione è stata il filo rosso che ha guidato anche il successivo approfondimento, nel secondo capitolo, sulle specificità dell’Emilia-Roma- gna, e su alcune delle scelte in materia di intercomunalità fatte nelle sue di- verse province, nell’ambito dei mutamenti intervenuti a livello normativo e finanziario che si sono susseguiti nell’ultimo decennio, tanto a livello nazio- nale quanto a livello regionale.

Perché è importante considerare il ruolo della regione nello sviluppo del- l’intercomunalità? In Italia le regioni, rimaste per anni sulla carta, hanno vi- sto dopo la nascita dei consigli regionali elettivi nel 1970 un significativo in- cremento di poteri (Baldi e Baldini 2008). È negli ultimi 15 anni però, con il successo della Lega Nord e il progressivo ingresso del federalismo nell’agenda dei governi nazionali, che i rapporti tra centro e periferia hanno acquisito una marcata centralità nel sistema politico italiano. Da allora le regioni hanno as- sunto anche significativi margini di autonomia nella regolazione del governo locale. Si tratta, a ben vedere, di una novità recente, non ancora consolidata, e che lascia inevitabilmente ad ogni analisi sul tema un forte carattere di provvisorietà. In altre parole, sarà necessario tornare sull’argomento quando sia la normativa, sia la prassi, entrambe tuttora in evoluzione, saranno meglio sedimentate.

Non di meno, ci pare che il percorso intrapreso nei vari capitoli di questo rapporto abbia fornito importanti spunti per tentare qualche ragio-

namento complessivo sulle Uc nel contesto regionale e nei confronti della regione stessa, a partire dai risultati emersi nei capp. 3 e 4. In quest’ultimo capitolo riprenderemo allora alcuni dei principali elementi che, nella com- parazione del funzionamento delle tre unioni, sono emersi come rappresen- tativi dei loro settori cruciali di attività e della loro identità politica e orga- nizzativa. Come nascono e si consolidano le unioni, come funzionano e come il problema della loro istituzionalizzazione influisce sulla percezione che la cittadinanza ha della loro utilità: tutti questi temi devono essere ri- presi con cura al fine di stilare un bilancio – beninteso provvisorio – delle esperienze da noi analizzate.

5.2. Perché nascono le unioni di comuni

Se, come si è visto nel cap. 2, gli incentivi normativi e finanziari hanno un ruolo importante nello sviluppo dell’associazionismo intercomunale, è anche vero che questi fattori non sono gli unici a determinare tale mutamen- to. Oltre a questi, infatti, i nostri intervistati hanno messo in luce l’importan- za di difficoltà economiche e organizzative che sembrano aver operato da stimolo alla creazione delle unioni.

Sul primo versante, sono stati sottolineati i vincoli imposti agli enti lo- cali dal Patto di stabilità. È il caso, in particolare, del piccolo comune di Mez- zani che ha potuto beneficiare grandemente dell’unione con il comune di Sor- bolo. Ma anche di comuni più grandi che, con il trasferimento alle unioni di alcune funzioni, hanno potuto far fronte ai vincoli imposti dal patto. L’unio- ne è poi stata vista come un’opportunità per un miglioramento sostanziale sul versante organizzativo, soprattutto nel caso della Bassa Romagna, dove l’architettura dell’associazione intercomunale si era ormai dimostrata ineffi- cace a governare servizi associati con un bacino di utenza di circa 100 mila abitanti. Ma lo stesso può essere affermato anche per i comuni confluiti in Terre di Castelli, in uscita dalla Cm Appennino Modena Est dopo lo scio- glimento della stessa in attuazione della finanziaria 2008.

A questi fattori di oggettiva difficoltà dal punto di vista economico e organizzativo si somma il desiderio di dotarsi di una forma associativa rite- nuta in grado di generare un valore aggiunto rispetto alla somma dei singoli comuni, permettendo di migliorare quantità e qualità dei servizi erogati se- condo la formula «stessi servizi a costi inferiori» oppure «miglior qualità dei servizi a parità di costo». Questo fattore è stato evidenziato in particolare nel caso di Terre di Castelli.

A motivazioni fondate sull’efficienza dei servizi si saldano poi ragioni di tipo eminentemente politico: «mettersi assieme», «fare sistema» e «fare

massa critica» significano contare di più in un panorama nazionale di gra- duale e continua federalizzazione che attribuisce sempre nuovi poteri, com- petenze e risorse agli enti locali. Ne discende che, in questo quadro, le unioni possono aspirare a giocare un ruolo importante come soggetti intermedi fra comuni e province e anche tra comuni e regioni. Del resto, la decisione re- cente della Regione Emilia-Romagna (legge n. 10 del 2008) di disincentivare sovrapposizioni sul territorio fra realtà associative diverse nell’ambito degli stessi servizi, profila un’importanza crescente delle unioni che, di conse- guenza, si configurano sempre più come forme associative polifunzionali.

Oltre alle ragioni appena passate in rassegna, nel cap. 2 abbiamo poi e- videnziato quelli che sembrano essere i fattori facilitanti delle dinamiche as- sociative intercomunali, che permettono cioè l’acquisizione di un’ottica che si estenda oltre il livello comunale.

In primis, l’omogeneità geografica, politica e culturale, nonché comuni

esigenze economiche e problematiche sociali dei territori e delle popolazioni coinvolte. Fra tutti questi fattori, è particolarmente importante evidenziare la rilevanza di quello politico. Quest’ultimo appare cruciale in processi associa- tivi che si caratterizzano, come quelli delle Uc, per la loro volontarietà. L’omogeneità politica diventa allora, non solo un fattore facilitante, ma an- che, ribaltando la prospettiva, un fattore che rischia di diventare determinan- te per la sopravvivenza stessa delle unioni. Non sono infatti infrequenti casi di comuni che hanno receduto da unioni in seguito a cambiamenti politici nelle maggioranze che li sostenevano. A questo proposito ci pare illuminante l’opinione di un dirigente regionale:

Quasi tutti gli statuti prevedono la possibilità di recesso con regole per la secessione che sono previste negli statuti e regolate nelle convenzioni ma comunque c’è questa possibilità che un comune receda o, peggio, che un comune resti in unione ed esca da tutte le gestioni associate. Anche questo è accaduto perché la disciplina dell’ordi- namento delle unioni è molto carente… La cosa paradossale che si è verificata in al- cune realtà è che in alcuni casi il comune è uscito ma pretendeva di rimanere nelle gestioni associate, cioè voleva recedere dall’unione politicamente perché non gli an- dava bene ma voleva continuare in convenzione a fare le gestioni associate con gli altri comuni perché in realtà quelle funzionavano, erano più vantaggiose e più eco- nomiche (Er 1, 6 e 24).

Questa citazione ben evidenzia la contraddizione forse irrisolvibile en- tro cui agiscono le unioni. Da un lato, infatti, esse diventano un polo di attra- zione che in certi casi costruisce delle geometrie variabili estendendosi ben oltre i confini territoriali della forma associata; dall’altro lato, la variabilità delle maggioranze politiche le espone continuamente a rischi di recesso da parte dei comuni aderenti, fattore quest’ultimo che, soprattutto alla luce della recente normativa regionale, la quale pone vincoli stringenti rispetto al tra- sferimento integrale delle funzioni da parte di tutti i comuni aderenti al-

l’unione, mette a repentaglio la possibilità delle stesse di poter accedere ai finanziamenti regionali.

Un ulteriore fattore facilitante la nascita delle unioni è l’esperienza pre- gressa di gestioni associate, rilevata in tutti i nostri casi studio. Come la no- stra ricerca evidenzia, questo «rodaggio» ha certamente convinto i comuni a istituzionalizzare maggiormente le forme della cooperazione per la gestione associata dei servizi nella forma dell’unione.

Un altro elemento che sembra aver favorito la nascita delle unioni, cer- tamente meno significativo dei precedenti ma indubbiamente presente, è il ruolo degli attori terzi. In alcuni casi sono state proprio le associazioni im- prenditoriali e quelle sindacali che hanno spinto per la creazione di unioni intravedendo, dietro alle nuove alleanze transcomunali, non solo economie di scala, ma una più generale dinamizzazione del sistema economico locale che deriverebbe dall’uniformizzazione legislativa, amministrativa, procedu- rale e regolamentare e, soprattutto, dalla presenza di un interlocutore unico, come l’unione.

Le unioni si confrontano oggi con una doppia sfida proveniente da di- versi livelli territoriali. Esse devono rispondere, contemporaneamente, alla pressione esercitata dal livello regionale, in direzione di una maggior struttu- razione e di un effettivo consolidamento, e a quella proveniente dal livello comunale e dai cittadini, cui in qualche modo le unioni devono rendere conto della loro attività. In questo senso il dialogo nelle sedi deputate (Conferenza dei presidenti) si è rivelato uno strumento fruttuoso di relazione con la re- gione mentre, come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, gli strumenti per creare un più efficace collegamento con i comuni e, particolarmente, con i loro cittadini devono ancora essere individuati.

5.3. Istituzionalizzazione, legittimazione e accountability

Nel cap. 3 abbiamo già presentato un’analisi relativa al processo di isti- tuzionalizzazione delle unioni, utilizzando i dati ricavati dallo studio delle strutture organizzative e degli uffici associati dei nostri tre casi. Vogliamo riprendere in sede conclusiva i dati già presentati per integrarli con conside- razioni di carattere più generale, emerse anche nel resto del volume.

Analizzare il processo di istituzionalizzazione delle unioni significa ve- rificare attraverso indicatori e dimensioni utilizzate per altri tipi di organiz- zazioni se e in che misura le unioni hanno acquisito quel carattere di istitu- zioni stabili, durature nel tempo e portatrici di valori autonomi (Huntington 1968). I fattori che possono incidere su tale processo sono molteplici e di va- ria natura: abbiamo analizzato il grado di complessità in relazione all’artico- lazione della struttura organizzativa, abbiamo anche accennato all’autonomia

dal livello sovraordinato (comune) e alla coerenza interna183. In questa sede

vogliamo ritornare su questi due ultimi indicatori di istituzionalizzazione considerando anche, per il primo, la legittimazione da parte dei cittadini e quindi l’autonomia dell’unione sul territorio e, per quanto riguarda il secon- do, anche la coerenza interna degli organi politici. Questi indicatori vengono dunque scomposti in due ulteriori dimensioni differenti: il primo (cioè l’au- tonomia) in differenziazione dal livello sovraordinato e legittimazione sul territorio da parte dei cittadini; il secondo (la coerenza interna) in coerenza nel livello burocratico-esecutivo e coerenza nel livello politico, intendendo con quest’ultima la maggiore o minore presenza di una visione comune e condivisa per la governance dell’unione.

Per quanto riguarda l’autonomia, va ricordato che un dato importante a tal riguardo lo si ricava comparando le scelte fatte dalle varie unioni per la gestione del personale, aspetto diffusamente presentato nel cap. 4. La scelta di trasferire interamente il personale all’unione, piuttosto che comandarlo per una parte del tempo, costituisce infatti una prima differenza fondamenta- le per valutare il processo di istituzionalizzazione delle unioni. Chiaramente il trasferimento del personale all’unione denota una certa stabilità e autono- mia dell’istituzione rispetto agli altri livelli di governo. In uno solo dei tre casi analizzati (Sorbolo-Mezzani) ritroviamo la scelta del comando invece che quella del trasferimento. Tuttavia, questo specifico caso rientra in quel tipo di unioni composte da soli due comuni in cui, quindi, la sopravvivenza stessa dell’unione è condizionata al mantenimento dell’accordo tra i due co- muni aderenti. La scelta dell’istituto del comando può essere quindi legata a questa specifica circostanza. Ciò significa che, rispetto alle altre unioni – che in caso di recesso di uno dei comuni rimangono comunque in vita – l’effettiva istituzionalizzazione delle unioni di due comuni è ostacolata dalla precarietà della stessa forma associativa. Al momento di un eventuale allargamento dell’unione, se confermato dalle nuove amministrazioni, questo aspetto dovrà essere probabilmente rivisto.

Per quanto riguarda la seconda misura dell’autonomia, ossia la legitti- mazione sul territorio da parte dei cittadini, abbiamo rilevato generalmente poca partecipazione dal basso e una scarsa percezione dell’unione da parte del pubblico. Questo aspetto è già stato anticipato nel cap. 3, dove è stato e- videnziato come non siano stati approntati finora strumenti e arene specifi- che per la partecipazione dei cittadini. Laddove invece qualche strumento è stato predisposto, come nel caso del forum online di Terre di Castelli, questo non è stato adeguatamente valorizzato ed è stato poi abbandonato. Si rileva inoltre che nessuna delle unioni analizzate ha mai predisposto sondaggi o al-

183 Ciò considerando, però, solo il settore burocratico-esecutivo e non gli organi di

tre indagini demoscopiche sulla percezione della cittadinanza del proprio o- perato. Dalle parole dei soggetti intervistati emerge infine come gli ammini- stratori e i funzionari delle tre unioni siano consapevoli di questa scarsa co- noscenza da parte del territorio, che riconoscono infatti come uno dei pro- blemi principali dei nuovi enti. Come già evidenziato in varie parti del rap- porto – e come riprenderemo anche di seguito – il problema della legittimità delle unioni è strettamente connesso al fatto che tali enti non sono eletti e non sussistono meccanismi concreti di controllo o di supervisione da parte dei cittadini su queste entità: non vi sono dunque meccanismi di accountabi-

lity esterna.

Passando all’indicatore di coerenza interna, abbiamo già argomentato la situazione relativa al livello burocratico-esecutivo illustrando come nelle due unioni di Sorbolo-Mezzani e Terre di Castelli la coerenza dei metodi di lavo- ro, la condivisione delle procedure e il rispetto per le regole comuni siano gradualmente migliorati nel corso del tempo. Per Bassa Romagna, data la re- cente istituzione, non è ancora possibile valutare questo aspetto poiché, per- ché i metodi di lavoro siano coordinati e condivisi, è necessario che le unioni siano operanti nella loro composizione definitiva da almeno alcuni anni.

Per quanto riguarda, invece, la coerenza interna a livello politico, la si- tuazione è abbastanza diversificata. La situazione di Terre di Castelli è in- dubbiamente quella da cui emerge una maggiore coerenza tra gli esponenti politici in merito alle scelte che riguardano l’unione. La condivisione e legit- timazione degli obiettivi comuni emerge da molte delle interviste citate nei capp. 3 e 4 ed è confermata anche dalle dichiarazioni dei sindaci dei tre nuo- vi comuni membri184. Si deve sottolineare, inoltre, che nel caso di Terre di

Castelli il personale politico ha effettuato alcune scelte definite irreversibili, tra cui il già citato trasferimento del personale in capo all’unione, ma anche la patrimonializzazione di ingenti risorse. Infatti, si sono trasferiti all’unione oltre 20 milioni di euro, ovvero il patrimonio di Hera185 dei 5 comuni (Con- ferenza dei presidenti 2006). Quest’ultimo aspetto rimanda inoltre a quanto esposto nel cap. 1 a proposito delle esternalizzazioni dei servizi a privati, fe- nomeno che abbiamo visto essere tipico di molti paesi europei come una del- le risposte alle sfide del governo locale.

La coerenza interna a livello politico sembra essere discreta anche nel caso della Bassa Romagna dove, a parte qualche sindaco non del tutto otti-

184 Si veda il comunicato stampa del 30 aprile 2009 sull’approvazione dell’allarga-

mento dell’unione alla pagina (ultimo accesso 23 giugno 2009): www.unione.terredica- stelli.mo.it/unione/comunicato_stampa_30_aprile_2009__approvato_dal_consiglio_dellunio- ne_e_dai_consigli_comunali_lamplia.htm.

185 Hera è la società multiutility che si occupa dei servizi idrici, ambientali e igieni-

mista sulla nuova unione, vi è comunque condivisione sui valori e gli obiet- tivi del nuovo ente.

Nel caso di Sorbolo-Mezzani, invece, questa dimensione appare mag- giormente problematica poiché, come emerge dalle interviste effettuate, in particolare ai due sindaci, sembra che l’esperienza dell’unione sia stata vis- suta in modo diverso e che diversa sia la legittimità che essi attribuiscono all’ente. Questo dato è spiegabile in virtù della particolarità di questa unione formata, lo ricordiamo ancora una volta, da due soli comuni piuttosto diversi anche dal punto di vista demografico. Con il cambio di entrambi i sindaci a seguito delle elezioni amministrative del 6-7 giugno 2009, e l’eventuale al- largamento ad altri comuni (quale requisito necessario per accedere ai con- tributi), l’Unione Sorbolo-Mezzani potrebbe recuperare forza in termini di legittimità e coerenza interna. Tuttavia fino al luglio 2009 non era stata anco- ra presentata nessuna ipotesi ufficiale sulla nuova composizione dell’unione.

Volendo allora riassumere gli aspetti salienti della nostra analisi sul processo di istituzionalizzazione delle unioni, possiamo affermare che, sicu- ramente, Terre di Castelli presenta un’organizzazione solida al proprio inter- no (dal punto di vista sia burocratico-amministrativo, sia politico), sufficien- temente articolata e differenziata come struttura e con un discreto livello di autonomia dal livello sovraordinato (comune), soprattutto se si considerano le scelte effettuate per la gestione del personale e di alcune proprietà patri- moniali. Questo sembra poter rimanere valido anche nella configurazione al- largata ad otto comuni.

L’Unione Bassa Romagna, seppure si trovi in una fase ancora di avvio, sembra essersi creata su basi già abbastanza solide, costruite nel corso della precedente esperienza associativa. L’organizzazione sembra anche essere di- scretamente stabile per quanto attiene la coerenza dal punto di vista politico, con una struttura diversificata e articolata e con un discreto livello di auto-

Tab. 5.1. Indicatori complessivi di istituzionalizzazione delle unioni

Sorbolo-Mezzani Bassa Romagna Terre di Castelli Complessità Poco articolata Diversificata e articolata Diversificata e articolata

Autonomia 1. Differenziazione: limitata 2. Legittimazione: limitata 1. Differenziazione: discreta 2. Legittimazione: limitata 1. Differenziazione: discreta 2. Legittimazione: limitata Coerenza interna 1. Burocratico- esecutiva: elevata 2. Politica: limitata 1. Burocratico- esecutiva: n.r. 2. Politica: discreta 1. Burocratico- esecutiva: elevata 2. Politica: elevata

Nota: complessità: poco articolata / diversificata / diversificata ed articolata; autonomia: limi- tata / discreta / elevata; coerenza interna: limitata / discreta / elevata; n.r. = non rilevabile.

nomia dal livello sovraordinato nella gestione del personale e nella prassi or- ganizzativa. Diverso è il caso di Sorbolo-Mezzani che, in virtù delle varie peculiarità più volte menzionate e della poca coerenza politica al proprio in- terno, non sembra aver raggiunto ancora un livello di istituzionalizzazione tale da poter ipotizzare ulteriori sviluppi dell’unione in questa configurazio- ne attuale. Sembra infatti che, anche in virtù delle nuove norme approvate dalla Regione Emilia-Romagna sulle unioni (si veda ancora il cap. 2 e il par. 5.4), a Sorbolo-Mezzani dovranno necessariamente essere compiuti, entro il 2010, alcuni passi fondamentali per gli sviluppi futuri dell’unione in direzio- ne di un rafforzamento degli assetti attuali (in particolare nella gestione del personale, nella struttura degli uffici) o in direzione di nuovi possibili assetti con l’entrata di altri comuni.

Debole rimane invece l’aspetto della legittimazione da parte del territo- rio e dei cittadini in tutti e tre i casi. Questa sembra essere la sfida principale che le unioni in Emilia-Romagna dovranno necessariamente raccogliere se il loro obiettivo è quello di una maggiore e definitiva istituzionalizzazione. Il problema della legittimazione investe, come già ricordato, due ambiti in par- ticolare: da un lato la rappresentatività degli organi di governo dell’unione rispetto alle minoranze, dall’altro quello della comunicazione esterna e del