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III. LʼACCESSIBILITÀ NELLE AREE NATURALI PROTETTE

III.1. Universal Design

Purtoppo, nella società odierna si tende ancora a considerare portatori di handicap solo i disabili motori, senza valutare con attenzione le altre disabilità o difficoltà. Ma percorrere un

sentiero, fermarsi in un campeggio, fare delle escursioni o dei tour interessa ed entusiasma le persone normodotate tanto quanto quelle disabili, qualsiasi sia il tipo di problema. Ad oggi, per poter parlare di un ambiente accessibile, è necessario renderlo “sicuro, confortevole e qualitativamente migliore per tutti i potenziali utilizzatori” (http://www.almuniversaldesign.it/universal-design/principi-delluniversal-design/).

Nonostante i tentativi di pensare a delle linee guida ad hoc per ogni disabilità (perché ciò che può andare bene per una persona su una sedia a rotelle, può non essere utile per un cieco o un sordo e viceversa) esistono dei programmi che pianificano unʼaccessibilità per tutti.

In Italia vige il diritto di uguaglianza e pari dignità/opportunità per ogni persona e creare un luogo accessibile non significa che deve esserlo solo per disabili, o per chi ha determinate problematiche ma anche per le persone normodotate in modo da non cadere in nicchie che potrebbero però essere discriminanti nei confronti di qualche categoria, tenendo presente anche che se più persone possono arrivare ad usufruire dellʼarea, si ha un notevole vantaggio economico (ACLI Anni Verdi e Ministero del Territorio e dellʼAmbiente, 2003). Un parco o una città che continuano ad avere degli ostacoli, sono quindi discutibili sia dal punto di vista economico che sociale. Senza dubbio, però, non è sempre facile rendere accessibile gli spazi, specialmente nella natura (in certe zone di montagna ad esempio non è possibile proprio per le caratteristiche fisiche), senza che ciò abbia un impatto ambientale negativo. Ecco che quindi viene data molta importanza agli aspetti progettuali71, perché riuscire ad aprire anche solo alcuni percorsi nella natura a tutti può avere dei risvolti positivi (Matteucci, 2000).

Il primo passo verso una costruzione accessibile è quello di porre al centro dellʼattenzione la persona umana (superando il concetto di “abile” Vs “disabile”) e in secondo piano gli aspetti più formali o estetici. Ciò si trova alla base di un approccio chiamato Universal Design o

Design for All, ossia “la progettazione di spazi ed ambienti utilizzabili da un numero ampio di

persone a prescindere dalla loro età e capacità psicofisica” (http://www.almuniversaldesign.it/universal-design/principi-delluniversal-design/). A partire da questa idea prende forma anche il concetto di “utenza ampliata”, cioè la volontà di arrivare a delle soluzioni valide per tutti, non solo al disabile, ma anche allʼanziano o a chi viene a trovarsi temporaneamente menomato. Il termine Universal design viene coniato per la prima volta dallʼarchitetto Ronald L. Mace per descrivere il concetto sopracitato, ma fu il lavoro di Goldsmith, autore di Design for the Disable (1963) a promuovere questa idea a livello internazionale.

71 Con aspetti progettuali mi riferisco ad una catena di azioni, la quale deve prevedere attività di informazione, comunicazione e formazione del personale; di creazione di percorsi e strutture adatti, con programmi, iniziaive, escursioni e attività didattiche.

III.1.1. I princìpi

I principi che compongono lo Universal Design, vanno utilizzati tenendo in considerazione le diverse dinamiche economiche, culturali, ambientali e sono sette:

1. Equitable Use: deve essere fatto uso dello spazio in modo equo da tutti, quindi utilizzabile da persone con differenti abilità72.

73

2. Flexibility in use: il design deve soddisfare diverse preferenze, usi e capacità individuali.

72 Tutti i principi sono tratti dai siti http://www.almuniversaldesign.it/universal-design/principi-delluniversal-

design e https://www.humancentereddesign.org/universal-design/principles-universal-design.

73 Tutte le immagini di questo paragrafo sono tratte dal sito http://www.almuniversaldesign.it/universal-

design/principi-delluniversal-design/, salvo diversa segnalazione.

Fig. 41: l' inserimento di una rampa di ingresso, oltre ai gradini, consente di scegliere quale via utilizzare. Porre il corrimano sia a destra che a

sinistra può aiutare un disabile visivo ma anche chi ha problemi di deambulazione

Fig. 40: esempio di pavimentazione che segnala tattilmente un pericolo, utile in primo luogo per i non vedenti ma anche per chi si trova in una situazione di difficoltà. Fonte: http://www.almuniversaldesign.it/universal-design/principi-delluniversal-design

3. Simple and intuitive use: il design deve essere facile da capire, indipendentemente dalla conoscenza, esperienza o competenza dellʼutente;

4. Perceptible information: le informazioni vanno comunicate in modo efficace allʼutente, indipendentemente dalle condizioni o dalle abilità sensoriali di questʼultimo;

5. Tolerance for error: il design deve ridurre al minimo i rischi e le conseguenze negative di azioni, cioè organizzare i diversi elementi eliminando quelli di pericolo;

6. Low physical effort: utilizzo dellʼambiente in modo semplice, efficace ed efficiente in modo da ridurre al minimo gli sforzi per una persoana;

Fig. 42: esempio di pulsante per la richiesta di assistenza. Dopo aver premuto il bottone, lʼ accensione di una lucetta led o una comunicazione vocale indicano la ricezione del

messaggio.

Fig. 43: esempio di mappa tattile con diverse modalità di comunicare le informazioni: sia in braille che in “nero” con i caratteri più grandi

7. Size and space for approach and use: le dimensioni dello spazio e degli oggetti devono essere appropriate per essere raggiunte e manipolate a prescindere dalle dimensioni del corpo, della postura o della mobilità dellʼutente. Ad esempio rendere facilmente raggiungibile qualsiasi oggetto sia da chi è in piedi che da chi è seduto.

Ancora troppo poco sviluppate sono le linee guida per persone con problemi alla vista, ma esistono comunque alcuni aspetti generali dei quali non si può assolutamente fare a meno nel progettare lʼaccessibilità. Innanzitutto per andare incontro alle esigenze di un disabile visivo bisogna capire come si orienta, come percepisce lo spazio e come riesce a muoversi in autonomia attraverso lʼuso degli altri sensi e quindi capire quali siano le barriere percettive che gli ipediscono una “normale” escursione (vedere capitoli precedenti): più che un dislivello

Fig. 44: la presenza di molte panchine o punti di appoggio sui percorsi pedonali è utile per riposarsi

o delle scale, a causare loro dei problemi può essere un ramo che sporge, perché non può essere riconosciuto dal bastone o, in spazi più ampi, la mancanza di riferimenti tattili o acustici.

Quindi, appurato quali siano le principali difficoltà, quali sono le principali direttive da seguire in un area naturale protetta, oltre ai princìpi sopra descritti?