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Uno scudo giuridico come norma speciale nell’emergenza

2.3. La responsabilità medica: quali tutele per il personale medico dopo la

2.3.1 Uno scudo giuridico come norma speciale nell’emergenza

Durante il mese di marzo 2020, nel pieno della prima ondata di contagi di Coronavirus, si è discusso circa l’istituzione di un c.d. “scudo giuridico”, cioè di una norma di deroga alla generale operatività delle disposizioni della legge Gelli Bianco e di quelle generali previste nel Codice Civile durante l'emergenza epidemiologica. Si discuteva dell’introduzione di una normativa ad hoc giustificata da una situazione altrettanto eccezionale187.

Tra le diverse proposte presentate si segnala l'emendamento al decreto “Cura Italia” proposto dal senatore Marcucci, esponente del Partito Democratico, che interveniva sulla responsabilità sia civile che penale delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e degli esercenti le professioni sanitarie, "in ragione della eccezionalità dell'emergenza sanitaria determinata dal diffondersi del Covid-19, in relazione agli eventi dannosi che in essa abbiano trovato causa […]”188.

184 Si rinvia al portale FNOMCeO per conoscere il contenuto della delibera del CNF che

chiaramente stigmatizza le iniziative in questione nei confronti di professionisti “impegnati in prima linea sul fronte dell’emergenza Covid-19 per tutelare e salvare la vita ai tanti cittadini coinvolti, anche a costo di mettere in pericolo la propria e quella dei loro familiari” e per il commento del Pres. Anelli.

185 M. DOTTORINI, La responsabilità medica nella medicina d'urgenza, in Ridare.it, 7 gennaio

2020, spiega efficacemente la differenza tra urgenza ed emergenza in ambito medico: “Lo stato di “urgenza” consiste in una situazione ove esiste un margine, seppure esiguo, di differibilità dell'intervento; al contrario, nel momento in cui si presenta una situazione di tipo emergenziale, ci si trova di fronte ad una situazione clinica di allarme ove una o più persone risultano essere in uno stato di pericolo immediato richiedendo, quindi, un'azione terapeutica mirata ed immediata per scongiurare un esito letale o lesioni gravissime”.

186 Cfr. G. PONZANELLI, La responsabilità sanitaria e i possibili contenziosi Covid, in Giustizia

Civile.com, n. 5/2020, p. 12.

187 Ancora, G. COMANDÈ, La responsabilità sanitaria al tempo del coronavirus …e dopo, cit., p. 304. 188 Testo della proposta di emendamento reperibile anche all’indirizzo web:

66 Nella versione iniziale dell'emendamento, poi modificato, la limitazione di responsabilità era riferita agli eventi avversi non solo direttamente riferibili all’ emergenza Coronavirus ma anche a quelli ad essa, indirettamente, connessi.

Il regime di responsabilità previsto dalla l. Gelli-Bianco, secondo la proposta di emendamento, sarebbe applicabile solo nei casi di dolo ovvero di colpa grave. È stata poi riproposta un’esegesi dei due concetti che includono la responsabilità: il primo consisterebbe in un dolo specifico ossia come «condotte intenzionalmente finalizzate alla lesione della persona», almeno nella prima versione dell’emendamento; la colpa grave invece sarebbe «consistente nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti per fronteggiare la situazione in essere».

Nella valutazione della colpa grave, secondo quanto indicato dal secondo comma si dovrebbe tener conto della “la proporzione tra le risorse umane e materiali disponibili ed il numero di pazienti su cui è necessario intervenire, nonché il carattere eterogeneo della prestazione svolta in emergenza rispetto al livello di esperienza e di specializzazione del singolo operatore”189.

Tale concetto sulla colpa grave sembra richiamare la mise en place di una recente Cassazione che nel pacchetto San Martino non ha mancato di esporre i termini della suddetta.

Si fa riferimento alla pronuncia n. 28987 dell'11 novembre 2019 avente per oggetto la responsabilità ripartita fra medico e struttura sanitaria. La corte era stata chiamata a pronunciarsi su contenuto e limiti dell’azione di rivalsa formulando il seguente principio di diritto:

in tema di danni da malpractice medica nel regime anteriore alla legge n. 24/2017, nell'ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev'essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che nei casi eccezionali e inescusabilmente gravi, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata.

L’analisi parte dal fatto che la responsabilità per inadempimento deve essere imputata al debitore e al suo ausiliario in via solidale ex artt. 1298 e 2055 c.c.190.

Per ritenere superata la presunzione di divisione paritaria pro quota dell'obbligazione solidale deve sussistere, secondo la corte, una «grave e straordinaria» malpractice, che viene espressamente individuata, a titolo esemplificativo, con la condotta del tutto eccezionale del sanitario che esegua senza plausibile ragione un intervento di cardiochirurgia fuori dalla sala

189 G. FACCI, La medicina delle catastrofi e responsabilità sanitaria, cit., p. 713, spiega:

Tali richiami – alle carenze strutturali ed organizzative del presidio ospedaliero ed al possibile difetto di “esperienza” e “specializzazione” degli operatori – rispondono all'esigenza di adeguare il regime di responsabilità alla situazione di eccezionale emergenza o di medicina delle catastrofi in cui si sono trovate le strutture sanitarie. Si consideri che un riferimento alla situazione di «particolare difficoltà, anche di natura organizzativa della struttura sanitaria o sociosanitaria» è contenuto già nell'art. 9, comma 5, l. 8 marzo 2017, n. 24; in tale contesto, tuttavia, il richiamo è funzionale all'esercizio del potere riduttivo del giudice contabile nel caso di responsabilità amministrativa dell'esercente la professione sanitaria.

67 operatoria dell’ospedale191. Si enuclea quindi una colpa grave tale da poter essere riscontrata

solo “negli eccezionali casi d'inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata”.

Viene prospettata in Cassazione quindi una “grave e straordinaria” malpractice, rappresentata da una condotta del tutto abnorme ed eccezionale che effettivamente scagionerebbe ogni ordinaria forma di malpractice che potesse essersi verificata nell’ambito delle cure Covid-19. Sull’opportunità di un tale disegno si sono espresse voci autorevoli della dottrina che prima di proporre le varie alternative hanno riflettuto in modo critico sull’utilità del c.d. scudo giuridico.

Nessuno di noi è convinto che, di per sé, il Covid-19 possa fare da “scudo”. Ci sono ospedali che non sono in emergenza e dove sono commessi errori; e dove c’è una reale emergenza ci sono errori commessi anche in questo istante in modo del tutto scollegato da questioni riguardanti la struttura e le sue difficoltà. Del resto, probabilmente è anche sbagliato pensare che gli avvocati siano tutti e sempre avvoltoi pronti a saltare addosso ai poveri medici.

Lo “scudo generalizzato”, oggi politicamente molto attraente, è eccessivo e per tante ragioni genera più̀ problemi di quelli che si ripromette di risolvere; ad esempio, pone un dubbio di costituzionalità̀, vista la primazia del diritto alla salute che in questo contesto si va affermando, pure nel bilanciamento con il diritto alla privacy.

Certo è che i problemi finora posti dall’emergenza Covid-19 sono di tipo organizzativo e di contesto (carenza di respiratori, relativa insufficienza dei pochi farmaci che, allo stato, ultima l’eparina, sembrano rispondere all’esigenza terapeutica), più̀ che derivanti dalle peculiarità̀ “virologiche” del Covid-19. Il vero problema che potrebbe essere sollevato nelle tante cause post Covid-19 sembra essere quello già̀ esaminato in alcune decisioni in cui si è affermata la responsabilità̀ della struttura sanitaria per carenza organizzativa: ad esempio non è stato predisposto un sufficiente numero di stanze per la terapia difensiva, nonostante l’emergenza potesse/dovesse essere conosciuta già all’inizio dell’anno; la terapia di qualche paziente (non infettato Covid-19, ma portatore di altre patologie) è stata rimandata a causa dell’emergenza che ha privilegiato alcuni su altri malati192.

Infatti, le critiche maggiormente mosse a questo tentativo di limitare la responsabilità medica si riassumono nel fatto che tale proposta di emendamento non riusciva a realizzare lo scopo prefissato.

Dall’altra parte, l’espressione che indicava i fatti commessi “durante l'emergenza” era di “sconfinata latitudine” a tal punto da “sfuggire ad un giudizio di illegittimità costituzionale”193. Infatti, l’emendamento nella versione iniziale prevedeva una limitazione

della responsabilità riferita nei termini appena accennati quindi prendeva in considerazione non solo gli eventi riferibili all’emergenza Covid-19. La crisi pandemica ha determinato una crisi sanitaria di cui la proposta d’emendamento teneva conto: coinvolgeva quindi non solo

191 Cfr. G. FACCI, La medicina delle catastrofi e la responsabilità civile, cit., p. 715; ID., L'azione di rivalsa

della struttura sanitaria tra le sentenze di San Martino e la l. Gelli-Bianco, in Resp. civ. e prev., 2020, p. 221.

192 Ci si riferisce al gruppo di lavoro nella macroarea della responsabilità civile dell'Associazione

Civilisti Italiani G. PONZANELLI, E. NAVARRETTA, C. SCOGNAMIGLIO, M. MAGGIOLO, G. NAPOLI, A. BARENGHI, M. FRANZONI.

193 E. BELLISARIO, Covid-19 e (alcune) risposte immunitarie del diritto privato, in Giustizia Civile.com, 24

68 i sinistri di cui sono state vittime i pazienti affetti da Covid-19, ma anche i danni dei pazienti colpiti da patologie differenti coinvolti comunque a causa della crisi che ha coinvolto l’intera organizzazione delle strutture sanitarie e non solo i reparti riservati alla cura del nuovo virus194.

Di questa e di varie altre proposte di emendamento, tuttavia, non si trova traccia nella legge n. 27 del 24 aprile 2020 con cui il d.l. “Cura Italia” è stato convertito. Tuttavia, il legislatore nazionale ha comunque tutelato la cittadinanza attraverso l’introduzione dell'art. 117 rubricato “Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari”, comma 4, del d.l. "Rilancio" n. 34 del 19 maggio 2020, del seguente tenore letterale:

Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020.

Tale norma, quindi, sospende le azioni esecutive nei confronti di Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere (Universitarie e non), I.R.C.C.S., anche se trasformati in fondazioni, integrati con il S.S.N., i quali tutti non sarebbero tenuti a rispettare ordini ed ingiunzioni di pagamento, ancorché di fonte giudiziale195.

2.3.2 Considerazioni sull’applicazione delle norme codicistiche come anticorpi del