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Uno spunto per ripartire Conversazione con Paola Zaretti

CAPITOLO IV: DISCORSO PUBBLICO E INTERVENTI SU MASCHILITA' E

1. Uno spunto per ripartire Conversazione con Paola Zaretti

La strada fin qui percorsa, che nel miraggio iniziale sembrava una via retta, in direzione di un posto nuovo, lontano all'orizzonte, si è rivelata un cerchio. O meglio, una spirale. Ci troviamo, per concludere, a porci le stesse domande dell'inizio, ma ad un livello diverso.

Abbiamo interrogato i femminismi sul perché e sul come della violenza, abbiamo dialogato con donne e uomini sul rapporto tra maschilità e violenza, abbiamo riflettuto sull'operatività e la pratica di contrasto alla violenza, abbiamo convenuto che è necessario operare una riflessione, una presa di posizione sulla violenza, intenderci sul senso e sul ruolo che ha, pensare prima di fare e non far finta di fare.

Ci troviamo quindi, nel percorrere la nostra immaginaria spirale ascendente, alla fine del primo cerchio e guardiamo dall'alto il punto di partenza.

Per riflettere ad un livello più alto occorre fare riferimento a chi certe vette riflessive ha già raggiunto. Ecco che lo stimolo per una spinta, tutta nuova e familiare assieme, ci arriva da Paola Zaretti, psicanalista femminista di grande esperienza pratica e teorica1.

I tentativi di contrasto che si operano ad oggi nel campo della violenza maschile sono limitatissimi. Non facciamo riferimento tanto ai sempre noti "ritardi italiani" e alla limitata diffusione di opera e pratiche anti-violenza che coinvolgano il maschile, quanto piuttosto alla scarsa portata della riflessione – alla banalità – che accompagna il dibattito sulla tematica. Abbiamo posto a premessa del terzo capitolo la riflessione di Adriana Cavarero sulla morte come elemento fondativo della filosofia occidentale, quindi dell'ordine politico e simbolico d'Occidente. A questa suggestione facciamo di nuovo riferimento, in chiave di approfondimento ed ampliamento, per concludere aprendo ad un inizio nuovo.

Paola Zaretti ha scritto che il sistema di pensiero occidentale è votato all'autodistruzione, poiché ha coltivato e nutrito al suo interno i germi della propria dissoluzione, questi germi sono il valore dell'Uno e il rigetto delle differenze2 . Ciò che è necessario chiedersi quindi, per

comprendere a fondo le funzioni della violenza maschile sulle donne, è perché la violenza debba essere oscurata e protetta per mantenere inalterato lo status quo. E in quel frangente agire, per arginare la violenza si, ma soprattutto per decostruire l'ordine patriarcale in sé. Quello stesso ordine che opprime le donne e conduce l'umanità a distruggere se stessa, poiché esalta il valore

1Paola Zaretti ha fondato a Padova il centro Oikos-Bios, si occupa di psicanalisi di genere antiviolenza. 2Cfr. Paola Zaretti, Maschile patologico. La vocazione suicida del patriarcato in DEP n 16, luglio 2011.

dell'uno, dell'integrale, dimenticando quanto la realtà gli mostra, che "siamo sempre in due". Quello che occorre, sostiene Zaretti, è una "Grande politica", una politica che non si limiti a guardare alle donne vittime, ma che "rovescia, si attiva, convoca, interroga e dibatte dell'uomo, con l'uomo, per l'uomo e sull'uomo con altri uomini in quanto parte del genere maschile e dunque in qualche modo implicati"3.

Parliamo di uomini dunque, la nostra conversazione ci trascina su morte e vita, sulla percezione di alcuni uomini che si sentono "senza vita", su quanto è fondamentale approfondire l'indagine sulla relazione, sul senso che gli individui danno alla vita e la morte in una prospettiva di genere. Su quanto questo sia rilevante se si pensa al concetto di distruttività, a come i nostri tempi esigano una distruttività creativa –distruggere e costruire– e quanto la violenza e la distruzione siano maggiormente temuti da chi ne è portatore. Parliamo di uomini che temono la violenza e percepiscono l'aggressività, propria di ognuno, come letale, annientante, e per ciò temibile. Parliamo di donne quindi, femministe preda di errori e contrasti, donne in una situazione sempre "tragica", costrette a scegliere tra l'adattarsi all'ordine patriarcale, perdendo la loro individualità e differenza di soggetti (la donna non è uomo e non può riconoscere se stessa nell'ordine simbolico maschile, che solo il fallo mette al centro della sua auto-rappresentazione), oppure scegliere di non adeguarsi all'ordine, ma pagare il prezzo dell'isolamento. Problema del tragico che il femminismo italiano, secondo Zaretti, non ha colto. Le donne dovrebbero posizionarsi

prima di questo bivio, inventarsi una terza via. Ma come possono le donne creare dal nulla,

quando sono state private dell'autorizzazione a creare? Scarsa libertà, scarsa autostima, nessuno strumento per essere altre rispetto all'ordine patriarcale, il costante bisogno di appoggiarsi a qualcuno.

Parliamo di uomini e di donne. O meglio di maschile e di femminile (le categorie non corrispondono necessariamente) e ci chiediamo "Quale spazio?" per il dialogo con il maschile. "Non c'è" risponde Paola Zaretti (e il volto deluso di chi scrive invita a riformulare).

"L'esperienza di collaborazione con gli uomini è possibile infondo. La collaborazione con

Giacomo Membriani ne è la prova". Insieme hanno portato nelle scuole il tema della violenza

di genere, constatando che la condivisione per sensibilizzare gli uomini deve venire dagli uomini. Ma uomini come?

Uomini consapevoli di sé, uomini che sanno quale posto stanno occupando, che hanno riflettuto e riflettono sull'ordine simbolico cui fanno riferimento.

"Che cosa si può fare allora?" Servono nuovi approcci educativi sostiene la psicanalista, affidati a figure femminili (femminile e donna non è l'unica corrispondenza possibile, ci sono donne completamente adeguate al modello maschile, donne maschi. "Ci sono anche uomini femminili? Suggerisce l'ottimistica speranza), formate in questioni di genere, in vista di un cambiamento radicale di quel sistema di pensiero responsabile della violenza. Educare quindi. De-costruire il vecchio per creare un nuovo ordine.

Chi sostiene che il dibattito e le rivendicazioni femministe siano storia vecchia, una cosa ormai superata, forse non distingue superare da rimuovere. "Il marcio non è stato rimosso", non possiamo gettare semi nuovi se prima non puliamo il terreno.

Sarebbe forse più opportuno voltarsi indietro, riportando una citazione scelta da Zaretti:

"Guardarsi indietro, dicono, per curiosità. Ma potevo averte, curiosità a parte, altri motivi"4. Guardiamoci indietro quindi, torniamo sui nostri passi e vediamo se qualcosa ci è sfuggito, qualcosa di essenziale. Proseguiremo con più sicurezza e maggior efficacia sulla strada che porta a sovvertire l'ordine.