CAPITOLO 2. I visitor studies: evoluzione e metodi di ricerca
2.2. Obiettivo della ricerca: rilevare le motivazioni e l’impatto cognitivo del
2.2.2 Uno strumento per l’indagine qualitativa: l’intervista
L’intervista qualitativa è “una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in un numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione”113. L’intervista può essere sia quantitativa che qualitativa, ma le differenze sono sostanziali: nel primo caso lo strumento maggiormente usato è il questionario, più rigido e adatto alla raccolta di dati oggettivi e standardizzabili; nel caso dell’intervista qualitativa si utilizzano strumenti più flessibili e aperti alla rilevazione di informazioni maggiormente articolate e complesse.
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M. Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, 1997
Una delle tecniche di rilevazione della ricerca sociale e antropologica più usate è l’intervista di tipo qualitativo. Rispetto ai questionari o alle interviste a scelta multipla, i vantaggi delle interviste sono notevoli, ad esempio, Bridget Byrne afferma che: “l’intervista qualitativa è particolarmente utile come metodo di ricerca per accedere alle attitudini e ai valori individuali, che non possono necessariamente essere osservate o conformate in un questionario. Le domande a risposta aperta e flessibili sono meno soggette alle risposte ponderate tipiche delle domande a risposta chiusa e pertanto permettono l’accesso alle visioni, alle interpretazioni degli eventi, alle esperienze ed alle opinioni degli intervistati […l’intervista qualitativa] se fatta bene è capace di raggiungere un livello di profondità e di complessità che non è accessibile ad altri approcci”114. La raccolta di opinioni effettuata tramite l’intervista qualitativa, in particolare, non viene concepita con l’intento di riunire valutazioni rappresentative dell’insieme dei diversi “pubblici”, ma con l’intenzione di descrivere, attraverso l’analisi di reazioni puntuali e necessariamente eterogenee, una serie di rappresentazioni che, valutate nella loro molteplicità, confermano la complessità dei punti di vista degli utenti. Nello studio della domanda museale, l’analisi può essere incentrata su alcuni elementi fondamentali:
• esperienza della visita come impiego del tempo libero
• relazione tra aspetti ricreativo-emotivi e aspetti formativo-istruttivi della visita • dinamica tra i diversi livelli di fruizione della visita (rapporto tra livello
prossemico e sensoriale, livello emozionale-soggettivo e livello intellettuale) • museo come esperienza che produce trasformazione
• rapporto comunicativo tra opera d’arte e visitatore
Esistono diversi tipi di interviste: telefoniche o faccia a faccia, le prime consistono in un’interazione diretta tra due interlocutori ma solo attraverso uno scambio verbale, ossia sulla base di stimoli linguistici e vocali. Affinché l’intervista sia efficace, essa dovrà essere breve, semplice e strutturata. Nel caso dell’intervista faccia a faccia, entra in gioco la sfera dei linguaggi non verbali, il contatto visivo permette di cogliere le espressioni facciali e il linguaggio del corpo. Consente inoltre una maggiore libertà all’intervistatore che può fare interventi non previsti, utilizzando quindi uno strumento di rilevazione non strutturato. A seconda di come è distribuito il potere di controllo tra gli interlocutori le interviste possono inoltre dividersi in interviste direttive, semi-direttive e non direttive.
Le prime sono quelle in cui l’intervistatore occupa una posizione di preminenza rispetto all’intervistato ed è in grado di dirigere il flusso comunicativo e comandare l’interazione. Il rischio che si corre con questo strumento è che la direttività dell’intervistatore possa falsare le risposte. Nelle interviste semi-direttive, l’intervistatore dispone di un canovaccio su cui riporta gli argomenti che intende affrontare, l’andamento (nei tempi e nelle modalità di formulazione delle domande) dell’intervista è lasciato alla soggettività e alla professionalità dell’intervistatore. Le interviste non direttive, al contrario delle precedenti, sono completamente destrutturate, in questo caso, è l’intervistato a trovarsi in una posizione preminente rispetto all’intervistatore. Tuttavia, è stato dimostrato come la non direttività in senso assoluto, sia praticamente impossibile da raggiungere, a tal punto da essere considerata un’utopia115.
Le interviste possono infine essere distinte, in base al grado di flessibilità della struttura, in strutturate, semi-strutturate e non strutturata. Le prime prevedono un insieme fisso e ordinato di domande aperte che vengono formulate sempre allo stesso modo e con la stessa sequenza, non c’è improvvisazione ne stimolo. Le interviste di questo tipo sono le più rigide e possono essere considerate come una tecnica ibrida che raccoglie informazioni, da un lato, in modo standardizzato (le domande) e, dall’altro, in modo destrutturato (le risposte). Nel caso dell’intervista semi-strutturata, l’intervistatore deve essere in grado di fare qualche domanda sonda, in modo da mettersi in relazione con l’intervistato e capire quale sia il registro linguistico da adottare. Si dispone sempre di una traccia che riporta gli argomenti da affrontare, in questo caso però, la conduzione dell’intervista può variare in base alle risposte date dall’intervistato, affrontando anche argomenti sollevati spontaneamente qualora si ritengano utili alla comprensione dell’individuo. Nell’intervista non strutturata, detta anche in profondità, l’unica cosa prefissata è l’argomento generale; l’intervistato può argomentare liberamente il tema proposto dall’intervistatore che dovrà invitarlo ad approfondire ulteriormente gli argomenti ritenuti interessanti ai fini dell’indagine116. In generale, in entrambi i due ultimi strumenti, i risultati ottenuti sono scarsamente generalizzabili, perché condizionati dalla soggettività degli intervistati e dalla specificità della situazione di intervista.
La tipologia di intervista verrà scelta in base alla questione da indagare e all’obiettivo da raggiungere, in genere si ricorre ad un tipo di intervista più strutturata nei casi in cui sia necessario intervistare un numero consistente di individui, mentre è meno strutturata quando la quantità di interviste è esiguo. Inoltre, gli elevati costi di conduzione di
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Articolo aggiornato al 19/10/09, tratto da www.urp.it, URP degli URP. Comunicazione pubblica in rete.
un’indagine qualitativa e la difficile decodificazione ed interpretazione delle informazioni rilevate, fanno si che si prediliga la quantità alla qualità. Non solo, la complessità delle informazioni da rilevare attraverso lo strumento dell’intervista, richiede che l’intervistatore sia adeguatamente formato e sappia gestire l’interazione con l’altro individuo cercando di contenere, nei limiti del possibile, il potenziale di distorsione, incoerenza e trascuratezza. L’utilizzo di un registratore è di fondamentale importanza durante la rilevazione, perché per poter codificare e analizzare i dati è necessario riportare per esteso tutte le interviste condotte. Dopo aver analizzato opportunamente il contenuto dei testi, i risultati verranno presentati attraverso narrazioni e citazioni di brani di intervista. Riportare le parole stesse dell’intervistato permette di “vedere la realtà con gli occhi dei soggetti studiati”117 e aiuta a sviluppare e a comprendere meglio un argomento sollevato dall’interpretazione dei dati.
Dato per assodato che l’obiettivo è quello di riportare la visione della realtà degli intervistati, il ricercatore sarà restio ad applicare delle proprie categorizzazioni alle risposte. Le tabelle e i grafici utilizzati nella presentazione dei dati raccolti con tecniche quantitative, illustrano in maniera efficace e sintetica le relazioni tra le variabili individuate. Nell’approccio qualitativo è più difficile trovare degli itinerari di sintesi118 delle informazioni. Tuttavia, molti autori119, sottolineano l’importanza di individuare dei “tipi”, riprendendo il concetto di tipo ideale già formulato dal sociologo Max Weber per sui essi sono delle “forme di agire sociale che possono venir riscontrate in maniera ricorrente nel modo di comportarsi degli individui umani […] uniformità tipiche di comportamento […] costituite attraverso un processo astrattivo che, isolando entro la molteplicità del dato empirico alcuni elementi, procede a coordinarli entro un quadro coerente e privo di contraddizione”120. Il tipo ideale è dunque una categoria concettuale che non ha un corrispettivo effettivo nella realtà. Il “modello” estrapolato può essere utilizzato come concetto-limite col quale interpretare la realtà stessa.
117 P. Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche. Vol I. I paradigmi di riferimento, Bologna,
2003
118 ivi 119
Lofland 1971, Spradley 1980, Hammersley e Atkinson 1983