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l’uomo degli autocton

Nel documento Il lago di Tovel tutto l'anno (pagine 56-58)

TESTI E FOTO DI: Walter Nicoletti walter@girovagandointrentino.it

qui che nasce la Casetta, cono- sciuta anticamente anche come Maranela, dal nome di una famiglia di Marani di Ala che l’avrebbe trovata nei boschi della sovrastante valle di San Va- lentino prima di adattarla alla coltivazio- ne e moltiplicarla per la produzione. Fra i sinonimi la ritroviamo con il nome di Ambrosca a foja tonda o ancora Lam- brusco a foglia tonda per distinguerlo dell’altra vitis silvestris della zona, me- glio conosciuta come Lambrusco a fo- glia frastagliata o Enantio. Certo è che se l’origine silvestris dei due vitigni viene confermata dagli studi genetici e ampe- lografici, altrettanto sicura è la mancanza di un legame di parentela fra la Casetta e l’Enantio.

Ad unirli c’è, da circa una decina di anni, la Doc superiore Terra dei Forti, che ha inteso riscoprire e valorizzare questi viti- gni, simbolo unico ed irripetibile del loro territorio. Ed è grazie soprattutto alla passione e alla ricerca di uomini come Tiziano Tomasi, vignaiolo nonché eno- logo e ricercatore presso l’Unità di mi- glioramento genetico della vite alla Fon- dazione Mach, che si deve la riscoperta

della Casetta accanto ad una trentina di altri vitigni autoctoni, storici e tradizio- nali della nostra provincia.

Un lavoro di ricerca e selezione che è ini- ziato alla fine degli anni Ottanta grazie ad un’iniziativa promossa dall’Unione Europea che ha permesso la catalogazio- ne di antichi interpreti della biodiversità storica trentina, quali Groppello di Revò, Pavana, Lagarino, Negrara e Rossara ed i meno noti Biancaccia, Paolina, Verdeal- bara, Maor, Negron, San Lorenzo, Fran- conia e molti altri.

Di questo significativo patrimonio sto- rico viticolo è stato recuperato il germo- plasma attraverso un attento lavoro di raccolta delle gemme e la loro coltivazio- ne in un apposito vigneto sperimentale di San Michele all’Adige dove sono stati selezioni i genotipi più significativi. «Si può fare innovazione anche con an- tichi vitigni – ribadisce Tiziano Tomasi – attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie analitiche e informatiche per caratteriz- zare e selezionare le piante migliori di queste varietà. Per la Casetta infatti, at- traverso un lavoro di diversi anni si sono potuti selezionare quindici biotipi con

caratteristiche migliori da un punto di vista qualitativo. Il percorso che è stato fatto è iniziato nel 2007 con la raccolta e la selezione di 193 biotipi nei vigneti dei comuni di Rovereto, Mori, Ala, Avio e Dolcè. Nel 2009, di questa selezione sono stati piantati 67 biotipi esenti da vi- rus, nell’ordine di 25 piante per ogni bio- tipo. Nel corso dei quattro anni successi- vi sono stati controllati tutti i parametri produttivi, qualitativi e sanitari (zucche- ri, pH, acidità totale, polifenoli totali, an- tociani, fertilità, peso del grappolo, tolle- ranza a Botritis …), per arrivare nel 2014 alla selezione di 15 biotipi con caratte- ristiche qualitative migliorative. Ora ini- zierà la fase di micro vinificazione dove sarà possibile inserire ancora innovazio- ne, per creare dei vini che rappresentino il passato, ma in chiave moderna». I risultati di tutto il lavoro di ricerca e catalogazione sono contenuti nel libro “Antichi vitigni del Trentino” curato da Marco Stefanini e Tiziano Tomasi che rappresenta un punto di riferimento es- senziale per tutti coloro che hanno a cuo- re la riscoperta degli autoctoni.

«I vitigni storici – sostiene Tiziano

È

Tiziano Tomasi in vendemmia

Tomasi – possono fornire un contributo essenziale alla valorizzazione dell’identi- tà vitienologia del Trentino innalzando il valore della biodiversità e contribuendo a conferire un carattere distintivo alle no- stre produzioni».

Accanto al tema del recupero degli anti- chi vitigni si è proseguito in questi anni con la messa a punto di altri vitigni inno- vativi di tipo intraspecifico ed interspe- cifico resistenti alle più comuni malattie fungine, al fine di migliorare il patrimo- nio viticolo a disposizione sia rispetto alle esigenze di diversificazione qualitativa del vino, sia rispetto alle esigenze di ri- spetto ambientale e salutistico del pro- dotto finale. Il coronamento di lunghi anni di lavoro ha portato recentemente alle prime iscrizioni dei nuovi vitigni al Registro Nazionale delle Varietà di Vite: Iasma ECO 1 e Iasma ECO 2 (incroci di Teroldego x Lagrein), Iasma ECO 3 e Ia- sma ECO 4 (incroci di Moscato ottonel x Malvasia aromatica).

La Casetta, grazie anche all’intrapren- denza di altri vignaioli della Vallagarina quali Albino Armani e Ezio Marsilli vie- ne coltivata in piccole superfici in vigneti

di 20-70 anni lungo la valle dell’Adige fino alla provincia di Verona con risultati enologici molto apprezzati.

Il vino, il cui vitigno appartiene geneti- camente al gruppo degli antichi vitigni della Valpolicella (quali la Quaiara, la Cimesera, la Denega) ed al Teroldego, presenta, dopo un medio periodo di in- vecchiamento, delle note complesse e speziate che gli conferiscono un carattere decisamente unico. Le uve, oltre alla vi- nificazione in purezza, si adattano bene anche alla produzione di uvaggi o alla produzione di vino da taglio per ottenere vini rossi strutturati ed adatti ad un me- dio invecchiamento.

Accanto al tema della ricerca e della sperimentazione Tiziano Tomasi ha poi realizzato il grande sogno di una can- tina che interpreta il pro- prio territorio. Nasce così la Cadalora, l’azienda di famiglia gestita in questi anni assieme al padre Ma- rio, al fratello Rodolfo e al figlio Michele.

Alla Cadalora si respira certo

l’aria del Garda, l’Ora appunto, ma so- prattutto si assapora tutto il gusto e lo stile della Borgogna, regione che firma le bottiglie in stile francese oltre natu- ralmente alla passione per i Cru e tutto quanto fa terroir. Si è affermato così un metodo di lavoro che crede nella tradi- zione, ribadita ad esempio dall’assoluta fedeltà alla Pergola trentina, ma che si rinnova continuamente grazie alla ri- cerca della qualità globale nel vigneto e a pratiche agronomiche che seguono il metodo biologico.

Un esempio su tutti è quello del cru Vi- gnalet, un Pinot nero che riassume ed interpreta il limine fra pianura e monta- gna con un connubio travolgente fra lo speziato del Mediterraneo ed il fruttato

delle Alpi.

S. Margherita

Conservazione

sostenibile delle mele,

Nel documento Il lago di Tovel tutto l'anno (pagine 56-58)