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VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA

Nel documento L'intelligenza emotiva in età evolutiva (pagine 64-82)

INTRODUZIONE

EI: un costrutto difficile da misurare

La complessità e le differenze che esistono sul piano concettuale tra i diversi modelli teorici, si riflettono inevitabilmente nei differenti approcci con cui viene operazionalizzata e misurata l’Intelligenza Emotiva, la cui valutazione è particolarmente problematica, tanto che, come sostiene Davis (2004), molti psicologi dubitano in effetti che essa possa riflettere realmente una stima accurata. Uno dei motivi principali di questo limite risiede nel fatto che, come molti concetti in campo psicologico, l’EI è un costrutto difficilmente traducibile in termini operativi e quantificabile oggettivamente. In secondo luogo, va rilevato che, a differenza del QI, una misura statica, che si modifica poco e lentamente nel tempo, la misura dell’EI, che viene anche chiamata Quoziente Emozionale (EQ), è un aspetto che, secondo alcuni, può cambiare in relazione all’età e all’esperienza (Mayer et al., 2004; Neisser et al., 1996), ed più esposto ai fattori legati al contesto (Smith, 2002). Inoltre, mentre i test che stimano il QI sono progettati per correlare il più possibile con il livello di istruzione scolare, le misure di EI sarebbero piuttosto aleatorie e non sembrerebbero avere un simile riferimento oggettivo su cui operare un confronto (cfr. Cap. 4), tanto che, secondo alcuni studiosi, il QE potrebbe addirittura valutare semplicemente la compiacenza espressa dal soggetto (Roberts et al., 2001). Non va dimenticato, infine, che la scelta del metodo di misura ha una diretta e significativa influenza sugli stessi processi di operazionalizzazione e, pertanto, sui risultati empirici. Sulla base di queste premesse, negli ultimi anni si è assistito ad un ampio dibattito su quale fosse l’approccio più appropriato alla misurazione dell’EI.

Parallelamente, è stata sviluppata una serie di strumenti per la valutazione dell’EQ, che differiscono tra loro sia per i riferimenti concettuali, sia per l’approccio adottato (Goldenberg et al., 2006; Austin, Saklofske, Huang, McKenney, 2004). I test in questione utilizzano, infatti, diversi metodi di valutazione che includono sia prove di abilità (ability based o di performance), che questionari di auto-valutazione (self-report)37. Alcuni ricercatori hanno sostenuto una maggiore validità dei test di performance, se si considera l’EI come un tipo di abilità, mentre per altri gli strumenti più appropriati sembrano essere quelli di auto-valutazione, se si considera l’EI come comprendente anche una serie di tratti o attributi non legati a competenze cognitive specifiche

37 In alcuni studi vengono riportate anche misure Other-Report, che consistono in questionari nei quali, una persona che

abbia una certa familiarità con il soggetto esaminato, deve giudicare in quale grado una certa descrizione è attinente al soggetto stesso. Tali strumenti sono stati da più parti criticati in quanto misure della reputazione di una persona e non stime reali del suo vero modo di essere. Saranno pertanto esclusi da questa trattazione.

(Ciarriochi et al., 2001; Mayer, 2001). I fautori del modello di abilità si servono quindi per la maggior parte di strumenti basati sulla performance, che seguono criteri di valutazione oggettivamente predeterminati38 e misurano la capacità del soggetto esaminato di risolvere compiti che coinvolgono abilità emotive. Tuttavia, l’accordo sui metodi di attribuzione dei punteggi resta problematico. I ricercatori che si rifanno alla teorie dei modelli misti, invece, impiegano prevalentemente questionari di autovalutazione, che non stimano l'EI effettiva, ma quella percepita dal soggetto. Sempre di test self-report si servono i fautori del modello della Trait EI, mentre coloro che si rifanno agli Specific Ability Approach tendono ad utilizzare, indifferentemente, l’uno o l’altro tipo di misure.

Valuteremo ora brevemente quali sono i vantaggi e i limiti dei due tipi di strumenti39.

IL DIBATTITO PERFORMANCE VS SELF REPORT

Caratteristiche psicometriche delle misure di performance e self-report

Come detto, i test di performance misurano la capacità del soggetto esaminato di risolvere compiti che coinvolgono abilità emotive, e le risposte fornite possono essere valutate obiettivamente e secondo criteri di valutazione predeterminati. Essi, di conseguenza, hanno il vantaggio di misurare direttamente il livello di prestazione ad un compito, fornendo una stima dell’EI effettiva dell’individuo. Gli strumenti di auto-valutazione, invece, soffrirebbero, secondo alcuni (Barrett et al., 2001) di bassa attendibilità, moderata validità di costrutto e facile falsificazione. Ad esempio, tali strumenti sarebbero più sensibili al problema della desiderabilità sociale40, vale a dire alla tendenza del soggetto esaminato a distorcere le risposte per apparire migliore di quello che è realmente (Ciarrochi et al., 2001). I questionari self-report, infatti, richiedono all’individuo di riferire il proprio livello di EI, fornendo una misura dell’intelligenza emotiva percepita, che può riflettere anche uno stile temporaneo di risposta (Pauls & Crost, 2004), o diversi aspetti della personalità, accanto ad altre caratteristiche di stato non cognitive. In altre parole, tali strumenti richiedono una buona capacità di insight ed una elevata auto-consapevolezza da parte

38 I principali criteri di scoring dei test di abilità sono il metodo del consenso generale (identificare come risposta

corretta quella che viene considerata tale dalla maggior parte delle persone nel campione di riferimento utilizzato nella ricerca); e l’approccio del consenso tra esperti (invitare professionisti esperti nel campo oggetto di studio a giudicare quali siano le risposte esatte e utilizzare la media dei loro giudizi per indicare le possibili risposte a un item).

39 Una discussione sulla forza delle misure ability based rispetto a quelle self-report è riportata in Ciarrochi & Mayer

(2005). Un ulteriore riepilogo critico riguardo i metodi di valutazione dell’EI si ritrova in Gowing (2001) e Matthews et al.(2002).

40 Formalmente definita Socially Desiderable Responding (SDR), la desiderabilità sociale è considerata un modello di

risposta in cui chi effettua il test descrive sistematicamente se stesso con un’inclinazione eccessivamente positiva (Paulhus, 2002). Tale inclinazione contaminerebbe le risposte nei questionari di personalità (Holtgraves, 2004; McFarland & Ryan, 2000; Peebles & Moore, 1998; Zerbe & Paulhus, 1987) e agirebbe come mediatore delle relazioni tra le misure autodescrittive (Ganster et al., 1983; Nichols & Greene, 1997).

dell’esaminato (Flurry & Ickes, 2001; Tapia, 2001) e, per questo motivo, la misura ottenuta può includere anche aspetti legati alla personalità, ma non specifici dell’EI. In aggiunta a questo, anche se la persona sottoposta alla prova non avesse intenzione di presentarsi in una luce favorevole, potrebbe comunque fornire delle descrizioni di sé poco congruenti con la realtà, a causa della scarsa consapevolezza di alcuni processi, del livello autoefficacia percepita, o di effetti di memoria selettiva. A questo riguardo, precedenti studi (Davies, Stankov e Roberts, 1998; Paulhus, Lysy e Yik, 1998) hanno evidenziato scarse correlazioni tra abilità auto-riferite di vario tipo e quelle reali.

Modalità di somministrazione

Per quanto riguarda la somministrazione, i test di performance hanno solitamente a loro svantaggio i tempi molto lunghi (in genere 45-60 minuti) e i costi elevati di applicazione (Goldenberg et al., 2006). I questionari di auto-valutazione vantano invece una somministrazione più rapida (Ciarrochi et al., 2001), in quanto mettono i soggetti nella condizione di poter riassumere il proprio livello di intelligenza emotiva in poche e concise asserzioni, anche se va ribadito che l’attendibilità dei risultati raccolti con questi ultimi strumenti è assolutamente legata all’accuratezza del concetto di sé dell’esaminato, e alla sua conoscenza delle abilità emotive possedute. In genere, infatti, si ritengono maggiormente validi gli strumenti di performance, soprattutto se si considera l’EI come un’abilità. Ciò non toglie che l’EI considerata come abilità sia stata spesso misurata anche attraverso questionari di auto-valutazione. E’ il caso della Self-Report Emotional Intelligence Scale (SREIS; Schutte et al., 1998), un test self-report che è stato originariamente sviluppato sul modello dell’EI di Mayer e Salovey (1990) e validato in relazione alle dimensioni del Trait Meta-Mood Scale (TMMS; Salovey, Mayer, Goldman, Turvey, e Palfai, 1995).

Principali strumenti (ability based e self-reported) di rilevazione dell’EI

Tra gli strumenti di auto-valutazione impiegati in modo più diffuso segnaliamo il Bar-On Emotional Quotient Inventory (EQ-i; Bar-On, 1997), che fa riferimento al modello misto. E’ una scala di valutazione globale che misura un QE totale, e ciascuna delle componenti del modello di Bar-On (lo status lavorativo, il successo accademico, le capacità di gestire lo stress e la propensione alla criminalità). La versione italiana adattata è stata recentemente pubblicata a cura di M. Franco e L. Tappatà (2008).

Tra i test di performance più noti e utilizzati troviamo il Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Scale (MSCEIT; Mayer et al., 2002), costituito da 141 item di problem solving. E’ stato progettato per fornire punteggi relativi a quattro gruppi di abilità dell’EI: percepire adeguatamente l’emozione, usare l’emozione per facilitare il pensiero, comprendere e gestire l’emozione. Di questo

strumento è in corso di stampa la versione italiana curata da D’Amico e Curci, che operano presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo. Inoltre, lo stesso gruppo di ricerca ha messo a punto un test destinato a bambini, preadolescenti e adolescenti (IE-ACCME), basato sulla teoria dell’EI di Mayer e Salovey. Di entrambi questi strumenti si darà una descrizione dettagliata in seguito (cfr. Cap. 3).

Ricordiamo, inoltre, la Levels of Emotional Awareness Scale (LEAS; Lane, Quinlan, Schwartz, & Walker, 1990), uno strumento considerato in letteratura come avente caratteristiche miste di performance e di autovalutazione (cfr. Cap. 3), specifico per la rilevazione della consapevolezza emotiva. Tale misura è rilevante in quanto da essa è stata ricavata la forma per l’età evolutiva, la Levels of Emotional Awareness Scale for Children (LEAS-C; Bajgar, Ciarrochi, Lane e Deane, 2005), impiegata nella presente ricerca e la cui versione italiana è stata recentemente tradotta (con annesso glossario) e resa disponibile da Antonella Marchetti e Ilaria Castelli41.

Da menzionare, infine, un altro strumento utilizzato nella raccolta dati e specifico per la misurazione dell’Intelligenza Emotiva di Tratto: il Trait Emotional Intelligence Questionnaire nella sua forma per adulti (TEIQue; Petrides e Furnham, 2004) e bambini (TEIQue-CF; Mavroveli e Petrides, 2006). Nella tabella alla pagina seguente (2.1), viene proposta una classificazione schematica dei principali strumenti di valutazione dell’EI. Questa classificazione, una fra le tante possibili, si basa sulla suddivisione tra strumenti di performance e strumenti self-report.

Tabella 2.1 – Classificazione delle principali misure di EI

PERFORMANCE SELF-REPORT

MEIS - Multi-factor Emotional Intelligence Scale

(Mayer et al., 1999)

AMEIS (Adolescent Multifactor Emotional Intelligence Scale)

EQ-i – Bar-On Emotional Quotient Inventory

(Bar-On, 1997; 2000)

EQ-i:Youth Version

(Bar-On e Parker, 2000)

MSCEIT - Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test (Mayer et al., 2001)

MSCEIT-YV: Young Version

(Mayer, Salovey e Caruso, 2005)

SREIS – Self-Report Emotional Intelligence Scale

(Schutte et al., 1998)

LEAS - Levels of Emotional Awareness Scale

(Lane, Quinlan, Schwartz, & Walker, 1990)

LEAS-C - Levels of Emotional Awareness Scale for Children

(Bajgar, Ciarrochi, Lane e Deane, 2005)42

TEIQue – Trait Emotional Intelligence Questionnaire

(Petrides e Furnham, 2004)

TEIQue-CF - Trait Emotional Intelligence Questionnaire Children Form

(Mavroveli e Petrides, 2006)

EARS - Emotional Accuracy Research Scale

(Mayer & Geher, 1996; Geher et al., 2001)

ECI-360 - Emotional Competency Inventory

(Boyatzis, Goleman e Hay-McBer, 1999)

Intelligenza Emotiva-ACCME

(D’Amico et al., 2008)

TMMS - Trait Meta-Mood Scale

(Salovey, Mayer, Goldman, Turvey, & Palfai, 1995)

SPOAS - Style in the Perception of Affect Scale

(Bernet, 1996)

MEIA – Multidimensional Emotional Intelligence Appraisal

(Tett, Fox e Wang, 2005)

WPQei - Work Profile Questionnaire-Emotional Intelligence Version (Performance Assessment Network, 2000)

GEIS - General Emotional Intelligence Scale

(Mehrabian, 2000)

EQ Map – Emotional Quotient Map

(Cooper e Q-Metrics, 1996)

In tabella 2.2 vengono invece schematizzate le singole dimensioni indagate da ciascuno strumento di misura specifico dell’EI.

Tabella 2.2 – Principali dimensioni indagate dai diversi strumenti Test Empatia (Comprension e) Regolazion e Emotiva Riconosciment o Emozionale Espression e Emozional e Consapevolezz a Emotiva Competenz a Emotiva Intelligenz a Emotiva MEIS √ √ √ √ √ MSCEIT √ √ √ √ √ LEAS √ √ EARS √ √ IEACCM E √ √ √ √ EQ-I √ √ √ √ √ SREIS √ √ √ √ TEiQue √ √ √ √ √ ECI-360 √ √ √ √ TMMS √ √ √ SPOAS √ √ MEIA √ √ √ WPQei √ √ √ GEIS √ √ EQ Map √ √ √ √

STUDI DI CONFRONTO TRA MISURE DI PERFORMANCE E SELF REPORT

Nonostante l’acceso dibattito sulla presunta superiorità e utilità degli strumenti di performance o di quelli self-report, è sorprendente che siano stati condotti relativamente pochi studi a questo riguardo (Goldenberg et al., 2006). Negli ultimi anni, sono state svolte comunque alcune ricerche (Barchard e Hakstian, 2004; Brackett e Mayer, 2003; Rivers, 2005) che hanno impiegato vari modelli teorici e che hanno messo a confronto i due tipi di strumenti (performance e self- report) rilevando una correlazione generalmente bassa tra le due modalità di valutazione (Paulhus, Lysy e Yik, 1998; Ciarrochi et al., 2000).

Diversi studi (Brackett e Mayer, 2003; Mayer et al., 2002) hanno analizzato le relazioni tra il Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test (MSCEIT; Mayer et al., 2001) e l’EQ-i di Bar- On (1997), evidenziando scarse correlazioni tra i due test (r = da .12 a .21). I risultati sono stati spiegati come la conseguenza del fatto che i due strumenti sono basati su definizioni concettuali di EI diverse.

Studi successivi (Goldenberg, Matheson, e Mantler, 2006; Lopes, Salovey, e Straus, 2003), che hanno analizzato la relazione tra MSCEIT (Mayer et al., 2001) e questionari di auto-valutazione basati sulla definizione di abilità quali la SREIS (Schutte et al., 1998) e la TMMS (Salovey, Mayer, Goldman, Turvey, e Palfai, 1995), hanno mostrato risultati analoghi.

Allo stesso modo, Ciarrochi, Deane & Anderson (2002), nella loro valutazione della convergenza tra fattori della SREIS (Schutte et al., 1998) e del sub-test ‘Stories’ del MEIS (Mayer et al., 1999), hanno trovato una correlazione non significativa tra le misure (r = da .01 a .09). Brackett e Mayer (2003) hanno rilevato solo una moderata correlazione (r = .18) tra il MSCEIT (Mayer et al., 2001) e un punteggio mono fattoriale derivato dalla SREIS (Schutte et al., 1998).

Ancor più recentemente (Brackett et al., 2006) hanno confrontato, su un campione di 291 studenti universitari, i punteggi ottenuti con MSCEIT e SREIS (che, pur essendo misure basate rispettivamente sulla performance e sull’autovalutazione, condividono le stesse dimensioni teoriche dell’EI) ottenendo una correlazione significativa, ma debole, (r = .19, p<.01) tra i due strumenti.

Tabella 2.3 – Relazione tra strumenti ability based e self report

PERFORMANCE SELF REPORT CORRELAZIONI

MSCEIT EQ-i r = da .12 a .21(Brackett e Mayer, 2003; Mayer et al., 2002) MSCEIT SREIS r = .18 Brackett e Mayer (2003)

r = .19 (Brackett et al., 2006)

ns (Goldenberg, Matheson & Mantler, 2006)

MSCEIT MEIA Ns

MEIS SREIS ns (Ciarrochi, Deane & Anderson, 2002)

MEIS EQ-i r = .36 (Mayer et al., 2000)

EQ-i TMMS r = da .35 a .63

SREIS TMMS r = da .52 a .68 (Stys e Brown, 2004) TEIQue SEIS r = .73 (Gardner e Qualter, 2010) TEIQue MEIA r = .77 (Gardner e Qualter, 2010) SEIS MEIA r = .84 (Gardner e Qualter, 2010)

Diverse misure, diversi costrutti?

La scarsa correlazione tra strumenti di performance e questionari di auto-valutazione non riguarda solo la misurazione dell’EI, ma rappresenta un problema trasversale alla valutazione di abilità e costrutti di vario tipo, come, ad esempio, quello dell’intelligenza generale (Paulhus et al., 1998). Per quanto riguarda l’EI, si potrebbe ipotizzare che le due modalità di valutazione misurino due componenti diverse del costrutto. Nello specifico, gli strumenti di auto-valutazione sembrano fornire indici della consapevolezza emozionale dell’individuo e della sua capacità di insight, che possono essere confrontati con le abilità effettive misurate attraverso gli strumenti di performance. Nonostante le differenze, i risultati di numerose ricerche hanno mostrato come le misure di EI fornite da entrambi i tipi di strumenti siano predittive dell’adattamento psicologico, della soddisfazione di vita e della qualità delle relazioni interpersonali (Saklofske, Austin & Minski, 2003). Correlazioni positive sono state individuate tra EI, valutata sia attraverso strumenti self- report che di performance, funzionamento sociale e leadership, mentre sono emerse correlazioni negative con l’alessitimia e con un’ampia gamma di problemi comportamentali (cfr. cap. 4). L’EI misurata attraverso gli strumenti di auto-valutazione è risultata inoltre correlata, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, ad alcune dimensioni di personalità, quali stabilità emotiva, estroversione, amabilità e coscienziosità, e con gli stili di coping (Goldenberg et al., 2006). L’EI valutata tramite il MSCEIT (Mayer et al., 2001) è risultata invece in relazione, a differenza dell’EI auto-riferita, all’età e all’educazione (Mayer et al., 2004), anche se, per quanto riguarda il secondo criterio, i dati non sono ancora univoci.

IL PROBLEMA DELLA SOVRAPPOSIZIONE TRA INTELLIGENZA EMOTIVA E TRATTI DI PERSONALITA’

Il crescente interesse per il costrutto di EI è dovuto anche al tentativo di verificare se l’introduzione di questa nuova variabile consenta di spiegare una percentuale di varianza incrementale rispetto all’intelligenza e alla personalità (Fox e Spector, 2000; Van der Zee et al., 2002) in relazione ad altri costrutti. Questo aspetto rappresenta, altresì, un ulteriore punto critico di pertinenza dei test self-report: la convergenza e la sovrapposizione tra le misure autodescrittive dell’EI e quelle della personalità necessita di chiarimenti, in quanto entrambe implicano valutazioni di tratto, ed entrambe sono indagate prevalentemente proprio attraverso questionari self-report (Zeidner, Matthews & Roberts, 2002). A questo riguardo, alcuni ricercatori (Gignac, 2005; Malouff, Thorsteinsson & Schutte, 2005; Brackett & Mayer, 2003; Barchard & Hakstian, 2004) hanno sollevato forti preoccupazioni circa il grado in cui le misure self-report dell’EI correlano con alcune dimensioni della personalità, come quelle appartenenti al modello dei Cinque Grandi Fattori (Big Five), in particolare l’Estroversione e il Nevroticismo. Quest’ultimo, secondo Costa e McCrae (1992), sarebbe correlato con l’emozionalità negativa e con l’ansia. Di conseguenza, intuitivamente, gli individui che ottengono alti punteggi in Nevroticismo, è probabile che ottengano bassi punteggi nelle misure auto valutate dell’EI (Zeidner, Matthews & Roberts, 2002). In generale, le interpretazioni di una correlazione da alta a moderata tra EI auto riferita e personalità sono state svariate e contraddittorie. Alcuni ricercatori (Davies, Stankov & Roberts, 1998) hanno asserito che una correlazione del valore vicino a .40 costituirebbe una completa ridondanza tra i due costrutti, mentre altri (Petrides & Furnham, 2001) hanno suggerito che l’EI auto percepita coinciderebbe proprio con un tratto di personalità. Gignac (2005) afferma che sarebbe difficile per qualunque strumento self-report costruito per misurare le differenze individuali dimostrare la validità incrementale più e meglio di quanto già non faccia il Big Five Questionnaire, e raccomanda di utilizzare una metodologia statistica basata sull’analisi fattoriale per testare la ridondanza tra EI e personalità. Se da un lato c’è notevole apprensione attorno alla sovrapponibilità o meno dei due costrutti, d’altro canto non va dimenticato che nella questione hanno un peso anche le proprietà psicometriche insite negli inventari self-report. Prima di giungere ad affermazioni conclusive riguardo la sovrapposizione o meno dei due costrutti, sarebbe utile quindi avvalersi anche delle tecniche statistiche a disposizione. Ad esempio, Gingac (2005) suggerisce di estrapolare gli effetti della componente Nevroticismo dalla relazione tra il TMMS (Trait Meta-Mood Scale; Salovey et al., 1995) e la SREIS (Self Report Emotional Intelligence Scale; Schutte et al., 1998) e determinare se le sottoscale di EI formino ancora un fattore generale (EIg) in seguito all’estrapolazione. Nonostante le

misure di auto-valutazione dell’EI sembrino essere del tutto o in parte sovrapposte ad altre misure della personalità (Dawda e Hart, 2000), è stato evidenziato come i punteggi auto-riferiti di EI presentino elevata validità predittiva rispetto a risultati relativi a felicità, soddisfazione per la propria vita, solitudine e depressione, diversamente dalla personalità (Saklofske, Austin e Minski, 2003). D’altro canto, le misure ability based di EI tendono ad essere meno riferite alle dimensioni di personalità, ma condividono alcune sovrapposizioni con le misure di intelligenza tradizionali (Ciarrochi et al., 2000; Roberts et al., 2001). Prima di addentrarci ulteriormente nella spinosa questione che riguarda i rapporti tra EI e personalità, sembra utile puntualizzare alcune concezioni rispetto a quest’ultima dimensione.

La personalità

La personalità è stata esplorata attraverso una varietà di teorie, fra le quali, una delle più accreditate, è quella dei tratti. I tratti di personalità sono delle variabili che abbracciano un ampia gamma di differenze individuali nei processi di pensiero, nei sentimenti e nel comportamento43. La personalità è definita come l'organizzazione dinamica di tutti i sistemi psico-fisici che determinano l'adattamento individuale all'ambiente44. Le forme di adattamento variano in funzione dello specifico contesto di vita di ciascun essere umano. Lo sviluppo della personalità segue un percorso complesso e articolato che nasce da un insieme di caratteristiche tipiche dei primi anni di vita del bambino che vengono definite con il nome di temperamento. I tratti del temperamento sono una serie di aspetti di coerenza del comportamento, spesso di natura emotiva, che prendono forma in una fase precoce della vita e le cui basi sono presumibilmente biologiche. Nonostante il consenso dato all'idea che il temperamento rappresenti il cuore della successiva personalità, manca una chiara comprensione della relazione evolutiva tra queste due dimensioni. Inoltre, anche se personalità e temperamento sono stati considerati come due domini teoricamente distinti, c'è ragione di credere che queste due dimensioni possano essere meno diverse di quanto si sia sempre ritenuto e che anzi abbiano delle aree di sovrapposizione. Infatti, sono state dimostrate delle connessioni tra il temperamento infantile e i tratti del modello dei Cinque Fattori (Denham et al., 2008) chiamato anche Big Five45.

43 Caspi, A., Roberts, B.W., & Shiner, R.L. (2005). Personality development: stability and change. Annual Review of

Psychology, v. 56, pp 453-484.

44 Denham, S.A. et al. (2008). Assessing social-emotional development in children from a longitudinal perspective.

Journal of Epidemiology & Community Healt, v. 63 (suppl. 1), pp. i37-i52.

45Il Big Five Personality Factor Model è un modello di personalità basato sui primi lavori sui tratti di Allport, Cattell e

Hans e Sybil Eysenck. Esso sostiene che la personalità può essere scomposta in cinque grandi dimensioni (o fattori): nevroticismo, estroversione, apertura mentale, amabilità e coscienziosità.

Come i tratti del temperamento anche quelli di personalità manifestano una moderata influenza genetica46, come i tratti di personalità anche quelli del temperamento non sono immuni dall'esperienza e dall'influenza ambientale. Studi genetico-comportamentali hanno messo in luce che le differenze individuali nel temperamento, misurate anche a partire dei primi anni di vita, sono solo parzialmente ereditabili e sono influenzate in modo significativo da eventi ambientali unici47. Il temperamento è stato studiato maggiormente durante l'infanzia e la fanciullezza e si pensa che abbia principalmente delle basi fisiologiche.Comunque, durante il processo di crescita quelli che vengono delineati come i precoci tratti temperamentali dei bambini si sviluppano in più ampi e inclusivi tratti di personalità. Inoltre si manifesta un aumento della differenziazione tra i fattori costituenti

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