NELL’AMBIENTE
4. SORGENTI E VIE DI INGRESSO DELLE NANOPARTICELLE NELL’AMBIENTE
4.4 Valutazione del rischio
La valutazione del rischio costituisce un altro tassello di informazione cruciale nel panorama complessivo dello studio delle ENP nell‟ambiente. Fino ad ora si è avuto modo di conoscere le ENP, le loro proprietà ed il loro ciclo di vita legato alla produzione ed al mercato; si è inoltre ragionato sulla loro diffusione nell‟ambiente. Dunque, tutti questi elementi portano spontaneamente a chiedersi: “Che rischio offrono le ENP per l‟ambiente e per la salute?”
Innanzitutto è bene ribadire quale sia la definizione di rischio. Il rischio (risk) è la probabilità che possa manifestarsi un effetto avverso in certe condizioni. Il pericolo (hazard) è la potenzialità di causare un danno (Vighi and Bacci, 1998). Il rischio è legato al pericolo attraverso l‟esposizione, secondo l‟equazione:
Rischio = Pericolo · Esposizione
Ciò vale a dire che, pur essendo una sostanza molto pericolosa, il rischio non sussiste se non c‟è l‟esposizione a questa. L‟esposizione, a sua volta, per essere determinata necessita di informazioni inerenti:
il bersaglio, ovvero l‟organismo (o parte di esso) che viene a contatto con tale sostanza; le meccanismi di trasporto della sostanza e le eventuali trasformazioni che questa può
subire prima di raggiungere il bersaglio;
l‟assunzione (uptake) della sostanza da parte del bersaglio;
la biodisponibilità della sostanza, che, a sua volta è legata alle sue proprietà; nel caso delle ENP, quindi, essa dipende non soltanto dalla concentrazione iniziale di queste ma anche dallo stato di agglomerazione, dall‟area superficiale, dalla carica, dall‟affinità con il bersaglio.
Quindi, per offrire una valutazione del rischio attendibile è necessario disporre di tutte quelle informazioni che contribuiscono a determinare il reale scenario espositivo, essendo il rischio e l‟esposizione saldamente legati. Più saranno le informazioni disponibili, maggiore diventerà l‟accuratezza della previsione sul rischio.
La cosa, inoltre, assume particolare importanza se si pensa che tra gli scopi dell‟analisi del rischio c‟è quello di individuare il cosiddetto rischio accettabile ovvero il rischio che la comunità può tollerare, valutandolo attraverso un‟analisi di costi-benefici in cui pesano voci non soltanto razionali ma anche legate alla sfera emotiva, come la percezione del rischio da parte della comunità, i fattori etici e socio-culturali. In sostanza si mettono sui piatti della bilancia tutti
DIEGO MINETTO – Tesi di Dottorato in Scienze Ambientali – XXIV Ciclo 69 i “pro” (sviluppo economico, creazione di posti di lavoro, realizzazione di prodotti innovativi e di tecnologia ecc…) e tutti i “contro” (rischi per la salute e per l‟ambiente, fattori che possono contravvenire all‟etica ed alla morale) e si opera una scelta.
Come già più volte osservato, l‟informazione inerente le ENP è, per molti aspetti, ancora insufficiente e ciò, alla luce di quanto appena detto, rende alquanto spinosa la valutazione del rischio accettabile.
Per stimare il rischio legato alla diffusione di un certo inquinante, ci si avvale di un indice detto quoziente di pericolo HQ (Hazard Quotient), definito come il rapporto tra PEC e PNEC:
HQ = PEC/PNEC
(Vighi and Bacci, 1998).
PEC è l‟acronimo di Predicted Environmental Concentration e quindi esprime la previsione della concentrazione di una sostanza nell‟ambiente (fig. 4.7).
Amount of nTiO2 [µg] Volume [dm3] PEC(nTiO2) [µg L-1]
Air 6.2 1010 4.1 1016 1.50 10-6 Water 2.7 1012 3.7 1012 0.73 Water affected by wastewater 2.7 10 12 1.5 1010 180 Soil 2.2 1012 3.7 1012 0.61
Figura 4.7 – Calcolo della PEC di nTiO2 (µg L-1) per tre comparti ambientali (Müller et al, 2007).
PNEC è l‟acronimo di Predicted No Effect Concentration e quindi esprime la previsione della concentrazione massima di una sostanza in corrispondenza della quale non sono rilevabili effetti avversi per la salute degli organismi viventi.
Se HQ > 1 il rischio non è accettabile, poiché questo significa che si prevede una concentrazione di inquinante, nell‟ambiente, superiore a quella limite di non effetto. La successiva figura 4.8 chiarisce il concetto esposto.
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Figura 4.8 – Esempio di calcolo del rapporto PEC/PNEC in alcune matrici ambientali, per l‟Europa (Nowack, 2009). Si consideri ad esempio il nTiO2. Per quanto riguarda le acque superficiali, esso dimostra una
valutazione del rischio accettabile (HQ < 1), cosa che non può essere affermata nel caso delle acque di scarico chiarificate (effluenti), dove la concentrazione ambientale prevista è c.a. 3,5 volte superiore a quella di non effetto. Un discorso analogo si può fare per il nZnO, la cui valutazione di rischio è accettabile per quanto riguarda le acque superficiali ma non lo è affatto per gli effluenti. Per il nAg il rischio è inaccettabile in entrambi i casi, soprattutto nel caso degli effluenti (HQ = 61). Il dato tuttavia non è sorprendente se ci si ricorda quanto visionato nel precedente capitolo 2, in cui si faceva menzione delle vastissime applicazioni dei prodotti al nAg, in particolar modo nel settore tessile e, quindi, non solo nei capi di abbigliamento ma anche nei detersivi e nelle stesse lavatrici. La dimensione di questa problematica è brevemente richiamata dal modello riportato in figura 4.9.
Figura 4.9 – Quantificazione ipotetica della dispersione nell‟ambiente del nAg (t/a) proveniente dal settore tessile.
nAg: 1230 t/a ~ 12 – 50% di tutto il nAg prodotto mediamente ~ 30% 369 t/a ~ 20% viene disperso nell’ambiente ~ 74 t/a
Settore Tessile
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5. ECOTOSSICOLOGIA E NANOPARTICELLE
Questo capitolo è suddiviso in due parti. Nella prima parte si trovano alcune considerazioni il cui scopo è quello di fornire delle chiavi di lettura, in termini ecotossicologici, differenti rispetto alle più tradizionali, per mezzo delle quali possa risultare facilitato l‟approccio alla nuova disciplina costituita dalla nanoecotossicologia. La seconda parte, invece, fornisce delle informazioni di carattere statistico che riguardano i lavori già esistenti e documentati in letteratura, inerenti gli effetti delle nanoparticelle nei confronti di organismi acquatici. Tali statistiche sono organizzate in funzioni di chiavi differenti, quali ad, esempio, il gruppo tassonomico di appartenenza degli organismi, la tipologia di test, il tipo di matrice acquosa e le nanoparticelle testate.
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