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Alla luce di tali valutazioni, risulta chiaro che – ricorrendo tutti gli altri presupposti legislativamente previsti – la citazione dell’ente quale responsabile

civile per il fatto della persona fisica non è suscettibile di incappare nel limite di cui

all’art. 83 c.p.p.: gli approdi ermeneutici cui è pervenuta la Consulta consentono,

quindi, di affermare che anche nel rito de societate si realizza la piena tutela delle

prerogative riconosciute dall’ordinamento al danneggiato dal reato, visto che –

nonostante non sia esperibile un’azione aquiliana direttamente rivolta contro l’ente

– sulla persona giuridica grava comunque un vincolo di solidarietà che la obbliga a

rispondere dei danni prodotti da chi ha agito per suo conto in virtù di una relazione

qualificata

364

.

363 M. CERESA GASTALDO, La pretesa emarginazione del danneggiato nel processo penale alle società, in Giurisprudenza costituzionale, 2014, 4, 3489. Negli stessi termini anche G. P.

ACCINNI, Natura della responsabilità dell’ente e sua legittimazione alla costituzione di parte

civile: note minime, cit., 300; nonché, L. DE MARTINO, L’ente poliedrico: le multiformi vesti processuali, tra natura della responsabilità ex d.lgs. 231/2001 e aporie interpretative, cit., 255, il

quale evidenzia che, sebbene il processo penale alla persona fisica “ospiti” il processo all’ente, “i

due accertamenti – pur celebrandosi simultaneamente – seguono regole e principi ben distinti”. 364 In questo senso, A. BASSI, Disposizioni generali sul procedimento, in A. BASSI – T.

EPIDENDIO, Enti e responsabilità da reato, cit., 549 e ss.; V. ZENO ZENCOVICH, La

responsabilità civile da reato. Lineamenti e prospettive di un sottosistema giurisprudenziale,

Cedam, 1989, 197; D. MANZIONE, I procedimenti speciali e il giudizio, in G. LATTANZI (a cura di), Reati e responsabilità degli enti, cit., 686; M. RICCARDI, “Sussulti” giurisprudenziali in tema

E, tuttavia, per una parte della dottrina le mete raggiunte dal formante

giurisprudenziale non possono ancora considerarsi un punto d’arrivo! Sebbene,

infatti, appaia eccessivo parlare di “emarginazione” della vittima, è pur vero che il

sistema così congegnato non autorizza a ritenere che le guarentigie accordate al

danneggiato nel processo alle società siano completamente sovrapponibili al piano

di tutela operante nel rito tradizionale, potendosi in realtà scorgere ancora qualche

nervo scoperto in materia di discriminazione con riguardo alle ipotesi in cui l’autore

del reato presupposto non sia stato identificato o non sia imputabile, nonché in tutti

gli altri casi in cui il giudizio nei confronti del reo non abbia luogo (per esempio,

per estinzione del reato) mentre invece si procede comunque avverso la società;

di costituzione di parte civile nel processo de societate: il caso Ilva riscopre un leitmotiv del processo 231, in Giurisprudenza penale web, 2017, 4; G. VARRASO, La partecipazione e l’assistenza delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni nel procedimento penale, cit.,

253, il quale non ravvisa alcuna incompatibilità nell’assunzione in capo all’ente del duplice ruolo di incolpato e di responsabile civile per il fatto del terzo. Per l’A., infatti, tali posizioni sono perfettamente armonizzabili anche sotto il profilo delle strategie difensive, dal momento che vi è un interesse comune nel dimostrare sia l’insussistenza del fatto di reato quanto la circostanza che l’imputato abbia agito nel proprio esclusivo interesse. ID., Il procedimento per gli illeciti

amministrativi dipendenti da reato, cit., 176 e ss. Dello stesso avviso anche M. CERESA

GASTALDO, op. cit., 3490, il quale sottolinea che una tale ricostruzione del sistema delle garanzie dovrebbe “finalmente tranquillizzare quanti paventavano un depotenziamento dell’azione

risarcitoria nel processo penale alle società”. F. VIGNOLI, Il patteggiamento non esclude il processo se l’impresa non risarcisce l’ente pubblico offeso, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2014, 4, 65 e ss.

Negli stessi termini, si era già espressa anche Corte di Giustizia UE, Sez. II, 12 luglio 2012, C-79/11, cit., 498 e ss., la quale – a seguito di un rinvio pregiudiziale disposto nell’ambito del medesimo procedimento da cui è scaturita la questione di legittimità in esame – si è pronunciata nel senso di ritenere la normativa italiana assolutamente conforme a quella europea laddove non prevede che la persona danneggiata dal reato si possa costituire parte civile contro l’ente incolpato nel processo ex d.lgs. 231/2001. Nello specifico, il giudizio di conformità aveva assunto come parametro di riferimento la disciplina sovranazionale contenuta nell’art. 9, paragrafo 1, della decisione quadro 2001/220/GAI, la quale stabilisce che gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un lasso di tempo ragionevole, una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del danno derivante dal crimine nell’ambito dello stesso procedimento volto ad accertare la sua responsabilità penale, ad eccezione dei casi in cui la normativa interna prevede altre modalità di risarcimento. Seguendo il percorso tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, anche quella eurounitaria afferma che la succitata decisione quadro sulla posizione della vittima nel processo penale deve essere interpretata nel senso che non osta a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello delineato dal d.lgs. 231/2001, il danneggiato non possa chiedere il risarcimento dei danni causati dal reato direttamente all’ente accusato dell’illecito amministrativo da esso scaturente, nell’ambito del rito volto ad accertarne la relativa responsabilità. Ad un simile risultato interpretativo si perviene accogliendo, innanzitutto, la tesi della integrale diversità strutturale tra il reato compiuto dalla persona fisica e l’illecito amministrativo della societas, con la conseguente impossibilità di equiparare le persone offese da quest’ultimo a quelle offese da un reato. E, secondariamente, rilevando come il danneggiato dal reato possa già tutelare adeguatamente le proprie ragioni risarcitorie nel processo penale sia costituendosi parte civile contro l’autore del crimine, sia citando l’ente quale responsabile ex art. 83 c.p.p. per il fatto realizzato dai propri dipendenti.

ovvero quando – nonostante il processo contro il soggetto accusato del crimine