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Vantaggi e svantaggi degli inserti ocular

A) iniezione sottocongiuntivale; B) iniezione sub-tenoniana; C) iniezione retrobulbare; D) iniezione intravitreale.

1.4. Veicoli per la somministrazione oculare di farmac

1.4.3. Sistemi innovat

1.4.3.1. Vantaggi e svantaggi degli inserti ocular

Gli inserti oculari offrono diversi vantaggi, che possono essere così riassunti:

a) aumento della permanenza oculare, quindi un’attività prolungata del farmaco e una maggiore biodisponibilità rispetto ai veicoli standard;

b) un accurato dosaggio, al contrario dei colliri che possono essere impropriamente instillati dal paziente e sono in parte dispersi dopo la somministrazione;

c) migliore compliance del paziente, derivante da una ridotta frequenza di somministrazione ed da una minore incidenza di effetti collaterali sistemici;

d) possibilità di veicolare farmaci negli strati interni dei tessuti oculari attraverso vie non corneali (congiuntiva sclerale);

e) potenziale innovativo di questa forma farmaceutica con la possibilità di utilizzare nuovi approcci chimici e tecnologici per migliorare la veicolazione dei farmaci, come pro-farmaci, trasportatori mucoadesivi, microparticelle, etc.

I potenziali vantaggi offerti dagli inserti spiegano perché negli ultimi anni è stato dedicato un grande interesse a queste forme di dosaggio e perché continuano gli sforzi per introdurli sul mercato farmaceutico.

Naturalmente non tutti i vantaggi visti possono essere presenti in un singolo dispositivo. Ogni tipo di inserto rappresenta un compromesso tra le proprietà vantaggiose inerenti le forme di dosaggio solide e i parametri negativi dovuti alla forma e ai componenti dell’inserto, ai costi di fabbricazione, nonché ai parametri fisici e fisiologici del sito di applicazione.

Gli svantaggi degli inserti sono i seguenti:

a) rigidità dell’inserto, che implica una percezione da parte del paziente di corpo estraneo nell’occhio e ciò può costituire un ostacolo sia fisico che psicologico per l’accettazione da parte dei pazienti;

b) rimozione dovuta ai movimenti fisiologici dell’occhio;

c) perdita involontaria durante il sonno o lo sfregamento degli occhi; d) visione ostacolata;

e) difficoltà nell’applicazione e rimozione per i tipi insolubili.

1.4.3.2. Classificazione degli inserti oculari

Gli inserti sono stati classificati in base alle loro caratteristiche chimico- fisiche come solubili o insolubili. Solo quest’ultimi sono in grado di rilasciare i farmaci ad una velocità controllata, ma presentano l’inconveniente di dover essere rimossi dall’occhio quando il farmaco è stato completamente ceduto.

Gli inserti solubili sono classificati da alcuni autori come erodibili intendendo dispositivi polimerici monolitici che subiscono una graduale dissoluzione mentre rilasciano il farmaco e non hanno bisogno di essere rimossi.

E’ da sottolineare che nonostante i termini “solubile” ed “erodibile” non si distinguano nettamente, non sono intercambiabili e corrispondono a processi chimici distinti.

La vera dissoluzione avviene principalmente attraverso il rigonfiamento del polimero, mentre l’erosione corrisponde ad un processo idrolitico chimico o enzimatico (Heller, 1980).

Gli inserti oculari sono quindi classificati come:

I. inserti oculari insolubili che a loro volta si dividono in due categorie: sistemi a riserva e sistemi a matrice;

II. inserti oculari solubili a base di polimeri naturali e sintetici o semisintetici;

2. La bioadesione

2.1. Definizioni

L’adesione è stata definita come il legame prodotto dal contatto di un adesivo ed una superficie (Jimenez-Castellanos et al., 1993). Successivamente il concetto è stato esteso definendolo come lo stato in cui due superfici sono tenute insieme da forze interfacciali.

La bioadesione è un fenomeno interfacciale in cui un polimero di sintesi o naturale aderisce ad una superficie biologica per un determinato periodo di tempo, mediante forze interfacciali, con conseguente diminuzione dell’energia superficiale del sistema (Peppas et Buri, 1985).

Quando si parla di sistemi per il rilascio di farmaci, il termine bioadesione implica l’adesione del sistema ad un sito biologico preciso, che può essere il tessuto epiteliale o una membrana ricoperta di muco sulla superficie di un tessuto (si parla di mucoadesione).

Questa non si differenzia dall’adesione convenzionale se non per le particolari caratteristiche del tessuto naturale (Peppas et Buri, 1985) e per il fatto che avviene spesso in presenza di acqua.

2.2. Il muco

Il muco è un materiale viscoso che riveste gran parte delle superfici epiteliali ed è composto principalmente di mucina e sali inorganici sospesi in acqua.

Lo strato mucoso ha la funzione di una barriera diffusiva, evitando il contatto con sostanze dannose, come gli acidi gastrici ed il fumo, e di lubrificante, minimizzando gli sforzi di taglio.

I rivestimenti mucosi, quindi, sono particolarmente abbondanti negli epiteli dei tratti respiratorio, gastro-intestinale e genitale; inoltre il muco è un importante e abbondante componente della saliva, alla quale conferisce proprietà lubrificanti.

Il muco viene secreto dalle cellule caliciformi e la sua produzione è determinata primariamente da uno stimolo dovuto ad agenti irritanti, piuttosto che a variazioni dei livelli ormonali.

Fig. 5- Rappresentazione delle cellule caliciformi.

La secrezione di muco avviene mediante l’esocitosi dei granuli secretori. Il muco nei granuli delle cellule caliciformi è condensato, ma in seguito alla secrezione, si espande enormemente in volume.

Questo fenomeno sembra dovuto al fatto che le mucine sono rivestite da cariche negative (polianioniche) le quali, all’interno del granulo di secrezione, sono mascherate o neutralizzate da ioni calcio.

Durante l’esocitosi, i pori presenti sulla membrana, aperti verso l’esterno della cellula, permettono al calcio di fuoriuscire e ciò determina una rapida variazione di fase, basata sulla repulsione delle cariche polianioniche e sull’idratazione, che causa l’espansione del gel di mucina.

La composizione del muco (Tabella 2) varia notevolmente in base alla specie animale, alla collocazione anatomica ed alle condizioni, patologiche o normali, dell’organismo (Gandhi et Robinson, 1988) e si può così riassumere:

- Acqua 95% - Glicoproteine e Lipidi 0.5-5% - Sali Minerali 1% - Proteine 0.5-1%

Le mucine, una famiglia di proteine altamente glicosilate, sono le principali componenti del muco.

Nella mucina matura si distinguono due regioni significativamente diverse (Figura 6):

Fig. 6- Struttura chimica della mucina.

quella ammino- e carbossi-terminale, debolmente glicosilate, ma ricche di cisteina, la quale è responsabile della formazione di legami disolfuro fra e attraverso i monomeri della mucina ed un’ampia regione centrale formata da un tandem multiplo e ripetuto di sequenze costituite da 10 a 80 residui amminoacidici (più della metà dei quali sono treonina o serina).

Quest’area è saturata da centinaia di oligosaccaridi O-legati. Gli oligosaccaridi N-legati sono meno abbondanti.

Il denso rivestimento zuccherino delle mucine conferisce loro una considerevole capacità di legare acqua e le rende resistenti alla proteolisi, fenomeno importante nel mantenimento di barriere mucose.

Le mucine sono secrete come aggregati di grandi dimensioni, costituiti da masse molecolari da uno a 10 milioni di Da circa. All’interno di questi aggregati i monomeri sono legati principalmente mediante interazioni non covalenti, sebbene anche i legami disolfuro intermolecolari giochino un ruolo importante.

Tabella 2– Composizione in zuccheri ed amminoacidi del muco oculare umano. Monosaccaridi % di carboidrato Fucosio 8.3 Mannosio 7.9 Galattosio 20.2 Glucosio 15.2 Galattosammina 7.9 Glucosammina 18.8 Acido Sialico 21.9 Amminoacidi Residui/1000 Asp 84 Thr 33 Ser 144 Glu 107 Pro 50 Gly 204 Ala 64 Val 41 Ile 23 Leu 45 Tyr 5 Phe 19 Lys 21 His 29 Arg 31

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