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Variabile previsiva: tasso di dividendo

La prima variabile oggetto di analisi per la previsione dei rendimenti è il tasso di dividendo, detto anche dividend yield. Il dividend yield relativo al mese 𝑡 è definito come la somma dei dividendi pagati dalle aziende presenti nell’indice azionario dal mese 𝑡 − 11 fino al mese 𝑡, diviso per il valore dell’indice alla fine del mese 𝑡.

66 Capitolo 4. Risultati dei rendimenti inclusi i dividendi 𝑟𝑡,𝑊 𝐷, dei rendimenti esclusi i dividendi

𝑟𝑡,𝑁 𝐷e la serie dei prezzi 𝑃𝑡senza i dividendi.

Facendo la differenza dei rendimenti con e senza i dividendi 𝐷𝑡pagati al

mese 𝑡 𝑟𝑡,𝑊 𝐷 = log 𝑃𝑡+ 𝐷𝑡 𝑃𝑡−1 𝑟𝑡,𝑁 𝐷 = log 𝑃𝑡 𝑃𝑡−1 , si ottiene 𝑑𝑡= 𝑟𝑡,𝑊 𝐷− 𝑟𝑡,𝑁 𝐷 = log ( 1 + 𝐷𝑡 𝑃𝑡 ) ,

da cui si ricavano i dividendi pagati nel mese 𝑡 dalle imprese 𝐷𝑡=

(

𝑒𝑑𝑡 − 1)𝑃

𝑡.

Il dividend yield è semplicemente ottenuto dall’applicazione della definizione, ovvero 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑑𝑒𝑛𝑑 𝑦𝑖𝑒𝑙𝑑 = ∑11 𝑗=0𝐷𝑡−𝑗 𝑃𝑡 .

4.2.1

Analisi preliminari

Osservando il grafico e i correlogrammi empirici sembra che la variabi- le dividend yield sia non stazionaria. Applicando il test di Dickey-Fuller senza costante, perché non significativa, si ricava il seguente valore del p- value associato, 0.5111. La serie presenta quindi una radice unitaria. Le variabili considerate in un modello VAR dovrebbero essere stazionarie, purtroppo questo non vale per il tasso di dividendo. Stambaugh (1999) afferma che l’utilizzo di variabili altamente persistenti in un modello VAR può portare a piccole distorsioni nelle stime dei coefficienti quando il cam- pione non ha numerosità elevata. In questo caso la distorsione ha segno opposto alla correlazione tra gli errori degli extrarendimenti e quelli del dividend yield.

Sebbene la non stazionarietà possa avere alcuni effetti sul valore dei coefficienti stimati, inizialmente non verrà fatta alcuna correzione. I va-

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 67

Figura 4.1: Grafico della variabile previsiva dividend yield nel periodo 1965-2008.

68 Capitolo 4. Risultati

Figura 4.3: Stima della densità della serie dividend yield e densità di una normale con media e varianza pari a quella stimata dalla serie del dividend yield.

lori stimati verranno considerati come dati e noti dagli investitori. Tut- tavia per evitare questo problema, viene successivamente considerata l’in- certezza nei parametri del modello VAR, in modo tale da non considerare unicamente il particolare valore stimato.

I test di normalità portano a rifiutare l’ipotesi di normalità. Un’ulterio- re conferma viene fornita dalla densità stimata, ben lontana dalla distribu- zione normale, e dal grafico del normal probability plot.

Per determinare l’ordine del modello VAR da utilizzare per risolvere il problema della scelta di portafoglio, sono stati applicati alcuni criteri di se- lezione automatica. L’approccio consiste nello stimare il modello VAR(p) mediante diversi valori di 𝑝, 𝑝 = 0, 1, . . . , 𝑝𝑚𝑎𝑥, e scegliere poi il valore che

minimizza un determinato criterio di scelta. I più comuni sono quelli di Akaike, Hannan-Quinn e Schwarz. Questi criteri assegnano un costo al- l’introduzione di ogni nuovo parametro addizionale.

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 69

Figura 4.4: Normal probability plot per la serie del dividend yield.

In questo caso tutti i criteri di selezione automatica considerati scelgono un modello autoregressivo del primo ordine con costante. Vengono poi poste le restrizioni in modo tale che l’unica variabile esplicativa in entrambe le equazioni sia il tasso di dividendo ritardato. Il modello di regressione considerato diventa 𝑟𝑡+1 = 𝑎1+ 𝑏1𝑥𝑡+ 𝜖1,𝑡+1, 𝑥𝑡+1 = 𝑎2+ 𝑏2𝑥𝑡+ 𝜖2,𝑡+1, dove ( 𝜖1,𝑡 𝜖2,𝑡 ) ∼ 𝑁 ( 0, ( 𝜎2 1 𝜎12 𝜎12 𝜎22 )) .

Analizzando i risultati del modello VAR stimato, si nota che la costante e il coefficiente della variabile previsiva nella prima equazione sono signi- ficativamente diversi da 0 ad un livello di significatività del 10%. Il coeffi- ciente 𝑏2è prossimo a 1, a conferma della forte persistenza che caratterizza

70 Capitolo 4. Risultati dividend yield media 0.032306 st.error 0.000494 minimo 0.014703 varianza 0.000126 massimo 0.061418 dev. st. 0.011230 1∘ quartile 0.021361 asimmetria 0.287881

3∘ quartile 0.040472 eccesso di curtosi -0.847105

Tabella 4.1: Principali statistiche descrittive della variabile dividend yield, relative al periodo 1965-2008.

𝑟𝑡+1= 𝑎1+ 𝑏1𝑥𝑡+ 𝜖1,𝑡+1

estimate st. error t value prob 𝑎1 -0.0099 0.0058 -1.717 0.0866

𝑏1 0.4145 0.169 2.452 0.0145

𝑥𝑡+1= 𝑎2+ 𝑏2𝑥𝑡+ 𝜖2,𝑡+1

estimate st. error t value prob 𝑎2 0.0003 0.0002 1.524 0.128

𝑏2 0.9907 0.0059 165.13 <2e-16

Tabella 4.2: Stima del modello VAR con variabile previsiva dividend yield nel periodo 1965-2008.

la serie del dividend yield. L’𝑅2 associato alla prima equazione è pari a

0.02, mentre la correlazione tra gli errori di 𝑟𝑡e di 𝑥𝑡è negativa e uguale a

−0.914.

Per controllare l’adeguatezza del modello si sono analizzati i residui di entrambe le equazioni. Si è riscontrata l’assenza di autocorrelazione dei residui, applicando il test di Ljung-Box e il test di Breusch-Godfrey, ma non l’omoschedasticità e la normalità.

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 71

4.2.2

Risultati

In questo paragrafo sono esposti i risultati delle analisi compiute. L’obiet- tivo è mostrare come cambia l’allocazione del portafoglio all’aumentare dell’orizzonte di investimento per un individuo che adotta una strategia buy-and-hold e come si modifichi l’allocazione ottimale se l’incertezza nei parametri è incorporata esplicitamente nel modello considerato.

I risultati si basano sul modello 𝒛𝑡 = 𝒂 + 𝑩𝑥𝑡−1+ 𝝐𝑡, dove 𝒛𝑡 = (𝑟𝑡, 𝑥𝑡)

include l’extrarendimento logaritmico 𝑟𝑡 e il dividend yield 𝑥𝑡. Si ipotiz-

za che gli errori siano i.i.d. e provenienti da una distribuzione normale 𝝐𝑡 ∼ 𝑖.𝑖.𝑑. 𝑁 (0, Σ). Per le analisi svolte sono stati considerati dapprima i

dati da dicembre 1965 a dicembre 2008 e poi il sottocampione contenente le osservazioni da dicembre 1965 a dicembre 2006. In entrambi i casi i dati a disposizione sono stati utilizzati per generare un campione di numerosità 𝐼 = 200000dalla distribuzione a posteriori dei parametri.

1965-2008 1965-2006 media dev. st. media dev. st. 𝑎1 -0.0099 0.0058 -0.0076 0.0029 𝑎2 0.0003 2.1e-5 0.0002 2.1e-5 𝑏1 0.4142 0.1695 0.3701 0.1702 𝑏2 0.9907 0.0060 0.9919 0.0061 𝜎2 1 0.0019 1.19e-4 0.0018 1.17e-4

𝜎12 -6.07e-5 3.99e-6 -5.93e-5 4.01e-6

𝜎2

2 2.35e-6 1.48e-7 2.35e-6 1.51e-7

Tabella 4.3: Media e deviazione standard dei parametri 𝒂, 𝑩, Σ ricavati generan- do 200000 valori dalle rispettive distribuzioni a posteriori, relative all’intervallo 1965-2008 e al sottocampione 1965-2006.

La capacità della variabile tasso di dividendo di prevedere i rendimen- ti azionari è sintetizzata nel coefficiente 𝑏1, il quale ha media a posteriori

72 Capitolo 4. Risultati 0.4142e deviazione standard 0.1695. Osservando il valore del coefficiente 𝑏2 riscontriamo la forte persistenza che caratterizza il tasso di dividendo,

come già notato nelle analisi preliminari.

La matrice di varianza e covarianza degli errori presenta un’elevata cor- relazione negativa tra gli errori degli extrarendimenti azionari e del divi- dend yield, pari a −0.914; questo valore influenza fortemente la distribu- zione degli extrarendimenti nel lungo periodo.

Una diminuzione improvvisa del dividend yield comporta uno shock po- sitivo degli extrarendimenti azionari dato che la correlazione tra gli errori è negativa. Inoltre una diminuzione del dividend yield porta a prevedere un abbassamento degli extrarendimenti del periodo successivo, essendo il coefficiente 𝑏1 maggiore di 0. Pertanto l’aumento inatteso degli extra-

rendimenti è seguito da una successiva diminuzione, generando in questo modo un’autocorrelazione negativa che fa diminuire la varianza condi- zionata degli extrarendimenti multiperiodali al crescere dell’orizzonte di investimento.

In conclusione, bassi valori del dividend yield comportano alti rendimenti azionari contemporanei e bassi rendimenti azionari futuri.

Le stime ottenute dei coefficienti sono simili a quelle presenti nell’artico- lo di Barberis (2000) relativi al periodo 1952-1995, pertanto questi risultati sono di supporto alla scelta di utilizzare un modello vettoriale autoregres- sivo del primo ordine come implementato da Barberis.

L’allocazione ottimale viene determinata facendo riferimento a 4 pos- sibili distribuzioni degli extrarendimenti futuri condizionatamente ai dati passati. Nel capitolo 2 si è analizzato il caso in cui i rendimenti sono i.i.d. e il caso in cui viene incorporato l’estimation risk. In questo capitolo l’at- tenzione si focalizza sul ruolo della prevedibilità nella scelta di portafoglio attraverso uno specifico modello VAR. Esistono due modi per prevedere i rendimenti: l’investitore può ignorare l’incertezza e considerare i parame- tri 𝒂, 𝑩, Σ fissi ai valori medi ricavati dalle distribuzioni a posteriori dei

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 73 parametri oppure servirsi della predictive distribution.

∙ Caso senza incertezza

Nel caso in cui il problema dell’incertezza nei parametri venga igno- rato, l’individuo ipotizza per 𝒁𝑇 + ˆ𝑇 una distribuzione normale di me- dia ˆ𝝁𝑠𝑢𝑚e varianza ˆΣ𝑠𝑢𝑚, ottenute sostituendo ai parametri 𝒂, 𝑩, Σ i corrispettivi valori stimati riportati nella Tabella 4.3. La distribuzio- ne degli extrarendimenti futuri condizionata alle osservazioni pas- sate dipende dall’ultimo dato a disposizione per il tasso di dividen- do, 𝑥𝑇. Se 𝑥𝑇 è basso, verranno previsti bassi rendimenti, abbas-

sando così la media ˆ𝝁𝑠𝑢𝑚 della distribuzione degli extrarendimenti futuri con la conseguente riduzione della quota investita nell’indice azionario. Per non tenere conto dell’effetto del valore iniziale sulle scelte di portafoglio, nelle analisi successive verrà posto 𝑥𝑇 uguale

alla media campionaria, ovvero 𝑥𝑇 = 3.23%quando si considera il

campione 1965-2008 e uguale a 3.28% nel sottocampione. In questo modo è possibile concentrarsi unicamente sull’allocazione ottima al variare dell’orizzonte di investimento.

La Figura 4.5 illustra l’allocazione ottimale di portafoglio per un in- vestitore buy-and-hold con funzione di utilità potenza. In ciascun grafico vengono riportate due linee: quella nera rappresenta l’allo- cazione ottima quando il modello considerato è 𝑟𝑡 = 𝜇 + 𝜖𝑡, con

𝜖𝑡 ∼ 𝑖.𝑖.𝑑. 𝑁 (0, 𝜎2), mentre la linea verde riporta l’allocazione ot-

timale di portafoglio se si utilizza il modello VAR considerato per prevedere gli extrarendimenti. In entrambi i casi non viene conside- rata l’incertezza nei parametri.

Confrontando l’andamento delle due linee nei grafici è possibile de- terminare l’effetto sulla scelta di portafoglio della prevedibilità dei rendimenti mediante la variabile tasso di dividendo. In tutti i grafici

74 Capitolo 4. Risultati

Figura 4.5: Allocazione ottima di portafoglio per un investitore buy-and-hold con funzione di utilità potenza, relativamente al caso senza estimation risk. I due grafici superiori si riferiscono a 𝛾 = 5, i due inferiori a 𝛾 = 10. La linea verde riporta l’allocazione ottima ottenuta dall’utilizzo della variabile previsiva dividend yield.

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 75 la linea verde, che riporta l’allocazione nell’indice azionario quan- do i rendimenti sono prevedibili, cresce notevolmente all’aumentare dell’orizzonte di investimento. Pertanto un investitore che ignora l’incertezza nei parametri ma considera i rendimenti prevedibili, de- tiene quote maggiori in azioni all’aumentare dell’orizzonte di inve- stimento. Questo è dovuto all’abbandono dell’ipotesi di rendimenti i.i.d. in favore di un modello VAR che cerca di prevedere gli extra- rendimenti attraverso il tasso di dividendo.

Nel caso di rendimenti i.i.d. la media e la varianza degli extrarendi- menti multiperiodali condizionatamente alle osservazioni disponi- bili cresce linearmente con l’orizzonte ˆ𝑇, ovvero 𝑉 𝑎𝑟𝑇(𝑅𝑇 + ˆ𝑇) = ˆ𝑇 𝜎2.

La quota investita in azioni risulta sempre la stessa indipendente- mente dall’orizzonte di investimento.

Invece se i rendimenti vengono previsti dal tasso di dividendo la varianza degli extrarendimenti multiperiodali cresce più lentamente che linearmente con ˆ𝑇, facendo apparire le azioni relativamente meno rischiose per gli investimenti di lungo periodo.

Queste affermazioni possono essere verificate matematicamente. Per ricavare le formule della varianza condizionata di 𝑅𝑇 + ˆ𝑇, dove 𝑅𝑇 + ˆ𝑇 = 𝑟𝑇 +1 + . . . + 𝑟𝑇 + ˆ𝑇, è sufficiente sviluppare i conti matriciali presenti

in Σ𝑠𝑢𝑚. Ad esempio quando ˆ𝑇 è uguale a 1 e 2 si ha

𝑉 𝑎𝑟𝑇(𝑟𝑡+1) = 𝜎12,

𝑉 𝑎𝑟𝑇(𝑟𝑡+1+ 𝑟𝑡+2) = 2𝜎12+ 𝑏21𝜎22+ 2𝑏1𝜎12.

Confrontando questi risultati con le varianze condizionali ottenute nel caso di rendimenti i.i.d. si trova la conferma di quanto preceden- temente affermato. Nel caso di rendimenti prevedibili, la varianza condizionata per ˆ𝑇 = 2è minore di quella calcolata sotto l’ipotesi di rendimenti i.i.d. solo se 𝑏2

1𝜎22 + 2𝑏1𝜎12 risulta minore di 0. Con i pa-

rametri stimati e posti uguali alle medie a posteriori si può verificare che ˆ𝑏2

1𝜎ˆ22+ 2ˆ𝑏1ˆ𝜎12 < 0, quindi la varianza condizionata non cresce in

76 Capitolo 4. Risultati azionario di lungo periodo viene percepito più basso, favorendo il maggiore investimento in azioni.

Nel portafoglio ottimo l’allocazione nell’indice azionario aumenta con il crescere dell’orizzonte di investimento per tutti gli investitori buy-and-hold con funzione di utilità potenza.

Finora abbiamo visto che gli extrarendimenti azionari nel lungo pe- riodo sono meno volatili e autocorrelati negativamente. Questo com- portamento è il risultato del fenomeno di mean-reversion, indotto dalla capacità del dividend yield di prevedere i rendimenti azionari. Con il termine mean-reversion si intende che un inatteso alto rendi- mento oggi riduce i rendimenti attesi futuri, analogamente alti rendi- menti a breve sono seguiti da rendimenti più bassi nel lungo ter- mine e viceversa, come conseguenza di un processo di ritorno verso la media. Questo fenomeno venne documentato per la prima vol- ta da Poterba e Summers (1988), i quali partendo dall’analisi del- la varianza dei rendimenti azionari statunitensi riscontrarono una correlazione negativa nei rendimenti per orizzonti temporali lunghi. Tuttavia ai livelli statistici convenzionali non poteva essere rifiutata l’ipotesi di processo White Noise per i rendimenti.

Attualmente il problema nella rilevazione di mean-reversion risiede nella mancanza di serie storiche lunghe e attendibili, perché si pre- sume che questo comportamento si manifesti con una certa lentezza e necessiti di intervalli significativi per essere catturato.

Pertanto dal punto di vista dell’investitore e condizionatamente ai dati disponibili, gli extrarendimenti azionari sono meno volatili se misurati su periodi lunghi. Matematicamente questa riduzione del rischio all’aumentare dell’orizzonte di investimento è dovuta al fe- nomeno di mean-reversion, il quale favorisce il maggiore investi- mento in azioni da parte di soggetti avversi al rischio.

4.2 Variabile previsiva: tasso di dividendo 77 ∙ Caso con incertezza

Per studiare l’effetto dell’incertezza nei parametri sull’allocazione di portafoglio si confrontano i risultati in cui la distribuzione dei rendi- menti è condizionata ai valori fissati dei parametri 𝒂, 𝑩, Σ con quelli ottenuti facendo riferimento alla loro distribuzione a posteriori. Nella Figura 4.6 viene riportata l’allocazione ottimale nell’indice azio- nario per un investitore buy-and-hold con funzione di utilità poten- za. La linea verde continua riporta l’allocazione relativa al caso sen- za incertezza, mentre la linea verde tratteggiata rappresenta l’allo- cazione ottima quando viene introdotto l’estimation risk. In entram- bi i casi si ipotizza che i rendimenti vengano previsti dalla variabile tasso di dividendo.

Dai grafici si evince che l’effetto dell’orizzonte, ovvero la diversa al- locazione del portafoglio al variare dell’orizzonte di investimento, è ancora presente ma meno rilevante. Un investitore con orizzonte di lungo termine continua ad investire la maggior parte della sua ric- chezza nell’indice azionario, ma in misura inferiore a quanto avrebbe fatto se non avesse considerato l’estimation risk.

Questo risultato deriva innanzi tutto dall’incertezza dell’investitore sulla media degli extrarendimenti azionari futuri. L’incertezza fa cre- scere la varianza condizionata all’aumentare di ˆ𝑇 più velocemente del caso in cui non si tenga conto dell’estimation risk. Inoltre la vera capacità previsiva della variabile dividend yield è ignota e potrebbe essere sia più debole di quanto stimato, con la conseguente riduzione della quota investita in azioni, sia più forte, comportando un note- vole investimento in azioni. A questi due effetti contrapposti, l’in- dividuo, avverso al rischio, risponde investendo meno in azioni nel lungo periodo rispetto al caso senza incertezza.

78 Capitolo 4. Risultati

Figura 4.6: Allocazione ottima di portafoglio nel caso di incertezza nei para- metri. I due grafici superiori si riferiscono a 𝛾 = 5, i due inferiori a 𝛾 = 10. La linea verde tratteggiata riporta l’allocazione ottima quando viene introdotto l’estimation risk.

4.3 Variabile previsiva: tasso di interesse a breve 79