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Variazione dei livelli marin

Nel documento Archeologia e storia dei mulini a Venezia (pagine 45-48)

PRIME TESTIMONIANZE DI MULINI E IPOTESI DI ABBANDONO

2.2 Variazione dei livelli marin

Gli scavi compiuti dall’equipe italo-polacca nel 1961 a Torcello, primo scavo stratigrafico condotto nella zona lagunare dell’alto Adriatico, dimostrano che già nei primi secoli d.C. si sviluppa, nell’estuario, una colonizzazione sparsa piuttosto stabile, ma a causa della prima ingressione marina e le conseguenti calamità naturali venutesi a creare, non si può parlare di una vera e propria continuità abitativa dall’età romana a quella medievale.81

Successivamente tra il IV e il V secolo si registra la prima trasgressione marina segnata dalla catastrofe avvenuta nel 589 riportata da un passo di Paolo Diacono “[…] fuit

aquae diluvium in finibus Veneciarum […] quale post Noe tempore creditur non fuisse. Factae sunt lavinae possessionum seu villarum hominumque pariter et animantium magnus interitus. Destucta sunt itinera, dissipate viae […]82 che sconvolse l’intero

territorio costiero alla quale fecero seguito, tra il 764-804, un’alta marea eccezionale e nel 886 un alluvione fluviale,83 questi eventi climatici eccezionali, modificarono gli alvei dei fiumi trasformando le foci in mari di foce, portarono ad un impaludamento di vaste aree di campagna e distrussero opere idrauliche. Un progressivo aumento del livello marino, associato agli eventi catastrofici appena citati, determina una cesura abitativa, ossia un progressivo abbandono dei territori abitati fino al III sec. d.C.84

L’immissione di acque salse in aree asciutte o palustri, ma comunque dulcicole, provoca un mutamento ambientale tale da obbligare i residenti ad abbandonare i loro insediamenti abitativi, allevamenti e coltivazioni, spingendoli alla ricerca di luoghi più

80

Calaon, 2006, p. 145

77 Leciejewicz- Tabaczynska – Tabaczynski, Torcello, scavi. 1961-1962, Roma 1977 82

Paolo Diacono, Historia, III, 23-24 Un diluvio nei territori delle Venezie quale si ritiene non esserci stato dai tempi di Noè, smottamenti, alluvioni devastarono campagne e città, con ecatombe di uomini e animali.

83 Dorigo, 1995, p. 156. “[..] apud Venecias adeo excrevit mare ut omnes insula ultra modum cooperiret

“(nelle Venezie tanto crebbe il mare da coprire oltre ogni limite tutte le isole) [764/804 Giovanni Diacono],” […]aque diluvii in finibus Veneciarum fuerant in tantum ut omnes ecclesias sive domos penetrant”(tanto

corsero le acque nel territorio delle Venezie da penetrare ovunque nelle chiese e nelle case ) [886 Giovanni Diacono]

84

46 sicuri.85 Ritroviamo un esempio in una sentenza dell’819 in cui il doge Agnello Particiaco accoglie la richiesta dei monaci benedettini del monastero di S. Servolo di un luogo dove trasferirsi, poiché “in loco angusto costituiti et infra paludes manentes”.86

In alcuni casi, quelli probabilmente in cui le acque penetrate non avevano sconvolto particolarmente l’assetto territoriale, si assiste alla ripresa e al ripristino di attività economiche come possiamo leggere in una sentenza, dove nel 982, il doge Tribuno Menio dona al monaco Giovanni Morosini la chiesa di S. Giorgio e le proprietà ad esso connesse, nel quale era esistito un mulino che si doveva ripristinare usando il materiale che ivi si trovava “cum totis petris quei bi reiacere videntur, ubi tu aquimolum debeas

facere, sicut antea fuit, ad hopus de vestro monasterio perpetualiter maneandum”.87 Da questi esempi possiamo vedere che, verso la seconda metà del X secolo, quindi durante una rapida regressione, si vengono a creare le condizioni idrauliche tali, da permettere una ripresa delle attività di mulini e saline che l’ingressione precedente aveva sommerso. Sulle rovine di questi insediamenti altomedievali, mai completamente abbandonati durante le successive ingressioni marine, tra il IX e XI sec. d.C., si trovano i resti delle costruzioni di XII-XIII sec.88 Si tratta per la maggior parte di monasteri che furono poi definitivamente abbandonati dal XIV sec. d.C. in poi, a causa dell’insalubrità dell’ambiente lagunare per l’ormai esteso impaludamento.89

Sulla base degli studi effettuati nel corso degli anni, possiamo quindi affermare che, a bassi livelli marini corrisponde lo sviluppo di insediamenti, mentre ad alti livelli marini cesure insediative.

Riassumendo velocemente, per avere un quadro più preciso della situazione temporale dell’evoluzione sia morfologica che abitativa della Laguna, le varie fasi importanti, che scandiscono i processi evolutivi e le conseguenti attività legate alla particolarità di questo territorio troviamo: una prima ingressione iniziata alla fine del III secolo d.C., determinante una netta cesura abitativa con i primi insediamenti abitati fin dal II secolo

85

Dorigo, 2003, p. 15 86

Dorigo,1995, p. 162. Rimanendo nelle paludi in un luogo angusto 87

Codex Publicorum, sentenza I, p. 21, 1282, 17 novembre, ind. X, Venezia Concediamo ed offriamo per

comune volontà, il monastero di San Giorgio tutto il lago e la vicina vigna, come fu dato al suddetto monastero, che un tempo fu di tuo fratello Domenico, dove un tempo ci fu un mulino del nostro palazzo, con tutte le sue pietre che vedi giacere, dovrai fare il mulino, com’era un tempo e rimarrà ad opera del vostro monastero.

88

Cavazzoni, 1995, p.47 89

Cavazzoni, 1995, p. 47, Nel corso del XIV si registra una fase di regressione marina che favorisce l’esondazione dei fiumi che, con le loro acque dolci, formavano bacini stagnanti ritenuti un ottimo ambiente per la zanzara anofila portatrice della malaria, inoltre l’impaludamento impediva ai monaci di svolgere le loro principali attività di coltura.

47 a. C. che ha trovato la massima espansione nel VI sec. d.C., successivamente una regressione iniziata nel VII secolo che porta alle condizioni per la creazione del Ducato veneto alla quale fa seguito un’altra ingressione culminata tra XI-XII secolo90

, a questa fase non corrisponde una cesura abitativa, ma un organizzazione da parte degli abitanti che si trovano di fronte a situazioni instabili e in continuo mutamento imparando a vivere tra le acque, a utilizzarle, a difendersi da loro, riuscendo a trarre vantaggio dalle condizioni ambientali sfavorevoli. Queste genti impararono ad elevare le quote dei terreni colonizzati, a realizzare opere produttive in ogni sito a seconda delle opportunità offerte dai luoghi e infine ad impiegare la variabilità delle maree e l’acqua salsa per realizzare saline, peschiere e mulini.91 Il fenomeno del riporto (o rialzo) è un’azione antropica finalizzata nel portare terreno con il preciso scopo di creare un nuovo livello su un territorio adibito a coltivazione agricola o ad abitato e non uno strato che si è formato gradualmente e spontaneamente, è molto importante dal punto di vista archeologico per la comprensione dello sviluppo urbano nelle sue diverse fasi evolutive. Tutti i terreni di riporto analizzati fin ora, indipendentemente dall’epoca di formazione, risultano costituiti da materiale di origine lagunare o litoranea, non vi sono presenze, per ora, di materiali di origine dulcicola o continentale a dimostrazione, almeno fino all’età moderna, che questo elemento è tipicamente lagunare e locale. 92

Il periodo che va dal XII-XV secolo, vede una fase di regressione, con l’abbassamento delle acque marine vi è una notevole crescita delle terre emerse, una minore penetrazione delle acque salse verso l’interno porta le aree paludose a restringersi, lasciando spazio a laghi salmastri.93

Assai frequenti all’interno del bacino lagunare sono specchi d’acqua calma che prendono il nome di lacus, importanti per la ricerca svolta proprio perché per la costruzione di mulini a marea è necessaria la presenza di una zona circoscrivibile, come sulla riva di un lago, alimentata naturalmente dal flusso della marea. Verso la fine del millennio iniziano a comparire notizie più precise, grazie alle fonti archivistiche, di mulini sulle sponde degli alvei fluviali e dei lacus sparsi in tutto il bacino lagunare, essi erano posti su sandones mossi dal flusso dei fiumi oppure del tipo a marea.94 Spesso per l’importanza che assumeva la presenza di un mulino il lago che lo ospitava 90 Canal, 2013, p.80 91 Dorigo, 1983, p. 206 92 Canal, 2013, p.80-82 93 Canal, 2013 pag. 52 94 Dorigo,1995, p 169

48 acquisiva il toponimo di lacus mollendinorum95 o lacus aquimoli96, in alcuni casi persiste

nei documenti anche dopo l’interruzione dell’attività molitoria. Con la regressione del VII iniziano a svilupparsi numerosi centri abitativi vista la notevole crescita di terre emerse, di conseguenza si viene a creare la necessità una regolamentazione delle proprietà e delle attività, nascono così le magistrature che avevano il compito di regolamentare indagando, confermando o negando, con precise sentenze la legittimità del possesso o dell’usufrutto di beni.97

Tramite queste sentenze, sono riuscita a ricostruire una mappatura dell’attività molitoria, riuscendo in taluni casi a determinare anche, in un arco temporale più o meno ampio, l’evoluzione. Mancando il dato archeologico, ad oggi i ritrovamenti di mulini nella Laguna di Venezia sono riconducibile a pochi siti, e basandomi semplicemente su quello archivistico, non è stato possibile determinare l’esatto inizio e la fine di tali attività né i diversi utilizzi, inoltre essendo innumerevoli le sentenze riferite ad essi, ho preferito approfondire solo alcune zone, in modo da restituire un quadro abbastanza completo di quella che poteva essere l’attività svolta.

Nel documento Archeologia e storia dei mulini a Venezia (pagine 45-48)

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