vitati tutti coperti d'un velo bianco anche loro.
Non
passava nessuno,almeno
perdomandare
sesi
andava bene
di lì, seproprio in fondo a quella gran polvere, a quella rabbia di sole c'eraSan
Martin laPalma
coli'ortoombroso
d'alberi, di spalliere, di pergole, di pianteda
fiore eda
frutto.Neppure una
fonte comunale,da
quelle parH,neppure
un'aria di vento. Colla bocca pastosa di sete, gli occhi abbacinati, le ascelle fradicie, ipiedi dolenti s'andava innanzi col coraggio di-sperato della speranza.
Ed
ecco, aman
dritta, lontano,un
campa-nileintonacato, bassotto, massiccio, coll'arcodelle
campane
aperto, conguarniturediverdeaccanto.—
Cisiamo —
disse lamamma. E
agliul-timi passi ci
pareva
d'esser tornati forticome
all'uscir di casa.
-05-Eccoci davanti al portone nero, colle scarpe bianche, colle gocciole di sudore giti pei
soprac-cigli e gli occhi, e il fazzoletto tra le"
mani
ba-gnate.Accanto
aun
cartello dimaimo,
ovale,dove
sidurava
fatica a leggere Curato,una
granmanigHa pendeva
giù tutta ossidatacome
senon
la tirasse
mai
nessuno.Venne ad
aprire il prete in persona, che lìper lì ci
sgomentò — un
prete tanto diversoda
quelli tondi e
ben
tenuti ch'ero avvezzo a ve-dere.Un
diavolone lungo lungo e senza carne, conun
viso mortaccino pien di crusca,un
naso a falco,due
occhi sbalestrati di losco,una
testa ciuffosa di capellacci rossi, senza tonaca, inma-niche di camicia, in calzoncini corti e ciabatte di cencio.
Appena
ci vide confusi a quellamaniera
siconfuse anche lui
ma
poi ci tirò dentro edopo
aver fattidue
complimenti allamamma
cominciò a chiamare : Dirce ! Settimia ! Dirce ! Settimia !E non
avrebbe finito più se dal fondo del-l'anditone buiodove
s'aspettavano le apparizioni salvatricinon
fosse scaturita lafamosa
Dirce.Allora il prete, con
un
sorriso dei denti sudici, silicenziò alla lesta, infilò
un
altro corridoio pienot'4VfNi Giorni éf 'lUa S
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d'armadi neri e di sante famiglie annunziazioni e crocifissioni incise in nero dentro cornici nere.
La
Dircenon
era propriamenteuna gobba
ma aveva
tutto—
il viso finito, il collo corto affogato nelle spalle alte, perfin la voce—
dèi gobbi. Bassae seccacome una
ragazzetta portava appoggiata, dentroun
giubbino di cambrì, la sua testina di pecora conuna
ciocca di capelli stra-niti e ingialliti per parte.La
sua accoglienza fu assai piti calorosa di quella del prete e sidegnò
di
guardarmi
eanche
di affermare che somi-gliavo tutto albabbo
e perfino didarmi un
piz-zicottino sullaguanciacondue
ditad'osso sudato.Ci fece passare in
una guardaroba
interna che ci parve,dopo
la fornace della strada,una
ghiacciaia.
E
di lì aun momento
si sentì scal-picciare in ritmo disparianche
la Settimia, che arrivò sciancando conuna
serietà di malaugurio.La
sorella della Dirce era più giovane e più altama
quasi più ripugnante.Con
quegli occhi rossi spauriti, collabocca raggrinzita delle beghine che pare siconsumino
i labbri a forza di preghiere, con quella grinta di maestra inagrita e quel gon-nellone neroda
diaconessa decadutami
fece quasi paura.Dopo
che le tredonne
ebbero sfogato leprime
sorprese e le gentilezze e le scuse e ledomande
si cominciò aragionare anche dell'orto.Era
l'ora ! Ciavevano
fatto bereun
po' di vinsanto acetoso
ma
ionon avevo
fatto davvero quellacamminata,
per tanto poco.— Venga un
po' nell'orto—
dissefinal-mente
la Dirce—
siva
sotto il versò e si re-spira meglio eppoi ilbambino
si diverte di più.E
traversatoun
salotto di parata euna
stan-zuccia vuota lastricata s'arrivò aun
usciolino chedava
sull'orto, su quell'orto straordinario da tantimai
anni desiderato.Abbarbagliato dalsole,con
un
gran battito di cuore, lo traversai tutto per seguir lamamma
fino auna
pergola di viti e convolvoli cheprendeva
tutto il fondo, ridosso almuro
di chiesa.E
allora, tìa quel riparod'om-bra, potei contemplare cogli occhi veri quella tanto decantata, aspettata e pregustata ridu-zione di paradiso terrestre.
Era, sì,
un
orto piuttosto grande, tuttoscom-partito in quadrilateri precisi
da
\ ialini costeg-giatida
larghe conche di coccio per i limoni.E
inognuno
di queichiusi quadratini c'eran fioriordinari, arancioni e rossi per lo più, e piante
nane
colleramature
bistorte, e cespugli senzanome
ed onesti erbaggi in fila per quattro. T^
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muri, per fortuna, eran coperti di
pàmpani,
di viticci, di grappoli e di fogliami eleganti dibuon
augurio. Io cercavo però gli alberi ricchi, coi frutti a ciocche, a coppie, a penzolo dai gambi,
colle tinte variegate della maturazione, pronti per essere spiccati e ingoiati.
Ma
perquanto
sbirciassi dì sott 'occhio e
mi
fossi azzardato an-che a scandagliare l'aiole allungando il collodi-sopra i vasi
non
riuscivo a far cambiare quel chevedevo
con quello che m'eroimmaginato dopo
tanti sogni a occhiaperti e chiusi, digior-no
e di notte.Non
piovevada
tre o quattro settimane eil terriccio pativa d'arsione, si sfarinava in
una
cenere limosa, si disfaceva nell'atrocità dell'a-sciuttore.
Le
foglie di limone, bollose,ingrinzi-vano
; tra quelle degli alberi cominciava are-gnare il giallo forzato del solleone ;
anche
i ca-voli e r insalatependevano
in livido : solamentei