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CAP 2 IL ‘PARADIGMA’ DELLA ‘DEMOCRAZIA ECOLOGICA’

3. L’AMBIENTE TRA COMUNITA’, CITTADINANZA E TERRITORIO

3.3. Verso una democrazia ecologica?

Il costituzionalismo sudamericano esprime un’ulteriore elemento di novità, oltre a quelli precedentemente evidenziati, che ineriscono alla ‘multidimensionalità’ dei concetti di ‘sviluppo sostenibile’, ‘democrazia ecologica’ e ‘giustizia ambientale’, ovvero al carattere non meramente simbolico e/o metaforico dei ‘diritti della natura’.

L’aver previsto a livello costituzionale la tutela di un’ampia gamma di diritti sociali e politici (accesso alle risorse, istruzione, salute, istituti di democrazia ‘deliberativa’ e diretta, ecc.), sia i diritti della Pachamama978, riflette non solo l’espressa volontà del legislatore costituzionale di costruire un ‘sistema’ ‘socio-ecologico’ robusto ma delinea anche la capacità di avere predisposto in modo coerente e organico la ‘conciliabilità’ dei valori inerenti la ‘persona’ con quelli riguardanti sia le ‘comunità locali’, sia gli ecosistemi naturali.

La ‘giuridicizzazione’ della consmovisione ‘indigena’ ha inoltre consentito almeno in linea di principio, di superare sia i vincoli di una sovranità territoriale ‘piramidale’, sia di regolare l’allocazione delle risorse naturali in un modo difforme rispetto ai dettami del mercato, in quanto contrari alle caratteristiche specificatamente ‘interculturali’ del buen

vivir

Come evidenzia infatti Gudynas, l’elemento di ‘interculturalità’ che caratterizza il buen

vivir non consente di identificare quest’ultimo propriamente come un ‘modello’979, attesa

l’‘apertura’ di esso anche in relazione ad altri modi di intendere sia ‘la crescita’ sia la ‘decrescita’. Tale caratteristica ne fa pertanto emergere l’abito ‘sperimentale’980.

Ma la peculiarità sudamericana è ‘germogliata’ in virtù di vicende storiche e politiche che hanno portato ad un ‘processo costituente’ come conseguenza di una concreta lotta politica,981 grazie alla quale una diversa ontologia ‘ecologico-giuridica’ ha potuto imporsi

977

Cfr., S.NESPOR, Regole ambientali e crescita economica: riflessioni su un recente studio dell’OCSE, cit. 978

Ad esempio attraverso l’obbligo di ripristino di ecosistemi danneggiati, la parziale interferenza rispetto ai cicli rigenerativi degli stessi attraverso una equiordinazione dei diritti dell’uomo rispetto a tali ‘funzioni vitali’, vincoli alla proprietà privata e all’ attività di impresa in conformità all’utilità sociale, azione popolare diretta ecc.

979

Cfr., E. Gudynas, in G.D’Alisa,F.DE MARIA, G.KALLIS (ed.), Degrowth. A vocabulary for a new era, cit. p.204 980

Cfr. G.DE MARZO, Buen vivir.Cit., p.83 981

Per una cronistoria delle vicende politiche che hanno riguardato l’iter di approvazione della Costituzione ecuadoriana nel 2008 cfr., F.R.GALLEGOS, Processo costituente ecuadoriano e legittimazione democratica: un contrappunto andino, in S.BAGNI, Dallo Stato del biene star allo Stato del buen vivir, cit.

195

come fondamento e valore dello Stato-nazione982.Le cosmovisioni ctonie, in altri termini e con esse i diritti della natura non sarebbero mai potuti essere riconosciuti e tutelati senza una politica per la natura983 in quanto espressione di una ‘cittadinanza ecologica’984che ha accompagnato il faticoso iter fino all’approvazione delle Carte costituzionali di ‘Stati verdi concreti’ come Ecuador e Bolivia.

Da qui il carattere ‘costruito’ anche dei ‘diritti della natura’ e del ‘buen vivir’985, nel senso che esso riflette non solo una differente ‘epistemologia’ ma anche una ‘prassi storica’ alternativa alle politiche ambientali neoliberali in quanto ha condotto mediante la concreta rivendicazione da parte di ‘popoli’ e ‘movimenti indigeni’ ad una ‘sintesi’ avente ad oggetto una molteplicità di tradizioni culturali (politiche, economiche, giuridiche) ‘stratificate’ nel contesto storico e territoriale attraverso la quale sono stati ‘ripoliticizzati’ i problemi ecologici.

La domanda che soprattutto la dottrina comparativistica europea si è posta riguarda allora fino a che punto il buen vivir possa e soprattutto debba essere ‘esportato’ in altre parti del globo, specialmente nei paesi occidentali e di conseguenza rappresentare un modello ‘universale’ di Earth-system governance.

Tale termine inerisce ad un Programma integrato di ricerche elaborato nel 2001, The Earth

System Science Partnership 986predisposto da un expertise internazionale di scienziati al

fine di esortare gli studiosi di scienze sociali ad intraprendere alcune ‘sfide teoriche’ al fine di configurare efficaci ‘strategie di governance’ che potrebbero verosimilmente manifestare una maggiore aderenza con l’interconnessione sistemica dell’ambiente naturale globale987.

982 Ivi 983

Cfr. M.SMITH, Against ecological sovereignty, Ethics, biopolitics, and Saving the natural world, cit., pp. 135 e ss. 984 Cfr., E.GUDYNAS, Ciudadanìa ambiental y meta-ciudadanias ecològicas: revisiòn y alternativas en Amèrica Latina, in “Desenvolvimento e Meio Ambiente”, 19, 2009. La cittadinanza ecologica, secondo gli autori della modernizzazione ecologica ‘forte’ si fonda sulla non reciprocità, dei rapporti tra essere umano e natura. Essa si basa pertanto su una logica non contrattualistica, ma sulla necessità del riequilibrio dell’impronta ecologica. La dimensione dei diritti non può che essere limitata o almeno bilanciata fortemente da quella dei doveri e dalla responsabilità nei confronti dell’ambiente in relazione al suo uso non strumentale, ma al suo valore intrinseco. Una maggiore garanzia del soddisfacimento dell’equilibrio ecologico è data dalla limitazione dei diritti individuali (in special modo economici) per (almeno) spostare il baricentro dall’uomo all’ambiente in cui vive. Cfr. A.DOBSON, Citizenship, in A.DOBSON ,R.ECKERSLEY

(ed.), Political Theory and the ecological challenge, cit., eID., Citizenship and the Environment, Oxford University Press, 2003. Sul rapporto tra ‘cittadinanza ecologica’ e politica, in base al quale la prima emerge non ‘idealmente’ ma grazie alla seconda cfr., P. A. LATTA, Locating democratic politics, in ecological citizenship, in “Environmental Politics”, 16:3, 377-393, 2007

985

Cfr., S.BALDIN, La tradizione giuridica contro-egemonica in Ecuador e Bolivia e L.PELLIZZONI, Natura, buen vivir e razionalità neoliberale, in S.BALDIN e M.ZAGO (a cura di), Le sfide della sostenibilità, cit.

986

Cfr. F.BIERMANN, Earth system governance: a research framework, International Environmental Agreements: Politics, Law and Economics 2010

987

<< L’Earth System Science Partnership, che riunisce tutti i principali programmi di cambiamento globale di ricerca, ha dichiarato nel 2001 l’urgente bisogno di sviluppare "strategie per la gestione del Sistema Terra". Ma in cosa potrebbero consistere tali strategie, come potrebbero essere sviluppate, e in quale modo efficace, efficiente ed equo non è stato specificato. E 'evidente che le istituzioni, organizzazioni e meccanismi attraverso i quali gli esseri umani

196

Stando alla esaminata concezione della Earth Jurisprudence, in particolare a parere di Cormac Cullican, il ‘modello sudamericano’ potrebbe costituire un esempio valido di ‘Earth governance’ per antonomasia988, in quanto il riconoscimento dei diritti della ‘Terra’ nella sua unità di ‘universo ordinato’, rispecchia (a parere dell’autore) già di per sé un ‘sistema ecologico’ omnicomprensivo989. Diverse sono però le possibili obiezioni che possono muoversi a tale ‘essenzializzazione’ del ‘politico’990.

In primo luogo concetti come ‘resilienza’ e ‘adattamento’ pur utilissimi ai fini di una consapevolezza sia scientifica, sia etica, potrebbero risultare al contempo fortemente ‘manipolabili’ da una narrazione ‘egemonica’ della sostenibilità ambientale991, fondata sul primato di una expertise ‘eco-manageriale’992, che potrebbe condurre (nonostante i più accorti richiami ai ‘limiti planetari’993 ad una generale ‘spoliticizzazione’ delle diverse ‘realtà’ economiche, culturali e giuridiche.

A fronte degli approcci neoliberali riguardanti differenti campi disciplinari come la regolazione finanziaria degli strumenti di mercato (es. i crediti di emissione di anidride carbonica), la pianificazione urbanistica, nonché le politiche ambientali e di sviluppo economico994si potrebbe palesare infatti il rischio di una ‘strumentalizzazione’ della stessa scienza ecologica995 per far fronte a ‘superiori’ esigenze ‘funzionali’ al rilancio dell’economia996 o a strategie di ‘governo della sicurezza’997con conseguente possibile

attualmente disciplinano il loro rapporto con l'ambiente naturale e i sistemi biochimici globali non sono solo insufficienti, ma sono anche poco conosciuti […]. Si delinea il concetto di governance del sistema Terra come una sfida per le scienze sociali, [riguardo] l'adattabilità dei meccanismi e dei processi di governance, la loro responsabilità e legittimità, e le modalità di assegnazione e l'accesso>>, ivi, corsivo nostro

988

Cfr. C.CULLICAN, The rule of Nature’s law, in C.VOIGT (ed.) Rule of law for nature, cit., p.106 989

Definito da Cullican ‘Grande Giurisprudenza’, <<utilizzata per informare e guidare lo sviluppo della ‘giurisprudenza umana’ (‘Earth jurisprudences’), che a sua volta ispira lo sviluppo di leggi che ne danno attuazione (‘wild laws’)>>Ivi p. 103

990

Cfr. G.PRETEROSSI, La sfida dell’immediatezza. Una riflessione meta-giuridica sulla crisi del diritto internazionale, in A.TUCCI (a cura di), Disaggregazioni. Forme e spazi di governance, cit.

991

Cfr. J.WALKER, Genealogies of Resilience: From Systems Ecology to the Political Economy of Crisis Adaptation, in Security Dialogue 2011

992

Mi permetto di rinviare al mio Democrazia ecologia ed expertise ambientale: razionalità in contrapposizione, in A. TUCCI (a cura di), Disaggregazioni, cit.

993

cfr. nota nr. 55. In ordine al richiamo degli stessi nel Earth System Science partnership e in generale sul concetto di ‘Environmental security’ (in riferimento anche al Progetto “Science for Peace” promosso dalla NATO), cfr. C.M.

DACLON, Geopolitica dell’ambiente. Sostenibilità, conflitti e cambiamenti globali, Franco angeli, Milano 2008

994 Cfr., J.W

ALKER, Genealogies of Resilience: From Systems Ecology to the Political Economy of Crisis Adaptation,

cit. p.2 995 Cfr. T. F

ORSYTH,Who speaks for the future of Earth? How critical social science can extendthe conversation on the

Anthropocene, in “Global Environmental Change”, 2015 996 Cfr.

O.MARZOCCA (a cura di), Equivoci dell’Oikos. Ecologia, economia e governo del day after in ID. (a cura di),

Governare l’ambiente? cit.

997 Risulta rilevante in tal senso il concetto di Environmental security che attiene alla convinzione secondo la quale si ritiene che i fattori ambientali abbiano un importante impatto nei conflitti, tanto che la NATO ha apportato un sostegno finanziario alla ricerca scientifica attraverso il Programma “Sicurezza tramite la Scienza. Cfr. C.M.DACLON,

197

neutralizzazione delle differenti ‘risposte’ che hanno ad oggetto la crisi ambientale e il sostegno a comunità marginalizzate dai processi della globalizzazione998.

Rischio tra l’altro insito anche nella proposta della decrescita, (finalizzata a liberare l’essere umano dalla dipendenza delle ‘cose’ e dalla reificazione delle relazioni umane) allorquando la ‘controspinta’ del c.d. ‘capitalismo cognitivo’999 alimenta del pari processi ‘immateriali’ di estrazione del ‘valore’1000 includendo la natura entro il processo di

finanziarizzazione dell’economia (mediante ad esempio gli investimenti in borsa di titoli

assicurativi come i contratti di vendita di cosa futura aventi ad oggetto prodotti alimentari, o assicurazioni su eventuali catastrofi da parte di imprenditori titolari di aziende).1001 Nel contesto neoliberale alla rappresentazione della natura concepita come ‘risorsa’si affianca in altri termini, anche l’‘informazione’ che si può ‘ricavare’ da essa al fine di ‘gestire’ il ‘rischio’ attraverso meri strumenti di mercato.1002

In secondo luogo l’enfasi che potrebbe suscitare il modello ‘biocentrico’ di Ecuador e Bolivia, potrebbe portare a non considerare sufficientemente gli aspetti ‘strategici’ di politiche nazionali che mirano al consenso e sono finalizzate di conseguenza legittimare scelte a volte anche non coerenti con il complesso dei valori propugnato a livello costituzionale. Come evidenziano alcuni autori della dottrina comparativistica italiana1003 i

‘eterodiretto’ in alcuni ambiti della cooperazione internazionale sulle risorse naturali, cfr. S.MARCENÒ, Better safe than sorry. Ambiente sicuro e biopolitica delle popolazioni, in O.MARZOCCA (a cura di), Governare l’ambiente? cit. 998

ID.Critical Political Ecology, cit., pp. 25-61, 191-201, 253 e ss. 999

Come evidenzia in un recente saggio anche Pier Paolo Poggio, Direttore della Fondazione Micheletti di Brescia: <<Un vero salto di qualità avviene nel rapporto tra lavoro e non-lavoro, tempo della produzione e della riproduzione, tempo di lavoro pagato e attività generiche. Nel postfordismo è messa al lavoro tutta la vita dei soggetti, mentre tramonta l’ideologia del lavoro tutti quanti diventano “lavoratori”. La produzione, al suo grado più alto, utilizza il corpo non meno delle capacità cognitive e tutto quanto il tempo libero; infatti la macchina si incepperebbe se attraverso il consumo non venissero sollecitati i desideri e le passioni delle moltitudini, sia come effettivi consumatori sia come aspiranti tali. Soprattutto i consumatori delle aree centrali si sottopongono a uno sforzo senza precedenti che ha il suo corrispettivo nell’intensificazione del lavoro. L’attività lavorativa è sempre più coinvolgente, non si tratta più di una prestazione più o meno faticosa e però separata dal resto della vita, essa comprende in misura crescente il sapere, le capacità comunicative, relazionali, gli stessi sentimenti ed emozioni, così come nel consumo è la vita che viene messa al lavoro>>

Cfr. P.P.POGGIO Postfordismo e sviluppo sostenibile in

www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=2&tipo_articolo=d_saggi&id=218. 1000

Nella sua ulteriore declinazione eco-socialista (decrescita) ed eco-marxista il pensiero ecologista ha avuto sicuramente il merito di evidenziare soprattutto i doppi legami che esistono tra società ed ecosistema, tra fonti di lavoro e fonti di rischio (industriale) ma non riesce a divincolarsi da una proposta senz’altro critica nei confronti dell’attuale ordine globale ma ancora intrappolata nelle maglie di un discorso bioeconomico fondato sull’empowerement dell’individuo. Espressione di una <<svolta [che] in direzione del linguaggio si lega al crescente peso economico di servizi, piuttosto che di beni, anch’essi fondati su attività di comunicazione, di relazione che anch’essa risponde a una domanda (e la crea a sua volta)[…]Una domanda di beni relazionali (servizi alla persona, cura, benessere, assistenza), ma anche servizi culturali, artistici, intersoggettivi, che, nell’esercizio, possono implicare una qualità della vita sociale, di partecipazione, di libertà che investe e trasforma l’immaginario collettivo. La matrice sociale dell’economia quindi viene messa a fuoco per via diversa rispetto al classico feticismo reificante delle merci. Fermo restando […] lo sfruttamento di questa creatività e della vita mentale del lavoratore>>. Cfr. L. BAZZICALUPO, La scarsità come dispositivo per governare l’ambiente. Questa è la strada? In O.MARZOCCA (a cura di), Governare l’ambiente, cit.p. 77 1001 Cfr.

E.LEONARDI, Quale ritorno? A quale terra? cit.

1002

Cfr. E.LEONARDI, Per una critica della green economy neoliberale, cit. 1003

198

principi ‘supremi’ del ‘buen vivir’ devono necessariamente raccogliere la sfida di una realtà dominata da uno squilibrio di forze rispetto alle costrizioni del mercato globale, nonché delle tensioni politiche interne, come pur è evidente nelle contrapposizioni tra movimenti locali e istituzioni governative.1004

Quest’ultimo caso è poi particolarmente riscontrabile quando cresce il malcontento sulla reale configurazione dell’ideale fondato su una società del ‘buen vivir’1005. L’attuale governo ecuadoriano ad esempio è stato costretto a causa del mancato sostegno finanziario da parte della Comunità Internazionale a sceglier di dover perseguire alcune politiche estrattive (in particolare il parziale sfruttamento del parco Yasunì nel cuore della Amazzonia) al fine di sovvenzionare programmi volti ad alleviare la povertà, mentre in diverse circostanze in ordine alla realizzazione di progetti infrastrutturali nelle proprietà comuni dei popoli indigeni in Bolivia, il diritto di consultazione di questi ultimi previsto sia dalla Convenzione ILO1006, sia dalla Costituzione Boliviana non è stato reso efficace in quanto non rispettato.

Il ‘paradigma’ costituzionale dei ‘diritti della natura’ pur costituendo una risorsa significativa dal punto di vista sia materiale (una concezione alternativa di metabolismo socio-naturale)1007 sia simbolico-culturale1008 (la natura viene elevata a fine e non più considerata un mezzo), si scontra in ultima analisi con la contraddittorietà del potere statuale ‘reale’ che <<detiene la direzione e il controllo dei settori strategici

dell'economia>>1009.

A fronte di tali difficoltà risultano in ogni caso significative le ‘negoziazioni’ politiche poste in essere ad esempio dal presidente ecuadoriano Correa al fine di non cedere a compromessi troppo contraddittori o irrazionali da un punto di vista socio-ecologico,

1004

Cfr. S.BAGNI, Il sumak kawsay: da cosmovisione indigena a principio costituzionale in Ecuador, in S.BALDIN,M. ZAGO (a cura di), Le sfide della sostenibilità, cit., p.91

1005

Sulle difficoltà nella fase di attuazione dei principi della sovranità alimentare, cfr. I.GIUNTA, Food sovereignty in Ecuador: peasant struggles and the challenge of institutionalization, in “The Journal of Peasant Studies”, 6, 2014, pp. 1221 e ss.

1006

La Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali è stata adottata nel 1989 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), un’agenzia delle Nazioni Unite. La Convenzione riconosce ai popoli indigeni un insieme di diritti fondamentali, essenziali alla loro sopravvivenza, tra cui i diritti sulle terre ancestrali e il diritto di decidere autonomamente del proprio futuro. Cfr. www.survival.it/campagne/169

1007

Ricomponendo quella ‘scissione metabolica’ riguardante il ‘ricambio organico con la natura’ che Marx riteneva fondamentale ai fini di uno sviluppo ‘umano’, consistente nell’antagonismo città-campagna, come tratto <<caratteristico della struttura eco geografica del capitalismo>>. Cfr. J.MOORE, Questione agraria e crisi ecologiche nella propsettiva della storia-mondo, in “Scienze del territorio”, 1/2013, cit., p. 250. In ordine al concetto di ricambio organico cfr., K. MARX, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica [Gundrisse], Manifesto libri, Roma 2012 (1858); ripreso da Foster nell’elaborare la nozione di frattura metabolica cfr., J.B.FOSTER, Marx’s Ecology, Monthly Review Press, New York 2000

1008

Cfr. G.ZAGREBELSKY, Simboli al potere, cit. 1009 Cfr. S.B

199

come quando lo stesso:<< pur non avendo rinunciato del tutto alla politica estrattivista […]

ha lanciato, in sede internazionale all’ Assemblea generale delle Nazioni Unite il progetto Yasunì ITT. Con questa iniziativa l’Ecuador si è impegnata a rinunciare all’estrazione delle risorse energetiche e minerarie del sottosuolo […] con l’effetto di evitare l’immissione nell’ atmosfera di 407 milioni di tonnellate di CO2, conseguenza dello sfruttamento del petrolio, pari alla produzione annua di gas-serra di Paesi come il Brasile o Francia. L’area rappresenta la riserva di biodiversità più importante del pianeta, oltre a essere la sede delle due comunità indigene in isolamento volontario presenti in Ecuador. In cambio l’Ecuador ha chiesto alla comunità internazionale una compartecipazione economica pari al valore delle entrate che lo Stato perde a seguito della rinuncia all’estrazione (stimati 3600 milioni di dollari), attraverso la realizzazione di un fondo gestito dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) a cui gli Stati, le organizzazioni internazionali, le ONG e i singoli possono contribuire, da utilizzare sul territorio per il finanziamento di progetti relativi allo sfruttamento delle energie pulite e rinnovabili, alla riforestazione, alla preservazione del Parco naturale, alla ricerca e sviluppo di sistemi energetici sostenibili, allo sviluppo delle comunità agricole locali>>1010

La sfida dell’’ecologia politica’1011 consiste allora nel trovare a livello teorico-politico ‘un fondamento anti-essenzialista’, necessario per superare il dualismo tra natura e cultura, ma anche nel tentare (seppur con difficoltà) di raggiungere un equilibrio tra il ‘salvare’ la dimensione biologica della prima, negandone al tempo stesso il carattere pre-discorsivo e assoluto.1012

La relazione tra democrazia e cosmovisione indigena, fondata sul rapporto coevolutivo tra essere umano e natura e non sulla logica dell’estrazione e della mercificazione, seppur riconosciuta anche da altre culture indigene in differenti parti del globo1013, quanto alla concreta possibilità di estendersi (nei termini di un modello ‘biocentrico’) oltre i confini ‘regionali’ della federazione Sudamericana, costituisce una sfida politica aperta all’indeterminatezza dei risultati, ma anche una concreta aspirazione ad incidere maggiormente nell’ambito della governance ambientale internazionale, occupando

1010

Cfr. S.BAGNI, Dal Welfare State al Caring State, in ID.(a cura di), Dallo Stato del bienestar allo Stato del buen vivir, cit., p. 40

1011

Cfr. nota 390 1012

Cfr. C.LANZANO, Post-strutturalismo ed ecologia. Dalla conferenza Gildersleeve alla political ecology (e oltre) in www. accademia.edu. In generale sul rapporto tra post-strutturalismo ed ecologia cfr. V. A. CONLEY, Ecopolitics. The environment in poststructuralist thought, Routledge, London 1997

1013

Sul punto si vedano le analisi di Silvia Bagni sull’Ubuntu nell’ordinamento costituzionale sudafricano e del Gross National Happiness, in Bhutan, Cfr., S.BAGNI, Dal Welfare State al Caring State? In ID. (a cura di), Dallo Stato del bienestar allo Stato del buen vivir, cit., pp. 40 e ss.

200

mediante l’ ‘invenzione strategica’ (ovvero la sintesi ‘unitaria’ del significato politico da attribuire al buen vivir) un ‘significante vuoto’1014 che aspira al tempo stesso a un ruolo ‘cosmopolita’1015

Le costituzioni Sudamericane, in particolar modo quelle di Ecuador e Bolivia hanno

espresso infatti (sebbene ancora in via di principio) a parere della dottrina comparativistica italiana e dei teorici del diritto sudamericani un modello di ‘cosmopolitismo controegemonico’, in quanto contemplano un differente rapporto ‘sostanziale’ (rectius: ancestrale) con la natura, tale da determinare anche effetti politici, in ordine a una gestione ‘comunitaria’ e non ‘elitaria’ delle risorse naturali. In altri termini le politiche sociali e ambientali poste in essere da Stati come Ecuador e Bolivia non sono guidate da un criterio di efficienza e/o di competizione, per soddisfare le esigenze del mercato, ma utilizzano (al di là delle contestazioni interne in merito al c.d. neoestrattivismo progressista1016) il ‘metro’ dei reali bisogni della collettività di riferimento.

Un’ottica che si pone in ogni caso netta discontinuità sia con la logica capitalistica della

mercificazione dei ‘beni ambientali’, sia con quella ‘sovranista’ in base alla quale il

‘territorio’ costituisce solo ed esclusivamente una divisione geografica su cui lo Stato