2.3. Gli alunni con svantaggio linguistico e culturale
3.1.4. Verso l'inclusione
Alla luce di quanto descritto sino ad ora è chiara la distinzione, tra casi certificati e casi non certificati che si evince dalla normativa citata (Daloiso, Melero, 2016). Come abbiamo potuto notare vi sono due circostanze in cui gli studenti sono assolutamente tutelati:
la prima riguarda gli studenti portatori di differenti tipologie di disabilità che rientrano nella legge 104/92 una disposizione, quest'ultima, che attesta il punto più alto dell'impegno del nostro paese verso l'inserimento prima e l'inclusione poi degli alunni disabili e che stabilisce un punto di partenza per la creazione di una scuola inclusiva;
il secondo caso, invece, fa riferimento agli alunni con DSA, tutelati dalla recente legge 170/2010, una legge che ha cambiato il panorama italiano riguardante i BES dando un forte impulso alla normativa dell'inclusione. Tuttavia, vi sono anche delle situazioni in cui una difficoltà è diagnosticata ma non certificata. Si tratta dei casi in cui la problematicità è riconosciuta da differenti manuali diagnostici ma non rientra nelle casistiche della legge 104/92 e della legge 170/2010, possono esistere anche situazioni in cui si è in attesa di una certificazione oppure, come abbiamo visto, situazioni di svantaggio sociale e culturale che possono compromettere seriamente il percorso scolastico. Per tutte queste circostanze è stato quindi necessario individuare un quadro normativo di riferimento che regolamentasse
le situazioni e tutelasse gli studenti che necessitavano di misure e di dispositivi particolari per proseguire il percorso scolastico senza difficoltà. A questo proposito, e vista la situazione che si andava delineando, è stata emanata la DM 27/12/12 e la successiva Circolare n. 8 del 6/3/2013. L'obiettivo di queste disposizioni era proprio quello di specificare quali alunni potessero rientrare sotto la dicitura BES, tutelare le condizioni diagnosticate ma non certificate e infine, come specifica la Nota prot. 2563, proteggere “gli alunni con difficoltà non ordinarie di apprendimento” (2013: 2). Tali disposizioni, inoltre, permettono di estendere agli alunni con bisogni educativi speciali le misure previste per gli alunni con DSA e per quelli con disabilità.
La Direttiva e la Circolare, oltretutto, non si limitano a descrivere categorie e strumenti ma puntualizzano la necessità di una formazione specifica su questa tematica, per dirigenti e docenti, al fine di acquisire nozioni e capacità necessarie per creare una vera e propria scuola inclusiva. Forniscono indicazioni riguardanti l'organizzazione dei singoli istituti e dispensano suggerimenti sulla programmazione a livello territoriale. Ribadiscono l'importanza dei Centri Territoriali di Supporto (CTS), punti di riferimento per gli istituti scolastici, per le famiglie e per gli studenti, collocati presso scuole polo con il compito di fornire consulenza, informare, monitorare, raccogliere e trasmettere le buone pratiche. Sempre sul piano territoriale, ma ad un livello meno esteso, la Direttiva propone di individuare i Centri Territoriali per l'Inclusione (CTI), si tratta di scuole che assumono il compito di affiancare, con il loro lavoro, i CTS ricoprendo, però, una zona meno ampia, individuata solitamente con il distretto socio-sanitario. Gli operatori di questi centri dovranno essere docenti curriculari o docenti di sostegno esperti nelle tematiche riguardanti i BES. A livello delle singole scuole, invece, la Direttiva e la Circolare, prevedono la costituzione di un Gruppo di lavoro per l'inclusione scolastica (GLI), si tratta di un organo composto da docenti esperti con il compito di realizzare l'inclusione al livello di singolo istituto. Tale gruppo, specifica la Direttiva, non sostituisce i Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica (GLH) già previsti dalla legge 104/92, ma ne affianca l'operato. I GLI hanno il compito specifico di individuare i BES presenti nella scuola, programmare gli interventi a favore dell'inclusività e rilevarne i punti di forza e le
criticità, fornire consulenza e supporto ai colleghi in materia di gestione delle classi, valutare il livello di inclusione della scuola, trasmettere le buone pratiche ed elaborare il Piano Annuale per l'Inclusività (PAI) riferito a tutti gli alunni con BES presenti nella scuola (CM n.8 06/03 2013: 4).
Attraverso questa breve descrizione della normativa si può constatare che, nel panorama italiano, il processo verso una scuola inclusiva è appena iniziato e che il concetto di integrazione, inteso come assimilazione del diverso, è stato sorpassato e inglobato in un concetto più ampio quello, appunto, di inclusione che attraverso azioni normative importanti, come d'altronde attestano la Direttiva e la Circolare, si prefigge di creare un ambiente scolastico pienamente consapevole delle diversità, capace di individuarle e valorizzarle. Tuttavia, anche se il percorso italiano verso l'inclusione è recente, essa affonda le proprie radici in dichiarazioni, prese di coscienza, azioni e convenzioni più datate. L'inclusione scolastica, come affermato a Ginevra in occasione della Conferenza Internazionale sull'Educazione (2008), può essere considerata un processo di rafforzamento del sistema educativo capace di raggiungere tutti gli studenti tenendo conto dell'unicità di ognuno. L'obiettivo della scuola inclusiva è quello di realizzare il diritto allo studio di ogni studente intervenendo con azioni e strategie adeguate per rispondere alle diversità e alle caratteristiche dei singoli. Essa risponde ai bisogni degli alunni in quanto persone modificando la propria organizzazione e la propria offerta educativa. Agisce sul contesto, lo adatta e lo cambia per adeguarlo alle esigenze di ognuno. La scuola inclusiva è una scuola che valorizza le differenze, cerca di rimuovere le barriere, promuove la partecipazione e l'empowerment degli alunni, combatte l'esclusione e valorizza l'individualità senza perdere di vista la globalità della situazione che fa riferimento alla sfera educativa ma anche a quella politica e sociale.
A conclusione di questo paragrafo, possiamo constatare il lungo percorso fatto dal nostro paese per approdare ad una normativa inclusiva. Com'è stato più volte rimarcato e da come si è potuto osservare attraverso questa breve disamina, l'Italia è stata certamente all'avanguardia per ciò che concerne l'integrazione, tuttavia, per il riconoscimento e l'inclusione degli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento e degli alunni portatori di differenti bisogni educativi speciali si è dovuto aspettare
parecchi anni prima di raggiungere una piena consapevolezza del loro status e prima di normare a favore della loro inclusione.