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Par.1: Il principio di specialità dall’estradizione al mandato d’arresto europeo

Il principio di specialità è un istituto tipico dell’estradizione ripreso e rimodulato anche nell’ambito della disciplina del mandato d’arresto europeo.

La condizione di specialità è un principio cardine in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, che vieta allo Stato che ha ottenuto l’estradizione o la consegna di avvalersene per sottoporre il soggetto coinvolto a processi o a pene diversi da quelli relativi ai reati per i quali sia stata chiesta l’estradizione o la consegna.

Partendo dalla disciplina relativa al procedimento estradizionale, il principio di specialità trova espressione sia nella normativa interna, sia in parecchie convenzioni internazionali relative all’argomento147

.

Nella Convenzione europea di estradizione del 1957, l’art. 14 stabilisce che di regola la persona estradata non può essere

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«perseguita, giudicata, arrestata in vista dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né sottoposta a qualsiasi altra restrizione della sua libertà personale, per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna, diverso da quello che ha dato luogo all’estradizione». Sono soltanto due le possibili eccezioni: il consenso dello Stato che ha provveduto all’estradizione e quella sorta di acquiescenza dell’interessato desunta dal fatto che egli, avendone avuta la possibilità, non si sia allontanato dal territorio dello Stato di consegna entro 45 giorni dalla sua definitiva liberazione.

Nel codice di procedura penale il principio è affermato sia nel caso dell’estradizione per l’estero, sia in quello dell’estradizione dall’estero.

L’art. 699 c.p.p., quanto all’estradizione per l’estero, inquadra il principio in questione tra le condizioni oggettive a cui l’estradizione deve essere subordinata nelle relazioni con lo Stato richiedente. Inoltre, è ammessa l’estensione dell’estradizione già concessa per un fatto diverso, anteriore alla consegna, nel caso in cui venga presentata una nuova domanda (art. 710 c.p.p.). La necessità di una domanda di estensione si pone, ed è importante sottolinearlo, solo per quei fatti commessi anteriormente alla consegna; se i fatti fossero successivi non esisterebbero più quelle esigenze di garanzia dell’individuo a cui è funzionale la logica del principio di specialità.

Nell’estradizione dall’estero il sopra menzionato principio comporta per le autorità italiane un preciso obbligo di astenersi dal sottoporre l’estradato a pene o a misure limitative della libertà personale «per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa» (art. 721 c.p.p.).

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Si nota, sulla scia di quanto disposto dalla Convenzione europea, come anche gli artt. 699, comma 2, e 721 c.p.p. prevedono quali deroghe all’applicazione del principio le ipotesi del consenso dello Stato straniero o della permanenza dell’interessato, per oltre 45 giorni, sul territorio dello Stato di consegna, nonché il suo volontario ritorno in tale Stato.

La DQ in materia di mandato d’arresto europeo ha introdotto un sistema più agevole di cooperazione in ambito giudiziario tra i vari Stati membri. In un quadro così mutato, fondato sul principio del mutuo riconoscimento che, a sua volta, richiama la reciproca fiducia tra i diversi Paesi, «la regola della specialità ha subito una importante rivisitazione»148.

In primo luogo ciò si coglie dal fatto che la decisione quadro non contiene una specifica rubrica dedicata al principio, ma l’art. 27 è stato intitolato «Eventuali azioni penali per altri reati».

Diversamente la legge italiana ha attribuito maggiore visibilità a tale regola, rubricando l’art. 26 «Principio di specialità».

In generale è possibile notare come il principio conservi la natura e i contenuti che gli erano già stati attribuiti, in ambito europeo, con la Convenzione di estradizione del 1957: trattasi di un «limite al potere giurisdizionale del giudice derivante dalla necessità di impedire che la presenza dell’estradato nel territorio nazionale di uno Stato membro possa costituire il pretesto per procedere alla notifica, nei suoi confronti, di provvedimenti restrittivi della

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N. PLASTINA, Specialità e mandato di arresto europeo: la prima pronuncia della

Cassazione sull’applicabilità del principio dinanzi al giudice della esecuzione, in Cass. pen. , 2008, n. 10, p. 3633.

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libertà personale relativi a fatti anteriori alla consegna e per i quali l’estradizione non è stata concessa»149

.

Anche nell’ambito del mandato d’arresto europeo, dunque, il principio di specialità si allinea al suo contenuto standard di divieto a processare o punire l’interessato per fatti anteriori alla consegna e non contenuti nella relativa richiesta.

Proprio la formulazione contenuta nell’art. 26, comma 1, della legge di recepimento riprende le disposizioni degli artt. 699 e 721 c.p.p..

Tuttavia si sono registrate alcune differenze; in particolare si rinviene nell’art. 26 un riferimento al termine “processare” non presente nei due articoli del codice di rito. Tale divergenza dovrebbe avere uno scopo preciso, quello di rendere più pregnante ed efficace il limite rappresentato dal principio. Ne deriva che la regola impedisce non solo l’adozione di misure coercitive nei confronti del soggetto coinvolto per atti estranei ed anteriori a quelli oggetto del mandato di arresto, ma anche l’instaurazione di un procedimento150

.

In passato la questione circa l’inquadramento giuridico del principio di specialità aveva dato luogo ad un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Da un lato, c’erano i sostenitori di una interpretazione più limitata, per i quali la specialità doveva riguardare solo la disponibilità fisica dell’imputato e, dunque, la possibilità di dare esecuzione ad una misura cautelare o una condanna a pena detentiva, ma non l’esercizio dell’azione penale; dall’altro, c’erano i promotori di una tesi più garantista per cui si

149 A. MARINO, L’apparato di tutela preteso nei confronti del Paese richiedente, in

Mandato d’arresto europeo, a cura di Pansini - Scalfati, Jovene, 2005, p. 177.

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A. MARINO, L’apparato di tutela preteso nei confronti del Paese richiedente, cit., p. 177.

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configurava un’assoluta carenza di giurisdizione dello Stato sui fatti non inclusi nel decreto di estradizione. In una posizione intermedia si poneva chi conciliava il valore garantistico della specialità con l’obbligatorietà dell’azione penale. L’ultimo orientamento limitava i poteri attribuiti agli organi giudiziari del Paese richiedente consentendo solo l’inizio dell’azione penale o il compimento di atti urgenti o l’archiviazione151

.

L’indirizzo interpretativo che in tempi recenti si è consolidato in giurisprudenza ha considerato il principio di specialità come una condizione di procedibilità: il divieto posto dall’art. 14 della Convenzione europea di estradizione si è inteso come diretto ad impedire l’inizio o il proseguimento dell’azione penale, salvo il verificarsi delle eccezioni indicate nella norma.

Una novità evidente, rispetto alla classica procedura di estradizione, è stata introdotta all’art. 27, comma 1, DQ 2002/584/GAI. La disposizione prevede la possibilità che ogni Stato membro, attraverso la relativa notifica al Segretario generale del Consiglio dell’Unione europea, rinunci ad avvalersi della specialità nei suoi rapporti con gli altri Stati membri che abbiano effettuato un’identica notifica. In tale evenienza si presume l’assenso all’azione penale, alla condanna o alla detenzione ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà nei confronti del soggetto consegnato per eventuali reati anteriori alla consegna e diversi da quello per cui essa è avvenuta. Si fa salvo lo specifico caso in cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione disponga diversamente nella

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N. PLASTINA, Specialità e mandato d’arresto europeo: la prima pronuncia della

Cassazione sull’applicabilità del principio dinanzi al giudice dell’esecuzione, cit., p.

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sua decisione sulla consegna, attraverso l’apposizione della clausola di salvaguardia del principio di specialità.

L’Italia non si è avvalsa di questa facoltà e vista la reciprocità della norma, almeno per ora, essa non ha effetto sulla nostra collaborazione giudiziaria nell’ambito del mandato d’arresto europeo. La dottrina ha dedotto da questa scelta che il legislatore italiano abbia voluto mantenere più saldo il rispetto del principio di specialità, consentendo solo nelle ipotesi tassativamente previste di derogare alla sua applicazione.

«Se, da un lato, una simile scelta è indicativa dell’importanza che il nostro sistema di diritto interno riconnette all’osservanza del principio e, più in generale, al necessario rispetto dei diritti e delle garanzie in materia estradizionale, dall’altro essa fa segnare un passo indietro in quella accelerazione dei rapporti che in materia di cooperazione giudiziaria tra Stati si era andata sviluppando»152.

Proseguendo nell’analisi dell’art. 27 DQ, a fronte della enunciazione del principio generale al comma 2, rilevante è la formulazione del comma 3 in cui vengono descritte tutte le situazioni nelle quali la regola della specialità non opera. Dette situazioni sono state integralmente recepite all’art. 26, comma 2 della legge italiana contenente la disciplina relativa al mandato d’arresto.

Nello specifico, le deroghe al principio di specialità si distinguono in ipotesi di caducazione e in limiti alla sua efficacia153.

152 A. MARINO, L’apparato di tutela preteso nei confronti del Paese richiedente, cit.,

p.178.

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M. R. MARCHETTI, La fase dell’esecuzione nella procedura passiva di consegna.

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Nella prima categoria vi rientrano dei casi usualmente considerati in ambito estradizionale. Il primo di questi è quello in cui l’interessato non abbia lasciato il territorio dello Stato entro 45 giorni dalla sua definitiva rimessione in libertà, ovvero dopo averlo lasciato vi abbia fatto ritorno ( c.d. casi di purgazione

dell’estradizione)154

. In tali circostanze il comportamento del soggetto deve essere volontario, dunque deve essere messo nelle condizione di poter lasciare il territorio dello Stato. Data la sostanziale analogia di disciplina, anche nel caso del MAE valgono le condizioni ostative all’abbandono del territorio a suo tempo individuate in relazione alla procedura di estradizione dalla dottrina e dalla giurisprudenza quali una grave malattia e la mancanza di denaro o di un documento valido per l’espatrio. In definitiva, la scelta di rimanere o meno nel territorio dello Stato, ovvero ritornarvi dopo averlo lasciato, deve essere riconducibile alla volontà del soggetto coinvolto.

Un’ ulteriore ipotesi di caducazione è costituita dalla rinuncia al principio di specialità da parte dell’interessato. Siffatta volontà può essere espressa antecedentemente o successivamente alla consegna, come emerge dalla lettura delle disposizioni di diritto interno e dell’atto comunitario che se ne occupano (artt. 27, comma 3 lett. e) ed f) DQ e, 26, comma 2 lett. e) ed f) della legge n. 69/2005).

È da evidenziare come, seppur la rinuncia può accompagnare il consenso alla consegna, le due scelte rimesse al ricercato restano disgiunte. In questo modo non è compromessa la facoltà del soggetto di scegliere la procedura semplificata, che scatta con il

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Questa ipotesi è disciplinata agli artt. 27, comma 3 lett. a) DQ e 26, comma 2 lett. a) della legge di recepimento.

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consenso alla consegna, anche quando decida di non rinunciare alla garanzia della specialità.

L’opportunità concessa all’interessato, di prestare il proprio consenso alla rinuncia al principio di specialità, ha dei riverberi importanti rispetto al regime dell’estradizione.

In tale ultimo ambito, raramente si è prevista la possibilità di esprimere la rinuncia in questione: negli artt. 699 e 721 del codice di rito è del tutto ignorata, così come nella Convenzione europea di estradizione del 1957.

Il consenso nella specialità è stato introdotto dall’art. 5 n. 2 dell’Accordo aggiuntivo alla Convenzione di Parigi, ratificato dall’Italia con la l. 11 dicembre 1984 n. 969, ove si stabilisce che lo Stato richiesto rinuncia all’osservanza delle limitazioni stabilite dall’art. 14 della Convenzione «se l’estradato ha acconsentito, con formale dichiarazione irrevocabile resa dinanzi alla autorità giudiziaria, e dopo essere stato reso edotto degli effetti legali di tale dichiarazione, ad essere giudicato o assoggettato a pena per qualsiasi altro reato».

Successivamente anche la Convenzione di Bruxelles del 1995, relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea e la Convenzione di Dublino del 1996, relativa all’estradizione tra gli stessi Stati, hanno previsto la rinuncia al principio di specialità da parte dell’estradando155

. Tornando alla normativa relativa al mandato d’arresto, si sottolinea come tale scelta debba essere libera e consapevole delle conseguenze che comporta. Per questo motivo significativo è l’art. 14 della legge nazionale, richiamato dall’art. 26, il quale

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N. PLASTINA, Specialità e mandato d’arresto europeo: la prima pronuncia della

Cassazione sull’applicabilità del principio dinanzi al giudice della esecuzione, cit., p.

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predispone una disciplina riguardante l’informativa circa l’irrevocabilità del consenso che pare fornire sufficienti garanzie. Non solo: si richiama, inoltre, la necessità di un consenso esplicito dell’interessato alla rinuncia al principio di specialità156

. In dottrina si è detto che tale espressa indicazione prende nettamente le distanze da alcune posizioni giurisprudenziali in materia di consenso dell’interessato, che in passato ne avevano sostenuto la desumibilità anche per facta concludentia157.

Secondo tale orientamento era valido il consenso ricavato da alcuni comportamenti processuali, in genere omissivi, tenuti dall’imputato nel procedimento pendente presso lo Stato richiedente, quali ad esempio la mancata contestazione della violazione del principio158.

Ben presto, però, dopo le molte critiche sotto il profilo del rispetto delle garanzie dell’estradato si è delineata una diversa impostazione, per cui solo una manifestazione espressa ed univoca da parte dell’interessato può essere espressione della sua volontà di rinunciare alla guarentigia riconosciutagli.

Queste problematiche, molto probabilmente, hanno ispirato il legislatore comunitario, e quindi quello interno, nella predisposizione della disciplina relativa al MAE nell’ottica di non consentire alcuna rinuncia che non sia frutto di una espressa e libera volontà del soggetto coinvolto.

Quanto all’ampiezza della rinuncia all’ operatività del principio l’art. 26 lett. f), della legge di recepimento, prevede che

156 M. R. MARCHETTI, La fase dell’esecuzione nella procedura passiva di consegna.

La procedura attiva e le misure cautelari reali, cit., p. 960.

157 A. MARINO, L’apparato di tutela preteso nei confronti del Paese richiedente, cit.

p. 179.

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Corte di Cassazione, Sez. II, 13 gennaio 1995, Restucci, in Cass. pen., 1996, p. 3019; Corte di Cassazione, Sez. V, 1 marzo 2002, Gasi Agim, in Cass. pen., 2002, p. 2988.

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l’interessato possa effettuare una scelta selettiva dei reati anteriori per i quali avvalersi o meno del principio di specialità. La potestà punitiva dell’autorità giudiziaria, dunque, deve modularsi sulle scelte personali del singolo.

Da ultimo, costituisce altra ipotesi di caducazione del principio l’assenso dello Stato di esecuzione.

Veniamo ora a quelli che sono i limiti all’operatività della regola della specialità.

Detti limiti, disciplinati all’art. 27, comma 3, lett. b) c) e d) DQ, sono stati integralmente recepiti nell’art. 26 della l. n. 69/2005 e, in sostanza, riguardano i casi in cui il procedimento non comporta una privazione della libertà personale del soggetto consegnato. In particolare le lettere b) e c) permettono la consegna anche per fatti anteriori qualora il reato antecedentemente commesso non preveda la punibilità con una pena o misura di sicurezza privativa della libertà personale, ovvero il procedimento penale da esso scaturito non consenta l’applicazione di una misura restrittiva della libertà.

La lettera d), poi, esclude l’operare del principio di specialità quando, per i fatti anteriori alla consegna, « la persona è soggetta a una pena o a una misura che non implica la privazione della libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può restringere la sua libertà personale».

Da tale norma emerge che la regola della specialità continua a valere quando la misura emessa per un fatto anteriore alla consegna riveste la forma di un provvedimento di natura custodiale; in presenza invece di provvedimenti che comunque limitano la libertà di movimento, ma la cui afflittività è

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certamente più attenuata rispetto agli altri, il principio non troverebbe più attuazione.

« Ne deriva, in via interpretativa, che per l’ordinamento italiano i soli casi di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari escludono l’operatività della deroga posta dalla lettera d) che, per converso, riacquista efficacia in presenza di misure coercitive o interdittive che non implichino la massima limitazione della libertà»159.

Concludendo, in dottrina si è sottolineato un palese regresso rispetto a quanto stabilito ad esempio dall’art. 14 della Convenzione europea di estradizione, sebbene in relazione agli artt. 699 e 721 c.p.p. si riscontri una maggiore tutela dell’interessato posto che, esclusi i limiti appena richiamati, il principio riguarda sia il procedimento sia l’esecuzione della pena160.

Par.2: La Corte di Giustizia si pronuncia sul principio di specialità nell’ambito del mandato d’arresto europeo … La Corte di Giustizia europea in una pronuncia del 1° dicembre 2008161, causa Leymann e Pustovarov, si è soffermata sull’esame di alcuni aspetti relativi al principio di specialità nell’ambito del mandato di arresto europeo.

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A. MARINO, L’apparato di tutela preteso nei confronti del Paese richiedente, cit., p. 179.

160 M. R. MARCHETTI, La fase dell’esecuzione nella procedura passiva di consegna.

La procedura attiva e le misure cautelari reali, cit., p. 960.

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Corte di Giustizia CE, 1° dicembre 2008, Leymann e Pustovarov, C- 388/08, in

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Come è noto, si tratta di una garanzia fondamentale posta a presidio non solo della sovranità dello Stato richiesto, ma anche dei diritti della persona ricercata, che nel nuovo meccanismo di consegna ha subito un’importante delimitazione rispetto al tradizionale ambito operativo162.

La Corte, nel caso in esame, è stata chiamata innanzitutto a chiarire quando il reato sia o meno un reato «diverso» rispetto a quello che ha determinato la consegna, ai sensi dell’art. 27, comma 2, DQ. A questo fine si precisa che è necessario verificare se gli elementi costitutivi del reato , in base alla descrizione fatta dallo Stato membro emittente, siano gli stessi per i quali la persona è stata consegnata e, inoltre, se vi sia una sufficiente corrispondenza tra i dati contenuti nel MAE e quelli menzionati nel successivo atto processuale.

Eventuali mutamenti nelle circostanze di tempo e di luogo sono consentiti ad alcune condizioni: devono derivare dagli elementi raccolti nel corso del procedimento instaurato nello Stato emittente in relazione ai comportamenti descritti nel MAE; non deve essere alterata la natura del reato e, infine, non devono emergere motivi di rifiuto ai sensi degli artt. 3 e 4 della decisione quadro.

La Corte di giustizia, infatti, rileva come nel corso del procedimento sulla base di nuove acquisizioni probatorie gli elementi costitutivi del reato possono essere ulteriormente precisati o, addirittura, modificati; da ciò potrebbe derivare un mutamento della descrizione del fatto, inserita nel mandato di

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G. DE AMICIS, Primi orientamenti della Corte di Giustizia sul mandato di arresto

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arresto al momento della sua emissione, in misura tale da porre in pericolo il principio di specialità.

Spetta al giudice nazionale, sulla base dei criteri sopra menzionati, effettuare una comparazione tra gli elementi descrittivi dell’atto d’accusa e quelli contenuti nel mandato d’arresto europeo al fine di verificare se il mutamento intervenuto sia idoneo a modificare la qualificazione giuridica del reato. Ad avviso della Corte è certo che «esigere l’assenso dello Stato membro di esecuzione per qualsiasi mutamento nella descrizione dei fatti andrebbe al di là delle implicazioni della regola della specialità e pregiudicherebbe l’obiettivo perseguito, enunciato nella decisione quadro, di accelerare e semplificare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri».

La Corte di Giustizia, sempre in questa sentenza precisa un ulteriore profilo relativo al principio di specialità, che è quello, poi, che ci interessa maggiormente. Nello specifico, il giudice comunitario ha definito la reale portata del caso di deroga rispetto alla regola della specialità contenuta nell’art. 27, comma 3, lett. c), della decisione quadro. Detta norma deve essere interpretata nel senso che lo Stato richiedente possa incriminare e condannare la persona consegnata per fatti diversi ed anteriori alla consegna anche in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, a condizione che l’estradato non sia ristretto nella sua libertà personale né durante il procedimento né in conseguenza dello stesso163.

In altri termini, secondo la Corte, la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per fatti

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G. DE AMICIS, Primi orientamenti della Corte di Giustizia sul mandato d’arresto

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“anteriori e diversi”, purché non venga privata della sua libertà personale. Ne discende che, se all’esito del giudizio la persona in questione viene condannata ad una pena o ad una misura restrittiva della libertà, lo Stato richiedente deve attivare la

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