Grande diffusione hanno avuto in questi anni le riprese visive, sia nei luoghi pubblici sia in luoghi privati211. La prassi infatti registra l’impiego sempre più frequente di tali strumenti nel corso delle indagini preliminari, e l’argomento assume notevole interesse non solo perché “evoca trame davvero suggestive, che sembrano tratte da spy-stories, incentrate su
protagonisti dotati di “cimici” e microtelecamere” 212
, ma soprattutto per le difficoltà tecnico giuridiche che comporta (si è in presenza, infatti, di uno dei temi più difficili del diritto processuale penale). Nel corso delle indagini, infatti, può risultare di estrema importanza la possibilità di effettuare operazioni di intercettazione non solo attraverso la captazione dei suoni e delle conversazioni, ma anche di immagini, mediante la collocazione nei luoghi di privata dimora di microtelecamere: l’effettuazione di videoriprese in abbinamento con operazioni di intercettazione213 può essere giustificata da esigenze di varia natura, e si pensi ad esempio al caso in cui dall’esecuzione di intercettazioni telefoniche emerga che i due interlocutori dovranno convenire in un certo luogo dove dovrà avvenire la consegna di una tangente214 (in tale ipotesi le videoriprese permetteranno di ricostruire un quadro probatorio
211 Deve essere rammentato in proposito il Provvedimento generale 8 aprile 2010
del Garante della privacy, che si occupa di regolamentare la videosorveglianza in vari settori (rapporti di lavoro, ospedali, scuole, etc…) e con riferimento a soggetti pubblici e privati.
212
In questo senso, C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, p. 160.
213
Con riferimento alla possibilità di abbinare intercettazioni ambientali con sistemi di videoripresa, la Suprema Corte aveva già chiarito, con sentenza del 10 novembre 1997, n. 210063, che in tema di intercettazioni, “poiché tale attività è diretta a
captare messaggi tra più soggetti, non è consentito, attraverso l’attivazione di intercettazioni ambientali, realizzate con la collocazione di una videocamera all’interno di un appartamento, captare immagini relative alla mera presenza di cose o persone o ai loro movimenti, non funzionale alla captazione dei messaggi”.
che altrimenti potrebbe ottenersi solo attraverso controllo e perquisizione dei protagonisti della vicenda subito dopo l’incontro, con probabile “smascheramento” dell’indagine). In particolare, il fenomeno in esame ricorre quando gli organi di polizia, di propria iniziativa ovvero per ordine dell’autorità giudiziaria, effettuano una captazione occulta, perché operata all’insaputa degli interessati, di immagini (sole o con suoni) mediante mezzi di ripresa collocati nel luogo ove le persone sottoposte a controllo sono presenti215 (l’operazione è posta in essere da agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, con esclusione pertanto di soggetti diversi). Emergono quindi due profili essenziali delle videoriprese: da un lato, la vocazione investigativa del mezzo, a cui corrisponde la naturale collocazione nella fase delle indagini preliminari216; dall’altro, il profilo teleologico, da identificarsi con la finalità di individuare una fonte di prova217.
Per quanto riguarda le modalità esecutive, tutte le operazioni in esame presentano come minimo comune denominatore il ricorso a strumenti idonei di ripresa, opportunamente dissimulati in modo da garantire il carattere insidioso delle registrazioni (l’efficacia della tecnica investigativa è legata, infatti, alla inconsapevolezza dell’interessato di essere monitorato in ogni sua mossa)218.
In materia di videoriprese si è assistito ad una mancanza di regolamentazione da parte del legislatore del 1988, anche in ragione della non prevedibilità del progresso tecnologico: la
215
Cfr. C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, p. 162; in termini analoghi, F. CAPRIOLI, Riprese visive nel domicilio e intercettazioni per immagini, in Giur. cost., 2002, p. 2187.
216 La tendenziale riferibilità allo stadio preprocessuale risponde ad un limite insito
nella tecnica investigativa, la cui natura insidiosa mal di presta a conciliarsi con il contraddittorio che permea la fase successiva del procedimento penale.
217
V. C. MARINELLI, op. cit., p. 163.
necessità di un intervento in materia è provata però dagli interventi della Corte costituzionale e delle Sezioni unite, le quali hanno esortato il legislatore a creare regole a tutela delle libertà fondamentali219.
La disciplina delle videoriprese è stata costantemente vagliata dagli interpreti anche attraverso il raffronto con la normativa delle intercettazioni, assunta spesso (ma non sempre a ragione) come modello di riferimento, sotto i profili della delimitazione della sfera penalistica d’impiego nonché della determinazione dei presupposti e delle modalità esecutive. Il legislatore, tuttavia, si è spesso dimostrato insensibile alla crescente rilevanza del fenomeno delle videoriprese, continuando a tacere specialmente sulle attività di investigazione penale basate sull’uso clandestino di strumenti di ripresa visiva220. Dottrina e giurisprudenza, nel tentativo di colmare il vuoto normativo, hanno formulato proposte di inquadramento sistematico della fattispecie investigativa nelle quali assume rilievo la combinazione di due variabili:
Il luogo di svolgimento dell’attività di videoregistrazione, per cui in precedenza si distingueva esclusivamente tra luogo pubblico (o aperto al pubblico o esposto al pubblico) e domicilio: una recente sentenza della Corte di cassazione 221 - oltre ad offrire una definizione innovativa di domicilio, precisando che il requisito della “stabilità”222 del rapporto tra l’individuo e la privata
219
V. A. VELE, Le intercettazioni, pag. 94.
220
Cfr. F. CAPRIOLI, Nuovamente al vaglio della Corte costituzionale l’uso investigativo degli strumenti di ripresa visiva, in Giur. cost., 2008, III, p. 1832.
221 Cass., sez. un., 28 marzo 2006, Prisco. 222
Con riferimento al concetto di “stabilità” del domicilio, Cass. pen., sez. VI, 3 settembre 2012, n. 33953, in cui si è precisato che “la tutela costituzionale del
domicilio deve essere limitata ai luoghi con i quali la persona abbia un rapporto stabile, sicchè, quando si tratti di tutelare solo la riservatezza, la prova atipica può essere ammessa con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria. Non sono pertanto ammissibili riprese visive effettuate, ai fini del processo, in ambito
dimora va inteso come interesse dell’individuo ad evitare anche in sua assenza intrusione fisiche o sensoriali nel luogo protetto 223- ha affiancato alle due categorie tradizionali anche il genus intermedio dei luoghi c.d. riservati o quasi-pubblici (come la toilette di un esercizio pubblico). Da qui la previsione di un triplice ordine di garanzie a seconda che le videoriprese siano effettuate nel domicilio, in un luogo riservato ovvero in luogo pubblico o aperto al pubblico.
La natura dell’attività filmata, per cui la circostanza decisiva è che le videoriprese abbiano ad oggetto comportamenti comunicativi ovvero non comunicativi: la distinzione muove dal presupposto che possano essere intercettati anche atti “non verbali” di trasmissione del pensiero, la cui captazione impone il ricorso a strumenti di ripresa visiva anziché ai normali mezzi di ripresa sonora (si pensi ad un dialogo tra sordomuti ovvero al caso in cui Tizio, temendo la presenza di microspie, mostri a Caio un foglio con una comunicazione scritta). Perché tale distinzione assuma rilevanza devono essere rispettate alcune condizioni224: deve trattarsi di atti consapevolmente diretti ad uno scambio di messaggi225; il linguaggio non verbale utilizzato dagli autori della comunicazione deve esibire connotati di “generale riconoscibilità”226; infine, l’atto comunicativo
domiciliare, mentre vanno autorizzate dall’autorità giudiziaria le riprese visive che, pur non comportando un’intrusione domiciliare, violino la riservatezza personale”.
223 Cass., sez. un., 28 marzo 2006, Prisco, per cui il luogo di privata dimora
resterebbe “connotato dalla personalità del titolare, sia o meno questi presente”.
224 Cfr. F. CAPRIOLI, Nuovamente al vaglio della Corte costituzionale l’uso
investigativo degli strumenti di ripresa visiva, p. 1834.
225
Così, Cass., sez. VI, 10 novembre 1997, Greco, in Cass. pen. 1999, 1191.
226
V. PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Lezioni, Parte speciale, Padova, 1992, p. 241 ss.
non verbale deve essere “riservato”, ossia effettuato con modalità che denotino la volontà del mittente di mantenere la comunicazione entro una sfera soggettivamente delimitata.
La combinazione dei diversi gruppi di variabili genera sei diverse ipotesi di videoripresa clandestina:
Videoripresa di comportamenti comunicativi in luogo pubblico (o aperto al pubblico).
Videoripresa di comportamenti comunicativi in luogo riservato.
Videoripresa di comportamenti comunicativi nel domicilio.
Videoripresa di comportamenti non comunicativi in luogo pubblico (o aperto al pubblico).
Videoripresa di comportamenti non comunicativi in luogo riservato.
Videoripresa di comportamenti non comunicativi nel domicilio.
Di caso in caso, tuttavia, sono diversi gli interessi coinvolti: quando lo strumento di ripresa visiva è usato per captare una comunicazione riservata, ad essere violato è il diritto alla segretezza delle comunicazioni, le cui restrizioni sono tollerate dall’art. 15 Cost. solo “per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”; viceversa, quando lo strumento di ripresa visiva è usato per riprendere immagini domiciliari, ad essere leso è il diritto all’inviolabilità del domicilio, le cui restrizioni sono tollerate dall’art. 14 Cost. “solo nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale”.
Segretezza delle comunicazioni e inviolabilità del domicilio convergono in un primario interesse individuale, genericamente
definito come interesse alla “inaccessibilità della sfera
privata”227
, rappresentato dall’interesse ad evitare indebite penetrazioni nello spazio ideale segnato dalla riservatezza del rapporto comunicativo e nello spazio fisico delimitato dalle mura domestiche.
A quali condizioni, dunque, è consentito l’uso investigativo di videocamere?
Nulla quaestio qualora vengano effettuate videoriprese clandestine di comportamenti non comunicativi in un luogo pubblico, aperto al pubblico o esposto al pubblico: in tali casi infatti dottrina e giurisprudenza concordano nel ravvisare nella fattispecie una prova innominata, dovendosi intendere l’art. 189 c.p.p. “come comprensivo dei mezzi di ricerca della prova e dei
mezzi di indagine non previsti dalla legge”228
; se le riprese clandestine del comportamento documentano una condotta comunicativa tutelata ex art. 15 Cost., la videosorveglianza si trasforma in video intercettazione: sarà dunque necessario che l’attività investigativa sia autorizzata a norma dell’art. 266 c.p.p. al pari di una qualunque intercettazione .
Molto più delicata è invece l’ipotesi in cui gli strumenti di ripresa visiva vengano installati nell’abitazione o in un altro luogo di privata dimora con l’intento di documentare condotte non comunicative: non vi è infatti alcun dubbio che tali attività si risolverebbero in un attentato all’inviolabilità del domicilio.
227
Cfr. F. CAPRIOLI, Colloqui riservati e prova penale, p. 55 ss.
228
Cass., sez. un., 28 marzo 2006, Prisco, cit., 3940; v. anche DI BITONTO, Le riprese video, cit., 3951 ss.
3.1. Le videoriprese domiciliari
Le attività di videoripresa effettuate all’insaputa dei soggetti, tuttavia, hanno posto una serie di problemi con riferimento ai luoghi in cui esse avvengono, specialmente nel caso di videoriprese in luoghi di privata dimora: tale attività non è stata ritenuta inizialmente legittima, escludendosi che potesse essere configurata come mezzo di ricerca della prova in quanto, trattandosi di riprese non effettuate in luoghi aperti o pubblici, bensì di privata dimora, viene in rilievo il limite dell’art. 14 Cost. in materia di inviolabilità del domicilio229 (si assisterà, quindi, ad un caso di c.d. prova incostituzionale in mancanza di regole processuali a protezione dei diritti fondamentali).
Si è posto infatti il problema se le operazioni di c.d. home watching siano intercettazioni dal punto di vista normativo, e sul punto vi sono state diverse posizioni:
Teoria atomistica, per cui la Corte di cassazione230 ha affermato che, stante il principio dell’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost., dovrebbe ritenersi preclusa la videoregistrazione nei luoghi di privata dimora che “non risulti strettamente funzionale alla intercettazione di comunicazioni non verbali tra presenti”. La tesi del giudice di legittimità si fonda su un criterio discretivo incentrato sull’oggetto di captazione, dovendosi alternativamente riconoscere o escludere la
229
V. E. APRILE, op. cit., pag. 51.
230
Cass., sez. VI, 21 gennaio 1998, Greco. Il caso che ha dato luogo a tale situazione era relativo ad un ricorso, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., avverso un’ordinanza di conferma della custodia in carcere emessa dal Tribunale del riesame nell’ambito di un procedimento per i reati contemplati dagli artt. 73 e 74 del d.p.r. n. 309/1990: la natura associativa della seconda fattispecie aveva indotto gli inquirenti a incentrare l’attività investigativa su servizi di appostamento e osservazione, a cui si era affiancata l’installazione di “microspie” in due appartamenti nella disponibilità della persona sottoposta alle indagini (dietro autorizzazione del g.i.p.).
configurazione di una intercettazione, a seconda che il dato visivo presenti o meno natura comunicativa: rimarrebbe estraneo, dunque, a tale concetto di comunicazione, qualsiasi altro comportamento non contrassegnato dalla finalità di scambio di informazioni, con la conseguenza che non può essere oggetto di intercettazione visiva la mera presenza di cose o persone in un luogo o le loro attività, salvo che non siano dirette all’intenzionale trasmissione di messaggi231
(i risultati delle riprese, dunque, dovrebbero ritenersi utilizzabili solo parzialmente).
In conclusione, secondo questa importante pronuncia, la disciplina contenuta negli artt. 189 e 234 c.p.p., salvo l’ambito applicativo delle intercettazioni, non legittimerebbe l’introduzione in un’abitazione di strumenti tecnici diretti alla captazione di immagini.
Teoria monistica, per cui secondo i giudici di merito232 le operazioni di videoregistrazione domiciliare occulta dovrebbero essere integralmente ricondotte alla nozione di intercettazione e soggiacere alla relativa disciplina, potendosi ritenere consentite alle medesime condizioni: tale ricostruzione ha suscitato molti dubbi in quanto, sulla base di essa, la disciplina delle intercettazioni dovrebbe allora applicarsi anche ad attività non caratterizzate da alcuno scopo informativo.
Si deve inoltre considerare l’indirizzo secondo il quale le riprese visive possono essere inquadrate tra le prove atipiche di cui all’art. 189 c.p.p., da intendersi in senso ampio come comprensive dei mezzi di ricerca della prova e di mezzi di
231
V. C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, p. 174.
indagine non previsti dalla legge, mentre i suoi risultati rientrano nelle prove documentali indicate nell’art. 234 comma 1 c.p.p.: i risultati delle riprese visive in ambienti tutelati dall’art. 14 Cost. sono utilizzabili nel processo se rispettano il livello minimo di garanzie previste da tale norma233. Il sacrificio del diritto alla inviolabilità del domicilio e della riservatezza si giustifica in base “all’interesse pubblico a reprimere reati e a perseguire in
giudizio coloro che delinquono”234; la preminenza accordata a
tali valori non è però assoluta, bensì la legittimità della loro compressione sarà condizionata al rispetto del livello minimo di garanzie previste dall’art. 14 Cost.: il contrappeso è allora rappresentato dall’intervento dell’autorità giudiziaria mediante un provvedimento opportunamente motivato, che dovrà dare conto degli scopi perseguiti e dimostrare l’esistenza di esigenze investigative ricollegabili al fine di repressione dei reati235.
Di recente il problema è stato portato all’attenzione della Corte costituzionale dal g.i.p. del Tribunale di Alba, che ha sollevato una questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 189 e 266-271 c.p.p. (e segnatamente dell’art. 266, comma 2), nella parte in cui non estendono la disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni tra presenti nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p. alle riprese visive o videoregistrazioni effettuate nei medesimi luoghi236.
La Corte costituzionale, nel ritenere non fondata la questione di legittimità237, ha precisato che sono costituzionalmente
233
V. C. MARINELLI, op. cit., pag. 178. La pronuncia scaturisce da un procedimento in cui i giudici di merito avevano attribuito rilievo decisivo ai filmati ottenuti mediante una videocamera nascosta nel bagno di un locale pubblico, impiegato da alcuni spacciatori per la cessione di sostanze stupefacenti. La polizia avevano optato per lo strumento delle videoriprese, installato in assenza in alcun provvedimento autorizzativo da parte dell’a.g.
234 Cass., sez. IV, 15 giugno 2000, Viskovic, cit. 235
V. C. MARINELLI, op. cit., p. 180.
236
In questo senso, E. APRILE, op. cit., pag. 52.
legittime le videoregistrazioni nel domicilio di comportamenti di tipo comunicativo, mentre quelle che non hanno carattere di intercettazione di comunicazioni potranno essere disciplinate soltanto dal legislatore, nel rispetto delle garanzie costituzionali dell’art. 14 Cost. 238
; la Consulta invece ha dichiarato inammissibile239 la questione di legittimità dell’art. 266, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 13, commi 1 e 2, e 15 Cost., nella parte in cui non estende la disciplina delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti a qualsiasi ripresa visiva effettuata in luoghi di privata dimora, ancorchè le immagini captate non abbiano ad oggetto comportamenti di tipo comunicativo240.
D’altra parte, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno poi precisato alcuni principi di diritto241: si è affermato che le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti al pubblico, non effettuate nell’ambito di un procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei “documenti” di cui all’art. 234 c.p.p., mentre le medesime videoriprese eseguite dalla p.g. vanno invece incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dell’art. 189 c.p.p.; si è affermato poi che le videoriprese di comportamenti “non comunicativi” non possono essere eseguite all’interno del domicilio in quanto lesive dell’art. 14 Cost.; si è infine stabilito che le videoregistrazioni in ambienti in cui è garantita l’intimità e la riservatezza, non riconducibili alla nozione di “domicilio”, sono prove atipiche, soggette ad autorizzazione motivata dell’autorità giudiziaria e alla disciplina dettata dall’art. 189 c.p.p.242
.
238
V. L. FILIPPI, Intercettazione, pag. 845.
239 Corte cost. 7 maggio 2008, n. 149, in Cass. pen., 2008, V. 240
V. L. FILIPPI, op. cit., pag. 845.
241 Cass, sez. un., 28 marzo 2006, Prisco, in Cass. pen., 2006, p. 3937. 242 Nel caso di specie, le Sezioni Unite hanno precisato, con riferimento a
videoriprese nei camerini – c.d. privè – di un locale notturno, che tali luoghi non possono essere considerati “domicilio”. Non sono stati considerati luoghi di privata dimora neppure i bagni riservati ai dipendenti di un ufficio postale, con
La Corte di Cassazione, in tale occasione, ha distinto tra generiche videoregistrazioni di persone (prove documentali) e quelle aventi ad oggetto immagini di persone che comunicano (intercettazioni). Essa ha chiarito che, in tema di intercettazioni ambientali, sono utilizzabili i risultati delle videoregistrazioni effettuate con videocamera all’interno di una abitazione privata, in quanto esse sono previste dal codice vigente, il quale, autorizzando ex art. 266 comma 2 l’intercettazione delle comunicazioni, e non solo delle conversazioni tra presenti, comprende nel proprio ambito non solo la comunicazione convenzionale mediante l’uso del linguaggio ma anche quella gestuale; la Suprema Corte ha quindi ribadito che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, poiché la comunicazione consiste nello scambio di messaggi tra più soggetti, in qualsiasi modo realizzati, e poiché l’attività di intercettazione è appunto diretta a captare tali messaggi, non è consentita, attraverso l’attivazione di intercettazioni ambientali, la captazione di immagini relative alla mera presenza di cose o persone o ai loro movimenti, non funzionali alla captazione di messaggi (tale attività, inoltre, non può considerarsi legittima neppure configurandola come mezzo atipico di ricerca della prova poiché, trattandosi di riprese visive effettuate non in luoghi pubblici ma in luoghi di privata dimora, viene in rilievo in tale materia il limite della inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost.)243.
conseguente utilizzabilità delle videoregistrazioni di comportamenti comunicativi ivi effettuate nel corso delle indagini.
3.1.1. Le videoriprese in luoghi diversi dal domicilio
Con riferimento alle ipotesi di videoripresa in luoghi diversi da quelli di privata dimora, si ripropongono le medesime difficoltà di inquadramento delle operazioni: l’orientamento prevalente impone al giudice di interrogarsi di volta in volta circa la natura dell’oggetto di percezione, al fine di distinguere gli atti di natura comunicativa da quelli che invece ne risultano privi; mentre i primi, infatti, sono suscettibili di legittima apprensione solo attraverso una intercettazione, viceversa per gli altri (es. quelli costituiti da immagini che ritraggono le attività o le frequentazioni di una persona) varrebbe una qualificazione in termini di mezzo di ricerca della prova atipico, ai sensi dell’art. 189 c.p.p.244
(e quindi condizionati al rispetto di tale disciplina).
Mentre con riguardo alle videoriprese in ambienti protetti dall’art. 14 Cost. è necessario, dunque, il provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, viceversa “nessun limite può considerarsi esistente qualora la ripresa venga effettuata in un luogo pubblico o aperto al pubblico, proprio perché in questo caso la natura del luogo in cui si svolge la condotta implica una
implicita rinuncia alla riservatezza”245
. Per tale motivo, le riprese visive effettuate in spazi pubblici sono legittime ed utilizzabili processualmente anche se eseguite dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa in assenza di decreto motivato dell’autorità giudiziaria (si pensi, ad esempio, alle riprese effettuate di nascosto nella piazza dove l’indagato favorisce la prostituzione