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Intercettazioni e altre captazioni di comunicazioni tra disciplina codicistica e principio di atipicità

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Academic year: 2021

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INDICE SOMMARIO

Capitolo primo

LE INTERCETTAZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE, NOZIONE DI INTERCETTAZIONE ED ASPETTI

PROCEDIMENTALI

1. Quadro dei valori costituzionali in tema di intercettazioni ... 4

1.1. La segretezza e la riservatezza delle comunicazioni ... 5

1.2. L’inviolabilità del domicilio... 10

1.3. Il controverso fondamento costituzionale del diritto alla riservatezza ... 12

1.4. Le fonti sovranazionali ... 13

2. La nozione di intercettazione. Il concetto normativo di intercettazione processuale ... 14

3. Analisi normativa. I presupposti delle intercettazioni ... 19

3.1. L’oggetto di captazione ... 26

3.1.1. Soggetti attivi e soggetti passivi ... 29

3.2. Procedimento autorizzatorio: la richiesta del p.m. ... 30

3.2.1. Il decreto autorizzativo del G.i.p. ... 31

3.2.2. La motivazione ... 35

3.2.3. La motivazione per relationem ... 36

3.3. Esecuzione delle operazioni di intercettazione telefonica: il decreto di esecuzione del p.m. ... 39

3.3.1. Gli impianti utilizzabili ... 40

(2)

3.5. Le intercettazioni preventive ... 46

3.6. Verbalizzazione e trascrizione sommaria ... 47

3.6.1. Deposito di verbali e registrazioni ... 48

3.6.2. La conservazione e la distruzione degli atti ... 50

3.7. Utilizzabilità delle intercettazioni ... 51

3.7.1. Utilizzabilità in altri procedimenti ... 52

Capitolo secondo LA PROVA ATIPICA: ALTRE FORME DI LIMITAZIONE DELLA RISERVATEZZA DELLE COMUNICAZIONI 1. La nozione di prova atipica ... 55

1.1. Prove atipiche e Costituzione ... 63

1.2. Le modalità di assunzione della prova atipica ... 66

1.3. L’efficacia delle prove atipiche nel processo penale .... 69

1.4. La prova atipica e le nuove forme di captazione delle comunicazioni ... 71

2. I tabulati telefonici ... 71

2.1. Giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di tabulati telefonici ... 76

3. Le videoriprese ... 80

3.1. Le videoriprese domiciliari ... 86

3.1.1. Le videoriprese in luoghi diversi dal domicilio .... 91

3.2. Le videoriprese effettuate da privati ... 92

3.3. Il raffronto tra videoriprese e mezzi di ricerca della prova ... 94

(3)

3.5. La localizzazione satellitare tramite GPS... 98 4. Le operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria ... 99 4.1. L’assetto applicativo ... 102

4.2. Le problematiche procedurali: la procedibilità nei

confronti dell’ufficiale di polizia sotto copertura ... 105 4.2.1. Lo status endoprocedimentale dell’agente sotto copertura ... 106 4.3. Giurisprudenza europea in materia di operazioni under cover: la distinzione tra agente infiltrato ed agente provocatore ... 109 5. Considerazioni conclusive ... 111

(4)

Capitolo Primo

LE INTERCETTAZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE, NOZIONE DI INTERCETTAZIONE ED ASPETTI

PROCEDIMENTALI

1. Quadro dei valori costituzionali in tema di

intercettazioni

Il tema delle intercettazioni di conversazioni impone al giurista un doveroso confronto con la Carta costituzionale, al fine di comprendere in che misura e fino a che punto queste possono incidere sui diritti inviolabili che lì trovano recepimento e tutela1.

I Costituenti hanno aderito ad un disegno che ha dato vita ad una Carta articolata e rigida, nella quale i valori fondamentali sono garantiti attraverso il riconoscimento di diritti soggettivi, che sono da tutelarsi anche nei confronti dello Stato; a tale scelta si deve l’introduzione della previsione della riserva di legge e di giurisdizione, volte rispettivamente all’attribuzione alla legge del monopolio normativo in materia nonché al conferimento all’autorità giudiziaria del potere circa la valutazione dei presupposti per l’adozione di atti (debitamente motivati) su di essa incidenti2.

Al vertice della scala valoriale si collocano in particolare quelle posizioni soggettive di vantaggio che rientrano nel concetto di “diritti della personalità” 3

, ai quali il testo

1 V. A. VELE, Le intercettazioni nel sistema processuale penale, CEDAM (PD) 2011,

p. 1.

2

Cfr. P. CARETTI-U. DE SIERVO, Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli, Torino, 2006, p. 99 ss.

(5)

costituzionale riconosce il carattere della inviolabilità. Tra i diritti inviolabili della persona che sono interessati dalla procedura di intercettazione sono da ricordare l’art. 15 Cost., disposizione cardine in materia di segretezza e riservatezza delle comunicazioni; l’art. 14 Cost., preordinato a garantire l’inviolabilità del domicilio da indebite intrusioni; inoltre, rileva anche l’art. 2 Cost., che si presta ad assicurare una tutela generale ai diritti della personalità in quanto norma “aperta”.

Da più parti si è detto tuttavia che “da che mondo è mondo, ogni e qualsiasi Costituzione, dopo l’affermazione dei diritti fondamentali di libertà, prevede i casi nei quali questa libertà

può essere limitata”4: si deve quindi trovare un equilibrio tra

libertà ed autorità, una proporzione tra la libertà e la segretezza di comunicare da una parte, e la necessità di compressione di tale libertà dall’altra.

E’ proprio sul rispetto di tale proporzione che si innesta la disciplina delle intercettazioni, ed è su tale piano che bisogna individuare i limiti di intervento del legislatore ordinario, nel segno della compressione (ma non della violazione) di tali diritti.

1.1. La segretezza e la riservatezza delle comunicazioni

“Una comunicazione orale può definirsi riservata quando l’uso del mezzo espressivo e le circostanze in cui avviene non implicano una prevedibile possibilità d’apprensione da parte dei

terzi”5. Non occorre che i soggetti posti in condizione di

percepire l’atto comunicativo siano anche i destinatari del

4 In questo senso, G. BETTIOL, Atti dell’Assemblea Costituente, seduta del 26 marzo

1947, cit., p.674.

5

V. CORDERO, Il procedimento probatorio, cit., 84, nota 234; v. anche F. CAPRIOLI, Colloqui riservati e prova penale, Giappichelli, Torino, 2000, p. 9.

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messaggio che viene trasmesso (la presenza di una terza persona estranea al colloquio ad esempio non esclude il carattere riservato della comunicazione), bensì l’essenziale è che il mittente, utilizzando le normali cautele a sua disposizione6, dimostri di voler mantenere la comunicazione entro una sfera cognitiva delimitata: una conversazione domiciliare tra presenti, ad esempio, conserva la qualifica di comunicazione riservata anche se i colloquianti sono consapevoli del fatto che qualche componente del nucleo familiare potrebbe essere in ascolto; idem per il messaggio affidato ad una segreteria telefonica, quando il mittente non possa prevedere chi, tra i vari utenti dell’apparecchio di segreteria, percepirà concretamente la comunicazione7. Si può dunque escludere che abbiano caratteristica di riservatezza le comunicazioni aventi per destinatario un numero indeterminato di persone, i colloqui effettuati a voce alta in luogo affollato, i messaggi-radio inviati su frequenze non riservate8.

Le intercettazioni, essendo mezzi di prova ottenuti attraverso pesanti ingerenze nella sfera privata, pongono la evidente necessità di contemperare la loro utilizzazione con i principi costituzionali e, particolarmente, con il diritto alla riservatezza di ogni forma di comunicazione privata tutelato dall’art. 15 Cost., il quale dispone che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dall’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione) con le

garanzie stabilite dalla legge (riserva di legge)”.

6 V. PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Lezioni, Parte speciale, Padova,

1992, p. 243.

7 Cfr. A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, 1996, il quale

afferma che “un fax diretto al consiglio di amministrazione di un’azienda individua

una sfera di destinatari non già determinata ex ante, ma determinabile in base a criteri obiettivi: ciononostante, la missiva è riservata”.

(7)

L’autore di una comunicazione riservata, in particolare, ha di regola due diversi interessi: da una parte, egli desidera che nessuna persona all’infuori del destinatario percepisca la comunicazione (c.d. interesse alla segretezza); dall’altra, egli desidera che nessuna persona all’infuori del destinatario apprenda i fatti e le opinioni che costituiscono l’oggetto della comunicazione stessa (c.d. interesse al segreto circa l’oggetto della comunicazione)9.

L’oggetto della tutela della norma è rappresentato da ogni comportamento comunicativo tra due o più persone: con il termine “comunicazione” si intendono infatti i rapporti consistenti nella trasmissione di idee e notizie che una persona fa ad un’altra persona con il mezzo di cose atte a fissare, trasmettere e ricevere l’espressione del pensiero10

. Sono due i profili propri della comunicazione:

• Intersoggettività (o personalità) della comunicazione, nel senso che l’espressione dell’idea deve essere formulata da un soggetto (mittente) al fine di farla pervenire nella sfera di uno o più soggetti determinati (destinatari).

• Attualità, che riguarda la contestualità e la durata nel tempo della comunicazione.

La nostra Corte costituzionale ha definito la libertà e la segretezza delle comunicazioni un “presidio operante contro le

intrusioni dei privati e dei pubblici poteri”11, ma ha pure

riconosciuto che deve trovare protezione l’interesse “connesso

9

V. F. CAPRIOLI, Colloqui riservati, p. 11.

10

V. A. VELE, Le intercettazioni, p. 9; cfr. anche F. CAPRIOLI, op. cit., il quale precisa che, “essendo espressamente consentita ex art. 266 c.p.p. anche l’intercettazione di

semplici “comunicazioni” (e non solo di “conversazioni”), deve considerarsi non essenziale l’ascolto di entrambe le “voci” del colloquio segretamente percepito. V’è dunque intercettazione anche se l’operatore è in grado di ascoltare ciò che viene detto da uno soltanto dei colloquianti: si pensi al caso del microfono o del registratore collocati nella stanza in cui è posizionato l’apparecchio telefonico”.

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all’esigenza di prevenire e reprimere i reati” attraverso la possibilità di una limitazione di tali libertà e segretezza12.

L’art. 15 Cost. si riferisce proprio alla libertà e segretezza della corrispondenza, le quali, pur rappresentando aspetti interdipendenti del medesimo valore, conservano la propria autonomia:

• Libertà, per cui è libero l’atto comunicativo che non subisce coercizioni o restrizioni indebite da parte di privati o di pubblici poteri13: è riconosciuto dunque il diritto di autodeterminazione circa la possibilità di entrare o meno in contatto con i terzi.

• Segretezza, ossia un requisito che attiene al contenuto delle comunicazioni che in quanto tali sono intenzionalmente sottratte dai partecipi alla conoscibilità dei terzi14: così, ad esempio, il dialogo tra persone che discutono in un luogo affollato non potrebbe dirsi segreto in quanto chi parla accetta il rischio che qualcuno possa ascoltare le sue parole; al contrario, deve riconoscersi il carattere della segretezza alle parole pronunciate da un soggetto nella propria abitazione ovvero utilizzando apparecchi tecnici (come telefoni, computer, etc...)15. Allo scopo di preservare tali valori, il Costituente ha delimitato le ipotesi di compressione della libertà attraverso un articolato sistema di garanzie: innanzitutto ha selezionato il novero dei valori in garanzia dei quali si giustifica un sacrificio della libertà di corrispondenza, circoscrivendolo all’ambito delle

12 Corte cost. 4 aprile 1973, n. 34, in Giur. cost., 1973, p. 326.

13 Cfr. C. MARINELLI, Intercettazioni e nuovi mezzi di ricerca della prova, pag. 66. 14

Sul punto, P. BALDUCCI, Le garanzie delle intercettazioni tra costituzione e legge ordinaria, Giuffrè, Milano, 2002, p. 73.

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istanze costituzionalmente protette16; in secondo luogo ha previsto una riserva di legge; in terzo luogo ha previsto l'attribuzione esclusiva all'autorità giurisdizionale del potere di disporne la limitazione; infine, ha disposto l'obbligo di motivare il relativo provvedimento.

A tale normativa sovraordinata si aggiungono poi le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha espresso più volte la necessità di un bilanciamento tra i contrapposti interessi alla segretezza delle comunicazioni e alla repressione penale 17 : occorre infatti che sussistano concrete e gravi esigenze, nonchè fondati motivi per ritenere che il mezzo istruttorio delle intercettazioni possa permettere il conseguimento di risultati positivi per le indagini.18

Gli interpreti, in realtà, hanno rilevato un adeguamento solo parziale a tali parametri con il conseguente prevalere delle istanze repressive su quelle di garanzia del bene costituzionale, osservando ripetutamente come la legge sacrifichi in misura eccessiva il diritto alla segretezza delle comunicazioni19.

La norma costituzionale trova riscontro nel diritto internazionale pattizio: in particolar modo l’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 stabilisce che nessun individuo possa essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sfera della propria vita privata; ugualmente, l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosce ad ogni persona il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.

16 Corte cost., 23 luglio 1991, n. 366, cit.; Id., 24 febbraio 1994, n.63, in Cass. pen.,

1994, p. 368.

17 Corte cost., 6 aprile 1973, n. 34; Id., 23 luglio 1991, n. 366; Id., 6 aprile 1993, n.

81; Id., 24 febbraio 1994, n. 63; Id. 30 dicembre 1994, n. 463.

18

Sul punto, C. MARINELLI, Intercettazioni, pag. 71.

19

V. P. BALDUCCI, Le garanzie, cit., p.41; L. FILIPPI, L’intercettazione di comunicazioni, p.49.

(10)

1.2. L’inviolabilità del domicilio

L’art. 14 Cost. dispone che “il domicilio è inviolabile e non vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie

prescritte per la tutela della libertà personale”, disposizione che

assume importanza fondamentale ogni volta in cui ci si confronta con istituti o modalità investigative che richiedono una intrusione, coattiva o clandestina, nei luoghi riconducibili alla nozione di domicilio.

Oltre ai mezzi intrusivi espressamente indicati dalla norma, vengono in considerazione le intercettazioni ex art. 266 comma 2 c.p.p. (nonché alcuni mezzi atipici, come ad esempio le videoriprese eseguite nei luoghi di privata dimora), allorchè siano dirette a captare conversazioni che si svolgono in luoghi domiciliari. Preliminare ad ogni osservazione è l’esatta determinazione del concetto di domicilio, volontariamente non esplicitato al fine di non irrigidire il sistema: è considerato domicilio “ogni luogo di cui la persona fisica o giuridica abbia

legittimamente la disponibilità20, per lo svolgimento di attività

connesse alla vita privata o di relazione e dal quale intenda escludere terzi” (l’art. 614 c.p. estende la tutela anche all’abitazione, ai luoghi di privata dimora e alle appartenenze)21

. Il fatto che l’art. 14 Cost., nel trasporre le garanzie contemplate dall’art. 13 Cost. a presidio della libertà personale, sembri circoscrivere il novero degli atti restrittivi dell’inviolabilità domiciliare ad un numero chiuso (ispezioni, perquisizioni e

20 Tra i requisiti essenziali di riconoscibilità del domicilio si annoverano anche la

legittimità del titolo in base al quale si destina il luogo alle finalità proprie della vita privata e l’attualità di tale adibizione con esclusione di ambiti spaziali di impiego ormai pregresso o futuro. In questo senso, V. MANZINI, Diritto penale italiano, VIII, Utet, Torino, 1947, p.725.

21

V. M. SINISCALCO, voce Domicilio (violazione di), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, p. 871.

(11)

sequestri), ha posto il problema della natura tassativa o esemplificativa dell’elencazione: parte della dottrina infatti, muovendo dall’omessa indicazione delle intercettazioni tra i mezzi di compressione indicati dall’art. 14 Cost., ha sostenuto la tesi dell’incompatibilità dell’art. 266 comma 2 c.p.p. con il dettato costituzionale, laddove consente l’occulta apprensione del contenuto delle comunicazioni che si svolgano nel domicilio, e ciò indipendentemente dalla eventuale intrusione fisica22. Si è osservato come solo una “revisione dell’art. 14 Cost. potrebbe

consentire captazioni o ingressi clandestini nel domicilio”23

, ma si tratta di una evenienza molto difficile da immaginare data l’inerenza della disciplina ad un diritto inviolabile e quindi sottratta al procedimento di cui all’art. 138 Cost.

Le critiche dottrinali non hanno tuttavia incontrato il favore della giurisprudenza, la quale si è dimostrata incline ad ammettere la legittimità costituzionale delle intercettazioni domiciliari, purchè sulla base di un bilanciamento degli interessi confliggenti: in tale ottica si è affermato che l’inviolabilità del domicilio “va correlata alla facoltà attribuita alla legge ordinaria di prevedere e regolare intromissioni nel privato anche con la limitazione di ogni forma di comunicazione (art. 15 Cost.), per atto motivato dell’autorità giudiziaria, limitazione conseguente al privilegio che compete all’interesse pubblico, la cui attuazione è

demandata al p.m. dalla Costituzione (art. 112 Cost.)” 24.

22 Cfr. G. TARELLO, L’interpretazione della legge, Giuffrè, Milano, 1980, p. 134; Id.,

Tecniche interpretative e referendum popolare, in Giur. it., 1978, I, c. 920 ss.; v. anche A. SCELLA, Dubbi di legittimità costituzionale e questioni applicative in tema di intercettazioni ambientali compiute in luogo di privata dimora, in Cass. pen., 1995, p. 997.

23

V. L. FILIPPI, L’intercettazione, cit., p. 59.

(12)

1.3. Il controverso fondamento costituzionale del diritto alla riservatezza

Un’attenzione particolare merita anche la norma dell’art. 2 Cost., il quale dispone che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità […]”. Si tratta di una previsione che, data la sua natura di norma “aperta”, si presta a fare da contenitore ad una serie di posizioni soggettive (i c.d. diritti di personalità) recepite in seno alla Costituzione. Tale percorso esegetico è stato seguito da tutti coloro che hanno ravvisato in tale norma il fondamento del diritto alla riservatezza, definito lato sensu come il diritto all’intimità della vita privata25. Il diritto alla riservatezza ha finalmente trovato una disciplina organica, sia pure limitata al profilo della “tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati

personali”, nella legge 31 dicembre 1996, n. 675: in questa

prospettiva meritano protezione i dati personali, i quali vengono individuati in qualunque informazione relativa a persone fisiche o giuridiche, enti o associazioni, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale26.

25

V. G. ILLUMINATI, La disciplina, cit., p. 3, il quale ha osservato come i termini “riservatezza” e “privacy”, spesso utilizzati come sinonimi, siano spesso invocati per esprimere concetti diversi, attinenti rispettivamente alla pretesa di impedire la divulgazione di informazioni sulla vita privata da parte di chi ne sia venuto in possesso legittimamente e alla protezione contro ingerenze indebite.

(13)

1.4. Le fonti sovranazionali

L’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, al comma1, garantisce ad ogni persona il “diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”; per il comma 2 non può esservi “ingerenza della pubblica autorità” nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge (si tratta di una riserva convenzionale di legge). Nonostante la disposizione non preveda, dunque, anche una riserva di giurisdizione, la stessa Corte europea ha affermato la necessità che la legge preveda la possibilità del controllo sulla legittimità dell’intercettazione da parte di un giudice o di un organo indipendente27.

L’art. 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce che “nessuno può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, né a legittime offese al suo onore e alla sua reputazione” (comma 1). “Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze od offese” (comma 2).

Infine, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la c.d. Carta di Nizza), tutela la segretezza sia delle comunicazioni sia dei dati esterni ad esse, disponendo all’art. 7 che “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e

familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni”,

mentre l’art. 8 protegge i dati di carattere personale, garantendo

che “ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere

personale che lo riguardano”.

(14)

2. La nozione di intercettazione. Il concetto normativo di intercettazione processuale

L’intercettazione, telefonica o ambientale, è uno dei mezzi di ricerca della prova di maggiore efficacia e rilevanza, dato che attraverso l’ingerenza occulta nella sfera privata ha l’effetto di cristallizzare un determinato evento attraverso la percezione meccanica, così da consentirne la riproduzione nella sfera giudiziaria28.

Il codice di procedura penale non definisce mai la nozione di intercettazione, né tanto meno quello di intercettazione telefonica, in quanto tale espressione è impiegata relativamente ad istituti eterogenei.

In ogni caso si è osservato in giurisprudenza che l’art. 266 c.p.p. si riferisce ad ipotesi di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altra forma di telecomunicazione, mentre l’ultimo comma di tale norma di riferisce invece alle intercettazioni tra presenti.

E’ possibile infatti suddividere in tre classi le attività d’indagine che incidono sulla riservatezza della persona29

:

 L’intercettazione in senso proprio, la quale si affianca al sequestro di corrispondenza (con cui, vedremo, ha alcune affinità).

 Le operazioni che violano la segretezza, ma che non rientrano nel concetto normativo di intercettazione (ad esempio, individuare l’utenza chiamata ma non il contenuto del colloquio).

 Le tecniche dalla minore capacità lesiva, ricorrendo alle quali viene compresso solamente il più blando diritto alla riservatezza.

28

V. P. CENDON, Le prove penali, Giuffrè, 2011, pag. 431.

(15)

Quindi, seppur il legislatore non abbia mai individuato una nozione di intercettazione, si è precisato che l’intercettazione consiste nell’”apprensione occulta ed in tempo reale, attraverso l’impiego di strumenti tecnici, del contenuto di una comunicazione o di una conversazione in corso tra due o più

persone, da parte di soggetti estranei al colloquio”30

.

Requisiti fondamentali perché si possa parlare di intercettazione sono dunque: la segretezza della comunicazione, l’utilizzo di strumenti di percezione ed infine la terzietà e clandestinità del soggetto captante.

L’intercettazione è quindi un’attività di indagine effettuata all’insaputa delle persone, captandone le comunicazioni e conversazioni, ad opera di un soggetto del procedimento penale in maniera clandestina: per tale motivo essa, oltre a presentare il carattere della sorpresa tipico anche degli altri mezzi di ricerca della prova – ispezioni, perquisizioni e sequestri – fonda la sua forza nell’essere particolarmente penetrante, generando pesanti conseguenze sulla libertà non solo dell’indagato, ma anche di terzi estranei alle indagini31

. La definizione così delineata permette di distinguere le ipotesi in cui si è in presenza di intercettazioni di comunicazioni e quando invece si è al di fuori delle stesse. Si pensi in particolare al sequestro di corrispondenza, che pur ricevendo tutela dall’art. 15 Cost., non rientra nella disciplina delle intercettazioni in senso stretto a causa del diverso oggetto: la corrispondenza è infatti costituita da un documento contenente una comunicazione, la quale può essere quindi oggetto di apprensione coattiva, laddove sussistano i presupposti per l’applicazione della disciplina del sequestro.

30

V. Cass., sez. un., 24 settembre 2003, n. 36747, Torcasio, in Cass. pen., 2004, 21.

(16)

La diversità di oggetto comporta ovviamente un differente potere dell’autorità nonché diversi presupposti e modalità esecutive: con il sequestro di corrispondenza si viola la segretezza della comunicazione, bloccando al tempo stesso l’iter della corrispondenza; viceversa con l’intercettazione non si realizza alcun impedimento o interruzione della comunicazione bensì un’intrusione in tempo reale nel dialogo tra persone (il colloquio quindi segue il suo corso, anche se qualcuno si è “inserito”).

Le intercettazioni sono dunque essenzialmente clandestine, avendo lo scopo di raccogliere elementi utili per le investigazioni mediante un’operazione occulta: non si può attribuire alcuna efficacia infatti ad una captazione palese ovvero effettuata con il consenso di tutti coloro che vi prendono parte. E’ discusso invece il grado necessario di insidiosità che deve sussistere per ravvisare un’intercettazione, chiedendosi se occorra che l’operazione avvenga all’insaputa di tutti i partecipanti oppure anche solo di uno di essi: la soluzione preferibile è la seconda, e ciò è suffragato dal dato dell’art. 266 comma 1 lett. f c.p.p. che, ammettendo il ricorso a tale mezzo investigativo per i reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, induce a ritenere che non osti all’intercettazione la circostanza che la relativa operazione sia clandestina solo rispetto ad alcuni dei comunicanti (ossia casi in cui l’avvio delle captazioni è addirittura sollecitato dalla persona offesa).32

Discussa era invece l’utilizzabilità delle conversazioni registrate ad opera di un appartenente alla p.g. ammesso ad

32 Cass., sez. II, 22 novembre 2001, Lama, in Cass. pen., 2004, p. 553, secondo la

quale “in ipotesi di intercettazione tra presenti ad opera della polizia giudiziaria, è

sempre necessaria l’autorizzazione del giudice, anche se uno degli interlocutori ne è consapevole, in quanto la sua rinuncia alla riservatezza non rende lecita la

(17)

assistere alla conversazione, anche se l’orientamento più recente esclude che in tal caso possa applicarsi la disciplina degli artt. 266 ss. c.p.p.33: analogamente, è stata ritenuta legittima la captazione, senza l’autorizzazione del giudice, delle comunicazioni svoltesi mediante apparecchi ricetrasmittenti non consentiti, dovendosi ritenere che tali comunicazioni siano prive del necessario requisito della riservatezza34.

Le intercettazioni inoltre si distinguono, a seconda delle loro finalità, in preventive e processuali: le intercettazioni preventive hanno una funzione di pubblica sicurezza, cioè mirano alla prevenzione dei reati, viceversa le intercettazioni processuali hanno la funzione di consentire la prosecuzione delle indagini oppure di agevolare le ricerche del latitante.

Dubbi interpretativi si sono rilevati, invece, con riguardo ad alcune fattispecie concrete:

 L’ascolto a “orecchio nudo”, per cui una parte minoritaria della dottrina ritiene che l’ascolto clandestino ad orecchio nudo (come ad esempio chi si nasconde in una stanza per ascoltare le altrui conversazioni) possa considerarsi un equipollente degli strumenti tecnici di percezione del suono, e dunque debba considerarsi intercettazione anche l’ascolto attuato con il solo mezzo delle comuni facoltà sensoriali, ma con mezzi subdoli ed insidiosi, trovando quindi applicazione la disciplina degli artt. 266 ss. e richiedendosi, pertanto, l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria e l’impiego degli impianti di registrazione 35 ; viceversa, secondo la dottrina prevalente, la prova del contenuto della conversazione,

33 Cass., sez. II, 15 febbraio 2005, n. 2829, ANPP, 2006. 34

V. P. CENDON, Le prove penali, GIUFFRE’, 2011, pag. 433.

35

Così L. FILIPPI, Intercettazione, in La prova penale, a cura di A. SPANGHER, Giappichelli, 2013, p. 840.

(18)

in mancanza di una registrazione, sarebbe affidata esclusivamente alla percezione del captante, che dovrà riferire come testimone, senza l’ausilio di alcuna registrazione36.

 Le comunicazioni via etere, per cui in giurisprudenza è pacifico che esulano dall’ambito di applicabilità dell’art. 266 c.p.p. le conversazioni o comunicazioni attuate con l’uso di emittenti a irradiazione circolare, in quanto esse sono percepibili da chiunque disponga, nel raggio di irradiazione, di un apparecchio ricevente sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda (e sono pertanto da considerare prive di ogni carattere di riservatezza)37.

 La registrazione ad opera del conversante, per cui le Sezioni Unite hanno chiarito che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, non è riconducibile alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente anche a fini di prova nel processo penale ex art. 234 c.p.p.38.

Sotto altro punto di vista, prevale la disciplina delle intercettazioni su quella di altri strumenti probatori:

 La “confessione telefonica”, per cui la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che le dichiarazioni, captate nel corso di una attività di intercettazione, con le quali un soggetto si autoaccusa della commissione di

36

Cfr. P. F. BRUNO, voce Intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, cit., p. 179; L. FILIPPI, L’intercettazione di comunicazioni, cit., p. 6.

37 Cass., sez. I, 20 maggio 1997, Bottaro ed altri, in CED, secondo cui la disciplina

delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni non si estende alle comunicazione effettuate via etere mediante ricetrasmittenti non consentite.

(19)

reati, hanno integrale valenza probatoria (non trovando applicazione gli artt. 62 e 63 c.p.p. in quanto l’ammissione di circostanze indizianti fatte spontaneamente dall’indagato nel corso di una conversazione legittimamente intercettata non sono assimilabili alle dichiarazioni da lui rese dinanzi all’autorità giudiziaria o alla p.g.)39

.

 La “chiamata di correo telefonica”, per cui la giurisprudenza afferma che il contenuto di un’intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di una terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiari di aver partecipato, non è equiparabile alla chiamata in correità40.

3. Analisi normativa. I presupposti delle intercettazioni

La disciplina delle intercettazioni deve essere approntata tenendo conto dell’esigenza che la compressione delle libertà fondamentali avvenga solo nel rispetto del principio di legalità. Il perseguimento di tale scopo deve essere sostenuto dalla determinatezza, tassatività e tipicità, ossia criteri che costituiscono la base della legalità degli atti processuali: in questa chiave si manifesta la funzione di garanzia dell’organizzazione delle norme processuali attraverso la previsione di specifiche garanzie oggettive e soggettive41.

39 Cass., sez. IV, 27 settembre 2010, in Ced, rv. 248089.

40 Cass., sez. V, 26 marzo 2010, Cavallaro, in Cass. pen., 2011 3940, in CED, rv.

247447; v. anche Cass., sez. V, 28 settembre 2006, Della Ventura, in Cass. pen., 2007, p. 4260.

(20)

E’ su questo terreno che si affronta il tema delle intercettazioni, ed in particolare analizzando i presupposti, i limiti e le modalità dello strumento in esame.

Iniziando proprio dai presupposti, essi si distinguono in formali e sostanziali:

Presupposti formali: il primo elemento oggettivo di

preclusione o ammissibilità dell’intercettazione verte sulla corretta relazione con i limiti quantitativi e qualitativi dei reati espressamente previsti dall’art. 266 c.p.p.42

. Tale disposizione elenca i casi in cui è possibile procedere ad intercettazione, e ciò in quanto sarebbe costituzionalmente illegittima una disciplina che prevedesse l’attribuzione di un potere dell’autorità giudiziaria invasivo della segretezza delle comunicazioni senza predeterminare per quali reati questo possa essere esplicato: ecco allora che si è ritenuto spostare a monte la soluzione della selezione anticipata dei casi di intercettazione al fine di limitare la privazione della libertà e segretezza delle comunicazioni, poiché la successiva procedura di stralcio non sarebbe satisfattiva del bilanciamento di interessi43.

Con riferimento ai limiti quantitativi e qualitativi richiamati dall’art. 266 c.p.p., vi sono parecchi dubbi relativamente al modo in cui essi sono articolati: per quanto riguarda il criterio quantitativo, si è osservato come la sua genericità comporti un’ingiustificata e non attualizzata esclusione delle intercettazioni con riferimento ad alcuni reati non meno riprovevoli sotto il profilo del disvalore sociale ma che hanno una pena

42

V. A. VELE, op. cit., pag. 70.

43

Cfr. A. CAMON, La disciplina processuale delle intercettazioni, cit., p. 64 e ss; L. FILIPPI, L’intercettazione di comunicazioni, cit., p. 79.

(21)

edittale inferiore al minimo previsto. Per quanto riguarda invece il criterio qualitativo, si registrano delle storture interpretative a causa della illogicità di alcuni tipi di delitti indicati, risultando ammessa l’intercettazione anche per ipotesi di reato di lieve entità.

Il legislatore, al fine di evitare incertezze sotto il profilo qualitativo, ha introdotto un elenco tassativo delle fattispecie per le quali è permesso disporre intercettazione. Elenco che ritroviamo oggi, con qualche modifica (introdotta, da ultimo, dalle leggi n. 9 e 119 del 2013):

a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando;

f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività

finanziaria, abuso di informazioni privilegiate,

manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono;

f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice. f-ter) delitti previsti dagli articoli 444, 473, 474, 515, 516 e 517-quater del codice penale.

(22)

f-quater) delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale.

Sarebbe in realtà opportuno ragionare su una razionale tassatività, mettendo al vertice il criterio qualitativo con una specifica indicazione dei reati attraverso un proporzionato giudizio di valore sulla natura e/o modalità di commissione del reato; in secondo luogo, utilizzare il criterio quantitativo come clausola di chiusura al fine sia di ricomprendervi i reati non esclusi dal criterio in questione sia per non correre il rischio di trovarsi sforniti di disciplina qualora il legislatore introducesse nuove tipologie di reati.44

La norma, dopo una elencazione dei casi in cui possibile procedere ad intercettazione, al secondo comma dispone che negli stessi casi e con gli stessi limiti è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti, con l’eccezione però che qualora queste avvengano nei luoghi indicati nell’art. 614 c.p. essa è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa (tale limite non vale nei processi di criminalità organizzata).

La norma, nel richiedere che vi sia “fondato motivo” di ritenere che nel luogo si stia svolgendo l’attività criminosa, non postula affatto che tale attività risulti poi effettivamente sussistente, bensì è sufficiente che di tale attività, sulla base di un giudizio ex ante, potesse ragionevolmente ritenersi la sussistenza all’atto dell’emanazione del provvedimento di autorizzazione all’effettuazione delle operazioni45

.

44

V. A. VELE, op. cit., pag.75.

45

Cfr. E. APRILE, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, Giuffrè, 2004, pag. 63; Cass., sez. I, 12 dicembre 1994, Manzi, in CED, Cass., n. 201242.

(23)

Presupposti sostanziali: a) in primis deve richiamarsi il

presupposto di cui all’art. 267 comma 1, ossia la sussistenza di “gravi indizi di reato” (ovvero di “sufficienti indizi” nel caso di reati di criminalità organizzata), che vengono identificati con gli indizi dell’avvenuta commissione di uno di quei reati che consentono l’intercettazione46

.

Tale presupposto attiene alla sussistenza di un reato e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, per cui per procedere legittimamente ad una intercettazione non è necessario che tali indizi siano a carico di un soggetto individuato o di colui le cui comunicazioni debbano essere poste sotto controllo a fine di indagine: la motivazione del decreto, quindi, deve esprimere solo una valutazione sull’esistenza (in chiave altamente probabilistica) di un fatto storico integrante una determinata ipotesi di reato, il cui accertamento impone l’adozione dello strumento dell’intercettazione47

.

Tale presupposto pone innanzitutto un problema di coordinamento con l’art.192 comma 2 c.p.p., in quanto se questa norma valesse anche per il decreto con cui il giudice autorizza l’intercettazione, gli indizi, oltre che gravi, dovrebbero essere anche precisi e concordanti48

46

In questo senso, E. APRILE, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, pag. 6.

47

Cass., sez. fer., 9 settembre 2010, Lombardi e Carboni, n. 34244, in Guida dir., 2010, n. 43, p. 97.

48

Cass., sez. I, 30 gennaio 1991, Bizzantino, in Cass. Pen., 1992, p. 2795, la quale ha affermato che “gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni e,

quindi, attendibili e convincenti; precisi sono quelli non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile, perciò non equivoci;

concordanti sono quelli che non contrastano tra loro e più ancora con altri dati o elementi certi”.

(24)

Nonostante alcuni autori lo abbiano sostenuto49, l’art. 192 non pare in realtà applicabile al caso del decreto che autorizza un’intercettazione: in primo luogo perché l’art. 267 c.p.p. richiede espressamente solo la gravità e non anche la precisione e la concordanza degli indizi. In secondo luogo, perché i provvedimenti in gioco sono ben diversi (in un caso una sentenza, nell’altro un atto investigativo) ed attengono l’uno al giudizio di merito, l’altro ad uno strumento di tipo investigativo50

.

A differenza di quanto previsto per le misure cautelari, non è richiesto che la gravità indiziaria ricada sulla responsabilità di un reato a carico di una determinata persona, anzi l’individuazione del responsabile è appunto lo scopo per cui è disposta l’intercettazione51

. In astratto si può però notare che l’art. 267 c.p.p. richiede la stessa quantità indiziaria prescritta per le misure cautelari, e proprio sotto questo profilo si è detto che “se il quantum di prova dovesse essere quello stesso necessario a catturare una persona non ci sarebbe più bisogno di ricorrere all’intercettazione. Dovrà, quindi, affermarsi una interpretazione che elabori due diversi parametri di gravità, una per l’intercettazione e l’altra per

le misure cautelari”52

. In realtà la tesi non convince in quanto tratta gli elementi posti a fondamento di una misura cautelare come se equivalessero ad un accertamento di responsabilità; inoltre, tale impostazione

49

Cfr. A. NAPPI, Guida al codice, cit., p. 132; F. TABANELLI, Le intercettazioni telefoniche tra vecchio e nuovo codice di procedura penale, in Nuovo dir., 1992, p. 311.

50

Cass., sez. I , 4 febbraio 1993, Lipari ed altri, in Arch. nuova proc. pen., 1993, p. 633; Id. sez. VI, 18 gennaio 1993, Bono ed altro, ibidem, p. 633. In dottrina v. A. CAMON, Le intercettazioni, p. 71.

51

In tal senso, P. TONINI, Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2013, pag. 398.

52

Cfr. F. DE LEO, Il giudice delle indagini preliminari, in Quaderni C.S.M., 1989, n. 27, p. 300.

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punta ad indebolire il presupposto probatorio delle intercettazioni, argomentando sulla base di una presunta fungibilità con le misure cautelari: tale fungibilità non esiste poiché provvedimenti cautelari e mezzi di ricerca della prova perseguono scopi diversi (non sono diversi i parametri di gravità, bensì sono diversi gli oggetti della gravità indiziaria: la sola condotta di reato nell’art. 267, la condotta unitamente alla colpevolezza nell’art. 273).

L’aver ancorato l’ammissibilità di operazioni di intercettazione telefonica al concetto di gravi indizi di reato comporta una duplice conseguenza: innanzitutto è legittimo l’utilizzo di tale strumento nei procedimenti a carico di ignoti, in cui è certo che un reato è stato commesso ma non si hanno ancora elementi per iscrivere la notizia a carico di un indagato; in secondo luogo, nei procedimenti a carico di indagati noti non è da escludersi che possano essere sottoposte ad intercettazione anche utenze di soggetti terzi, ossia “soggetti diversi dagli intercettandi”.

Sempre nell’ambito dei presupposti sostanziali delle intercettazioni, l’intercettazione deve anche essere b) “assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini”: nel corso dei lavori preparatori del codice si richiedeva invece che “le prove non potessero essere

altrimenti acquisite”, ma la formula è stata

successivamente modificata poiché vi era il timore che potesse provocare un eccessivo aumento di eccezioni da parte delle difese (ogni volta che l’intercettazione avesse dato effetti positivi, si sarebbe cercato di annullarne gli effetti dimostrando che la prova poteva essere acquisita in altro modo). Probabilmente il

(26)

legislatore voleva introdurre un requisito meno rigoroso, ma la modifica in realtà equivale alla precedente formula: la norma infatti richiede che l’intercettazione sia assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini, e non può esserlo quando vi siano risorse investigative altrettanto promittenti. Anzi, a ben vedere il nuovo presupposto appare addirittura più severo53.

3.1. L’oggetto di captazione

Circa l’oggetto di captazione il codice contempla tanto le comunicazioni tra presenti quanto quelle inter absentes, dando luogo alla distinzione tra intercettazioni ambientali ed intercettazioni incidenti su comunicazioni realizzate per telefono, telegrafo, fax o qualsiasi altro mezzo idoneo alla trasmissione a distanza (ciascuna di tali figure rappresenta una species del genus degli atti comunicativi suscettibili di intercettazione)54.

Per quanto riguarda le caratteristiche della comunicazione, essa deve essere tale sul piano ontologico55, dovendosi risolvere in un atto di consapevole trasmissione del pensiero da un soggetto a uno o più destinatari, mediante mezzi naturali (es. la voce) o artificiali (es. il telefono) purchè obiettivamente idonei allo scopo. Da qui derivano i due corollari del carattere

53

V. A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, pag.77.

54 In questo senso C. MARINELLI, Intercettazioni e nuovi mezzi di ricerca della

prova, p. 20.

55 Sul punto P. BARILE-E. CHELI, voce Corrispondenza, cit., p. 744. Secondo gli autori

sono da intendersi “forme di comunicazione quei rapporti psichici, ancorchè

mediati, consistenti nella trasmissione di idee o di notizie, che una persona fa ad una o più altre persone determinate, col mezzo di cose atte a fissare, trasmettere e ricevere l’espressione del pensiero”.

(27)

volontario dell’atto e della sua natura necessariamente intersoggettiva:

 Volontarietà dell’atto, per cui si pensi all’esempio di scuola dell’involontario invio di una comunicazione telematica (es. un messaggio di posta elettronica) che l’autore aveva inizialmente predisposto e poi destinato alla eliminazione: in questo caso, non essendo rinvenibile una volizione, si potrebbe essere indotti ad escludere tale ipotesi dal campo di applicazione delle intercettazioni; in realtà, l’ostacolo è superabile riferendosi ad una nozione di volontà che contempli anche le ipotesi di volizione potenziale, in modo da ritenere voluti non solo gli atti comunicativi sorretti da una volizione effettiva, ma anche quelli impedibili dal soggetto56.

 Intersoggettività dell’atto, per cui si è correttamente affermato che “non costituiscono comunicazione o corrispondenza le espressioni di pensiero destinate a rimanere nella sfera personale del soggetto che le

compie”57

. Si pensi al monologo di un soggetto che, in perfetta solitudine, pensi ad alta voce o rammenti le sue gesta criminose58: in questo caso non si è in presenza di un atto di trasmissione del pensiero da un individuo ad un altro per difetto della pluralità dei partecipanti. Dottrina e giurisprudenza, per superare l’incongruenza, ricorrono ad espedienti logici per includere tali ipotesi tra gli oggetti suscettibile di intercettazione, attraverso delle ricostruzioni fondate su vere e proprie “fictiones iuris”,

56 V. C. MARINELLI, op. cit., p. 22.

57 Cfr. P. BARILE-E. CHIELI, voce Corrispondenza (Libertà di), cit., p. 745. 58

In questo senso F. CAPRIOLI, Colloqui riservati, cit., p. 176, che cita il caso di chi, in perfetta solitudine, si abbandoni ad una preghiera ad alta voce oppure rivolga delle parole ad un animale o a un soggetto inanimato.

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come quelle di ravvisare comunque una comunicazione tra il soggetto e gli operanti ovvero tra il primo e se stesso59.

Il problema viene risolto tenendo presente che i casi in esame, non presentando natura comunicativa, non godono della tutela di cui all’art. 15 Cost., e la loro captazione e registrazione non sono pertanto assoggettabili ai limiti contemplati dalla disciplina delle intercettazioni: la registrazione del soliloquio è dunque utilizzabile sia nel caso in cui la relativa captazione avvenga accidentalmente, durante l’espletamento delle operazioni intercettive, sia qualora venga realizzata al di fuori di tale contesto60.

I destinatari della comunicazione, inoltre, devono essere determinati o determinabili in base a criteri oggettivi61, non potendosi invocare alcuna tutela laddove sia rivolto ad incertam personam: sarà dunque necessario verificare se la comunicazione presenta il connotato dell’animus excludendi alios, ossia l’utilizzo di accorgimenti idonei a scongiurare una presa di conoscenza anche accidentale del contenuto della comunicazione da parte di terzi e ad ingenerare in coloro che vi prendono parte una legittima aspettativa di segretezza62 (es. rileverà l’impiego di un basso tono di voce o la circostanza che i dialoganti si mettano al riparo dall’ascolto altrui).

59

V. ancora F. CAPRIOLI, Colloqui riservati, p. 23.

60 V. C. MARINELLI, op. cit., p. 23.

61 A favore della determinatezza P. BARILE-E. CHELI, voce Corrispondenza, cit., p.

744; a favore della mera determinabilità A. CAMON, Le intercettazioni, cit., p. 16, nota 43.

(29)

3.1.1. Soggetti attivi e soggetti passivi

Come suggerisce la nozione stessa di intercettazione, la captazione deve essere eseguita da un soggetto terzo rispetto ai comunicanti: dato il carattere essenziale di tale alterità soggettiva, deve essere esclusa la qualificazione ai sensi dell’art. 266 c.p.p. delle operazioni di registrazione di una conversazione o comunicazione da parte di uno degli interlocutori, intendendo per tali non solo i loquenti ma anche coloro che, esplicitamente o meno, siano stati ammessi all’ascolto63

. Al requisito della estraneità si aggiunge poi anche quello ricavabile dall’art. 267 comma 4 c.p.p., secondo il quale le intercettazioni sono compiute dal p.m. personalmente o avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria (non sono quindi qualificabili come intercettazioni le captazioni effettuate da chi sia sprovvisto di tale veste).

Per quanto riguarda invece i soggetti passivi, il codice non indica i soggetti nei cui confronti è possibile effettuare le intercettazioni, con la conseguenza che si rileva come il legislatore, sia incorso in una evidente asimmetria, laddove alla individuazione dei soggetti attivi non fa riscontro una esplicita delimitazione soggettiva dal lato passivo64: la lacuna è stata colmata dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, soffermandosi sui presupposti contemplati dall’art. 267 comma 1 c.p.p. per l’autorizzazione delle operazioni, e rilevando come, accanto all’assoluta indispensabilità investigativa, si collochi anche la sussistenza di “gravi indizi di reato”, e non già di “gravi indizi di colpevolezza”65. Il dato testuale, così valorizzato, ha condotto ad una notevole estensione dell’impiego delle

63

Così P.F. BRUNO, voce Intercettazioni, cit., p. 178.

64

V. C. MARINELLI, op. cit., p. 42.

(30)

intercettazioni, che potranno esperirsi tanto nei procedimenti a carico di ignoti, quanto nei confronti di persone diverse dall’indagato, sebbene la sua identità sia conosciuta al momento della richiesta del p.m.66, ed anche nei confronti della persona offesa.

3.2. Il procedimento autorizzatorio: la richiesta del p.m.

Coerentemente con l’originaria ispirazione del nuovo codice, gli interventi gravemente limitativi delle libertà individuali sono riservati al giudice: come per le misure cautelari, così avviene anche per le intercettazioni. I relatori definiscono l’intercettazione come atto del pubblico ministero, ma in realtà ciò va inteso solo nel senso che è a quest’ultimo che spetta l’atto di impulso, verificandone la necessità e l’utilità investigativa e, una volta ottenuto il decreto, disporne le modalità di attuazione e la durata (l’organo di accusa ha invece perso il potere di decidere in via autonoma: egli deve depositare una richiesta al giudice per le indagini preliminari).67

Non mancano però dubbi in dottrina sul fatto che l’indagato o la persona offesa possano presentare richiesta direttamente al giudice per l’autorizzazione: tuttavia si ritiene giusta la scelta del legislatore di non consentire l’autorizzazione delle intercettazioni su richiesta (del difensore) dell’indagato o della persona offesa, salvaguardando la segretezza investigativa della fase procedimentale (anche sulla base del fatto che il

66 Cass., sez. I, 14 giugno 2000, Guastalegname, n. 216550, in CED. 67

V. A.CAMON, Le intercettazioni, pag. 89. Tale assetto dell’istituto è uno sviluppo dell’impostazione che caratterizzava il progetto preliminare del 1978: il p.m., di sua iniziativa o fungendo da tramite per la richiesta avanzata dalla polizia giudiziaria, presentava un’istanza al giudice istruttore; quest’ultimo, però (a differenza del giudice per le indagini preliminari), poteva disporre l’intercettazione anche d’ufficio.

(31)

mezzo di ricerca della prova è un atto d’indagine e non di investigazione difensiva: un atto quindi che fisiologicamente richiede l’iniziativa del p.m.). L’intercettazione di comunicazioni è dunque atto riservato al p.m., non essendo prevista la possibilità che il difensore della parte privata possa richiedere al giudice l’autorizzazione all’esecuzione da parte della polizia giudiziaria dell’intercettazione nemmeno nel caso in cui da tale captazione vi è fondato motivo di ritenere che possano ricavarsi elementi utili alla difesa non altrimenti acquisibili (pertanto il difensore della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa devono sollecitare il p.m. affinchè richieda l’intercettazione)68

.

3.2.1. Il decreto autorizzativo del G.i.p.

Il G.i.p. decide sulla richiesta del p.m. con decreto motivato non impugnabile69. L’intercettazione si colloca, dunque, nel corso delle indagini preliminari ed è collegata necessariamente al perdurare delle stesse, dato che la ricerca di elementi di indagine presuppone una segretezza interna a tutela dell’attività investigativa, trattandosi di mezzo occulto: essa non avrebbe, dunque, motivo di esistere in un momento in cui si ha conoscenza di tutti gli atti d’indagine. Giunti alla chiusura delle indagini il mezzo delle intercettazioni non avrebbe più alcuna ragion d’essere (le intercettazioni, infatti, devono essere “indispensabili per la prosecuzione delle indagini”).

68 V. L. FILIPPI, Intercettazione, in La prova penale, a cura di A. SPANGHER,

Giappichelli, pag. 838.

69 V. A. GAITO, Limiti all’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nelle decisioni

sulla libertà personale, in Giur. it., 1992, II, c. 513; v. anche V. CAPILONGO, L’obbligo di motivazione in tema di intercettazioni di conversazioni e

comunicazioni: questioni interpretative e problemi applicativi, in Cass. pen., 2005, p. 3196.

(32)

Parte della dottrina70 tuttavia pare essere sorpresa dal fatto che l’art. 267 menzioni solo il giudice per le indagini preliminari, come se analogo potere dovesse in realtà appartenere anche al giudice del dibattimento. Non è tuttavia chiaro se tale obiezione sia diretta ad affermare che l’intercettazione spetta anche al giudice del dibattimento ovvero voglia proporre una modifica all’assetto normativo odierno che, irragionevolmente, non prevede tale potere.

Per ovvie ragioni le intercettazioni presuppongono che il decreto di autorizzazione sia emanato fuori dal contraddittorio, in quanto si tratta di atti investigativi intrinsecamente “a sorpresa”. Gli attuali veicoli di ammissione della prova in dibattimento infatti presuppongono tutti il contraddittorio nonché la pubblicità delle udienze. La c.d. cross examination presuppone che tutte le parti dispongano delle stesse conoscenze: se una sola di esse sapesse di un’intercettazione in corso che riguardi, ad esempio, lo stesso soggetto che viene interrogato, si troverebbe in netta superiorità nel porre le domande e l’intero esame risulterebbe falsato71

. Inoltre, ne verrebbe modificato il ruolo dello stesso giudice dibattimentale, il quale dovrebbe governare l’istruttoria da una posizione di equidistanza dalle parti, pur avendo “di nascosto” autorizzato un’intercettazione.

Ma il problema principale da analizzare con riguardo al procedimento di autorizzazione alle intercettazioni è in realtà un altro: dato per certo il fatto che l’istanza del p.m. debba essere documentata (altrimenti il giudice non avrebbe alcuno strumento per svolgere la sua funzione)72, l’art. 267 tuttavia non specifica quali sono gli atti che il p.m. deve far esaminare al

70

Così C. TAORMINA, Diritto, cit., vol. I, p. 316.

71

Cfr. A. CAMON, op. cit., pag. 92.

(33)

giudice. Quando si chiede al giudice per le indagini preliminari l’emissione di un provvedimento, quali conoscenze devono essergli comunicate? Talvolta il codice prevede l’obbligo di trasmettere l’intero fascicolo, altre volte invece attribuisce al p.m. un potere di scelta. Ma l’art. 267 tace73

.

La scelta per la trasmissione dell’integrale fascicolo delle indagini si spiega soprattutto in funzione del requisito dell’assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini, per cui in tal modo il giudice ha a disposizione tutti gli atti e non solo una parte di essi.

In realtà il pubblico ministero non è tenuto a trasmettere l’intero fascicolo delle indagini svolte fino a quel momento bensì può selezionare gli atti da allegare alla richiesta, e tale limitata conoscenza degli atti da parte del G.i.p. condiziona pesantemente il vaglio giurisdizionale74.

Il decreto del G.i.p. deve essere sottoscritto dal giudice75: non integra alcuna violazione processualmente rilevante la circostanza che, nell’ambito di un’unica operazione di intercettazione, si avvicendino diversi magistrati dell’ufficio del G.i.p. nell’emanazione dei decreti di autorizzazione e di proroga, senza l’osservanza dei criteri fissati in sede tabellare76

. Se il giudice nega l’autorizzazione, il relativo decreto non è impugnabile in virtù del principio di tassatività di cui all’art. 56877

73

Ancora, A. CAMON, op. cit., pag. 93.

74

V. L. FILIPPI, Intercettazione, in La Prova Penale, Giappichelli, pag. 885. Una volta che la richiesta del p.m. di autorizzazione alle intercettazioni sia stata trasmessa al G.i.p., è irrilevante che la stessa non sia munita dell’attestazione di deposito presso la relativa segreteria in quanto la trasmissione dell’atto alla cancelleria del giudice attesta di per sé la formale emissione della richiesta e la provenienza di

quest’ultima dall’ufficio del p.m.

75

Corte cost. (ord.) 6 maggio 2009, n. 157, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell’art. 267, comma 1, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 15 Cost., in quanto tale disposizione non prevede la nullità del decreto autorizzativo privo di sottoscrizione del giudice.

76

Cass., sez. VI, 19 dicembre 2007, in CED, n. 238716.

(34)

(la richiesta del p.m. può però essere rinnovata). Anche il provvedimento che autorizza, convalida o proroga l’intercettazione non è direttamente impugnabile, ma in tal caso esiste la possibilità di sindacarlo: se fosse viziato i risultati ottenuti sarebbero inutilizzabili, e dunque nulla vieta un’istanza difensiva in tal senso.

Ovviamente tra gli elementi di prova in base ai quali il giudice può concedere l’autorizzazione non possono essere ricompresi atti affetti da inutilizzabilità o nullità assoluta: tra i vari casi di inutilizzabilità di atti che impediscono al giudice di concedere l’autorizzazione, si pensi al caso di indizi tratti da documenti anonimi.

Sempre con riferimento al procedimento autorizzatorio può sorgere l’esigenza di verificare se sia necessaria una nuova autorizzazione nell’ipotesi di cambio della utenza telefonica da parte del soggetto sottoposto ad intercettazione (cosa che avviene molto spesso attraverso il cambio di scheda al fine di rendere più difficoltosa l’individuazione delle nuove utenze)78

: in tal caso ci si è chiesti se sia necessaria la riattivazione della procedura autorizzativa delle intercettazioni, e la Suprema Corte ha al riguardo precisato che l’autorizzazione ad intercettare le comunicazioni effettuate da un’utenza telefonica mobile in uso all’indagato si estende implicitamente a tutte le utenze che dal medesimo indagato risultino via via attivate mediante la prassi del cambio di scheda79. Per tale motivo è da ritenersi legittimo il provvedimento con cui il p.m., una volta che il giudice abbia autorizzato l’intercettazione telefonica dell’indagato, sostituisca in sede di esecuzione delle operazioni

78

In questo senso, E. APRILE, op. cit., pag. 20.

(35)

all’utenze mobile indicata nel provvedimento autorizzativo, un’altra utenza effettivamente utilizzata dall’indagato80

.

3.2.2. La motivazione

Il G.i.p., previa richiesta del p.m., interviene dunque a legittimare una determinata attività processuale, dando spiegazione delle ragioni fondanti la richiesta in forza della sussistenza dei presupposti che consentono di entrare nella sfera inviolabile dell’individuo.81

La motivazione costituisce la “garanzia delle garanzie”82, in quanto motivare significa mostrare la legittimità del decreto, ossia l’effettiva esistenza dei presupposti richiesti dalla legge: essa è posta a tutela del diritto alla segretezza delle conversazioni o comunicazioni.

Nella motivazione deve quindi risultare:

 la notizia di reato, per cui è sufficiente che l’ipotesi criminosa emerga chiaramente dal contenuto dell’atto: sembrano giustificate quindi le decisioni che non richiedono l’indicazione esplicita dell’articolo di legge né l’esatta denominazione del titolo di reato.83

la gravità degli indizi raccolti, per cui è indispensabile in

particolare menzionare espressamente gli elementi da cui si desumono i gravi indizi, affinchè le parti possano valutarne il peso; diversamente si sottrae l’intercettazione alla dialettica processuale.

80 Cass., sez. IV, 28 marzo 2001, Rappazzo, in Cass. pen., 2001, 3479. 81

V. A. VELE, Le intercettazioni, pag. 112.

82

V. A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, pag. 110.

(36)

i motivi che rendono indispensabile il ricorso all’intercettazione: secondo varie pronunce infatti sarebbe sufficiente un riferimento alla struttura dello specifico fatto delittuoso. Insomma, quando si procede per delitti per i quali l’intercettazione è strumento di ricerca particolarmente utile, basta ricordare il titolo di reato. Il fatto che si potesse ricorrere a mezzi investigativi altrettanto proficui diventa quindi circostanza irrilevante (ossia l’esatto contrario di quanto prevede l’art. 267)84

. Secondo la Corte di cassazione inoltre è congruamente motivato il decreto che contenga “il mero riferimento alla necessità di individuare e identificare i soggetti dediti allo spaccio di stupefacenti”. Stando a questa massima, non sarebbe necessario spendere nemmeno una parola per spiegare da dove emergano gli indizi e perché sia proprio quella l’utenza da controllare (in tal senso l’intercettazione diventerebbe un potere insindacabile).

nel caso di decreto del p.m., anche le ragioni

dell’urgenza.

Per quanto riguarda poi, in particolare, le intercettazioni da eseguire nel domicilio, l’art. 266 comma 2 impone che la motivazione dia conto anche della sussistenza del “fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa”.

3.2.3. La motivazione per relationem

Un discorso a parte merita la nota propensione giurisprudenziale ad argomentare per relationem, ossia

(37)

attraverso un rinvio alla richiesta di intercettazione, alla quale viene in sostanza demandato il compito di dimostrare la sufficienza degli indizi e la necessità investigativa85: dietro lo schema della “relatio implicita” si nasconde tuttavia una vera e propria mancanza di motivazione, in quanto gli indizi non vengono indicati né viene in alcun modo precisato da quali atti sia possibile dedurli.

Per tali motivi la motivazione per relationem ha ricevuto pesanti critiche da parte della dottrina86 in quanto tale prassi era difficilmente compatibile con l’art. 226-ter c.p.p. previgente, il quale esplicitamente disponeva che gli indizi dovessero essere indicati specificamente nel decreto; nonostante tale formula sia scomparsa nel codice vigente, la motivazione per relationem rimane comunque censurabile, perché tale modo di motivare diminuisce il livello di attenzione del giudice nella fase decisoria, rendendolo “incline all’acquiescenza verso le

conclusioni del pubblico ministero”87. Infatti, essendo il giudice

colui il quale ha il potere di autorizzare l’intercettazione, è l’organo tenuto a dare conto dei criteri seguiti attraverso una valutazione sintetica che spieghi il motivo per cui si condivide il giudizio fatto dal richiedente.

In particolare si è voluto distinguere due ipotesi di motivazione per relationem, a seconda che la richiesta del pubblico ministero indichi specificamente gli atti di indagine da cui emergono gli indizi, ovvero non li nomini: nel secondo caso infatti motivare per relationem significa nascondere le prove

85

Cass., sez. I, 22 febbraio 1979, Pino ed altri, in Cass. pen. mass. ann., 1981, p. 585.

86

Cfr, tra gli altri, R. D’ALESSIO, Commento all’art.15, cit., p. 95; E. BERNARDI, Prassi e giurisprudenza, cit., c.413 s.; P. GOSSO, Intercettazioni, cit., p.896; A. V.

SEGHETTI, Intercettazioni telefoniche illegittime per motivazione insufficiente, cit., c. 132 s.

87

Così E. AMODIO, voce Motivazione della sentenza penale, in Enciclopedia del diritto, vol. XXVII, 1977, p. 231 ss.

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