Nel golfo di Baratti e sul promontorio nascono i primi villaggi etruschi.
Sulla sommità del promontorio, sulle falde che scendono ripide verso Baratti e sui poggi intorno al golfo sorgono villaggi di capanne con pareti di frasche e tetti di pelli di animali su pali di legno. Già da millenni uomini stanziati intorno alle paludi e agli stagni avevano intrapreso la coltivazione dei campi: altri avevano iniziato lo sfruttamento del rame sui monti di San Carlo e altri ancora avevano imparato a fondere nel bronzo il duttile rame e lo stagno. Ora vivono qui genti che già parlano etrusco ed entro pochi decenni, acquisito l’alfabeto dei Greci, impareranno a scrivere, a fissare sui cocci almeno il loro nome. Coltivano la terra, praticano l’allevamento e la pesca, forgiano nel ferro i loro strumenti e le loro armi. Le donne nelle capanne filano e tessono la lana, cuciono i vesti che verranno fermate da elaborate spille in bronzo, ferro, oro e argento, con decorazioni in ambra e in vetro, Seppelliscono i lori morti in campi esterni al villaggio. Li bruciano e ne conservano le ossa in vasi biconici oppure depongono i cadaveri in fosse scavate nel terreno insieme alle suppellettili: elmi, scudi, lance di bronzo e di ferro per gli uomini; ferma trecce, collane, anelli, strumenti per la tessitura e la filatura per le donne; qualche vaso per tutti. Non esistono ancora forti differenze sociali: l’uomo è guerriero o giovinetti, la donna sposata o fanciulla. La ricchezza è nei metalli, soprattutto nel ferro: nelle miniere si scavano pozzi, cunicoli e gallerie per inseguire i filoni; il ferro proviene principalmente dall’isola d’Elba, ma viene poi portato sulla terraferma, sulla spiaggia di Baratti, per essere lavorato, utilizzando il carbone prodotto nelle vicine carbonaie. Queste ricchezze spingeranno qui i Sardi, i Greci e i Fenici: nel porto, a Baratti, si scambiano merci e idee. Il contatto con altre genti provocherà, nel secolo seguente, la nascita dell’aristocrazia che possiede le miniere e la terra e si fa seppellire in tombe monumentali con corredi sontuosi ricchissimi di suppellettili preziosi. Saranno questi “principi” etruschi a detenere ricchezze e potere: gli altri, gli schiavi e la gente comune, lavoreranno nei campi e nelle miniere, nei forni fusori e nelle officine.
Testo tratto dai pannelli didattici presenti all’ingresso del Parco, ricostruzioni storiche della città di Populonia.
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Il villaggio dell’XVIII secolo a.C. sul sito della futura città di Populonia e il golfo di Baratti. Ricostruzione realizzata dallo Studio Inklink Firenze (Simone Boni e Alessandro Rabatti)
80 Domina il mare una grande città etrusca, Populonia, difesa da poderose mura. Non più capanne, ma case e templi sontuosi decorati da terrecotte policrome con le immagini degli dei: qui la collettività celebra riti in cui riconosce il suo senso di appartenenza e compie sacrifici al dio del vini, Fufluns (il Dionisio dei Greci), da cui la città prende il nome e che le è consacrata. Nel porto attraccano navi etrusche, greche e fenicie e portano merci preziose da lontano. Caricano vino, grano e metalli. Il ferro dell’Elba, lavorato sulle falde del promontorio , è la grande ricchezza della città. Le scorie di lavorazione si accumulano sui tumuli imponenti, estrema dimora di un’aristocrazia già antica. Ora le tombe più monumentali hanno altre forme, ispirate ai templi e alle case; altre sono semplici casse di pietra. Ma i corredi parlano delle ricchezza dei vivi, di una società che si riconosce nei fasti del simposio e dei giochi atletici: sono preziose suppellettili in bronzo di manifattura locale; sono vasi in bucchero, neri come il metallo, importati da Tarquinia e Cerveteri o prodotti anche qui, nelle officine dei vasai; sono anche vasi dipinti che vengono da Corinto e da Atene e narrano talvolta le antiche storie degli dei e degli eroi greci. Nelle montagne incessante è l’attività di miniera. Nei campi dell’entroterra piccoli villaggi e isolate fattorie ospitano contadini che coltivano il grano e la vite da vino per cui la città è già famosa. La ricerca di legname usato come combustibile per i forni fusori e altre officine artigiane ha già portato alla scomparsa di alcuni boschi. In una collina nella foresta si cavano le pietre per la costruzione delle mura, della case, dei templi, delle tombe. Quando la cava verrà abbandonata, dopo più di un secolo, nelle pareti rocciose verranno scavate camere per ospitare altre tombe.
Già popolosa, la città diverrà una “metropoli” frequentata da genti venute da ogni parte del Mediterraneo, attirate dalle attività metallurgiche: dalle altre città dell’Etruria, dalla Campania, dalla Corsica, dall’Iberia, dalla Grecia. Un vasaio greco, forse ateniese, aprirà qui la sua officina.
VI secolo a.C.
Sul promontorio fiorisce il centro abitato di Populonia
Testo tratto dai pannelli didattici presenti all’ingresso del Parco, ricostruzioni storiche della città di Populonia.
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Ricostruzione del paesaggio di Populonia nel II-I secolo a.C.
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Populonia, come accade alla grandi potenze etrusche, alla fine del III secolo a.C. entrò nell’orbita di una grande Roma nascente, attratta in primo luogo dalle attive produzioni metallurgiche e dai legami di commercio che aveva creato nell’ultima fase, in particolar modo con Pisa. Il primo approccio fu quello di commissionare alla città oggetti preziosi e soprattutto armi.
La fine del IV secolo e tutto il III secolo a.C. si credeva, in un primo momento, potessero essere gli anni di massima lavorazione del ferro a Populonia, quasi senza sosta si lavorava presso la Baia di Baratti, andando così a ricoprire definitivamente l’avvallamento del golfo e le necropoli più antiche della città. Si credeva….Poiché con l’avvento del mondo romano a Populonia, la lavorazione e il sistema produttivo venne ulteriormente intensificato, per cercare di ottenere la massima produzione possibile dai forni di Baratti, riducendo in schiavitù i lavoratori. Dunque il II e il I secolo a.C. furono gli anni di maggiore attività siderurgica dell’intera zona della Penisola, la zona diventò un punto di attracco favorevole per la potenza di Roma nel confronti del mare Tirreno, del resto come prima lo era stato per il mondo Etrusco. Uno dei diversi dati mancanti per ricostruire la storia di Populonia è la non conoscenza di chi fosse a capo nella città, non ci sono documenti che lo attestano, secondo alcuni storici la città era governata da coloro che gestivano il polo siderurgico. Segnò definitivamente la fine del mondo Etrusco a Populonia la scelta di appoggiare e allearsi con il popolare Caio Mario nella guerra civile con l’aristocratico Lucio Cornelio Silla, il quale, vincitore, con la sua armata assediò e espugnò la città di Populonia.
L’Acropoli nel frattempo presentava una nuova distribuzione, non vi è praticamente più traccia degli edifici etruschi, al posto sorgono templi e domus romane, lungo vie lastricate all’interno delle possenti cinta di mura.