Vila Planalto è nata nel 1957 come accampamento dove alloggiare i lavoratori, in un’area privilegiata per la vicinanza con la parte Est dell’asse centrale dell’aereo; era previsto che fosse demolita tre anni dopo, all’inaugurazione di Brasília.
L’insediamento, essendo realizzato secondo le logiche descritte a proposito degli accampamenti, rispondeva a un schema geometrico semplice, riconducibile alla griglia; come vedremo, questo sedime è riconoscibile ancora oggi nello stesso quartiere, che non solo non è stato demolito nel 1960, ma è diventato patrimonio dell’UNESCO nel 1988 insieme al Plano Piloto.
Costruita con baracche di legno, sprovvista di spazi pubblici e degli elementari servizi urbani, ed esclusa socialmente in virtù del suo essere, per definizione, una non città, Vila Planalto rappresentava fin da subito una materializzazione di quell’apartheid sociale (Buarque, 1990) che andava dispiegandosi in Brasile in quegli anni, e aveva nella capitale la sua massima espressione. Ma questa non-città, d’altra parte, si andava configurando anche come un centro vitale abitato dagli abitanti lavoratori, i cosiddetti pionieri, che condividevano una fertile vita comunitaria, ancorchè forzata in origine.
Nella tesi Vila Planalto: de acampamento ao contexto de Brasília patrimonializada, Thais Tavares Rodrigues (2013) suggerisce una correlazione tra la condizione di servi, accompagnata dall’assenza di servizi e opportunità per il tempo libero, con la tendenza degli abitanti a sopportare ore di lavoro straordinarie più facilmente, andando ad avvalorare le tesi sin qui già esposte per cui gli accampamenti sarebbero serviti come esperimento di controllo della forza lavoro. Intanto, però, la coesione sociale che si era creata all’interno della comunità aveva posto le basi per un movimento che avrebbe garantito la resistenza alla rimozione fino al 1988, costituendo quello di Vila Planalto come un caso unico nella storia di Brasília. Il governo decise di ricorrere alla coercizione per espellere gli abitanti ed eliminare l’accampamento subito dopo l’inaugurazione, ma nel 1960 l’insediamento resisteva, anche perché c’era ancora molto da costruire. Venne attuata una stretta sorveglianza sull’area per impedire che la comunità si rafforzasse e costruisse un’autonomia, in modo da indurne invece una contrazione progressiva; fu invece l’inizio di una serie di movimenti popolari che rivendicavano il diritto ad abitare e organizzavano manifestazioni per la “fixação” della Vila. Probabilmente il successo su cui poi si riuscì a basare l’intera storia della resistenza e della fixação si dovette allo stratagemma di intitolare la lotta alla moglie del presidente: Vila Sara Kubitschek era infatti il nome dato dagli abitanti all’accampamento, ringraziando la signora Sara per il suo supporto. La strategia evidentemente sensibilizzò abitanti di altre
invasioni e destabilizzò l’intervento di sgombero della Novacap. Il culmine dell’operazione di resistenza si ebbe però nel 1986, quando il movimento “Grupo das Dez”, un gruppo di dieci donne pioniere dell’accampamento, chiese al nuovo presidente José Sarney l’ufficializzazione; il fatto ebbe risalto in tutto il paese perché la figlia di una delle donne, Leiliane Rebouças, di dieci anni, superò il cordone di protezione del presidente e gli consegnò la lettera. I giornali titolarono Leiliane vince e Vila Planalto rimane dov’è.
Intanto, soprattutto per la vicinanza fisica con il centro, Vila Planalto aveva iniziato a subire una pressione crescente dovuta alla valorizzazione immobiliare, che ha determinato una progressiva trasformazione: le case, originariamente in legno, sono state sostituite da case in muratura, prima a due e poi a tre piani. Ciò ha comportato cambiamento nel profilo socio-economico, facendo diventare Vila Planalto un quartiere di classe media; venendo a svuotarsi, in parte, a causa dell’espulsione spontanea degli abitanti più poveri, le case libere venivano occupate dai funzionari pubblici i quali, tra l’altro, contribuivano a supportare la causa della resistenza grazie alla loro influenza politica. Aumentava la mescolanza sociale ed economica e, di conseguenza, cambiavano i materiali costruttivi e quelli urbani. Ma ciò si traduce soprattutto nella comparsa di grandi placche esclusive sorte immediatamente all’esterno della Vila, affacciate sul lago, e contenenti sia condomini residenziali, sia club sportivi.
Come anticipato, la tale processo di ispessimento si è andato a sviluppare nel tempo sulla struttura originaria, perpetrando lo schema a griglie imposto dalla razionalità organizzativa dei costruttori e permettendone tutt’ora la leggibilità; il confronto tra le ortofoto del 1965 e del 1997 conferma che il processo ha comportato soprattutto una trasfigurazione in termini di densità e di compattezza, andando a saturare sia gli spazi aperti interni, sia quelli interstiziali, ma mantenendo i tracciati e i sedimi degli edifici di partenza.
Per quanto riguarda le conseguenze della protezione come patrimonio, si rilevano negli anni successivi nuove sporadiche costruzioni irregolari che rendono manifesta la tendenza a invadere laddove non ci sia una forte sorveglianza. Il limite della Vila Planalto ricalca infatti perfettamente l’insediamento compatto lungo le sue strade perimetrali, lasciando le aree esterne al di fuori della protezione come aree non edificabili. Sono invece già presenti baracche disposte in forma polverizzata all’interno dell’area alberata, un po’ come avviene in tante alte zone di margine delle infrastrutture e dei quartieri ufficiali di Brasília.
Anche per Vila Planalto risulta quindi, ancora oggi, un principio insediativo basato su una rete infrastrutturale a griglia, fatta di strade rettilinee e di sezione ampia, seppur non perfettamente ortogonali come è avvenuto per la maggior parte delle città satellite e per i più recenti nuovi quartieri. Ma mentre la sorveglianza si indeboliva, la personalizzazione degli abitanti aumentava e si venivano creare vicoli, ampliamenti, demolizioni che si
60. (sinistra) fotogramma aereo del 1965 (nell’angolo in basso a sinistra si vede la testa dell’asse monumentale del Plano Piloto
61. (destra) fotogramma aereo del 1997
[Fonte: Archivio Cartografico del Distrito Federal - Subsecretaria de Gestão de Informações Urbanas e Territoriais – SIURB]
accompagnavano a un rafforzamento delle relazioni di prossimità; ciò comportava quello che, in occasione della candidatura di Brasília all’UNESCO, veniva visto come inquinamento visivo non coerente con l’ordine geometrico del Plano Piloto. L’area fu quindi oggetto di una bizzarra operazione di abbellimento che contrastava con il concetto stesso di patrimonio, il quale avrebbe dovuto essere protetto: si disposero le case migliori lungo i lati perimetrali, nell’intenzione di incorniciare il quartiere nascondendo quelle interne, più povere e sovraffollate, e si adornò lo spazio aperto con abbondanti alberature per ammorbidire il paesaggio urbano della Vila. Inoltre, essendo in atto un processo di sostituzione degli abitanti di ordine socio-economico, sono obbligatorie le modificazioni spaziali e materiali della città, venendo a mancare la conservazione dei caratteri originari. L’inclusione nel patrimonio risulta quindi quantomeno incoerente - ha visto il diradamento sia dei valori materiali che di quelli immateriali - ma ufficialmente Vila Planalto rappresenta la principale testimonianza, preservata e ora protetta, dell’insediamento originario esterno al Plano Piloto, e ciò rappresenta soprattutto un riconoscimento della storia della sua comunità, che quasi non c’è più.
Qual è il punto di vista dei pionieri, quindi, sul risultato di questa resistenza oggi?
La popolazione è stata coinvolta, almeno emotivamente, anche nel processo di ufficializzazione del patrimonio; significativi sono stati alcuni episodi simbolici, tra cui l’“Abraço à Vila”,
in cui tutti gli abitanti si sono tenuti per mano cercando di abbracciare l’intero quartiere, e ci sono quasi riusciti. La soddisfazione degli abitanti originari era anche di ordine sentimentale, quindi, oltre ovviamente a derivare dalle migliorate qualità funzionali date dalle pavimentazioni e dalle fogne. Ma dalle interviste effettuate da Thais Tavares Rodrigues su alcuni pionieri emerge anche un rimpianto, dovuto al trasferimento di molti di loro e alla conseguente perdita d’identità, che se ne andava insieme alle persone e alle architetture, e non veniva tramandata. Una intervistata sosteneva che i nipoti dei pionieri già non fossero depositari di alcuna identità legata a quella storia, la quale dovrebbe essere invece mantenuta nella cultura di Brasília anche attraverso le istituzioni.
Dalle interviste si rileva anche come lo spirito di vicinato che si era generato nel tempo stesse coinvolgendo anche i nuovi abitanti della classe media, i quali apprezzano il clima e la struttura del quartiere, pur non conoscendone la storia.
Un processo simile, in termini di resistenza all’eradicazione a partire da quartieri originari, riguarda come abbiamo visto la vicenda del Núcleo Bandeirante, inizialmente chiamato Cidade Livre.
Un caso simile, ma degli esiti sostanzialmente diversi, si situa al di fuori dei confini del Plano Piloto, ma confinante con l’area del Lago, ed è quello di Paranoá. L’accampamento originario ospitava i lavoratori impiegati nelle opere di costruzione del lago artificiale, e quindi nasceva ai suoi margini; una volta realizzato il lago, l’area cominciò ad essere vincolata come ambito di protezione ambientale e, conseguentemente, la popolazione residente a essere malvista. I tentativi di eradicazione videro l’opposizione degli abitanti, che si unirono in un movimento, il grupo Pró-Moradia, cercando supporto in altri enti della società, tra cui la Facoltà di Architettura e Urbanistica (FAU) della Universidade de Brasília, la quale fu coinvolta nell’elaborazione di un piano per la regolarizzazione del quartiere.
Ma a seguito delle difficoltà nell’eradicazione, il Governo organizzò una regolarizzazione anomala dell’area, obbligando il trasferimento della popolazione in un’area adiacente, ma con l’aggiunta di lotti per 25.000 persone in più, che sarebbero arrivate da posti diversi senza aver avuto nessuna relazione con la storia del luogo e la vicenda della resistenza. La popolazione non crebbe come previsto da questo addensamento imposto, ma le conseguenze di questa ingerenza furono disastrose; oltre a essere la sede di lottizzazioni irregolari e traffici di immobili, Paranoá divenne negli anni novanta una delle aree più violente del Distrito Federal4, vanificando gli esiti della mobilitazione dei pionieri in difesa delle loro case.
64. Volantino di sensibilizzazione del progetto di regolarizzazione elaborato dal GT- Brasília [Fonte: Arquivo Superintendência IPHAN-DF, in Ocaranza Pacheco (2015)]