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La vincolatività del contratto e il principio dei “pacta sunt

La gestione delle sopravvenienze in un’ottica comparatistica: la common law inglese

1. La vincolatività del contratto e il principio dei “pacta sunt

servanda”

In materia di sopravvenienze, i modelli di common law si sono

caratterizzati storicamente per una evoluzione, a detta della migliore dottrina, “affatto originale”97. Diversi orientamenti giurisprudenziali, infatti, succedutisi nei decenni, hanno contribuito ad erodere il principio fondamentale che regolava la materia, e che, pur non essendo ancora del tutto superato, subisce ad oggi “sempre maggiori restrizioni”98.

Si tratta del principio di assolutezza della volontà manifestata attraverso la fattispecie contrattuale, più propriamente detto “Sanctity” del contratto, in forza del quale ogni clausola stabilita e concordata dalle

97

AMBROSOLI M., La sopravvenienza contrattuale, Giuffrè, 2002, pg. 137.

98

TRAISCI F.P., Sopravvenienze contrattuali e rinegoziazione nei sistemi di civil e

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parti va necessariamente osservata e rispettata in modo pressoché assoluto. A logico corollario di tale assunto, “ogni assunzione di responsabilità in via pattizia non esime in nessun caso dall’adempimento il soggetto obbligato”99, che a rigore non può liberarsi dalla propria obbligazione né per effetto di un mutamento del valore economico delle prestazioni (o di una di esse), né “con riguardo alla sopravvenuta impossibilità di eseguire”100 una di queste.

Da tale considerazione emerge chiaramente la differenza con la tradizione giuridica di civil law, dove sussiste in ogni caso tutela per chi non può adempiere l’obbligazione assunta, qualora sia divenuta impossibile o eccessivamente onerosa per ragioni indipendenti dalla propria volontà.

Altra distinzione rilevante in tema di gestione delle sopravvenienze può riscontrarsi nella natura rimediale della common

law, che ha come mezzo di tutela essenziale quello per equivalente, “che

per definizione non è mai impossibile”101 (a differenza dell’esatto adempimento), e dunque può benissimo preludere a una tutela per la parte adempiente anche quando l’inadempimento di controparte non sia a questa imputabile.

Ad oggi, il sistema anglo-americano102 sembra aver superato molte delle “resistenze ad accordare rilevanza al mutamento di circostanze”,

99

MANTELLO M., Interpretazione funzionale e rischio contrattuale, Jovene Editore, 2003, pg. 59-60.

100

TRAISCI F.P., Sopravvenienze contrattuali cit., pg. 170.

101

TRAISCI F.P., op. ult. cit., pg. 172.

102

E’ da premettere, in materia, come anche negli USA si faccia ricorso al concetto di

frustration, come sarà delineato successivamente a proposito del sistema inglese, per

conferire rilevanza alle sopravvenienza. Tuttavia, il sistema giuridico americano ammette la possibilità di liberazione non soltanto in conseguenza della radicale scomparsa della base del contratto, ma considera rilevanti anche alcuni fenomeni di

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mettendo invece in discussione “l’opportunità-ragionevolezza di una rigida applicazione del principio della sanctity of contract”103 e temperando tale principio con la c.d. “doctrine of frustration”, che sta aumentando a tutt’oggi il proprio campo di applicazione. Tuttavia, è

necessario notare come, in quanto diritto essenzialmente

giurisprudenziale, il diritto inglese viva di statuizioni concrete, dove le classificazioni dogmatiche non godono di un rispetto incondizionato, e anzi spesso sono definite dalla dottrina come “pericolose e fuorvianti”104.

Lo stato dell’arte, dunque, è in continua evoluzione, così come la progressiva erosione dell’assolutezza della prestazione negoziale, che affonda le sue radici in un contesto molto datato. A riguardo dottrina e giurisprudenza si richiamano spesso al caso Paradine v. Jane del 1647, che è definito dalla maggioranza degli operatori come il leading case in materia di statuizione del principio dei pacta sunt servanda, declinato nel senso che nemmeno l’impossibilità assoluta della prestazione del creditore fosse idonea a liberare il debitore dall’obbligo di pagare il corrispettivo contrattuale.

La vicenda in esame105 riguardava l’affitto, da parte di Jane, di un fondo di proprietà di Paradine, concordato per 21 anni. Trascorsi, però, soltanto sei anni, il fondo veniva occupato militarmente per un lungo periodo, e di conseguenza il conduttore non aveva potuto godere del bene in alcun modo, primo tra tutti l’uso agricolo. Citato in giudizio per

onerosità sopravvenuta della prestazione. Per approfondimenti, v. AMBROSOLI M., La

sopravvenienza cit., pg. 159 ss. 103

CASTRONOVO C. – MAZZAMUTO S., Manuale di diritto privato europeo, Ed. Giuffrè, 2002, pg. 522

104

GALLO P., Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del rischio, pg. 67

105

Per il testo delle motivazioni della decisione del King’s Bench, richiamato dai saggi

citati nel presente lavoro, si rinvia anche a

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il mancato pagamento dell’affitto, Jane fu condannato dal King’s Bench anche per il periodo di tre anni in cui aveva subito la turbativa. Il principio alla base di tale pronuncia, decisamente rigido, è così sintetizzato dalla dottrina.

Le parti di un contratto possono “sempre cautelarsi contro il rischio che la prestazione diventi impossibile”106 mediante un’apposita previsione. Qualora tale previsione manchi, è necessario interpretare il contratto come un accollo in capo a Jane dell’intero rischio del mancato godimento del bene. Se una prestazione, in altri termini, diviene impossibile, tale impossibilità può liberare la parte che si è impegnata ad adempierla soltanto se prevista dagli stessi contraenti; altrimenti, il soggetto che ha assunto un impegno contrattuale è responsabile “se non tiene fede a quell’impegno, indipendentemente dalla ragione che gli ha impedito di fare ciò cui si era vincolato”107.

Il caso Paradine v. Jane, tradizionalmente, viene identificato come caso emblematico di enunciazione del dogma della sanctity of

contract108. Eppure, soprattutto nella dottrina più recente, non mancano contributi di Autori che contestano la vigenza di tale principio assoluto già all’epoca della pronuncia.

Anzi, più esattamente, si sottolinea da diverse parti come il caso sopra richiamato sia stato erroneamente letto dalla giurisprudenza successiva: in realtà, lo stesso aveva voluto sancire una regola più “morbida”. In particolare, secondo tale lettura, l’intenzione della Corte

106

TRAISCI F.P., Sopravvenienze contrattuali cit., pg. 182.

107

AMBROSOLI M., La sopravvenienza contrattuale cit., pg. 139.

108

In tema, vedi anche, tra gli altri, CASTRONOVO C. – MAZZAMUTO S., Manuale di

diritto privato europeo cit., pg. 526, e MANTELLO M., Interpretazione funzionale cit., pg. 59 ss.

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sarebbe stata quella di sancire la statuizione secondo cui le sopravvenienze che il debitore avrebbe potuto tenere sotto controllo non avrebbero giustificato l’inadempimento, “qualora la sua prestazione fosse rimasta comunque possibile”109. Argomentando a contrario, quest’ultima interpretazione non considererebbe i casi di impossibilità sopravvenuta, che invece giustificherebbe lo scioglimento del vincolo contrattuale.

In particolare, il King’s Bench aveva sancito che, quando le parti si assumono contrattualmente l’impegno di eseguire una prestazione, ognuna di esse vi è tenuta se le è possibile (“if he may”, per utilizzare l’espressione originale), aprendo di fatto con tale inciso alla possibile rilevanza di sopravvenienze “impossibilitanti”. Sotto questo angolo visuale, acquistano coerenza con il case appena richiamato anche successive statuizioni giurisprudenziali, che introducono nuove fattispecie di deroga alla absolute contracts doctrine in riferimento a singole ipotesi contrattuali.

Attraverso tali pronunce, attinenti a materie tra loro diverse, ma accomunate da una simile ratio decidendi110, le Corti inglesi nell’arco di

due secoli raggiungeranno un’evoluzione ermeneutica che consentirà il

109

Per una summa dei contributi teorici a sostegno di questa lettura della pronuncia Paradine v. Jane, vedi TRAISCI F.P., op. cit., pg. 183.

110

I casi portati all’epoca all’attenzione del King’s Bench, di cui si può trovare traccia sui saggi precedentemente citati, riguardano le fattispecie più disparate, dalla cessione temporanea del godimento di un bene, in cui il debitore è liberato dall’obbligo di restituzione se nel frattempo detto bene sia perito senza sua colpa (Case William v.

Lloyd) ai casi di locazione d’opera con morte o incapacità sopravvenuta del prestatore

(tra gli altri, il case Hyde v. Dean&Cannons of Windsor), all’esecuzione della prestazione divenuta estremamente pericolosa per la salute fisica o morale di una delle parti (il caso Lawrence v. Twentiman), o ancora alla fattispecie di compravendita di beni mobili determinati, nel caso di distruzione prima della consegna; in questi ultimi casi, si è spesso assistito alla liberazione del debitore dall’obbligo di consegnare il bene e dalle responsabilità connaturate all’inadempimento.

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passaggio da delimitazioni di casi eccezionali all’enunciazione di un nuovo principio di diritto, che sarà di seguito approfondito, destinato a governare a lungo la materia.