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miR-21-5p 1.596 [2.088] 1.772 [1.395] 1.443 [1.835] 1.292 [3.206] 0.611 miR-200b 0.379 [0.580] 2.802 [4.179]* 0.375 [0.453] 2.105 [2.318]* 0.629 miR-30e-5p 1.195 [3.134] 4.004 [3.563]* 1.405 [2.062] 2.615 [1.867]# 0.012 miR-199a-3p 0.353 [0.480] 0.171 [0.181]* 0.293 [0.314] 0.418 [0.725]# 0.017 miR-27b 0.072 [0.050] 0.172 [0.209]* 0.063 [0.050] 0.184 [0.305]* 0.343 miR-130b-3p 0.074 [0.083] 0.155 [0.200]* 0.044 [0.046] 0.096 [0.190]* 0.800 miR-27a-3p 0.753 [1.105] 2.039 [2.302]* 0.615 [0.619] 2.606 [3.132]* 0.297 *p< 0.05 fra Visita 1 e Visita 0; #p< 0.05 Dapagliflozin vs Idroclorotiazide

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La Figura 2 mostra l’esistenza, nei pazienti trattati con Dapagliflozin, di una correlazione lineare fra la variazione del DRIN (DRIN post-trattamento - DRIN basale, DDRIN) e l’espressione basale di miR-200b e miR-27b (r= 0.43, P=0.05 e r=0.50, P=0.03, rispettivamente), già associati a scompenso cardiaco, disfunzione endoteliale ed insufficienza renale.

Figura 2. Correlazione fra miR-200b e miR-27b alla Visita 0 (espresse come ln, logaritmo naturale) e variazione del DRIN (espressa come variazione in percentuale, DDRIN, rispetto al basale)

Infine, le variazioni del miR-27b dopo terapia erano inversamente correlate a variazioni di FMD (r= -0.474; P=0.026) e dell’AIx (r= -0.476; P= 0.022). Δ DRIN (%) ln e sp re ss ion e m iR -200b ln e sp re ss ion e m iR -27b -2,5 -2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 -10 -7,5 -5 -2,5 0 2,5 5 P=0.05 r=0.43 -4,5 -4 -3,5 -3 -2,5 -2 -1,5 -1 -10 -7,5 -5 -2,5 0 2,5 5 P=0.03 r=0.50

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Discussione

I risultati principali di questo studio propongono due nuovi meccanismi di protezione cardiorenale associati alla terapia con Dapagliflozin. Innanzitutto, Dapagliflozin aumenta l’espressione di miR-30e-5p e miR-199a-3p, entrambi coinvolti nella patogenesi dello scompenso cardiaco. In secondo luogo, il trattamento di 4 settimane con Dapagliflozin preserva la funzione vasodilatatoria renale, effetto mediato dall’espressione basale di alcuni miRNA. Tali effetti sono indipendenti dalla riduzione dei livelli di PA e dall’effetto diuretico di Dapagliflozin [35], in quanto non si manifestano nel braccio trattato con HCT.

In questo studio è stata inoltre effettuata un’estesa valutazione della risposta vascolare sistemica e renale al Dapagliflozin. La funzione endoteliale dell’arteria brachiale, che aumenta in acuto con lo SGLT2 inibitore [35], non si è invece modificata durante un trattamento a breve termine. I nostri risultati in qualche modo riflettono quelli dello studio DEFENCE (Dapagliflozin Effectiveness on the Vascular Endothelial Function and Glycemic Control) [33], che ha evidenziato un miglioramento della funzione endoteliale dopo 16 settimane di trattamento con Dapagliflozin rispetto al trattamento con un comparatore non emodinamicamente attivo (Metformina), ma tale miglioramento era evidente solo nei pazienti (n=13) con peggior controllo metabolico al basale. Si potrebbe inoltre ipotizzare che, per un periodo di osservazione molto breve, come accade in questo studio, alcuni meccanismi controregolatori (ad es. l’attivazione dell’aldosterone) potrebbero aver ridotto l’iniziale miglioramento della FMD, indice di funzione endoteliale. Si può quindi ipotizzare che il miglioramento di alcuni parametri funzionali, come la stiffness arteriosa (indicata dalla PWV), richieda una durata di trattamento più lunga. Pertanto i nostri risultati non escludono che un

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effetto diretto sulla struttura e sulla funzione vascolare sia uno dei meccanismi sottostanti la protezione cardiovascolare indotta dagli SGLT2 inibitori [31,32]. Al contrario, un breve trattamento sembra già determinare un effetto positivo a livello vascolare renale, con il DRIN, indice di capacità vasodilatatrice renale, che rimane conservato con Dapagliflozin, mentre aumenta nei pazienti trattati con HCT. E’ importante ricordare che un incremento nel DRIN (valore generalmente negativo) indica un’alterazione della capacità vasodilatatoria mediata dai nitrati. Tale effetto non risulta presente dopo 48 ore di somministrazione di Dapagliflozin, quando gli effetti emodinamici acuti sono predominanti [35], mentre può essere indice di un effetto a lungo termine. Abbiamo precedentemente dimostrato come il DRIN possa predire l’insorgenza di albuminuria in soggetti ipertesi diabetici [42]. Al momento, non siamo a conoscenza di studi che abbiano esplorato l’effetto a breve termine degli SGLT2 inibitori su parametri vascolari quali il RI e il DRIN; i nostri dati potrebbero quindi aggiungere un tassello alla conoscenza degli effetti nefroprotettivi di questi farmaci, a sottolineare che l’intero rene, e non solo il tubulo, sia il target di numerose risposte determinate dall’inibizione di SGLT2.

I miRNA sono piccoli RNA non codificanti capaci di regolare l’espressione genica post-trascrizionale. Sono espressi a livello plasmatico e sierico e si pensa che il loro pattern di espressione sia come una “firma” in certe patologie, tra cui il T2D [43]. Questo lavoro ha esplorato se markers epigenetici (studiati come un pannello di miRNA potenzialmente coinvolti in malattie cardiovascolari e renali) potessero predire gli effetti vascolari di questi farmaci e se l’inibizione di SGLT2 fosse in grado di esercitare alcuni effetti protettivi anche attraverso una modulazione epigenetica. E’ interessante notare come il comportamento del DRIN determinato da Dapagliflozin sia influenzato dall’espressione di miR-27b: la capacità vasodilatante renale è

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conservata in terapia con Dapagliflozin solo quando l’espressione di miR-27b è bassa. Alcuni studi hanno dimostrato che l’espressione di miR-27b sia associata a sindrome metabolica e T2D [26] e questo miRNA è stato recentemente identificato come marker di insorgenza o progressione di retinopatia nei pazienti affetti da diabete tipo 1 [44]. Inoltre abbiamo dimostrato che l’espressione basale di miR-200b predice variazioni nel DRIN, e che il suo livello di espressione aumenta dopo entrambi i trattamenti. Questi risultati sono in linea con quanto già riscontrato nell’occhio, dove miR-200b potrebbe essere alla base della proliferazione delle cellule endoteliali retiniche attraverso l’espressione di TGFb1 e VEGF [45]. Comunque non possiamo escludere che la correlazione fra variazioni dei parametri vascolari e variazione dei miRNA sia casuale, visto l’elevato numero di comparazioni eseguito.

Abbiamo anche comparato l’effetto dei due trattamenti rispetto ad un pannello di miRNA potenzialmente coinvolti nel danno cardiovascolare. La differenza osservata nell’espressione dei miRNA correlati alle malattie CV ed al peggioramento della funzione renale nei pazienti con scompenso cardiaco merita una particolare attenzione [46,47], mirata soprattutto ad una migliore definizione del ruolo di tali miRNA nel modulare la cardioprotezione ad opera degli SGLT2 inibitori. Nello specifico, il miR- 30e-5p, selettivamente up-regolato da Dapagliflozin, inibisce l’autofagia dei miocardiociti modulando un pathway di ACE2 in un modello sperimentale di scompenso cardiaco [48], la sua espressione è diversa nel cuore scompensato e in quello sano ed aumenta in quei pazienti che rispondono alla terapia resincronizzante [49,50]. Inoltre, se confermato in ulteriori studi, la ridotta espressione di miR-199a-3p indotta da Dapagliflozin potrebbe essere rilevante, in quanto l’inibizione di questo miRNA potrebbe de-reprimere i livelli cardiaci di PPARd, in modo da ripristinare l’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi e migliorare la performance cardiaca in

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corso di scompenso [51]. Da sottolineare che i miRNA che modulano la transizione epiteliale-mesenchimale [52], o quelli associati al danno renale cronico [53] od acuto [54], non hanno subito modificazioni in corso di terapia con Dapagliflozin, né sono differentemente espressi nei due gruppi dopo trattamento. Questo potrebbe suggerire che l’effetto protettivo di Dapagliflozin sulla capacità vasodilatatoria renale dipenda dall’effetto del farmaco sul microcircolo renale, perché è influenzato da quei miRNA che hanno un target vascolare. Nel complesso, sebbene il nostro studio sia stato condotto in una piccola popolazione, i dati suggeriscono il coinvolgimento di questi miRNA nelle risposte vascolari e renali agli SGLT2 inibitori.

E’ importante notare che il ruolo nefroprotettivo di Dapagliflozin risulta indipendente dalla PA, poiché non si manifesta nel braccio trattato con HCT. Non possiamo completamente escludere che la correzione dell’iperglicemia [55] non sia responsabile di tale effetto, sebbene in questo studio non sia emersa alcuna correlazione fra le variazioni del DRIN e della glicemia a digiuno, ed in altri lavori un’associazione cross-

sectional fra livelli di glicemia e DRIN non sia stata riscontrata [56]. Sono pertanto

necessari ulteriori studi, volti a comparare l’effetto sulla circolazione renale degli SGLT2 inibitori rispetto a quello di altri farmaci ipoglicemizzanti, per escludere completamente tale ipotesi.

Come nel precedente studio condotto in acuto [35], anche in questo caso Dapagliflozin ha determinato un incremento significativo dei livelli di magnesiemia. Tale conferma ottenuta dopo un trattamento a medio termine può contribuire all’effetto cardioprotettivo degli SGLT2 inibitori, ed è in linea con i dati della letteratura che mostrano come l’ipomagnesiemia sia un fattore di rischio CV (sia in termini di eventi che di mortalità) nella popolazione generale e nei soggetti affetti da malattia renale cronica [57-60]. Inoltre, i livelli sierici di magnesio sono inversamente associati al

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rischio di morte per scompenso e coronaropatia [61, 62] ed a calcificazioni coronariche nei pazienti con insufficienza renale terminale [63].

Infine, meritano attenzione anche i dati sulla funzione renale e sull’equilibrio idro- elettrolitico. Innanzitutto, non sono stati evidenziati incrementi dei livelli sierici di creatinina, riscontrati invece in precedenza [31]. La stima della riduzione acuta del GFR dopo l’inizio della terapia con SGLT2 inibitori è, comunque, compatibile con un ripristino del feedback tubulo-glomerulare, che risponde alla deplezione di volume a livello della macula densa con la vasocostrizione dell’arteriola afferente. Inoltre, nonostante la diuresi nel braccio in Dapagliflozin fosse significativamente aumentata, non è stata riscontrata disidratazione, come evidenziato dal fatto che non sono variati né osmolarità né ematocrito. In questo studio è stato raccomandato ai pazienti di idratarsi adeguatamente; ciò potrebbe essere bastato a prevenire tali riarrangiamenti emodinamici renali. I nostri risultati inoltre confermano che Dapagliflozin non altera la natriuresi [64] e questo è compatibile con la dimostrazione che nel T2D il contributo al riassorbimento tubulare del sodio da parte di SGLT2 varia dal 14% al 19% [65], essendovi nel nefrone altri cotrasportatori del sodio che vicariano SGLT2, quando inibito.

I punti di forza di questo studio sono:

- La valutazione di un possibile ruolo putativo della regolazione epigenetica degli effetti degli SGLT2 inibitori;

- Una valutazione della funzione e della struttura vascolare attraverso l’imaging non invasivo;

- La valutazione dell’equilibrio idro-salino, del profilo del RAAS e del profilo neuro-ormonale come possibili fattori confondenti;

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Viceversa, i limiti di tale studio possono essere di seguito riassunti:

- la breve durata dello studio, che può spiegare l’assenza di certe modificazioni determinate dall’inibizione di SGLT2, quali la riduzione di PAS e BMI;

- L’impossibilità di eseguire un’analisi multivariata, vista la piccola dimensione del campione in esame;

- L’effetto dei due trattamenti sul ruolo epigenetico dei miRNA va considerato come un dato preliminare, e richiede conferma in gruppi più grandi di pazienti trattati con Dapagliflozin per un periodo più lungo;

- Non è stata eseguita alcuna valutazione della funzione cardiaca, altro possibile target della protezione CV mediata da Dapagliflozin (anche se probabilmente una durata così breve di trattamento non avrebbe determinato grandi modifiche); - Data la differenza al basale del DRIN nei due gruppi, non è possibile escludere che

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Conclusioni

In soggetti con T2D il trattamento a breve termine con Dapagliflozin mostra un effetto benefico sull’emodinamica renale, preservandone la capacità vasodilatante. Tale risposta sembra essere predetta dall’espressione dei miR-200b e miR-27b. Inoltre Dapagliflozin sembra a sua volta influenzare l’espressione di alcuni miRNA circolanti, implicati nella patogenesi dello scompenso cardiaco.

Risulta quindi chiaro che, in virtù del cosiddetto effetto di classe, gli SGLT2 inibitori vadano considerati come farmaci di prima scelta nei soggetti diabetici ad alto rischio CV e renale. Verosimilmente l’epigenetica potrebbe avere un ruolo nell’individuare coloro che sono a rischio, e che quindi potrebbero maggiormente giovarsi della terapia con tale classe di farmaci.

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