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4. Analisi e interpretazione dei dati

4.4. La collaborazione tra famiglia affidataria, ATFA e la rete sociale più estesa

4.4.2. Il vissuto degli affidatari rispetto la relazione “formalizzata” con l’istituzione

la seguente tesi tiene a riportare il punto di vista dei consulenti sociali di ATFA rispetto al ruolo che gli affilianti rivestono sul territorio ticinese.

Secondo Stefania Caffi (intervista, 18 maggio 2020), le famiglie affidatarie svolgono un ruolo importante sul territorio, “Coprono […] quella fetta del bisogno sociale che prevede una forma di protezione che esula dall’istituto. Non bisogna secondo me demonizzare i CEM, perché fanno un ottimo lavoro comunque. È diverso tuttavia dal lavoro delle famiglie. Per entrambe ci sono i pro e i contro. Il pro della famiglia abbiamo il lato educativo-affettivo famigliare che è proposto in una situazione informale per lo sviluppo del bambino. I contro potrebbero essere il fatto che una famiglia non è professionale, quindi non ci sono educatori e se a volte incontrano un ostacolo reagiscono da famiglia con le proprie crisi. […]”. Andrea Milio (Intervista, 19 maggio 2020), aggiunge che sono circa 180 i minori a lungo termine in affido al momento, mentre 200 sono i minori collocati in istituto. Questo dato mostra come il ruolo delle famiglie affidatarie sia fondamentale per il nostro cantone. Proprio a partire dall’importante ruolo sociale che svolgono le famiglie affidatarie, il Cantone ha deciso di erogare alle famiglie affilianti un rimborso spese. Il rimborso spese è stato introdotto circa 25 anni fa. Inizialmente il rimborso spese si aggirava intorno alla cifra di 400/500 franchi fino ad arrivare ad un massimo di 1000 franchi quando il minore raggiungeva l’adolescenza. La legge per la protezione della maternità, dell'infanzia, della fanciullezza e dell'adolescenza del 15 gennaio 1963 è stata sostituita con la Legge sul sostegno alle attività delle famiglie e di protezione dei minorenni del 15 settembre 2003, attuativa a partire dal 2006 e nel 2007 per quanto riguarda la modifica dell’importo del rimborso spese destinato alle famiglie affidatarie. I capi dipartimento hanno deciso di utilizzare le tabelle di calcolo di Zurigo e San Gallo ed aumentare dunque il rimborso spese arrivando ad una cifra di 1'800 franchi di cui la metà erogati come “compenso educativo”. Il rimborso spese negli anni è stato ridotto di 300 franchi per le famiglie family, di 200 franchi per le famiglie SOS e di 100 franchi le famiglie intra-parentali, è stato però reso esentasse. È bene riportare che le famiglie affidatarie non hanno nessuna spesa a carico per quanto riguarda la salute del minore (A. Milio, intervista,

19 maggio 2020). Il rimborso spese viene garantito dal settore recupero, che si occupa di recuperare il più possibile della cifra dalla famiglia naturale, tenendo conto della disponibilità economica di quest’ultima (S. Caffi, intervista, 18 maggio 2020).

Alle famiglie affidatarie è stato chiesto se ritengono sufficiente il rimborso spese, assicurato dal cantone, al fine di provvedere alle necessità del minore che accolgono. Una famiglia su quattro sostiene che la retta sia sufficiente adesso che il minore è piccolo, ma pongono il dubbio se questa cifra sia sufficiente una volta che il minore diviene adolescente (Intervista 1, 10 aprile 2020). Le tre rimanenti sostengono invece che questa non sia sufficiente, soprattutto quando il minore si avvicinerà alla maggiore età. Due famiglie riportano di dover usufruire dei propri fondi per rispondere alle esigenze dei minori che accolgono (Intervista 2, 14 aprile 2020; Intervista 4, 15 aprile 2020).

Il rapporto con l’istituzione pubblica non è però, come riportato in dettaglio nei capitoli precedenti, solamente riferito al rimborso spese come riconoscimento del ruolo che le famiglie affidatarie svolgono. Il seguente lavoro tiene infatti a riportare il punto di vista delle famiglie affidatarie rispetto alla gestione dell’affido da parte della rete. Le opinioni delle famiglie affidatarie sono differenti in base alla propria esperienza di affido a lungo termine. Emerge dall’analisi delle interviste in particolar modo la difficoltà a comprendere e a far fronte alla burocrazia che concerne l’affido e la difficoltà iniziale di instaurare una buona collaborazione con la rete.

L’intervistata numero due afferma: “[…] tutti quanti avevamo un po’ bisogno di prenderci le misure. All’inizio non nego che delle difficoltà ci sono comunque state, ma sono state assolutamente superate e adesso io mi sento molto molto ben sostenuta da questa rete. […]” Riporta inoltre come problema principale sia per lei la scarsa considerazione da parte dell’Autorità Regionale di Protezione del punto di vista delle famiglie affidatarie sulle decisioni che riguardano il minore che accolgono o hanno avuto modo di accogliere (Intervista 2, 14 aprile 2020). L’intervistata numero tre afferma:

[…] la difficoltà è che alcuni sono pro madre naturale e altri pro madre affidataria. […] Dunque li vai anche contro questo gigante che non puoi affrontare, ti senti impotente. Sentirsi impotenti e li cosa fai come madre. L’affido in Ticino secondo me ha ancora tanto da migliorare. Si dà ancora secondo me troppo potere alla madre naturale. Qualche volta è giusta, ma qualche volta no. L’ARP ha tanto potere! […]io mi sono sentita più volte impotente, impotente a dare delle risposte a mia figlia, impotente, trovarti davanti all’ARP e non capire le loro decisioni. […] Perché quello che è difficile del family è rendere conto, rendere conto alle autorità, rendere conto alla famiglia naturale, rendere conto sempre ed essere messi sotto la lente, sai… […] (Intervista 3, 15 aprile 2020).

La famiglia affidataria spiega attraverso un esempio concreto questa sensazione di impotenza: “Io non posso tagliare i capelli di Sara fino a quando non ho chiesto il permesso alla mamma. Io ho deciso così, però se lei vuole fare i buchi agli orecchini a Sara non mi chiederà il permesso, lo farà e punto. È giusto questo? Secondo me no. Perché lei ha l’autorità parentale. Però la cresciamo noi.” In questa citazione è ben evidente la frustrazione della mamma affidataria rispetto l’impossibilità di prendere decisioni in merito alla vita di Sara, la bambina che accoglie.

I coniugi dell’intervista numero uno (Intervista, 10 aprile 2020) riportano invece delle difficoltà con il curatore, il quale secondo la coppia è poco presente nel seguire l’andamento dell’affido. Lamentano inoltre il fatto di non avere a disposizione dei colloqui solo con

l’assistente sociale di riferimento del caso, dunque dell’UAP, come invece viene fatto con i genitori biologici. La coppia fino ad ora ha avuto modo di partecipare alle riunioni di rete, all’interno delle quali non si sentono liberi di esprimersi poiché hanno il timore di compromettere la relazione con la famiglia naturale del minore affidato influendo in questo modo anche a discapito del minore stesso.

L’intervistata numero quattro (Intervista, 14 aprile 2020) sostiene che tutto dipenda molto dalla rete che segue il caso del minore, non sempre è possibile una buona collaborazione con la rete. Esprime inoltre dei dubbi rispetto alle modalità lavorative e ai tempi dell’Autorità Regionali di Protezione che secondo la stessa andrebbero riviste.

I consulenti sociali di ATFA, come istituzione di sostegno alle famiglie affidatarie, si attivano per cercare di mediare tra la rete e la famiglia affidataria, in modo che entrambe le parti possano rispondere alle proprie necessità. I consulenti di ATFA riferiscono di essere ben consapevoli di questa difficoltà di collaborazione da parte delle famiglie affidatarie con la rete dell’affido, diverse famiglie negli anni hanno infatti riportato loro questo aspetto. Secondo Stefania Caffi, la difficoltà è dovuta in particolar modo all’approccio e all’utilizzo di un linguaggio diverso da parte degli attori dell’affido, che può destabilizzare e creare confusione nella famiglia. ATFA in queste situazioni si attiva cercando di creare un linguaggio comune che permetta di fare chiarezza, un compito dunque complesso. A volte, secondo la stessa, gli operatori della rete pretendo da una famiglia una professionalità che le famiglie non possono dare non essendo professionisti. Mentre le famiglie affidatarie a volte non riescono ad andare oltre alla propria figura e pensare che gli operatori hanno uno sguardo più ampio dato dal confronto con altre figure come ad esempio i genitori naturali. Secondo Stefania Caffi sarebbe dunque necessario che le famiglie si fidassero di più degli operatori (S. Caffi, Intervista, 18 maggio 2020). Andrea Milio aggiunge l’importanza che le famiglie comunichino con gli operatori ed espongano ciò che vivono e che sentono, in modo che queste figure possano attivarsi e modificarsi. Riporta che ci sono famiglie che sentono di non essere ascoltate dalla rete, altre che invece si sentono tenute in considerazione, secondo Milio questo è dovuto molto alla disponibilità e alla capacità di comunicare dell’operatore. Riporta anche come fattore decisivo la mole di lavoro che le istituzioni sono tenute a sostenere (A. Milio, Intervista, 19 maggio 2020).

Al termine dell’intervista, alle famiglie è stato chiesto se consiglierebbero questa esperienza di affido a lungo termine, di seguito verranno illustrati gli elementi principali emersi.

Il primo elemento comune è quello che per intraprendere un percorso di affido bisogna essere ben consapevoli e bisogna essere disposti a rinunciare o a fare dei sacrifici. Viene esposto inoltre la condizione “pubblica” del proprio nucleo famigliare, ovvero la consapevolezza di dover quotidianamente rendere conto ai professionisti del proprio agire. La coppia dell’intervista numero uno afferma: “Si ti devi rendere conto di tutto quello che vuol dire l’affido. Quindi non soltanto avere il bambino in casa e ospitarlo, ma anche avere a che fare con i genitori naturali, con le loro scelte. Avere a che fare con una rete e con le loro scelte e dover comunque rendere conto a queste persone di tutto quello che fai quasi, praticamente. E di non poter organizzare la tua vita così liberamente come se il bambino fosse tuo.” […] “Non sono solo rose e fiori. Sicuramente l’affido ti dà tanto ma ti chiede anche tanto. Questo è un po’ la parte che manca in quelli che sono un po’ gli spot pubblicitari […]” (Intervista, 10 aprile 2020).

Oltre all’aspetto di rinuncia del proprio tempo che incide notevolmente sulla propria quotidianità, emerge anche la necessità da parte delle famiglie di sentirsi maggiormente

considerate e valorizzate da parte dei professionisti coinvolti nel processo di affido. L’intervistata numero due a tal proposito afferma: “ripeto io mai e poi mai cambierei quello che è il mio rapporto con questa bambina in nome di tutto quello a cui ho rinunciato. […] Ma è anche vero che per questo ritorno affettivo ed emotivo il prezzo che si paga è enorme. E potrebbe non essere così grande se ci fosse un tipo di supporto e di sostegno più rispettoso di quello che è il ruolo della famiglia affidataria. Mi riferisco al fatto che la famiglia affidataria a volte è considerata come un parcheggio low cost per questi bambini. […]. E se io penso che ho messo in gioco la mia vita per essere da qualcuno considerata come un parcheggio low cost mi fa molto male.” (Intervista, 14 aprile 2020).

Un ulteriore elemento che emerge è l’importante ritorno affettivo da parte dei minori accolti e dunque anche la soddisfazione personale di aver agito a favore di un minore. L’intervistata numero quattro afferma infatti:

[…] la consiglio sicuramente [l’esperienza d’affido] perché umanamente ti sembra di star facendo qualcosa per gli altri e quello comunque ci fa sentire bene come umani. E poi la consiglio perché ti cambia, ti cambia perché ti fa mettere in discussione tante cose che pensiamo che le facciamo giuste, o che siamo giusti, o che siamo eccezionalmente buoni. E ti mette in discussione perché tocchi con mano le sofferenze di altri genitori, se riesci ad essere minimamente empatico […] E tutto questo mi sembra un’esperienza umana molto buona, per me come persona, e poi anche perché fai qualcosa che lasci un seme in altri, soprattutto nei bambini. Così loro possono anche vedere che nella vita ci sono adulti che non si comportano sempre da stronzi, scusa la parola (Intervista, 15 aprile 2020).

Nonostante le difficoltà riscontrate dalle famiglie affidatarie nel processo di affido, tutti i genitori sottoposti ad intervista consiglierebbero l’esperienza di affido ad altre famiglie poiché il benessere del minore ed il ritorno affettivo è prioritario agli sforzi richiesti.

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