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Vita di corte: gli incarichi ufficiali e le imprese decorative Da Palazzo Regio a

Il racconto di Monica si accende di toni concitati nell’imminenza del trasferimento dei Reali in Sardegna, di poco preceduto dalla nascita del figlio secondogenito Vittorio, battezzato il 23 gennaio 1806, due giorni dopo la nascita, sotto l’egida del Re e della Regina, nella chiesa di S. Spirito, di pertinenza, col Convento, del Palazzo Reale di

Napoli76. La solennità del luogo ove si svolgeva il rito e la presenza, in «nome delle loro

Maestà […] di S. Eccelenza il Sig. Conte di Roburent e S. Eccelenza la Sig.r Marchesa S

Peijre»77, il primo Scudiero del Re e suo amico da lunga data, che diverrà Capo della Corte

in Sardegna, la seconda Dama della Regina, Grande Maitresse a Cagliari con alloggio a

Corte78, pur dando un’ulteriore prova del profondo legame che univa i Verani alla famiglia

76 I due edifici vennero abbattuti nel 1811 per creare il foro Murattiano e sostituiti, dopo il congresso di

Vienna, dalla chiesa di san Francesco di Paola al centro dell’emiciclo, oggi Piazza del Plebiscito, a seguito degli interventi dell’architetto Gaetano Genovese, al quale il re Borbone si rivolse dopo l’incendio che devastò il palazzo nel 1837, interventi che diedero l’ultima veste al complesso monumentale. Si veda per approfondimenti C. De Seta, Architettura, ambiente e società a Napoli nel Settecento, Einaudi, Torino 1981; C. De Seta, Napoli, Laterza, Bari 2004.

77 Memorie cit., p. 142.

78 F. D’Austria d’Este, Descrizione della Sardegna (1812), a cura di G. Bardanzellu, Piazza dei Cerchi, Roma

1934, pp. 2 e 3. Il ponderoso manoscritto, redatto dal fratello della Regina Maria Teresa durante un suo viaggio nell’Isola, nei primi quattro mesi del 1812, conservato nell’Archivio di Stato di Modena, dato alle stampe nel secolo scorso, oltre ad essere una fonte importante e molto documentata per la Storia della Sardegna in epoca sabauda, racconta nel primo Capitolo, da un punto di vista diverso da quello di Monica Verani la vita di corte e la sua etichetta, coi suoi apparati e i suoi funzionari, presentata in modo puntuale, ma con l’evidente malanimo di un personaggio ambizioso e dalle molte mire politiche. SI veda Prefazione di G.

reale, non risparmiò loro le forti preoccupazioni di non poter imbarcarsi al seguito della Corte alla volta della Sardegna. Questo, a causa delle cattive condizioni di salute della donna, conseguenti al parto, le quali provocarono un duro veto da parte, sia dello stesso Conte di Roburent, definito «crudele» nel Manoscritto, che del Cavaliere Rossi, Ministro di S. M. Sarda. Non bisogna dimenticare che anche durante la gravidanza Monica aveva rischiato di essere allontanata dal suo incarico a corte, dove prestava servizio da due anni «inpiegata presso la Real prole», chiamata dalla Regina il 19 settembre 1803 in occasione della nascita a Roma delle figlie gemelle, Marianna e Teresa. Per sua stessa ammissione «mettevo in sconquasso tutta la Casa», tanto che la Regina aveva comunicato al marito la sua decisione di mandarla via, perché diventata «insopportabile a tutta la famiglia per mio cattivo umore», decisione dalla quale aveva receduto sotto la pressione delle suppliche di Giuseppe, il quale si rendeva perfettamente conto anche del danno economico che ne sarebbe derivato: la moglie, mantenuta e alloggiata nell’appartamento reale, percepiva 600 lire piemontesi all’anno.

Giuseppe Verani, pur rendendosi conto, ancora una volta, della gravità della situazione, non si perdette d’animo e decise di rivolgersi con una supplica direttamente al Re, che gli diede la sua disponibilità perché potesse avere uno spazio in un’imbarcazione: «se potevano andare in Sardegna egli ne avrebbe avuto un gran piacere, tanto più che in Sardegna sarebbe stato necessario che vi fosse un disegnatore», secondo quanto riferisce Monica nelle sue Memorie. Poiché, nonostante tutto, il potente Conte di Roburent si tenne fermo nella sua posizione, il marito decise di chiedere l’intercessione della Regina, Maria Teresa d’Austria, conoscendo la benevolenza e fiducia nei suoi confronti, comprovata, come è stato detto, dall’avergli affidato fin dal 1804, durante un soggiorno ad Albano laziale, come

Bardanzellu, pp. X sgg. Costituisce, però, un’utile conferma della veridicità delle notizie fornite da Monica il cui testo spesso modifica anche dati e date storiche.

allieva la figlia Principessa Beatrice, alla quale impartiva lezioni di disegno tre giorni alla settimana, lunedì, mercoledì e venerdì, retribuito con venti scudi al mese.

La situazione a Napoli diventava, infatti, sempre più difficile per il sopraggiungere dei Francesi e la Regina non poteva non rendersi conto dei pericoli che avrebbero potuto correre i suoi fedeli cortigiani restando nel capoluogo campano.

L’intercessione della Regina fece ottenere a Giuseppe, Monica e ai figli Agostino e al neonato Vittorio di imbarcarsi, «nel Convoglio istesso del suo echipaggio».

Il 12 febbraio 1806 il Re con la famiglia si imbarcava a Gaeta sul vascello russo S.

Parascovia per trasferirsi a Cagliari,79 mentre i Verani salirono a bordo della nave

Armonia, alloggiati a poppa con parte del seguito e delle loro famiglie e con gli animali

della principessina Beatrice e i due grossi cani da caccia del Re; attraverso le pagine inedite, possiamo seguire il difficile percorso di viaggio dei Reali verso la nostra Isola, descritto da Monica, giorno per giorno, con dovizia di particolari e immagini colorite. « [...] tutta la giornata del 13 e 14 ebbimo pochissimo vento, il 14 si alzò un vento gagliardo di Tramontana che ci teneva indietro dal nostro Camino, il 15 ed il 16 seguito un orribile tempesta, talchè il nostro bastimento sembrava un inferno, chì piangeva chì vomitava, chi spaventato, e chi si raccomandava al Sig.r Iddio. in somma tutto era spaventevole, tanto più che mio marito sembrava che morisce per il langumore, ed i sforzi di vomiti che aveva. Io non soffrivo, ma ero rifinita per non avere il mangiare sufficiente per Caggion della Malattia di tutti che non avevano forza di andarmene a prendere. la Camera era occupata

79 Sul giorno di partenza alcune fonti storiche, quali A. Segre (p. 124), forniscono proposte temporali diverse,

anche se il testo di Monica Verani, collazionato col Diario del patrizio algherese don Giovanni Lavagna, entrambi stesi contemporaneamente ai fatti, dando la stessa data, sembrano essere i più attendibili. Il Diario (1796 – 1806), pubblicato nel volume di C. Sole, Le “Carte Lavagna” e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna, Giuffrè, Milano 1970, pp. 71-228, da conto delle complesse vicende politiche relative alla Sardegna tra la fine del Settecento e i primi anni dell’’Ottocento; vedi anche l’Introduzione, pp. 3-32.

da Madama Falconetti con due figlie, una latante, ed essendo coricata vicina a me, quache volta aveva la bonta di dare il latte a Vittorio, Vi era Mad. Cuniberti con sua figlia, e Madam. Riciardi con due figli maschi, Madama Pittara Con una figlia, Madama Bordon con due figlie, e suo marito. Vi era pure Mon. Carè, ed il Cane della Principessa Beatrice con i suoi Cagnolini, e due gabbie di Canarini del istessa Principessa, e due Cani grossi del Rè per la Caccia; tutta questa comitiva era alloggiata nella Camera di Popa, dove ero io Con mio marito e due figli. Nella Centina vi erano 14 Cavalli del Rè quatro palafernieri, ed il Mastro di stalla detto Combetti, Vi era Madama Cravè moglie di un Cochiere, vi era M.r Ongher Cochiere della Regina, e Mons. Ricca garzone di Camera di M.a Beatrice, e Marianna Creuda di Mad. Costamagna: vi era pure il Cuoco chiamato Valeriano, e Cialotino; tutti due messi da S.M. per fare da mangiare a tutti noi. Il Capitano del bastimento dormiva in una Camera laterale alla Nostra, e tutti i marinari stavano come potevano, ed avevano un moro che le faceva da Cuoco. Il 17 febbraio entrammo nel golfo di Cagliari, e verso sera entramo in Darzena, in quella sera istessa sbarco pure S.M. e tutta la Real Famiglia»80.

La lunga traversata si concluse, pertanto, la sera del 17 febbraio,81 con l’approdo alla Darsena del Golfo di Cagliari e l’accoglienza dei fuochi dell’artiglieria posta sulle mura della città illuminata a giorno, ricevuti da una popolazione stremata da una situazione economica devastata da gravi condizioni di miseria, aggravate dalla carestia del 1804 e da angherie subite anche durante il precedente periodo di vicereame di Carlo Felice; nutrivano, tuttavia, la speranza che l’arrivo di Vittorio Emanuele avrebbe potuto apportare

cambiamenti positivi82. La famiglia reale sbarcò quella sera stessa, diversamente dai Verani

80

Memorie cit., pp. 144-145.

81

Si veda anche C. Sole, Le “Carte Lavagna” e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna cit., p. 223.

che restarono a bordo fino al giorno seguente «cantando, mangiando e bevendo», in attesa di essere alloggiati provvisoriamente presso il cuoco del Marchese Pasqua «primo scudiere di S.M. e generale della Cavalleria Miliziana di Sardegna», la cui moglie assunse l’incarico

di dama di Corte della Regina83.

Dopo essersi sistemati in diverse case, spesso buie o troppo piccole, troveranno, in seguito, un appartamento più che soddisfacente per dimensioni e luminosità presso i Padri di

Bonaria, «con un bel terrazino, da dove si vedeva il golfo di Cagliari»84.

L’appartamento dei Reali, sito nel Palazzo Regio nel cuore del quartiere Castello, dove avrebbero vissuto il periodo di esilio Vittorio Emanuele I, Maria Teresa con le figlie e la corte, era naturalmente pronto ad accoglierli. Era di ridotte dimensioni, soprattutto se paragonato all’ampiezza e alla maestosità del Palazzo Reale di Torino, come si può facilmente constatare ancor oggi, tanto da essere considerato da Francesco d’Austria d’Este, nella Descrizione della Sardegna del 1812, una sistemazione nella quale «la famiglia reale è piuttosto male alloggiata, l’appartamento nobile del Re, e Regina consiste in due anticamere, l’una dei servitori, l’altra della Camera di parata, ossia di aspetto, per le udienze una sala, ove d’estate si pranza, ove si balla, e ove v’è il trono, poi una camera d’udienza del Re, una piccola della Regina, una camera da letto, e un gabinetto per la Regina, e una Guardarobbe: il Re ha poi due camere per sé per scrivere, separate, e ove non v’entra mai nessuno nemmeno dei suoi famigliari … sopra poi nei mezzanini vi hanno 4 stanze, e una stanza per la Camerista, e una pei servitori del Re, e Regina […] Sopra nei mezzanini vi sono 3 stanze occupate dalle due figlie gemelle e 3 dalla neonata Cristina. Il

Milano 1984. Sempre dello stesso autore L’età dei Savoia (1720-1847), in La Sardegna, a cura di M. Brigaglia, Edizioni della Torre, Cagliari 1982, vol. I, pp. 65-114.

83 F. D’Austria d’Este, Descrizione della Sardegna (1812) cit., p. 4. 84 Memorie cit., p. 145.

palazzo di corte esteriormente non è male, ma è assai stretto, non ha che un piccolissimo

cortile, non si può entrarvi con carrozze non potendo svoltare»85. Riteneva migliore la

sistemazione del Duca di Genevese, fratello del re, al quale era stata destinata la «casa annessa, e comunicante col palazzo, che era dell’arcivescovo di Cagliari». Entrambe le abitazioni potevano, infatti, accedere alle tribune della vicina Cattedrale, dall’interno, attraverso un corridoio. Probabilmente la presenza del Duca Francesco e il suo giudizio non

certo positivo anche sugli interni degli appartamenti reali «niente ornati, mal dipinti»,86

stimolarono i sovrani ad apportare cinque anni più tardi, nel 1811, modifiche e abbellimenti degli spazi in cui vivevano, dei quali si parlerà più avanti, tenendo anche conto che l’Arciduca nutriva l’ambizione di sposare la giovane nipote Maria Beatrice, in una politica di successione al trono di Sardegna: conseguì il suo intento e il matrimonio fu celebrato a Cagliari il 20 giugno del 1812.

Il manoscritto di Monica Verani dà conto di situazioni anche private a corte, come la tristezza che affliggeva la principessa Beatrice la quale non avrebbe voluto andare in sposa allo zio, «talche quando s’incominciava a parlare di Matrimonio piangeva, e mi dava a conoscere la ripugnanza che aveva per quel matrimonio, dicendomi che non trovava altro piacere, che quando era in sua Camera a prendere la lezione di disegno, ove vi ero io, e mio marito seduto al fianco che le insegnava»87; delle feste che si susseguivano a corte, dei festeggiamenti pubblici, soprattutto quando l’organizzatore e regista era Giuseppe Verani al quale era affidato, oltre il compito legato all’apparato decorativo, anche tutta la direzione degli eventi, fino alla sistemazione delle luci. Registra anche altri eventi più minuti di vita familiare e quotidiana, ma non emerge mai dalle pagine il cattivo stato di salute

85

Memorie cit., 146, 147.

86

F. D’Austria d’Este, Descrizione della Sardegna (1812) cit., p. 1 -2.

dell’economia dell’Isola, della quale forse la donna non era nemmeno a conoscenza, situazione che si riverberava in modo eclatante nel capoluogo dove i costi ordinari e quelli straordinari come questo, per il mantenimento della Corte e della famiglia aggravavano la

spesa pubblica88. D’altronde Monica, oltre a fare vita di corte, veniva soltanto e

marginalmente a contatto con l’ambiente sardo della nobiltà e dell’alta e media borghesia, il quale dimostrava sempre grande devozione al trono, in cambio del mantenimento di amplissimi privilegi. Nelle Memorie non v’è traccia delle carestie, che si susseguivano quasi di anno in anno ad aggravare la miserabile situazione delle campagne, come se non fossero patite da quella popolazione nel cui territorio Monica viveva con la corte. All’accresciuta imposizione fiscale si accompagnava anche un forte incremento delle spese militari. L’aumento degli organici delle forze armate si era reso necessario per difendere le coste da possibili invasioni francesi, dopo la decisione di Vittorio Emanuele, in una evidente ulteriore azione di inasprimento contro Napoleone, su istigazione degli Inglesi, di sequestrare le navi francesi ancorate nei porti sardi e di arrestarne gli equipaggi che vennero definiti

corsari89. Le maggiori spese, soprattutto militari, costrinsero ad eseguire maggiorati

prelevamenti dai Monti frumentari e dai Monti nummari, con l’evidente conseguente dissesto degli stessi.90 Da questa situazione trasse vantaggio lo stesso Verani, il quale nel 1808 ricevette l’incarico militare più importante e prestigioso conferitogli dal Re Vittorio Emanuele: «Il 23 luglio 1808 mio marito andò alla sera a trovare il Rè dicendole che andava a quell’ora, per augurarle una longa vita felice, perché non ardiva di presentarsi in Corteggio all’indomani mattina giorno della sua Nascita, essendo ancora con l’unifforme

88

Anche il Lavagna considera le spese di mantenimento e suntuarie della corte uno sperpero di danaro pubblico: C. Sole, Le “Carte Lavagna” e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna cit., p. 27.

89

G. Madau Diaz, Storia della Sardegna dal 1720 al 1849, Editrice Sarda Fossataro, Cagliari 1971, p. 402.

90

del Regimento Vercelli che non esisteva più. Allora il Re le disce che lo faceva in quel momento tenente e Capo dello Stato Generale delle sue armatte e Maestro delle Scuole pratiche di Topografia, Con la paga di Mille Cinquecento lire di piemonte all’anno. […] Lo Studio si faceva in nostra Casa e vivevamo tutti in una perfetta unione. Il Caro Agostino

incominciò anch’egli a fare il Corso del disegno, e di planimetria»91. Dell’affidamento

dell’incarico si trova conferma in un atto relativo alle Regie Provvisioni recante la data 17

agosto 1808, conservato presso l’Archivio di Stato di Cagliari92.

L’istituzione delle Scuole Pratiche di Topografia e l’assegnazione della direzione a Verani, del quale riferisce anche Francesco d’Austria-Este, ricordando il «Sign. Verani» come

«Uffiziale dello Stato - Generale Topografico»93, rappresenta un momento di svolta

importante nella storia dell’insegnamento delle regole della topografia e del disegno in

91 Memorie cit., p. 147.

92 Si trascrive di seguito il testo del documento conservato presso l’Archivio di Stato di Cagliari «»Verani

Giuseppe Stipendio per la carica di Luogotenente nello Stato G.le dell’Armata. Cagliari Li 18 Agosto 1808 Il Re di Sardegna Cipro e Gerusalem. Uffizio del soldo. Li buoni zelanti, e non interrotti Servizi, prestati da Giuseppe Verani di Torino, Sottotenente del reggimento Vercelli fin dalli 22 giugno 1798, , mostrando la nostra piena soddisfazione e gradimento, ci compiaciamo di dargliene un contrapegno conferendogli, come gli conferiamo la carica di Luogotenente nello Stato generale della Nostra Armata, con tutti gli onori, autorità e prerogative che ne dipendono, e collo stipendio, che ci riserviamo di assegnargli, come pure di fissare la sua anzianità. Vi mandiamo perciò di apuntarlo in detta qualità, che tale è nostra mente». Archivio di Stato di Cagliari, Regie Provvisioni, vol. n. 32, pp. 33-34. Al 6 dicembre del 1808 risale un altro documento regio relativo alla paga assegnata a Verani: «Verani Giuseppe Disposizione di £ 1500 di Piemonte all’anno. Vittorio Emanuele per grazia di Dio Re di Sardegna di Cipro e di Gerusalemme. Uffizio del Soldo per un grazioso riguardo alli buoni, fedeli, e zelanti servigi, prestatici dal luogo Tenente nello Stato Generale delle Nostre Armate Giuseppe Verani, ad alla attenzione, ed esattezza, con cui le particolari incombenze da noi appoggiategli, ci siamo compiaciuti di fissare a Lire mille cinquecento di Piemonte all’anno la paga di cui deve godere in virtù delle sue commissioni delli 17 passato agosto. Vi ordiniamo perciò di fargliela corrispondere dalla capa delle finanze a quartieri maturati, principiando dalla data delle predette commissioni, e continuando in avvenire durante la di lui servitù, ed il nostro beneplacito, che tale è nostra mente». Archivio di Stato di Cagliari, Regie Provvisioni, vol n. 33, p. 46 r/v.

93

Francesco d’Austria d’Este, Descrizione della Sardegna cit., p. 30. Dalla stessa fonte apprendiamo, inoltre, che Verani fu l’unico ufficiale effettivo dello Stato Generale addetto alla produzione cartografica assieme ad alcuni suoi «Cadetti allievi». (ibid., p. 65).

Sardegna, in quanto, per la prima volta, l’incarico viene trasferito dai professori della

Scuola di Geometria dell’Università ai militari94.

L’anno seguente, il 4 maggio 1809, Monica avrà dalla Regina l’incarico di «Camerista» di Maria Beatrice, cosa che le procurò grande soddisfazione, ma anche il rammarico di doversi allontanare dalla famiglia, poiché doveva risiedere a Palazzo, in un ambiente che la donna descrive con parole estremamente esplicite e pittoresche: «S.M. la Regina mandò un biglietto a mio marito dicendole che mi aveva destinata per Camerista di M.a Beatrice e che aspettava il suo Consenzo. Mio marito non tardò di parteciparmelo, e risolsimo di accettare un tale inpiego, ed andammo a ringraziare la Regina della fortuna che mi aveva procurato. Il 5 di Maggio 1809 lasciai con gran rincrescimento la mia Casa di pace, per andare al mio impiego di Corte, nella confusione, nell’invidia, e nella maldicenza. incominciai il mio servizio presso della piu Amabile Principessa che si potesse trovare; ma ero alloggiata in una Camera Comune con quella della tota Baldassare, che era figlia di Guardaroba della Regina, la quale era una Bisocona trista, ed invidiosa, mangiavo alla tavola dove mangiava Mad. Costamagna, donna superba e presontuosa. In soma io non avevo altro bene che quando stavo nella Camera colla mia Principessa, o che potevo andare a vedere mia famiglia; e pur vero che vedevo ogni mattina mio marito, che dava lezione alla Principessa ma ciò non bastava, poichè io avrei amato di avere mia famiglia piu vicina; e cercavo se potevo trovare una Casa

da affittare che fosse accanto del Palazzo»95. Dopo che dalla Regina le fu negato il permesso

94

I. Zedda, Topografie e fortificazioni cit.

95

Memorie cit., pp. 148, 149. L’assegnazione dell’incarico ufficiale, in realtà, risale al 3 novembre 1808, come si legge in un documento appartenente alle Regie Provvisioni conservato presso l’Archivio di Stato di Cagliari (vol. n. 33, p. 1 r/v) «Cagliari Li 3 9embre 1808 Vittorio Emanuele per grazia di Dio Re di Sardegna di Cipro e di Gerusalemme/ Abbiamo nominato per fama delle Reali Principesse mie diletissime figlie Monica Verani nata Borrone nella città di Torino, con tuti gli onori , di tutti, e prerogative, che ne dipendono, e coll’annuo stipendio di Lire Settecento di Piemonte. Mandiamo perciò a tutti li Nostri Ministri ed Uffiziali, e singolarmente a quelli della nostra casa, di riconoscerla nella premessa qualità, e di farla godere delle cose

di prendere in affitto un appartamento ne la Casa del monte di pietà che era dirimpetto agli balconi della Principessa Beatrice … per la ragione che avendo mio marito lo Studio in Casa,

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