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Iosif Aleksandrovič Brodskij nasce a Pietroburgo/Leningrado il 24 maggio 1940 da una famiglia di origini ebraiche: il padre Aleksandr Ivanovič Brodskij (Pietroburgo 1903 - Leningrado 1984), laureato sia in geografia, presso l’università di Leningrado, che in giornalismo, presso la Scuola di Giornalismo Rosso126, fu anche comandante della Marina, almeno fino agli anni Cinquanta quando venne costretto, “in ossequio a una certa disposizione del Politburo che non permetteva ad individui di origine ebraica di avere gradi elevati nelle forze armate”127, a riconvertirsi come fotoreporter senza fissa occupazione, almeno fino a quando, tramite un vecchio collega dell’esercito, venne assunto al giornale del porto di Leningrado. Per questa ragione per lunghi periodi la famiglia gravò soprattutto sulle spalle della madre, Maria Moiseevna Volpert (Pietroburgo 1905 - Leningrado 1983), una semplice segretaria.

Iosif Brodskij cresce dunque in una famiglia modesta negli anni dell’immediato dopoguerra, che in Unione Sovietica coincidono con gli ultimi anni dell’era staliniana: riceve una formazione scolastica standard; a quattordici anni fa domanda di ammissione ad un’accademia di sommergibilisti, supera tutti gli 126 Per i dati biografici sia di Iosif Brodskij che della sua famiglia, ci siamo serviti dei saggi

autobiografici scritti dall’autore stesso: Meno di uno; Guida ad una città che ha cambiato nome; Per

compiacere un’ombra; In una stanza e mezzo, contenuti nella raccolta Fuga da Bisanzio ed. Adelphi,

Milano (prima edizione giugno 1987); Trofei di guerra; Lettera ad Orazio, contenuti nella raccolta

Dolore e Ragione ed. Adelphi, Milano (prima edizione settembre 1999); Omaggio a Marco Aurelio

contenuto in Profilo di Clio ed. Adelphi, Milano (prima edizione aprile 2003); del libro Fondamenta

degli Incurabili ed. Adelphi, Milano (prima edizione febbraio 1991); del sito internet dedicato alla

cultura russa www.russianecho.net ; del sito internet www.nobelorg.com ; e dell’Antologia della

poesia russa a cura di Stefano Garzonio e Guido Carpi, edita per la collana Poesia straniera curata da

Francesco Stella per il quotidiano La Repubblica ed. Gruppo editoriale l’Espresso, Roma (2004).

esami, ma a causa del paragrafo cinque, quello relativo alla nazionalità, viene respinto. Prosegue gli studi per un altro anno: a quindici anni abbandona la scuola, per andare a lavorare come fresatore in una fabbrica di Leningrado nota come l’Arsenale128. Siamo intorno al 1956, quando, spinto dalla madre, si iscrive alla biblioteca municipale di Pietroburgo129 avviando così la sua carriera letteraria: impara da autodidatta il polacco e l’inglese; studia la mitologia classica e la Bibbia; pensa di diventare medico e finisce a lavorare nell’obitorio dell’ospedale vicino alla fabbrica; in seguito cambierà tredici lavori, tra cui: addetto alle caldaie in un bagno pubblico ed operaio volontario in una spedizione di geologi130. Intorno al 1958 iniziò a comporre poesie, rifiutando fin da subito di unirsi ai circoli culturali “ufficiali”131; frequenta il poeta Eugenij Borisovič Rejn132 che lo introduce, agli inizi degli anni Sessanta, nel circolo di poeti che ruotava intorno alla figura di Anna Achmatova133, la quale, dopo aver letto le sue prime liriche definirà Brodskij: “il poeta più dotato della sua generazione”.

In questo periodo; siamo all’inizio degli anni Sessanta; si dedica anche alla traduzione, traducendo in russo: il poeta cubano Hernandez, lo iugoslavo Rakic, e il polacco Galczynski. Nel 1963 compone quelli che vengono considerati i capolavori della sua giovinezza: La grande elegia a John Donne, Isacco e

Abramo; ma nonostante il carattere prevalentemente apolitico delle sue liriche, il 128 Cfr. Iosif Brodskij op. cit. p. 24.

129 Iosif Brodskij In una stanza e mezzo in Fuga da Bisanzio; ed. Adelphi, Milano (2004), p. 229. 130 Iosif Brodskij Lettera ad Orazio in Dolore e Ragione ; ed. Adelphi, Milano (2003), p. 65.

131Cfr. Introduzione alla Antologia della poesia russa a cura di Stefano Garzonio e Guido Carpi; ed.

Gruppo editoriale L’Espresso, Roma (2004) pp. 77–79. Si tenga presente che negli anni Cinquanta in Russia una nuova generazione di poeti, ormai distante dalla ripetitiva artificiosità della poesia sovietica, si va affermando soprattutto tramite il circuito di diffusione clandestino, diffuso sia in Russia, che in tutti i paesi satelliti del colosso sovietico, noto come: samizdat . A Leningrado in particolare, verso la metà degli anni Cinquanta, fiorisce un’intera generazione di poeti, alcuni dei quali si raduneranno intorno alla figura della poetessa Anna Achmatova.

132Cfr. Stefano Garzonio e Guido Carpi op. cit. p. 838. Eugenij Rejn (1935) poeta leningradese,

ingegnere di formazione, ma amico di Anna Achmatova e I. Brodskij fin dai primi anni Sessanta [...] la sua prima raccolta in patria, I nomi dei ponti, é del 1984 e segna uno dei primi eventi dell’incipiente rinnovamento culturale.

133Cfr. Stefano Garzonio e Guido Carpi op. cit. pp. 588-589. Anna Andrèevna Achmatova (1889-

1966); il cui vero cui vero cognome era Gorenko; lo pseudonimo é desunto dal cognome della bisnonna, discendente del Khan tartaro Ahmat; é stata una delle figure centrali della poesia russa del Novecento, le sue prime raccolte Sera (1912) e Rosario (1914) la consacrano fin da subito come poetessa classica e allo stesso tempo originale: il linguaggio é apparentemente colloquiale, le metafore sono basate su reti associative assai ampie legate al mondo dell’inconscio, la sintassi é semplice e paratattica; mentre le tematiche sono quelle desunte dal vissuto intimo o amoroso; almeno fino a quando a partire dalla rivoluzione le tematiche legate alla contemporaneità irromperanno nelle sue opere: Stormo bianco (1917); Piantaggine (1921), Anno Domini MCMXXI (1921); Requiem (1962- 63) dedicato alle repressioni politiche degli anni Trenta; e rimasto inedito in URSS per molti anni; e nel poema epico-lirico: Poema senza eroe (1960-1961) considerato, forse, l’apice della sua produzione. Anna Achmatova muore a Domodèdovo presso Mosca il 5 marzo 1966 .

suo linguaggio poetico era così estraneo ai canoni estetici promossi dalla letteratura sovietica, che di lì a poco ebbero inizio le sue traversie giudiziarie. A questo proposito và tenuto presente che nel 1961 era stato approvato il “decreto contro la lotta dei parassiti”, che venne immediatamente utilizzato per scopi politici. Non é un caso dunque che il primo dei tre arresti di Brodskij, ebreo, poeta, quindi possibile sovversivo, risalga al 1961. Una volta arrestato venne interrogato, trattenuto senza un’accusa formale, imprigionato per qualche giorno, per venire infine rilasciato per mancanza di motivi sufficienti. Lo stesso copione si ripeterà nel 1962; mentre il terzo arresto venne preparato da un articolo, apparso il 29 novembre 1963 su un quotidiano di Leningrado134 intitolato Un

parassita semi-letterario, firmato con i cognomi Medvedev, Ionin e Lerner,

quest’ultimo era un ex capitano del KGB, che promosse una vera e propria campagna persecutoria contro Brodskij. Poco dopo Brodskij fu arrestato con l’accusa di parassitismo e imprigionato alle «Croci». Successivamente, verrà internato, fino al 5 gennaio 1964, nell’ospedale psichiatrico Kašcenko di Mosca. Anna Achmatova135, la giornalista Frida Vigdorova, e il professor Etkind, riuscirono a mobilitare personaggi di primo piano della cultura sovietica in favore del giovane poeta, i tre premi Lenin: Dimitrij Šostakovic, Samuil Maršak e Kornej Cukovskij, ma ogni iniziativa fu ignorata, e l’Unione degli scrittori di Leningrado rifiutò di schierarsi, rimettendo la decisione nelle mani del tribunale. Fra il gennaio e il febbraio 1964 Brodskij si nascose spostandosi continuamente, ma appena ritornò a Leningrado fu arrestato. Il 18 febbraio ebbe luogo la prima udienza del processo presso il tribunale del distretto Dzeržinskij di Leningrado, l’ udienza però venne immediatamente rimandata, poiché il difensore di Brodskij richiese una visita medica per stabilire se non fosse lo stato della sua salute mentale ad impedirgli il mantenimento di un lavoro regolare. Il breve interrogatorio di questa udienza divenne famoso grazie agli appunti della Vigdorova, i quali insieme all’interrogatorio della seconda udienza; quando il giudice le ordinò di smettere; furono esportati, tramite il circuito samizdat, e stampati su molti giornali in Occidente: fu così che il processo a Brodskij divenne una cause célèbre di rilievo internazionale. Dopo l’ interrogatorio sommario, il 134 Вечерний Ленинград (vecerni leningrad) letteralmente: “Il giornale della sera di Leningrado”. 135 S. Volkov nel suo libro dedicato a Pietroburgo, ci fa sapere di come la poetessa soffrisse molto per

il processo del “suo protetto”, ma anche che commentò/profetizzò caustica: “che biografia gli stanno scrivendo! Che biografia!Neanche li pagasse!”

tribunale ordinò un esame psichiatrico per determinare se un eventuale infermità mentale impedisse di mandarlo in esilio o ai lavori forzati; di conseguenza venne respinta la richiesta di liberare Brodskij fino alla nuova udienza: venne internato nell’ospedale psichiatrico di Leningrado e sottoposto a svariati “trattamenti”136. A questo periodo si deve la composizione di uno dei capolavori di Brodskij, nonché una delle rare opere direttamente legata all’esperienza della prigionia: il poema

Gorbunov e Gorčakov137. Il 13 maggio 1964 si tenne la seconda udienza, dove si

lesse il responso dell’esame psichiatrico che stabiliva che nonostante il carattere di Brodskij presentasse qualche tratto psicopatico, era perfettamente in grado di lavorare; pertanto poteva scontare la pena prevista dal decreto sui parassiti. Sempre in quest’udienza Brodskij fu sottoposto ad un altro interrogatorio, simile al precedente, e furono ascoltati dei testimoni per la difesa, tra gli altri: la scrittrice e filologa N. Grundnina, il professor Etkind, specialista di letteratura tradotta; entrambi sottolinearono come la professionalità dell’imputato gli permettesse da tempo di avere un impiego stabile e remunerato. Ovviamente queste testimonianze furono ignorate, mentre vennero prese in considerazione quelle rilasciate dai testimoni dell’accusa, i quali: non conoscevano personalmente né Brodskij, né la sua opera, ma solo documenti non meglio identificati, e l’articolo apparso il 29 novembre 1963. E’ facile immaginare come tutto il processo a questo punto assunse i toni della farsa, con l’avvocato dell’accusa che, essendo privo di documenti obiettivi, si limitava ad insultare sia Brodskij; parassita, persona moralmente sudicia; sia la sua difesa; la sentenza era già scritta: “Brodskij sistematicamente non adempie ai doveri di cittadino

sovietico[...]Pertanto la corte applicherà l’ordine del 4 febbraio 1961: mandare Brodskij in una località distante per un periodo di cinque anni di lavori forzati.”.

In un’intervista138 Brodskij dirà che questo stenogramma riflette solo un terzo del processo: “alla fine mi lessero sedici capi d’accusa: stampa e diffusione di materiale antisovietico; cioè l’Achmatova e Pasternak; composizione di versi 136 Iniezioni di calmanti; iniezioni di zolfo per rendere atroce ogni movimento, e la cosiddetta “busta

fredda”: gli infermieri avvolgevano il detenuto in un lenzuolo e lo immergevano in un bagno gelido. Ancora avvolto nel lenzuolo, lo sbattevano vicino al riscaldamento: asciugandosi il lenzuolo strappava la pelle. Il compagno di cella di Brodskij non resse e si suicidò tagliandosi le vene.

137 Nel poema Gorbunov e Gorčakov Brodskij mette in scena un immaginario dialogo fra due malati di

mente.

138 Si veda l’intervista rilasciata da Iosif Brodskij ad Anna Condello (università di Messina) nel 1992,

in occasione del conferimento del premio “Città dello stretto”, e reperibile sul sito www.russianecho.net

pornografici; cosa che purtroppo non era vera; epigrammi oltraggiosi rivolti ai capi dell’Unione degli scrittori, e così via, fino all’accusa di corruzione della gioventù. Finito il processo Brodskij venne nuovamente imprigionato alle Croci, nell’attesa di venire deportato nella regione di Archangel’sk; all’estremo nord della Russia, dove lavorerà nel sovchoz139 di Norinskaja. Fu grazie ad una

petizione firmata sia da autori russi che stranieri140, che in luogo dei cinque anni previsti dalla sentenza, Brodskij scontò solo diciotto mesi: nel novembre del 1965 venne liberato e rientrò a Leningrado: a questo punto grazie al processo e alla relativa condanna, era diventato un poeta di fama mondiale. A partire da questa data infatti le sue opere cominciarono ad essere tradotte e pubblicate in molti paesi europei, e addirittura negli Stati Uniti. mentre Brodskij continuava a lavorare come traduttore soprattutto di poeti polacchi, Milosz e Galczynski tra gli altri. Negli anni successivi all’arresto oltre a lavorare viaggiò molto: fu a Mosca, in Crimea, e molto spesso in Lituania; la sua vita sembrava procedere senza troppi intoppi, nonostante fosse ritenuto dalle autorità sovietiche un soggetto scomodo, e infatti nel 1968 al momento di firmare un contratto per la pubblicazione di una sua raccolta in Russia, ricominciarono i problemi. Nel 1969; dopo essersi visto negare il permesso di partecipare al festival internazionale della Poesia di Londra; l’Unione degli Scrittori Sovietici rispose all’organizzazione del Festival dei due mondi di Spoleto, che in Russia non c’era alcun poeta che rispondesse al nome di Iosif Brodskij. La situazione precipitò definitivamente il 10 maggio 1972 quando venne chiamato dal reparto visti della polizia locale e gli fu intimato di partire immediatamente per l’Occidente: “Il 10 maggio 1972 mi chiamano e mi dicono: “Approfitti subito di uno dei tanti inviti che le vengono per emigrare in Israele e parta. Le prepariamo il visto in due giorni”. “Ma non ho nessuna intenzione di approfittarne”. “E allora si prepari al peggio”.[..]Quando mi hanno consegnato il visto d’espatrio, mi hanno fatto saltare la fila: c’erano tanti ebrei che aspettavano, che bivaccavano lì in anticamera giorni e giorni in attesa del visto e che mi guardavano esterrefatti, con invidia [...]. L’ultima notte in Urss l’ho passata scrivendo una lettera a Breznev141. Il giorno dopo ero a Vienna.”142.Dopo un breve soggiorno presso il poeta inglese Wystan Hugh Auden al quale ha dedicato due 139 I Sovchoz erano delle aziende agricole statali create a partire dagli anni Trenta, con il primo piano

quinquennale.

140 A questo proposito é bene ricordare anche una lettera privata di Jean Paul Sartre datata 17 agosto

1965 al presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS Anastas Mikojan “in difesa di un uomo tanto giovane che é già, o forse diventerà un buon poeta”. Fonte www.russianecho.net .

poesie: York, in russo, ed Elegy, la sua prima poesia in lingua inglese, nonché il saggio Per compiacere un’ombra. Brodskij si stabilì negli Stati Uniti dove mantenne la carica di poet-in-residence all’università del Michigan ad Ann Arbor, presso il dipartimento di lingue slave. Tenne anche numerose conferenze di letteratura comparata, letteratura russa, di studi classici ecc. ecc.; successivamente si trasferì a New York insegnando a “interpretare poesia” in due università americane. Il 1977 é l’anno della pubblicazione della sua quarta raccolta di poesie: Una parte del discorso, ma é anche l’anno in cui prende la cittadinanza statunitense: per questa ragione gli americani considerano, ad avviso di chi scrive impropriamente, Brodskij un russian-born American poet, e cambiano il suo nome senza nemmeno traslitterarlo in “Joseph Brodsky”. Nel 1978 ricevette una laurea honoris causa in lettere dall’università di Yale, alla quale seguiranno molti altri riconoscimenti, tra cui: nel 1979 il premio Feltrinelli per la poesia e il premio Mondello per la letteratura ; sempre nel ‘79 fu eletto membro dell’Accademia bavarese delle Belle Arti e dell’Accademia americana delle Arti e delle Scienze, dalla quale però si dimetterà nel 1987 per protesta contro l’elezione del poeta Evtušenko143.Ma gli anni successivi all’esilio non sono solo anni di riconoscimenti, ma anche di viaggi in America ed in Europa: sia da turista sia da lettore delle sue opere. L’Italia in particolare sarà una delle mete predilette dal poeta esiliato: a partire dal 1972, Brodskij infatti fu solito trascorrere il Natale a Venezia: “ ho continuato per diciassette anni a ritornare in questa città, o a riapparirvi, con la frequenza di un brutto sogno”144. Venezia sarà anche la protagonista del bellissimo libro Fondamenta degli Incurabili del 1989. Nel 1981 invece, trascorse ben quattro mesi a Roma leggendo antichi manoscritti di Orazio e Virgilio, che saranno la base delle successive Elegie Romane. Tra il 1979 e il 1985 visitò più volte l’Inghilterra partecipando al Festival Internazionale della Poesia, e tenendo conferenze e letture pubbliche, da questa esperienza nascerà un 141 “Tutto il male che mi è toccato in sorte è stato più che compensato dal bene, e non mi sono mai

sentito danneggiato dalla patria. Non mi sento così neppure ora. Poiché, smettendo di essere cittadino sovietico, non cesserò di essere un poeta russo. So che ritornerò: i poeti tornano sempre: in carne e ossa o sulla carta. Voglio credere che avverrà nell’una e nell’altra forma.” La lettera rimase ovviamente senza risposta.

142 Dall’ intervista ad Anna Condello del 1992, reperibile sul sito www.russianecho.net

143Cfr. Stefano Garzonio e Guido Carpi op. cit. p. 837. Eugenij Aleksandrovič Evtušenko (1933) poeta

formatosi a Mosca, presso l’istituto Letterario “Maksim Gor’kij ”. Negli anni del disgelo si era affermato come il più popolare poeta sovietico, nonché paladino del nuovo corso inaugurato con la destalinizzazione.

intero ciclo di poesie: In Inghilterra. Il 1983 é l’anno della raccolta Nuove stanze

ad Augusta , contenente le cosiddette “liriche d’amore”, dal 1962 al 1982: la

raccolta conteneva sia poesie inedite, sia tutte le poesie pubblicate nelle quattro raccolte precedenti, questa raccolta riveste una particolare importanza, perché viene indicata dalla stesso autore come modello da seguire per l’organizzazione delle future pubblicazioni. Il 1986 invece é l’anno del debutto come prosatore: esce la raccolta di saggi in lingua inglese Less than one, che può venire considerata, nell’ordine: un’amplificazione delle poesie, un commento della sua opera, e un’autobiografia intellettuale.

Il 10 dicembre 1987, all’età di quarantasette anni, Iosif Brodskij; for his all-

embracing authorship, imbued with clarity of thought and poetic intensity145; é il quinto autore russo a ricevere il premio Nobel per la letteratura. Questo evento costringerà l’autorità sovietica a far conoscere, in modo ufficiale, la sua opera anche in patria, anche se:

il Nobel ha complicato le cose, la pubblicazione rischia di apparire come dettata dalle circostanze[..] La decisione ha superato ormai il collegio redazionale ed é salita in alto, verso le alte sfere, dove si sente solo il frullo delle ali dei serafini146 .

Sta di fatto che verso la fine degli anni Ottanta l’opera di Brodskij venne sottoposta ad un processo di lenta riabilitazione, anche se bisognerà attendere fino al 1991, e la fine della dittatura comunista, affinché le sue poesie vengano pubblicate in Russia. Nonostante questo però Brodskij rifiuterà sempre di tornare in patria, e a chi gli chiedeva il perché di questa scelta rispondeva: “I don’t want to go on an invitation from official Institutions, as a tourist” e aggiungeva: “the best part of me is already there: my poetry”.

Dopo il Nobel seguono altri riconoscimenti, e prosegue nell’ attività di conferenziere, e lettore delle sue opere.

Nel 1990 si sposa con la sua allieva Maria Sozzani, dalla quale avrà una figlia . L’ultima opera pubblicata in vita é ancora una volta una raccolta di saggi: On

Grief and Reason del 1995, pochi mesi dopo il 28 gennaio del 1996 muore,

stroncato da un infarto, a New York. 145 Dal sito www.nobelorg.com

Innamorato da sempre dell’Italia quando divenne cosciente della gravità delle proprie condizioni di salute, lasciò disposto di venire sepolto nella sua personale versione del Paradiso147: Venezia.

II

Quando uno scrittore ricorre ad una lingua che non sia quella materna può farlo per necessità, come Conrad, o per una divorante ambizione, come Nabokov, o per arrivare a un estraniamento più profondo, come Beckett. Facendo parte di un girone diverso, nell’estate del 1977, quando vivevo in America da cinque anni, entrai in una piccola bottega di New York e mi comprai una “Lettera 22” portatile [..] il mio unico intento era, allora come adesso, di ritrovarmi più vicino all’uomo che consideravo la più grande mente del ventesimo secolo Wystan Hugh Auden.148

Con queste parole nel 1983 Iosif Brodskij prende le distanze da quegli autori che prima di lui avevano attuato la medesima operazione: scrivere in una lingua diversa da quella madre.

In realtà con una simile dichiarazione, situata in uno dei saggi contenuti nella prima raccolta di prosa da lui pubblicata, il poeta non solo si colloca idealmente in una linea di continuità con gli autori sopra elencati, ma sceglie una lingua che non

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