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La musa in esilio Nabokov, Brodskij due ritratti dal novecento

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Introduzione

Nabokov, Brodskij, due ritratti dal Novecento

Vladimir Nabokov e Iosif Brodskij, due personalità diverse per nascita; aristocratico il primo, proletario il secondo; per generazione; Nabokov era nato nel 1899, Brodskij nel 1940; ma accomunate dallo stesso destino, l’esilio.

Nabokov lascia la Russia insieme alla famiglia, costretto dalla Rivoluzione, ha tutto il tempo per laurearsi a Cambridge, e diventare uno fra i più importanti scrittori nella Berlino dell’emigrazione russa.

Brodskij viene cacciato dalla Russia nel 1972.

Il primo è un camaleonte per niente scoraggiato da quanto gli ha riservato il destino: a quarantuno anni è in grado di re-inventarsi nei panni di uno scrittore americano, al punto che dopo il 1940 scriverà quasi esclusivamente in inglese.

Il secondo quando arriva in Europa non solo non ha terminato gli studi, ha imparato le lingue straniere da autodidatta, e parla un inglese stentato.

Vladimir Nabokov morirà, e verrà sepolto, in Svizzera nel 1977, Iosif Brodskij morirà a New York nel 1996, e verrà sepolto in Italia: alla data della loro morte, sono entrambi cittadini americani. E quando entrambi si accingono a scrivere le proprie memorie lo fanno in una lingua diversa da quella russa, i loro ricordi –sebbene poi Nabokov si sia auto-tradotto in russo, e abbia scritto Drugie Berega, di cui però non ci occuperemo- parlano inglese.

Nabokov ha imparato a scrivere, parlare e leggere inglese addirittura prima del russo, Brodskij lo ha imparato da adulto, costretto dagli eventi: in entrambi i casi il risultato è stupefacente.

In questo studio ci proponiamo di fare una lettura, alla luce dei contributi dati dalla critica sullo studio del genere dell’autobiografia, sia di Speak Memory an

Autobiography Revisited, di Nabokov, che dei due saggi di Brodskij che compongono la

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Capitolo I

Vladimir Nabokov un aristocratico postmoderno

I

La vita e le opere

Vladimir Vladimirovich Nabokov nato a Pietroburgo il 23 aprile 1899, è il primo1 dei cinque figli di una famiglia aristocratica, ricca, e di solida tradizione liberale2. Il nonno paterno Dimitri Nicolaevich Nabokov fu ministro della giustizia, dal 1878 al 1885, sotto quell’ Alessandro II che con il rescritto imperiale del 1861 aveva proclamato l’abolizione della servitù della gleba3. Il padre Vladimir Dimitrievich Nabokov, la cui attività politica era iniziata ai tempi dell’università, era fondatore e membro di spicco del partito dei cadetti, il più forte partito democratico liberale in Russia, nonchè deputato parlamentare.

La madre Elena Ivanovna Rukavishnikov Nabokov proveniva da una famiglia non aristocratica, ma altrettanto colta e facoltosa: il bisnonno Nikolay Illarionovich Kozlov (1814-1889) fu il primo presidente dell’Accademia Imperiale di medicina russa4; una zia della madre,quella aunt Praskovia5 ricordata

nell’autobiografia, era una psichiatra e antropologa, sposata con un medico dedito allo studio della sifilide V.M. Tarnovski (1839-1906).

Il fratello della madre, Vassili Ivanovich Rukavishnikov; ricordato nell’autobiografia con il nomignolo uncle Ruka6; sebbene avesse avuto una

carriera diplomatica non eccelsa, quando morì, nel 1916, lasciò in eredità al nipote Vladimir, un capitale personale di all’incirca due milioni di dollari, ville e proprietà, che dopo la rivoluzione furono nazionalizzati.

1 In realtà Nabokov è il desiderato secondogenito, perché il primo figlio era morto subito dopo la

nascita. Cfr. Stefania Pavan Nabokov una vita, Castelvecchi editore, Bologna (1994) p. 21.

2 Cfr. Stefania Pavan ibid. p. 20.

3 Paolo Viola Storia Moderna e contemporanea, L’Ottocento, Einaudi Torino (2003) p. 182.

4 Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition, London (2000) p.

53.

5Ibid. pp. 54-55 . 6 Ibid pp. 55-60.

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Con queste premesse è facile immaginare come l’educazione che ricevettero Nabokov e i suoi fratelli, fosse consona a degli aristocratici del loro rango.

Fin dalla più tenera età vennero affidati a delle governanti inglesi, le varie Misses7, che sfileranno molto tempo dopo nell’autobiografia, e che faranno sì che sia Vladimir che il fratello minore Sergeij, nel 1905, fossero in grado di leggere e scrivere in inglese ma, con disappunto del padre, non in russo8.

Con il passare degli anni le governanti inglesi vennero sostituite da una

mademoiselle francese, e poi da diversi precettori russi. Oltre alle governanti e ai

precettori i quattro fratelli potevano disporre liberamente della sterminata biblioteca di famiglia9 che comprendeva: testi di storia, di diritto, di entomologia, e testi letterari che i ragazzi erano tenuti a leggere in lingua.

Per completare il quadro non potevano mancare altre attività degne di un gentleman d’inizio secolo: Vladimir Nabokov ricevette lezioni di pittura, di ballo, di equitazione, e perfino di sport meno ovvi come il tennis e la boxe10.

La famiglia Nabokov viaggiava molto: durante l’autunno era solita recarsi in Europa: Parigi, Berlino, Wiesbaden, Nizza, Abbazia11, e Biarritz. L’inverno veniva trascorso a Pietroburgo; e l’estate nella tenuta di campagna nella località di Vyra, ad ottanta chilometri da Pietroburgo. Sarà proprio qui che, nel 1906, Vladimir Nabokov inizierà a collezionare farfalle, una passione che lo accompagnerà per tutta la vita, e che nei momenti economici più difficili risulterà addirittura utile: nel 1942 sarà un research fellow12, della collezione di farfalle

nel museo di zoologia comparata dell’università di Harvard.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, quando nel 1911 Vladimir Nabokov venne iscritto a scuola, perchè i precettori non erano più sufficienti, non 7

 Cfr. Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition, London

(2000) pp. 68-69-70.

8 Cfr. Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition, London

(2000) p. 24.

9 “Questa biblioteca doveva essere più che fornita, visto che in una lettera spedita alla sorella il 17

dicembre 1945 Nabokov le comunica di aver ritrovato nella biblioteca pubblica di New York la lista dei libri che si trovavano nella loro casa sulla Morskaja, e questa lista è in due volumi”. Cfr. Stefania Pavan Nabokov una vita, Castelvecchi editore, Bologna (1994). pp. 25-26.

10 Cfr. Marina Rumjanceva Cronologia della vita e dell’opera, in Riga num. 16, Officine Sabatini,

Milano (1999) pp. 66-67 .

11 Cfr. Vladimir Nabokov Speak Memory: an Autobiography Revisited , Penguin edition, London

(2000) p.22.

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venne iscritto alla scuola più in voga presso l’aristocrazia pietroburghese: la Carskoe Selo, famosa perchè aveva avuto tra i suoi allievi A. S. Puskin; bensì all’Istituto Tenishev, fondato nel 1900, nelle sue memorie Nabokov ha spiegato il perchè di questa scelta:

my father thought it right to have me attend a school that was distinguished by its democratic principles, its policy of nondiscrimination in matters of rank, race and creed, and is up to date educational methods.13

Vladimir Nabokov prosegue così la sua istruzione: è un allievo brillante ma rifiuta con disappunto degli insegnanti di entrare a far parte di qualsiasi circolo, e che dà scandalo arrivando ogni mattina su una delle due macchine di famiglia, con tanto di autista in livrea14.

Nel 1916, proprio quando sta per finire la prima guerra mondiale, all’età di diciassette anni, grazie ai soldi ereditati dallo zio, e all’ispirazione arrivata dal primo amore, Vladimir Nabokov pubblica a proprie spese la sua prima raccolta di poesie, che passò quasi inosservata, come ebbe a commentare in seguito: “my poems were juvenile stuff, quite devoid of merit and ought never to have been put on sale”15.

La vita del giovane poeta in erba procedeva tranquilla, mentre la situazione politica interna era sempre più grave, e stava per precipitare.

E’ necessario tenere presente che la Russia in cui era cresciuto Nabokov era un paese arretrato che stava facendo i conti con l’urgenza di ammodernamento: basti pensare che l’abolizione della servitù della gleba risaliva al 1861. Il problema della redistribuzione delle terre era così urgente che il ministro Stolypin, tra il 1906 e il 191116, favorì l’introduzione della proprietà privata tra i contadini: ma la riforma agraria non raggiunse neppure i limitati obbiettivi politico-sociali prefissi, e Stolypin morì in un attentato. Accanto ai problemi dei contadini c’erano quelli legati alla classe operaia che proprio in quegli anni stava pagando lo scotto di un’industrializzazione tardiva iniziata alla fine del XIX sec. : nel 1900 gli operai 13

 Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited , Penguin edition, London (2000) p.

144.

14 Cfr. Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited , Penguin edition, London

(2000) p. 145.

15 Cfr. ibid. p. 184.

16 Cfr. Desideri Antonio, Mario Themelly Storia e storiografia, vol. III dalla prima guerra mondiale

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dell’industria ammontavano intorno ai due milioni, nel 1914 erano arrivati a tre milioni.

Le loro condizioni erano drammatiche: salari da fame, nessun tipo di assistenza igienica e sanitaria da parte del governo; tutto questo, più la disastrosa guerra contro il Giappone, aveva portato agli scioperi e alla rivoluzione del 1905, che aveva ottenuto come risultato una parvenza di regime liberale tramite la creazione di un’assemblea rappresentativa, la Duma, ma questa prima rivoluzione aveva lasciato immutato il potere zarista.

Alla vigilia della Grande Guerra il regime zarista poteva vantare un’opposizione politica di forze eterogenee: i liberali o cadetti, di cui faceva parte il padre di Nabokov; che aveva perso il suo posto a corte per aver protestato contro i pogrom del 190317; e i socialisti che si dividevano in: socialisti rivoluzionari, i bolscevichi, e socialisti riformisti, i menscevichi. Allo scoppio della guerra la Russia era un paese sostanzialmente impreparato, e nonostante le divergenze tra le varie fazioni politiche, scese in campo a fianco dell’Intesa18. Alla fine del conflitto il bilancio fu impietoso: di quattro milioni di perdite tra morti, feriti, e prigionieri; per non parlare della popolazione civile e della fame. Nel febbraio 1917 gli ennesimi scioperi si trasformarono in rivolta: a Pietroburgo la guarnigione militare della città si unì agli scioperanti, le unità richiamate dal fronte per fermare la rivolta non arrivarono perchè paralizzate dallo sciopero delle ferrovie, fu così che incapace di condurre la guerra, oltre che di riformarsi in qualunque modo, il governo zarista crollò.

Venne formato un governo provvisorio di coalizione; il padre di Nabokov fu eletto tra i membri dell’assemblea costituente19; fra cadetti e partiti borghesi, che però non ebbe alcuna possibilità di sopravvivenza: i neonati soviet riuscirono ad organizzarsi in maniera capillare, e di lì a poco sarebbero arrivati al potere.

La conseguenza più immediata di una situazione interna così grave fu l’emigrazione di massa a cui assistette l’Europa a partire dal 1919.

17

 Cfr. Vladimir Nabokov Speak, Memory: an Autobiography Revisited , Penguin edition, London

(2000) pp. 136- 137.

18 Si tratta della Duplice Intesa stipulata con la Francia nel 1891, che si contrapponeva idealmente alla

Triplice Alleanza stipulata tra Austria, Germania e Italia nel 1882. Cfr. Desideri Antonio, Mario Themelly Storia e storiografia, vol. II dall’Illuminismo all’età dell’imperialismo casa editrice G. D’Anna, Messina -Firenze (1989) pp. 1096-1099.

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Gli esuli russi che fuggirono a causa della rivoluzione d’ottobre non erano certo la prima ondata migratoria su suolo europeo: c’era stata l’espulsione degli Ugonotti dalla Francia nel XVIII sec. ; ma il precedente20 più recente a cui si può paragonare l’emigrazione russa, non è quello degli aristocratici francesi in seguito ai fatti del 1789, ma la grande emigrazione polacca avvenuta dopo l’insurrezione del 1831, a cui prese parte un grosso contingente di esponenti dell’élite culturale, tra questi Chopin.

La tappa privilegiata dagli esuli russi fu la Germania, in misura minore altre capitali europee come Parigi o Praga, ma niente di paragonabile a quanto accadeva a Berlino, dove negli anni Venti si potevano contare 86 case editrici e librerie russe, 150 giornali21, e innumerevoli attività come teatri, cabarets, conferenze letterarie ecc. ecc.. . Un’attività culturale così vasta è il segno tangibile della non-volontà di integrazione della comunità russa in Germania, come ha scritto Marc Raeff22: la diaspora russa non voleva inserirsi perchè attendeva il

ritorno.

Oltre alla Germania gli esuli si distribuirono, anche se in misura minore, a Parigi, Praga, in Crimea, Costantinopoli, nei Balcani e in Grecia.

La famiglia di Nabokov dopo un primo tentativo di rimanere unita a Pietroburgo, fu costretta a separarsi.

Il padre rimase per un periodo a Pietroburgo, nel tentativo di proseguire la sua attività di membro dell’assemblea costituente, ma temendo una probabile chiamata alle armi per i due figli maggiori, allontanò il resto della famiglia: Sergej e Vladimir furono mandati in Crimea assieme alla madre e alle sorelle: qui per la prima volta i Nabokov si ritrovarono quasi completamente privi di mezzi, l’unica fonte di sostentamento erano i gioielli della madre, la casa, la patria, l’amata, la ricchezza, tutto viene perduto nel giro di pochissimo tempo.

Alla fine del 1917 il padre Vladimir Dimitrievich, li raggiunse inseguito da un ordine di cattura. Nel 1918 la famiglia riunita si spostò vicino a Jalta, dove il padre ricoprì il ruolo di ministro della giustizia23 nell’amministrazione locale ed 20

 Cfr. Marc Raeff La cultura russa e l’emigrazione in AA. VV. Storia della letteratura russa, vol. II,

Einaudi, Torino (1998) pp. 63-64.

21 Cfr. ibid. pp. 65-66. 22 Cfr. ibid. pp. 65-66.

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infine, quando nella primavera del 1919 l’armata rossa arrivò in Crimea, i Nabokov lasciarono definitivamente il paese: la prima tappa della loro fuga fu Londra, dove si separarono di nuovo: Sergej e Vladimir grazie ad una borsa di studio andarono a Cambridge; mentre i genitori e i tre fratelli minori andarono a Berlino, dove rimasero fino al giorno dell’assassinio del padre.

Per Vladimir Nabokov gli anni del college furono vissuti all’insegna dello studio incessante della lingua russa, dell’entomologia, degli scherzi, delle ragazze e del calcio, ma non solo: a questo periodo risale il suo debutto sia letterario sia scientifico: nel 1920 pubblica A few notes on Crimean lepidoptera sul num. 53 dell’Entomologist24; mentre le sue poesie cominciano ad apparire; con lo

pseudonimo di Vladimir Sirin (per evitare di essere confuso con suo padre); sui periodici berlinesi degli immigrati russi, in particolare sul Rul’ (il timone) di cui il padre era redattore.

Nel marzo del 1922 durante una conferenza, l’ex presidente del partito dei cadetti Miljukov fu vittima di un attentato, il padre di Nabokov, Vladimir Dimitrievich nel panico generale tentò di bloccare l’attentatore, un secondo terrorista gli sparò alla schiena e morì sul colpo.

Nello stesso anno dopo aver conseguito il diploma di laurea in letteratura inglese si ricongiunge con la propria famiglia a Berlino: rimarrà nella capitale tedesca per ben quindici anni, ma senza mai imparare perfettamente il tedesco, come gi altri esuli sperava di poter tornare in Russia.

Il 1923 è un anno fondamentale sia per la vita che per la carriera: nonostante a queste date Nabokov avesse all’attivo svariate pubblicazioni, sarà l’incontro con Véra Slonim, sua futura moglie, a segnare la svolta definitiva nella sua carriera letteraria: Véra è la prima a credere nel talento di Nabokov,e per i successivi cinquantadue anni Véra non sarà solo una moglie, ma la sua prima lettrice, la sua consigliera,la sua musa, il suo agente letterario25: non a caso a lei saranno dedicati tutti i libri che Nabokov scriverà. Sempre in questo stesso anno la madre, con i figli più piccoli, si trasferisce a Praga: il governo ceco ha offerto agli emigranti russi una piccola pensione.

24

 Cfr. Simon Karlinsky Vladimir Nabokov in AA. VV. Storia della letteratura russa, vol. II, Einaudi,

Torino (1998) pp. 163-184.

25 Sull’importanza de ruolo ricoperto da Véra Nabokov si veda la biografia di Stacy Schiff Véra (mrs.

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A partire dal 1924 cominciano ad uscire i primi lavori in prosa, sempre con lo pseudonimo di Vladimir Sirin.

Nel 1925 sposa Véra, e l’anno successivo debutta come scrittore in lingua russa con il romanzo Maria26, cui seguirà nel 1928 Re, donna, fante. Seguono nel 1930 altri capolavori La difesa di Luzin,di cui il futuro premio nobel Bunin dirà :”questo ragazzo ha estratto un revolver e con un colpo solo ha abbattuto tutti i vecchi, me incluso”27; alla Difesa seguiranno il romanzo breve L’occhio 1930,

Camera oscura nel 1932.

Nel 1934 nasce l’unico figlio Dimitri, mentre nel 1935 il romanzo Disperazione viene personalmente tradotto in inglese perchè Camera Oscura era stato tradotto male: da quel momento Nabokov diffiderà fino alla fine dei suoi giorni dei traduttori. Sempre nello stesso anno pubblica il romanzo breve Invito ad una

decapitazione , considerato da Nabokov stesso uno dei suoi lavori più importanti.

Grazie ai diritti d’autore, alle conferenze letterarie di successe tenute in tutte le più grandi capitali europee, e soprattutto a Parigi 28, Nabokov può smettere di dare quelle lezioni private, di inglese, francese, di prosodia, e addirittura di tennis e di boxe durante le stagioni estive, con cui si era mantenuto fino a questo momento. Nel 1937 a Parigi oltre ad intervenire con il saggio Le vrai et le vraisemblable al convegno per il centenario della morte di Puskin, pubblicato poi nel marzo di quell’anno sulla Nouvelle Revue Française29, scrive un altro capolavoro, l’ottavo

e ultimo romanzo in lingua russa. Il dono uscirà ,a Parigi, mutilato del IV capitolo, quello contenente le stroncature del libro –inventato da Nabokov- sul rivoluzionario ottocentesco Nikolaj Chernyševskij, il taglio era stato fatto dall’editore che temeva uno scandalo.

La condizione economica, nonostante i continui sforzi per migliorarla, peggiora di nuovo: riprende le lezioni private, e per ben due volte il compositore Rachmaninov gli invierà cospicue somme di denaro. Come se non bastasse la situazione politica in Germania si fa sempre più tesa nei confronti degli ebrei: nel settembre del 1935 erano state promulgate le leggi di Norimberga con le quali si privavano gli ebrei di diritti civili e politici, e i pogroms sono ormai all’ordine del 26

 Cfr. Simon Karlinsky op. cit. p. 164.

27 Cfr. Maria Rumjanceva Cronologia della vita e dell’opera, in Riga num. 16 Officine Sabatini,

Milano (1999) p. 74.

28 Cfr. Stefania Pavan Nabokov una vita, Castelvecchi editore, Bologna (1994) pp. 78-79 . 29 Cfr. Stefania Pavan op. cit. p. 83 .

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giorno, Véra è una ebrea fiera di esserlo30: non resta che lasciare la Germania, i Nabokov si trasferiscono a Parigi, ma nella capitale francese non si fermeranno a lungo. Sebbene la Francia, insieme all’Inghilterra, fosse una delle due democrazie rimaste in Europa la situazione internazionale si prospettava sempre più pericolosa: nel 1939 le truppe tedesche erano entrate in Polonia, la guerra si avvicinava, il governo di Vichy aveva assoggettato tutti gli emigrati russi ad una serie di balzelli burocratici: anche questa volta non rimaneva che la fuga.

Il 28 maggio 1940 Vladimir Nabokov, sua moglie Véra e il figlio Dimitri arrivano finalmente negli Stati Uniti: ma qui nessuno conosce uno scrittore di nome Vladimir Sirin. Dopo la fuga dalla Russia, poi dalla Germania, e infine dalla Francia a quarantun anni Vladimir Nabokov è costretto a ricominciare: arrivato in America abbandona la lingua russa, e lo pseudonimo.

I primi due anni negli Stati Uniti sono difficili: Nabokov vive di recensioni, lezioni di scrittura e letteratura russa; nel 1942 riesce ad avere un posto di

research fellow come entomologo all’università di Harvard: per due giorni a

settimana è docente di letteratura russa, per quattro entomologo, la letteratura è relegata al finesettimana.

La guerra finalmente è finita e Vladimir Nabokov apprende che il fratello minore è morto in un campo di concentramento tedesco, Sergej nonostante fosse omosessuale dichiarato era rimasto a Berlino, gli altri fratelli invece si erano trasferiti a Praga.

Tra il 1946 e il 1951 diversi racconti di Nabokov appaiono sulle riviste letterarie americane, è sempre più apprezzato come insegnante, al punto che nel 1951 diventa guest professor di letteratura russa ad Harvard; sempre nel 1951 raccoglie con il titolo di Conclusive Evidence i saggi autobiografici precedentemente apparsi sul prestigioso ‘New Yorker’. E’ la prima stesura della sua autobiografia, ne seguiranno altre due: Drugie Berega, la versione in russo, ed infine Speak

Memory una rielaborazione in lingua inglese, fatta alla luce della versione in

russo,anche se le tre autobiografie sono molto diverse l’una dall’altra.

Sempre in questi anni si dedica alla traduzione in inglese dell’ Onegin di Puskin, e alla stesura di un romanzo che apparirà a Parigi nel 1955, e che gli regalerà, finalmente l’attenzione e i riconoscimenti che merita: Lolita.

30

 “Asked if she was Russian her reply was simple, “Yes Russian, and Jewish””. Cfr. Stacy Schiff

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Nel 1957 pubblica Pnin, e finalmente grazie al successo planetario di Lolita può smettere di lavorare, e dedicarsi completamente alla letteratura.

Nel 1961 i coniugi Nabokov si trasferiscono, per l’ultima volta, a Montreux in Svizzera: vivranno per diciassette anni nel Grand hotel il Montreux Palace31. Nel 1964 escono Fuoco pallido, e la traduzione in quattro volumi dell’Onegin. Nel 1969 esce Ada o Ardore, e il premio Nobel Solzenicyn lo propone all’accademia svedese, ma senza successo.

All’inizio degli anni ’70 durante il disgelo di Chruschev le opere di Nabokov cominciano a circolare più o meno ufficialmente in Unione Sovietica, e anche l’autore, se solo volesse, potrebbe visitare l’URSS, ma non lo farà mai.

Dopo Cose trasparenti, e il libro Strong Opinions (Intransigenze, una raccolta di articoli, interviste e lettere) esce l’ ottavo romanzo in lingua inglese, che sarà, come l’ottavo romanzo in lingua russa, il suo ultimo romanzo: Look at the

Harlequins!

Il 2 luglio 1977 Vladimir Vladimirovich Nabokov muore a Montreux dopo aver compiuto l’ennesima metamorfosi, quella da professore universitario a scrittore di fama mondiale. L’amatissima moglie Véra lo raggiungerà quattordici anni più tardi.

II

Parla ricordo:genesi e considerazioni sul titolo

A più di sessanta anni dalla sua prima apparizione, trentadue anni dopo la morte del suo autore, e a più di cento anni dalla fine di quel mondo rievocato nell’autobiografia, Speak, Memory di Vladimir Nabokov, gode a tutt’oggi di una solida fama. Penelope Lively del Daily Telegraph l’ha recentemente dichiarata libro del secolo; Brian Boyd, autore di una monumentale biografia su Nabokov, senza sbilanciarsi troppo, la considera non solo la più artistica fra tutte le autobiografie; 32 ma l’unica opera di Nabokov al di fuori dei suoi più accreditati 31

 Cfr. Maria Rumjanceva Cronologia della vita e dell’opera, in Riga num. 16 Officine Sabatini, Milano

(1999) p. 84.

32 Cfr. Brian Boyd Vladimir Nabokov the American Years, Princeton University Press, New Jersey

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lavori Il Dono, Lolita, Ada o Ardore, a poter essere considerata un capolavoro dello stesso livello.

Nel giugno del 1944 Vladimir Nabokov firmava un contratto con il quale si impegnava a dare l’esclusiva di ogni suo lavoro letterario al New Yorker; che già da due anni pubblicava le sue poesie33.

Quattro anni dopo, il 3 gennaio del 1948, venne pubblicato, sulla prestigiosa rivista34, un articolo autobiografico intitolato Portrait of my uncle, firmato da Vladimir Nabokov, risalente al giugno del 194735,scritto e concepito in previsione di un progetto autobiografico che l’autore aveva in mente da tempo36, e che era stato avviato a Parigi, nel 193637 con il racconto, in francese, Mademoiselle O. Il pezzo venne apprezzato dall’editore della rivista, Harold Ross38, al punto da fare pressioni sull’autore per avere il seguito prima possibile.

Fu così che nel giro di poco tempo, al primo articolo dedicato ad uncle Ruka ne seguirono altri dieci, successivamente confluiti nell’autobiografia:

-My English Education pubblicato il 27 marzo 1948: diventerà il capitolo quattro. -Butterflies pubblicato il 12 giugno 1948: diventerà il capitolo sei.

-Colette pubblicato il 31 luglio 1948: diventerà il capitolo sette.

-Curtain raiser pubblicato il 1 gennaio 1949: diventerà il capitolo dieci. -Portrait of my mother pubblicato il 9 aprile 1949: diventerà il capitolo due. -Tamara pubblicato il 10 dicembre 1949: diventerà il capitolo dodici.

-Lantern slides pubblicato il 11 febbraio 1950: diventerà il capitolo otto. -Perfect past pubblicato il 15 aprile 1950: diventerà il capitolo uno

-Garden and parks pubblicato il 17 giugno 1950: diventerà il capitolo quindici. I restanti tre capitoli dell’autobiografia invece non apparvero sul New Yorker: il capitolo undici, First Poem, datato settembre 1949, e il capitolo quattordici, Exile, datato gennaio-febbraio 1951, apparvero sulla Partisan Review39; mentre il 33 Cfr. Brian Boyd Vladimir Nabokov the American Years, Princeton University Press, New Jersey

(1991) p. 73 .

34 Dal sito del New Yorker www.newyorker.com .

35 Cfr. Vladimir Nabokov Foreword in Speak, Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition,

London (2000) p. 7.

36 Cfr. Brian Boyd op. cit. p. 92

37Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p.7 e Brian Boyd Vladimir Nabokov the Russian Years, Princeton

University press , New Jersey (1990) pp. 428-429.

38 Cfr. Brian Boyd op. cit. p.121.

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restante capitolo tredici, Lodgings in Trinity Lane, venne pubblicata da Harper’s

Magazine nel gennaio del 1951.

Sempre nel 1951 la casa editrice Harper & Bros di New York pubblicò tutti gli articoli precedentemente pubblicati, in un unico volume con il titolo Conclusive

Evidence che però poteva far pensare ad un thriller, o ad un poliziesco, piuttosto

che ad un’autobiografia. Per questa ragione la casa editrice volle cambiare il titolo dell’edizione inglese: Nabokov propose Speak Mnemosyne, ma venne rifiutato perchè “but was told that little old ladies would not want to ask for a book whose title they could not pronounce”40. Dopo aver scartato l’ipotesi di chiamare il libro

The Anthemion41; Nabokov e gli editori optarono per Speak Memory, il titolo

usato ancora adesso. Nel 1953 dopo la prima pubblicazione, durante la stesura di

Lolita Nabokov ne intraprese, con la collaborazione della moglie, una traduzione

russa di Drugie Berega che servirà per una ulteriore revisione di Speak Memory, pur differenziandosi molto da entrambe le versioni. La versione definitiva di

Speak Memory apparve,dopo una gestazione durata ben più di dieci anni, nel

1966, con il sottotitolo che porta ancora oggi: “An autobiography revisited”, perchè di fatto è la revisione di quel primo volume pubblicato con il nome di

Conclusive Evidence .

* * *

Nabokov per la sua autobiografia sceglie di mettere in campo tutta la sua esperienza di romanziere, e questo fin dal titolo, che sebbene sia stato dettato da esigenze editoriali, non può non richiamare al lettore tutte quelle invocazioni alla musa che costellano la storia della letteratura occidentale: parla ricordo, come

cantami o Diva ?

Considerando che speak Memory è stata una seconda scelta, non si può trascurare che in un primo tempo Nabokov aveva addirittura proposto speak Mnemosyne. In questo modo non avrebbe invocato una musa qualsiasi, ma la divinità che presiede alla memoria e madre delle muse: questo sarebbe stato non solo un richiamo ad una tradizione letteraria ben definita, ma anche un implicito omaggio alla sua passione per le farfalle, Mnemosyne è infatti una specie di lepidottero 40Cfr. Vladimir Nabokov Foreword in Speak Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition,

London (2000) p. 8

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che si trova nelle campagne della sua infanzia; ed un omaggio alla madre Elena, che di Nabokov fu la prima musa, non solo ne stimolava costantemente la precoce fantasia:

my mother did everything to encourage the general sensitiveness I had to visual simulation. (p. 30)

ma lo invitava anche a memorizzare questo o quel dettaglio:

‘Vot zapomni [now remember] she would say in conspiratorial tones as she drew my attention to this or that loved thing in Vyra [...] As if feeling that in a few years the tangible part of her world would perish [...].(p. 33)

Se è legittimo pensare che il titolo di un’autobiografia ne è anche il manifesto, basti ricordare le Confessioni di Jean Jacques Rousseau o le Memorie

d’Oltretomba di Chateaubriand, nel caso di Nabokov ci troviamo di fronte ad un

titolo che da una parte affonda appieno nella vita dell’autore: le farfalle, la famiglia; dall’altra si riallaccia alla tradizione epica, conferendo così ai ricordi una sfumatura mitologica, e se come spesso accade per gli esuli, la cesura fra infanzia e resto dell’esistenza è mitizzata sovente come cacciata dall’Eden 42. A

differenza di quanto si possa pensare, l’eroe del paradiso perduto nabokoviano non è Nabokov stesso, bensì quell’amatissimo padre, descritto nelle prime pagine nella sua “resplendent uniform of the Horse Guards43”, e realmente morto come

un eroe per il suo coraggio e per il suo ideale di libertà.

La divinità della memoria e madre delle muse presiede dunque alla rievocazione, ma forse sarebbe più corretto parlare di vera e propria riesumazione, di un mondo reso mitico dai traumi della storia, prima ancora che dagli anni passati.

42Sergio Zatti Raccontare la propria infanzia postfazione a Francesco Orlando Infanzia, memoria e

storia da Rousseau ai romantici Pacini editore, Pisa (2007) p. 314

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III

La cornice, il patto con il lettore

All’età di cinquant’anni, dieci anni dopo la partenza dall’Europa, cinque anni dopo aver preso la cittadinanza americana, Vladimir Nabokov riesce finalmente a dare corpo a quel progetto autobiografico avviato nel 1936 a Parigi.

Non esiste un codice letterario definito per scrivere un’autobiografia, in questo genere più che in ogni altro, la forma e lo stile sono plasmati dalla personalità dell’autore44. Alcuni scrittori si sono distinti per la franchezza con cui hanno rivelato i dettagli più scabrosi della propria esistenza, come ad esempio il capostipite del genere Jean Jacques Rousseau; ma spogliarsi completamente davanti al lettore, a Nabokov non interessa, il suo scopo è mettere insieme un’opera in grado di offrire, nel modo più artistico possibile, le sue più profonde convinzioni45.

Nabokov dunque scrive un’autobiografia non tanto per raccontare la verità sulla sua vita, quanto per raccontare la sua verità: per questa ragione i grandi eventi storici, senza i quali quest’autobiografia non esisterebbe, vengono relegati in secondo piano.

Prima di condurre il lettore nei sontuosi palazzi della sua infanzia, Nabokov incornicia la narrazione come in un giuoco di scatole cinesi: si parte dall’invocazione alla musa del titolo; un’introduzione in cui viene narrata la genesi dell’opera; si prosegue con una piccola mappa che offre un punto di vista geografico sull’universo dell’infanzia di Nabokov; e infine sia il primo capitolo che l’ultimo contengono la stessa immagine: un nucleo famigliare che cammina tenendosi per mano.

Ma se il primo paragrafo del primo capitolo46 si chiude con l’immagine di Vladimir e i genitori; nel capitolo che conclude il libro Vladimir, la moglie Véra e il figlio Dmitri vengono còlti nel momento in cui si avviano verso la nave che li 44 “Occorre evitare di parlare di uno stile o anche di una forma legati all’autobiografia, in quanto nel

caso specifico non si dà stile o forma obbligata. Più che in qualsiasi altro genere, lo stile quì é il modo d’essere dell’individuo” Cfr. Jean Starobinski L’occhio Vivente , ed. Einaudi, Torino (1975) p. 204.

45 Cfr. Brian Boyd Vladimir Nabokov the American Years, Princeton University Press, New Jersey

(1990) p. 149.

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porterà in America. Questa immagine fa sì che Speak Memory acquisisca una struttura circolare: e se il nucleo famigliare composto da Vladimir e i suoi genitori sono il passato remoto; il nucleo famigliare che si appresta a varcare l’oceano incarna l’inizio di una nuova vita: dal vecchio mondo, che per due volte ha costretto Nabokov alla fuga, verso quel nuovo mondo sul quale per secoli sono state proiettate le aspirazioni e i sogni della vecchia Europa, il passato prossimo che presiede al presente.

Ma non finisce qui: l’intero libro è preceduto dalla consueta dedica alla moglie che ritroviamo in tutti gli scritti di Nabokov, e se ormai è universalmente riconosciuto quanto sia stato fondamentale l’apporto che Véra Slonim ha dato al lavoro del marito47, in quest’opera più che in ogni altra, sebbene Nabokov non parli in modo esplicito del loro rapporto, la presenza della moglie si fa palpabile. Nel corso del testo Nabokov si rivolge a Véra in maniera discreta, e solo nell’ultimo capitolo, quello che cronologicamente si avvicina di più al momento in cui scrive, troviamo una vera e propria invocazione:

They are passing, posthaste, posthaste, the gliding years – to use a soul-rending Horatian inflection. The years are passing my dear, and presently nobody will know what you and I know. (p. 226)

e poi nell’ultima pagina:

There one last little garden surrounded us, as you and I, and our child, by now six, between us, walked through it on our way to the docks, where, behind the building facing

us , the liner Champlain was waiting to take us to New York48.

Questo riferirsi ad un interlocutore ben preciso, come ha notato John Sturrock49, fa sì che la semplice apostrofe si trasformi in una vera e propria invocazione, simile a quelle che possiamo trovare nelle epistole, e che nella storia del genere autobiografico ha un già un precedente nelle Confessiones di Sant’Agostino, quando si rivolge al suo interlocutore privilegiato, Dio:

47 Si veda la splendida biografia scritta da Stacy Schiff Véra [Mrs. Nabokov] The Modern Library,

New York (1999).

48 Vladimir Nabokov op. cit. p. 237.

49 “Although Speak, Memory is the only autobiography known to me which is addressed to another

human being: it is not merely dedicated to Nabokov’s wife Véra, but sporadically and discreetly apostrophize her. In the final chapter, apostrophe turns into full blooded invocation of the epistolary kind [..] The effect is that inevitably of Augustine’s Confessions, of a story overheard being told to a listener who already knows it.” In John Sturrock The Language of Autobiography, Cambridge (MA), Cambridge University Press (1993) p. 237

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“Ebbene, ora narrerò come tu mi abbia liberato.” “Anche noi eravamo stupefatti dalle tue meraviglie.”

L’autobiografia ai tempi di Agostino non esisteva, era un genere letterario sul quale pesava un doppio interdetto: morale, in quanto equivaleva ad un atto di presunzione; e sociale: l’autobiografia è una lenta conquista maturata attraverso forme progressive di democratizzazione50; e non è quindi un caso che la prima autobiografia nel senso più moderno del termine, la possiamo trovare nelle

Confessioni di Jean Jacques Rousseau, alle soglie della rivoluzione borghese per

definizione.

S. Agostino sceglie di scrivere un testo che ha uno scopo edificante, per questo sceglie Dio come interlocutore diretto del discorso; un interlocutore che in quanto onnisciente conosce già la storia che viene raccontata; ma che serve a garanzia di assoluta veridicità51. L’obbligo alla sincerità infatti è il fondamento di

ogni autobiografia52, e se ai tempi di Agostino Dio era il solo garante possibile, con il passare dei secoli il Lettore lo ha progressivamente sostituito. La presenza di Dio nelle Confessioni di Rousseau è marginale, viene chiamato in causa una sola volta in tutto il testo: “la tromba del giudizio finale suoni pure53”. Quello che

veramente colpisce in Rousseau è la presenza di un interlocutore-altro, fin dal preambolo:

Ecco il solo ritratto d’uomo, dipinto esattamente al naturale e assolutamente fedele al vero, che esiste e che mai probabilmente esisterà. Chiunque voi siate, che la mia sorte o la mia fiducia hanno reso arbitro di queste pagine, io vi scongiuro, per le mie sventure, per le vostre viscere, di non annientare un’opera che può servire come prima pietra di paragone per quello studio degli uomini che è ancora certamente da cominciare54 [..].

Questa presenza è costante in tutto il libro, a lui, e non a Dio si rivolge Rousseau quando utilizza la formula impersonale on. Questo perché in un testo letterario che non ha più Dio come garante di veridicità, è necessario accattivarsi di volta in volta la benevolenza del lettore-diffidente, stabilire cioè un patto55.

50 Sergio Zatti Raccontare la propria infanzia postfazione a Francesco Orlando Infanzia, memoria e

storia da Rousseau ai romantici Pacini editore, Pisa (2007) p. 277.

51 Jean Starobinski, L’occhio Vivente , ed. Einaudi, Torino (1975) p. 210.

52 Ph. Lejeune, Il patto autobiografico (1975), trad. it. Il Mulino, Bologna (1986). 53 Jean Jacques Rousseau Le Confessioni Garzanti editore, Milano (1976) p. 5 . 54 Jean Jacques Rousseau op. cit. p. 4.

55 Cfr. Ph. Lejeune Il patto autobiografico (1975), trad. it. Il Mulino, Bologna (1986) e Sergio Zatti

Raccontare la propria infanzia postfazione a Francesco Orlando Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai romantici Pacini editore, Pisa (2007) .

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Alla luce di queste considerazioni, non può non risaltare la singolarità di Speak

Memory: a garante della veridicità del racconto Nabokov non chiama in causa né

il lettore, né Dio, bensì sua moglie che come il Dio agostiniano è già a conoscenza dei fatti che stanno per essere raccontati.

Se per dare avvio alla propria autobiografia Nabokov si rivolge alla madre delle muse, omaggiando in questo modo anche sua madre la musa della sua infanzia; per chiudere il cerchio si rivolge a colei alla quale ha dedicato tutti i suoi libri: Véra la musa di una vita.

Questa mossa elimina apparentemente quel patto di fiducia che si instaura tra lettore e scrittore-autobiografo, in realtà l’operazione attuata da Nabokov è ben più sottile.

Il patto con il lettore in Nabokov non va ricercato in una qualche dichiarazione d’intenti, ma nella sua concezione di letteratura: è una questione di dettagli56.

Non c’è bisogno di Dio per confermare la veridicità del suo racconto, l’interlocutore privilegiato dal momento che si tratta di un’autobiografia, parziale, ma pur sempre autobiografia, è la moglie che di una parte di quegli eventi è stata testimone; la fiducia del lettore dunque non deve essere conquistata con un’esplicita captatio benevolentiae ma attraverso lo stile:

di rado mi è accaduto di gustare con tanto divertita ammirazione un giuoco letterario di così maestrevole intelligenza, ed eseguito con quella necessaria, virtuosa soperchieria che mi assicura, ad ogni momento, che il prestidigitatore sa benissimo quello che sta facendo; e sa che io lo so, anzi lo esige, perché in qualche modo io faccio parte del

gioco, sono un affascinato “compare.”57

Con queste parole un lettore attento come Giorgio Manganelli parlava di altre due opere di Nabokov La vera vita di Sebastian Knight, e Invito ad una

decapitazione: il lettore dei romanzi viene catturato dai giochi di prestigio di

Nabokov, lo stesso si può dire per il lettore dell’autobiografia.

Nabokov sceglie di conquistare la fiducia del lettore tramite le sue armi di romanziere: costruisce una struttura perfetta, fatta di richiami, e cosparge le descrizioni dei palazzi della sua infanzia di dettagli minuziosi, come mai si sono visti in altre autobiografie: Nabokov non si limita a raccontare la sua infanzia al 56Cfr. Marco Ercolani Il rumore di fondo, lezione di letteratura di Vladimir Nabokov all’università di

Cornell nel 1955 in Riga num. 16 Officine Sabatini, Milano (1999) p. 19.

57 Cfr. Giorgio Manganelli La scacchiera di Nabokov in L’illustrazione italiana, aprile 1962; poi in La

letteratura come menzogna, Feltrinelli, Milano 1967, ora Adelphi, Milano 1985; ed infine in Riga

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lettore, ma lo conduce nella sua vita russa, nella sua routine quotidiana, passo passo persino nelle sue stanze da bagno:

The toilets were separate from the bathrooms, and the oldest among them was a rather sumptuous but gloomy affair with some fine panel work and tasseled rope of red velvet, which, when pulled produced a beautifully modulated, discreetly muffled gurgle and gulp [...]I was assigned a more modest arrangement, rather casually situated in a narrow recess between a wicker hamper and the door leading to the nursery bathroom. This door I liked to keep ajar; through it I drowsily looked at the shimmer of steam above the mahogany bath, at a fantastic flotilla of swans and skiffs, at myself with a harp in one of those boats, at a furry moth pinging against the reflector of the kerosene lamp, at the stained-glass window beyond, at its two halberdiers consisting of colored rectangles. (p. 67)

IV

L’infanzia perfetta

Il capitolo che apre l’autobiografia sebbene sprovvisto di titolo nell’edizione che viene pubblicato ancora oggi, era in origine l’articolo apparso sul New Yorker con il titolo di Perfect Past, quasi un rimando a quel past perfect che nella grammatica inglese serve ad indicare un’azione compiuta e terminata di un passato lontano, ma che mantiene delle relazioni con il presente.

Questo capitolo è composto da una serie di ritratti di momenti e di personaggi diversi che attraversarono l’infanzia russa di Nabokov: abbiamo la famiglia Nabokov, raccontata durante un giorno di festa58; Nabokov bambino colto durante i suoi giochi sul divano all’età di quattro anni59; una delle numerosi istitutrici Miss Norcott60; un aneddoto tratto da un soggiorno a Fiume,e qualche accenno alla guerra russo-giapponese del 1904 e alla rivoluzione del 190561; il primo insegnante di russo62; e un altro aneddoto legato ad una tradizione che permaneva nelle tenute di campagna della famiglia Nabokov63.

58 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. pp 18-19. 59 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. pp. 20-22.

60 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. pp. 22-23 . 61 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. pp. 22-23. 62 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p. 24. 63 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. pp. 26-27.

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Se teniamo presente che l’autobiografia nabokoviana è costruita secondo uno schema di tematiche ricorrenti64, e che ogni capitolo è caratterizzato da una precisa rievocazione di una persona; gli insegnanti del capitolo otto, Colette nel capitolo sette; il padre nel capitolo nove; o di una passione come quella per le farfalle, nel capitolo sei; è legittimo affermare che primo capitolo di Speak

Memory svolga una funzione analoga a quella di un prologo, ma che sia

soprattutto una sorta di summa di quello che sarà l’autobiografia: Perfect Past contiene in nuce tutti quei temi, e quei personaggi che verranno sviluppati in seguito.

Nabokov apre questo capitolo con una meditazione sul tempo e sulla morte: l’indicibile dell’autobiografia e insieme il suo sottinteso fondamento:65

The cradle rocks above an abyss, and common sense tells us that our existence is but a brief crack of light between two eternities of darkness [...] (p. 17)

A questa considerazione segue un aneddoto :

I know, however, of a young chronophobiac who experienced something like panic when looking for the first time at homemade movies that had been taken a few weeks before his birth [...]

Nature expects a full grown man to accept the two black voids, fore and aft, as stolidly as he accepts the extraordinary vision in between. Imagination, the supreme delight of the immortal and the immature, should be limited. In order to enjoy life, we should not enjoy it too much.

I rebel against this state of affairs. I feel the urge to take my rebellion outside and picket nature (p. 18)

La rievocazione del passato nasce dunque dalla volontà di ribellarsi contro la natura, e soprattutto contro il tempo: questa ribellione viene attuata tramite la rievocazione di un mondo che è stato spazzato via da una rivoluzione, e che attraverso queste memorie rivive nel presente della scrittura, venendo così

64 Si veda la pseudo recensione scritta nel 1950, ai tempi della stesura, e della pubblicazione della

prima autobiografia: Vladimir Nabokov Appendix: ‘Chapter Sixteen’ or ‘On Conclusive Evidence’ contenuta in Speak, Memory: An Autobiography Revisited Penguin edition, London (2000) pp. 238-251.

65 Sergio Zatti Raccontare la propria infanzia postfazione a Francesco Orlando Infanzia, memoria e

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doppiamente sottratto alla storia, e all’oblio: è in questo modo che Nabokov dimostra il trionfo della mente sul tempo e sulla natura66.

E se è vero che la vera nascita è quella che noi ci diamo da noi stessi raccontando la nostra storia, talché noi siamo, in un certo modo, partoriti dalla nostra memoria67, a queste prime considerazioni sul la morte e il tempo, segue il racconto della presa di coscienza di sé stesso come individuo68, evento che nel genere autobiografico ha spesso sostituito quello che nessuno sarà mai in grado di raccontare: la nascita.

I had learned numbers and speech more or less simultaneously at a very early date, but the inner knowledge that I was I an that my parents were my parents seems to have been established only later, when it was directly associated with my discovering their age in

relation to mine. Judging by the strong sunlight that, when I think of that revelation, immediately invades my memory with lobed sun flecks through overlapping patterns of

greenery, the occasion may have been my mother’s birthday, in late summer, in the country, and I had asked questions and had assessed the answers I received.(p. 17). Se negli scritti autobiografici antecedenti alla rivoluzione rousseauiona l’infanzia era un momento della vita quasi inesistente, e venivano ricordati solo quegli episodi che potevano essere interpretati come segni di futura grandezza, dopo Jean Jacques Rousseau, come ha scritto Sergio Zatti: “nella memorialistica moderna il presagio/predestinazione dell’autobiografismo più arcaico, ha lasciato il posto a un più sottile e complesso meccanismo di autorappresentazione e di autopromozione dell’Io (che nasce in età umanistica con la famosa epistola Posteritati di Petrarca) e che individua nell’infanzia il terreno ideale di formazione e cultura della personalità69”. Questo processo, conosciuto con il termine di

self-fashioning comincia ad essere attuato da Nabokov in quelle poche righe che

precedono la sua presa di coscienza: “I had learned a numbers and speech more or less simultaneously at a very early date”. L’aver appreso molte lingue in età prescolare è uno dei primi segni dell’eccezionalità del bambino-Nabokov destinato a ripercuotersi sulla vita adulta, e soprattutto sulla sua futura carriera di scrittore. Questo sua capacità di muoversi fra lingue diverse ha creato non pochi 66Cfr. Brian Boyd Vladimir Nabokov the American Years, Princeton University Press, New Jersey (1990)

p. 152.

67 Cfr. Sergio Zatti Raccontare la propria infanzia postfazione a Francesco Orlando Infanzia, memoria e

storia da Rousseau ai romantici Pacini editore, Pisa (2007) p. 307.

68 Cfr. R. Coe When the Grass was Taller, Yale University Press, Cumberland, Rhode Island, U.S.A

(1984). p. 9.

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problemi, Nabokov ad oggi rimane “un curioso uccello inclassificabile di tre letterature: anglo-americana, russa (in esilio), francese (per le influenze); quello di inclassificabile è uno statuto difficile per chi vuole abbracciare tre tradizioni letterarie e due lingue70”, o per dirla in altri termini Nabokov può venire considerato uno dei rarissimi scrittori del Novecento, autenticamente bilingui, come Elsa Triolet71 .

Consapevole delle proprie caratteristiche e della propria singolarità di scrittore, soprattutto per quanto riguarda l’abilità linguistica, l’autobiografo Nabokov non può esimersi dal sottolinearlo, e dal raccontare come ciò sia stato possibile

Nell’Introduzione a Speak Memory ha infatti scritto quasi citando l’impresa senza

precedenti72 di rousseauiana memoria, a proposito delle sue molteplici

metamorfosi linguistiche:

but some consolation was given me by the thought that such multiple metamorphosis, familiar to butterflies, had not been tried by any human before.(p.10)

Nell’autobiografia le origini di questa peculiarità precedono lo shock della presa di coscienza dell’io bambino, che viene definita, senza mezzi termini, una

rivelazione, al punto che:

Indeed, from my present ridge of remote, isolated, almost uninhabited time, I see my diminutive self as celebrating, on that august day 1903, the birth of sentient life. (p. 19) Il racconto dell’infanzia, nell’autobiografia, è il racconto della formazione di un eroe (l’autore appunto) il quale, come nella migliore tradizione del

Bildungsroman, passa da uno stato di non-consapevolezza, ad uno stato di

coscienza di sé come individuo, per infine approdare all’affermazione della propria identità poetica-letteraria73. Nabokov dunque dà avvio alla propria vicenda personale, non nel giorno della sua nascita, ma attraverso la finzione della scrittura si auto-rigenera tramite la rivelazione avvenuta in un giorno del 1903. Se per molti scrittori il vero punto di svolta, o turning point come viene definito in ambito britannico, nella vita è stato dato dalla cosiddetta conversione letteraria, 70 Gilles Barbedette, Tra esilio e Parodia, in Magazine Littéraire, num. 233, settembre 1986, tradotto

in italiano da Elio Grazioli, in Riga num. 16 Officine Sabatini, Milano (1999) p. 166.

71 Tonarelli Melania Bilinguismo e bispazialità nell’autobiografia di Vladimir Nabokov, tesi di laurea,

Pisa (2005) p. 9.

72 Jean Jacques Rousseau Le Confessioni Garzanti editore, Milano (1976) p. 5 .

73 Cfr. Richard Coe When the Grass was Taller, Yale University Press, Cumberland, Rhode Island,

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non c’è dubbio che prima ancora della conversione letteraria una rivoluzione, con le conseguenze che essa inevitabilmente comporta, possa essere considerata tale. Prima della rivelazione dell’io c’è per Nabokov una primordial cave74, fatta con il

divano per i giochi di un bambino di quattro anni, e le prime lontane impressioni, sulle quali indugerà generosamente per tutto il resto del capitolo:

I may be inordinately fond of my earliest impressions, but then I have reason to be grateful to them. They led the way to a veritable Eden of visual and tactile

sensations.[...]

They belong to the harmonious world of a perfect childhood and, as such, possess a naturally plastic form in one’s memory, which can be set down with hardly any effort;[...]

I would moreover submit that, in regard to the power of holding up impressions Russian children of my generation passed through a period of genius, as if destiny were loyally trying what it could for them by giving them more than their share, in view of the cataclysm that was to remove completely the world the had known.(p. 21)

E’ attraverso il primo accenno ai grandi eventi storici che gli hanno sconvolto la vita, che Nabokov fa compiere all’operazione di mitizzazione del proprio passato un ulteriore passo in avanti: fino a questo punto della narrazione infatti Nabokov si è circondato di cautele e di richiami per avvicinarsi alla sua lontana infanzia, definita senza esitazione alcuna perfetta. Adesso che inizia a descrivere la Russia prerivoluzionaria attribuisce ad un’intera generazione, la sua, un period of genius quasi a marcare ulteriormente la differenza con un presente privo di genialità, poiché genius disappeared when everything had been stored75e i bambini prodigio dopo il cataclisma “eventually turn into second-rate musicians with sad eyes and obscure ailments and something vaguely misshapen about their eunuchoid hinquarters76”.

Con queste parole, per la prima volta, troviamo nel testo degli accenni alla Rivoluzione del 1917, la quale però non viene citata esplicitamente, e in seguito non verrà mai descritta esplicitamente in nessun capitolo.

Nabokov-autobiografo riserverà alla Rivoluzione d’Ottobre soltanto degli accenni, soprattutto legati a quegli eventi che vedono come protagonista il venerato padre, si può dire che questa è una precisa scelta stilistica,è imputabile a due fattori:

74Vladimir Nabokov Speak Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition, London (2000) p.

20.

75 ibid. 76 ibid.

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1) La non politicità dichiarata della produzione letteraria di Nabokov.

2)Una scelta stilistica legata a quei vincoli letterari che distinguono l’autobiografia vera e propria dal genere che le è più affine, la memorialistica. Nell’autobiografia, come ha sottolineato Richard Coe, l’epicentro della narrazione è l’autore stesso, che è soprattutto un poeta la cui verità è essenzialmente indipendente dalla verità dei fatti, mentre il memorialista è uno storico con lo sguardo obiettivo che ogni vero storico deve avere77.

Se questo può essere parzialmente vero anche per Nabokov, non si può dimenticare che egli fu non solo romanziere, ma anche un profondo ed appassionato conoscitore della letteratura europea, come testimonia l’entusiasmo che era in grado di suscitare nei suoi studenti, durante gli anni passati ad insegnare European Fiction, alla Cornell University78, questi corsi avevano come argomento tra gli altri: La Dama di Picche di Puskin, Anime Morte, e Il Cappotto, di Gogol, Anna Karenina, La morte di Ivan Ilich, La Metamorfosi di Kafka, l’Ulisse di Joyce e La Strada di Swann di Proust79. Ed è proprio dal grande e ammirato scrittore francese, che Nabokov prende a prestito da Proust, rielaborandolo in maniera personalissima, quel procedimento che conosciamo con il nome di intermittenze del cuore:

Il passato, il tempo perduto in un desolato, ansioso degenerarsi di quelle epifanie, diventa un enorme deposito di oggetti, di apparizioni di atti di presenze, che avrebbero potuto anch’essi fendersi come una scorza, lasciare apparire ciò che nascondevano. Come recuperare e riscattare quel passato? Come ritrovare il senso della propria vita? Qui Proust fa la grande scoperta, ha la grande rivelazione: certi attimi, epifanizzandosi, epifanizzano il passato. Abbandoniamo la parola di Joyce, sostituiamola con quella trovata da Proust a battezzare quegli attimi rivelatori, il fenomeno grazie a cui si rivelano. Proust li chiama intermittenze del cuore80.

E poi:

Ecco dunque che cos’è un’intermittenza del cuore: un risorgere del tempo perduto, di un tratto del tempo perduto, grazie all’opera –meglio la si chiamerebbe intercessione- della memoria involontaria stimolata da una sensazione, da unoggetto che talvolta con quelle immagini, con la vive e folta anima di quelle immagini ha poca somiglianza, poche analogie, spesso puramente casuali. Le intermittenze del cuore sono il metodo narrativo 77 “The memorialist is a historian, with the objectivity of outlook that every true historian must possess;

the autobiographer is a solipsist, an individualist, a poet above all, whose truth, like that of the poet, is essentially independent of the evidence of facts” . Richard Coe When the Grass was Taller, Yale University Press, Cumberland, Rhode Island, U.S.A (1984) p. 15.

78 Cfr. Brian Boyd Teaching European Fiction, Cornell 1950-51, in Vladimir Nabokov The American

Years, Princeton University Press, New Jersey (1990) pp. 160-198.

79 Cfr. Brian Boyd op. cit. pp. 171-172.

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di Proust in una maniera anche più evidente di quanto le epifanie lo siano per Joyce. [...] Ma tutto intero il romanzo si può scandire in un succedersi di intermittenze del cuore che recuperata la materia narrativa, già portata allo stato di trasparenza per cui le cose, pur rappresentate nella resistente impenetrabile oggettività estrinseca della loro esistenza hanno cessato di essere mute, rivelano il segreto che nascondevano e di cui trasmettevano la tentazione81.

E ancora:

Quando si deve trasportare un personaggio scenico in un luogo lontano e diverso, pur facendolo rimanere in scenda e sempre sotto gli occhi dello spettatore, lo si tiene immobile, al massimo gli si fa segnare il passo mentre dietro di lui si fa scorrere il fondale che rappresenta il succedersi dei luoghi attraversati da quel personaggio. Il

romanzo di Proust fa qualche cosa di analogo, crea il movimento in quella successione di attimi immobili, facendo scorrere il tempo dietro la loro immobilità. Parlo di un

tempo materiale; fatto di ore, giorni, anni. Per il tempo psicologico del narratore, del protagonista che racconta, il problema si complica, in quanto i suoi attimi, immobili nel tempo, scorrono nella durata, cioè nel senso interiore che abbiamo del nostro tempo e della sua continuità. Comunque, per conchiudere su questo punto, in Proust, come scorre il tempo scorre anche lo spazio; cioè non sono gli oggetti a provocare col loro

moto, l’apparizione di oggetti successivi; è lo scorrere dello spazio a sostituire quegli oggetti con quelli nuovi e diversi che occupano la successiva porzione di spazio82.

Il genere dell’autobiografia è legato a quello del romanzo fin dal suo esordio: Jean Jacques Rousseau prima di lanciarsi nell’impresa delle sue Confessions fu l’autore dei più grandi best-sellers della sua epoca , per questo non deve stupire se un autore moderno nell’accingersi a stendere la propria autobiografia, guarda con molta attenzione alla lezione di stile dell’autore de La recherche du temps perdu. Ma Nabokov non è certo il tipo di scrittore che affiderebbe i suoi ricordi ad un processo di memoria involontaria, come quella descritta nel romanzo di Proust: la rievocazione del passato, in Nabokov, nasce con l’intento dichiarato di sfidare la natura, di sottrarre all’oblio il proprio mondo perduto. Per questa ragione Nabokov non affida la sua ribellione ad un processo involontario, come la memoria proustiana, ma rielabora quello scorrere dinamico dello spazio di cui parla Debenedetti, per esaltare ancora di più la successione di attimi, persone, e di oggetti immobilizzati nella lontananza del ricordo.

Si può dire che Nabokov per la sua opera più intima, ed emotivamente coinvolgente, rielabori in una maniera più controllata, il procedimento delle intermittenze del cuore. Questa rielaborazione è riscontrabile fin dal primo 81 Cfr. Giacomo Debenedetti op. cit. p. 299.

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capitolo di Speak Memory, dedicato ad un generico perfect past e composto da

intermittenze apparentemente casuali dell’infanzia nabokoviana. In queste

intermittenze vediamo scorrere i luoghi dell’infanzia di Nabokov sullo sfondo sul quale si muovono i personaggi: la passeggiata in campagna in un giorno di festa e la madre ventisettenne, con il padre in alta uniforme83; il divano e i mobili del salotto, opportunamente spostati per andare incontro alle esigenze di giochi di Nabokov, nella casa di campagna a Vyra84; l’istitutrice inglese Miss Norcott e il soggiorno sull’Adriatico ad Abbazia; l’aneddoto di Fiume quando Nabokov bambino fu quasi costretto dal padre ad abbandonare controvoglia un sorbetto limone per allontanarsi, in segno di disprezzo, da dagli ignari turisti rei di essere giapponesi nel 1904, l’anno della disastrosa guerra della Russia contro il Giappone85; poi ci sposta nella casa di Pietroburgo dove compare il Generale Kuropatkin immortalato nel momento in cui interrompe per sempre un gioco per il bambino-Nabokov a causa dell’ordine di assumere il comando dell’esercito russo ai confini con il Giappone. Il luogo e lo spazio cambiano ancora: dopo la rivoluzione, su di un imprecisato ponte, durante la fuga del padre da Pietroburgo, riappare lo sfortunato generale, ormai ridotto in miseria, rappresentato nel momento di reciproco riconoscimento: il vecchio generale e il democratico in fuga86.

Di fronte a questi momenti resuscitati per associazione87 alla guerra contro il Giappone Nabokov autobiografo si lascia andare ad una riflessione:

What pleases me is the evolution of the match theme: those magic ones he had shown me had been trifled with and mislaid, and his armies had also vanished, and everything had fallen through, like my toy trains that, in the winter of 1904-05, in Wiesbaden, I tried to run over the frozen puddles in the grounds of the Hotel Oranien. The following of such

thematic designs through one’s life should be I think the true purpose of autobiography. (p. 23)

In questa affermazione non possiamo non vedere la lezione di Proust: per Nabokov scrivere un’autobiografia significa dunque recuperare attimi perduti, momenti rimasti sospesi e poi dimenticati, e come dice esplicitamente, le

83 Cfr. Vladimir Nabokov Speak Memory: an Autobiography Revisited, Penguin edition, London

(2000) p. 19.

84 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p. 20. 85 Cfr. Vladimir Nabokov pp. 22-23. 86 Cfr. Vladimir Nabokov ibid.

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conseguenze di tutto questo dovrebbero essere la tematica centrale e lo scopo ultimo di un’opera di un’autobiografia.

Quando nel paragrafo successivo, lo spazio dello sfondo cambia ancora, ci troviamo di nuovo nella tenuta di campagna di Vyra, nel 1905, e il personaggio che viene rappresentato al lettore, dopo il vecchio generale, è il primo maestro di russo Vasily Martinovich Zhernosekov “ to him, in a way, owe the ability to continue for another strech along my private footpath which runs parallel to the road of that troubled decade”88

Vasily Zhernosekov è il primo di una lunga lista di maestri ed istitutrici che vedremo sfilare con più attenzione in ben due capitoli; il quarto e l’ottavo; ma in questa sorta di lungo prologo, il paragrafo dedicato al maestro locale preannuncia argomenti e tematiche che verranno sviluppati in seguito: la sinestesia concretizzata nei cubi con le lettere dell’alfabeto russo (colori che erano tutti sbagliati89), e l’adorazione per il padre di Nabokov, uno dei veri e propri temi conduttori di tutta Speak Memory. Ed è proprio all’insegna dell’esaltazione della figura paterna che si chiude questo primo capitolo: dapprima veniamo a sapere che il maestro di campagna riveriva il padre di Nabokov “who had recently rebuilt and modernized the village school”90 ; poi in un climax ascendente vediamo il padre imprigionato a causa delle sue posizioni politiche; poi esaltato in una festa di accoglienza per il suo rientro dalla prigionia, ed infine lo vediamo quasi beatificato in un’ascesa reale e metaforica: Nabokov scrittore-autobiografo riesce infatti a sovrapporre il ricordo meravigliato ed ammirato del sé-bambino, davanti alle manifestazioni di riconoscenza dei contadini nei confronti del padre, con il tragico destino che gli è stato riservato. Passato remoto, passato prossimo e presente si fondono e si sovrappongono nella chiusura di questo primo capitolo, e sebbene Nabokov sia sempre stato renitente a parlare delle proprie vicende personali, in queste poche righe in cui il tempo pare dissolversi nella sovrapposizione di ricordi e di immagini traspaiono intatti, a distanza di anni, tutta l’ammirazione e il dolore per la perdita subita :

There, for an instant, the figure of my father in his wind –rippled white summer suit would be displayed, gloriously sprawling in midair , his limbs in a curiously casual attitude, his handsome, imperturbable features turned to the sky. Thrice, to the mighty 88 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p. 25.

89 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p. 30. 90 Cfr. Vladimir Nabokov op. cit. p. 24

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