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M’bour e Saly

P: Lui raccoglie l’acqua dal suo pozzo e la vende in giro, ostacolando il commercio delle

5. MOBILITÀ, RAPPRESENTAZIONE E SPAZI DELL’IMMAGINARIO

5.2 Vivere tra due mondi L’esperienza di un Altrove immaginato.

Primogenito di cinque figli, Malik è un ragazzo di origine peul che vive a M’bour da dieci anni nel quartiere di Chateau d’Eau Nord. In ragione della professione del padre, guardia penitenziaria, Malik si è trovato fin da piccolo a viaggiare per il Senegal; a suo dire, dopo trent’anni poche sono ormai le città in cui non ha vissuto.

Dopo una breve formazione scolastica durante la quale ha raggiunto la licenza media, Malik ha deciso di interrompere gli studi e di incominciare a far esperienza nel mondo del turismo. All’età di ventisei anni, inizia a lavorare come cuciniere presso l’hotel Teranga a Saly dove vi rimarrà per circa due anni. Con i proventi di quest’attività, acquista un’automobile ed incomincia a lavorare come chauffeur e guida, trasportando i turisti a Saly o in altre località turistiche. Non essendo una guida ufficiale Malik provvede ad incontrare i turisti, appoggiandosi alla boutique degli antiquaires di Bibi che hanno una boutique sulle spiagge di Saly. Tra di essi si distingue

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El Hadji, non solo un collega ma un carissimo amico, con il quale rimane in stretto

contatto anche in seguito alla sua partenza per la Svezia in compagnia di una ragazza svedese. Dopo un anno di intensa attività, a causa di urgenti esigenze familiari, Malik si troverà obbligato con profondo rammarico, a vendere l’automobile. Da allora, disoccupato, e in attesa di reinserirsi nel settore turistico, egli troverà soltanto un lavoro temporaneo come apprendista sarto presso la bottega di un amico del quartiere. Durante gli anni di attività nel turismo, Malik ha occasione di conoscere alcune ragazze con le quali rimane particolarmente legato: Carole e Magalì, di origine francese che vedrà periodicamente per più di quattro anni; Emroute, una ragazza haitiana con la quale egli si instaurerà un rapporto di profondo affetto che coinvolgerà anche gli altri membri della famiglia di Malik.

Il lavoro di guida turistica, sebbene possa essere soggetto a lunghi periodi di inattività, dovuto al carattere stagionale della professione, emerge fin dalle prime parole di Malik come una professione estremamente coinvolgente che richiede una profonda dedizione e spesso una involontaria rinuncia a quella che è la propria vita extralavorativa.

Quando lavoravo con i turisti non c’era mai tempo per incontrarsi con gli amici…la vita personale diventava parte di quella vissuta con i turisti. Spesso i tuoi tempi diventavano quelli dei turisti. Poteva capitare di non vedere i vicini di casa per mesi e poi durante alcune serate organizzate a Saly per i turisti, succedeva di incontrarsi per una settimana di seguito. Gli amici che non lavoravano nel turismo li vedevo anche meno (13. 07.09 – Malik, M’bour)

Chi lavora nel turismo non ha più una propria vita…o forse ne ha un’altra. Ha quella del turista. Torni a casa verso le 2 di notte e la mattina devi svegliarti molto presto, verso le 7 per essere disponibile con i turisti che la notte prima non “hanno fatto serata” (13.

07.09 –Malik, M’bour)

Spesso mi sembra che nelle escursioni dove accompagno persone come Magalì a scoprire il Senegal – mi spiega Malik – non sono io che le porto a fare un viaggio o un giro turistico ma sono loro che mi fanno viaggiare, che portano via una parte di te; ti trasportano in un’altra realtà e poi tu ti senti sospeso…non sai più esattamente dove sei. Ti senti di qua e di là.

Alla fine vorrei scrivere a Magalì, proprio perché io nella vita sento che ci sono due modi di essere diversi, abitudini o costumi diversi che non voglio perdere (07.08.09 Malik, M’bour) Spesso lavorare nel turismo era un po’ come vivere in vacanza o in un’altra vita perché i turisti ogni tanto mi invitavano a trascorrere le serate o i w-end nel loro stesso albergo. Io ho visitato molti di questi hotels e villaggi turistici. Ma non è così per tutti. Molti abitanti di M’bour non sono mai venuti a Saly…non hanno mai viaggiato! (17.08.09 –Malik, M’bour)

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Col tempo la dimensione lavorativa e quella personale paiono sovrapporsi, rendendo molto più indefinito quanto la quotidiana esperienza della guida con i turisti diventi la propria quotidianità. Se da un lato, la condizione esistenziale di Malik appare sospesa tra due universi esistenziali apparentemente separati, è proprio nel momento in cui, come afferma, Malik: “Non si ha più la propria vita, […] ma si diventa parte di quella del turista” che egli sembra aprirsi alla dimensione dell’Altrove, trasportato nel viaggio dei turisti.

Le descrizioni e le opinioni di Malik in merito al proprio contesto sociale privato delineano una percezione dello spazio che si struttura nel binomio dentro/fuori.

Qui [a casa]…in questo quartiere, è onestamente come stare in una casa di riposo per pensionati. Io passo la maggior parte del tempo fuori oltre le mura di questo territorio. Prima, (quando lavoravo) passavo la maggior parte del mio tempo al lavoro, con gli Europei (27.08.09 - Malik,

M’bour)

Ricordo che ogni tanto El Hadji mi confidava che ormai non sapeva neanche più come si marcava (draguer) una ragazza senegalese perché eravamo sempre insieme a quelle europee. E in effetti io condividevo la sua idea. Il lavoro ci assorbiva al punto che spesso io mi sentivo come se fossi escluso o esterno alla società senegalese.Anche io le ragazze che ho avuto erano tutte delle turiste. Ho avuto una ragazza senegalese, ma viveva in Francia. Ora in un certo senso mi vedo con una ragazza del quartiere. Del resto non avevo mai tempo di conoscere le senegalesi perché ero tutto il tempo insieme a quelle straniere (23.08.09 - Malik, M’bour)

I confini culturali che emergono nelle descrizione dell’esperienza esistenziale compiuta da Malik come guida turistica appaiono informare un processo di costruzione identitaria che si nutre delle rappresentazioni turismificate degli spazi urbani di M’bour e Saly.

Nel sentirsi trasportato dai turisti Malik ci parla di un’esperienza di mobilità e configura l’immaginario di un Altrove che non rinvia necessariamente ad una realtà lontana nello spazio. O meglio, come è suggerito da queste e alcune narrazioni che ci parlano del rapporto con Carole. Grazie alle possibilità aperte dall’uso di internet e di una webcam, Mbaye ritrova in Tolosa, la città in cui vive Carole,delle profonde similarità con M’bour.

Tolosa è una città veramente tranquilla! Più volte Carole mi ha mostrato con la webcam attraverso le finestre della sua stanza, la vita di Tolosa. Le luci serali, i tavolini, le passeggiate vicino ai locali, le notti trascorse a chiacchierare con gli amici fino a notte tarda… Queste sono cose che facciamo anche noi qui. Sono cose che apprezzo! (18.07.09 – Malik, M’bour)

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Tolosa è la città in cui vive Carole, una ragazza francese conosciuta da Mbaye durante la sua attività di guida turistica. Mbaye mi parla spesso di lei, pensando a quella che sarebbe stata la “sua vita in Francia”, Malik avrebbe dovuto andare in Francia per circa 6 mesi, non per vacanza, ma per lavoro; per sistemare l’appartamento di Carole dove progettava di andare ad abitare e che più volte aveva visto in webcam, al punto da conoscerlo come si vi avesse vissuto.

Ci sentivamo spesso con Carole. Io ho la mia stanza là a Tolosa…me l’ha fatta vedere Carole con la telecamera. Lei mi ha fatto più volte vedere la casa, ed io le davo dei consigli su come intervenire sui muri…su come intervenire di qua e di là. Per questo lavoro, ho trascorso del tempo a pensare come progettare le cose al meglio. È strano, sai, vivere qui e al tempo stesso lavorare là, senza viverci…senza neanche mai averci vissuto (01.08.09 – Malik, M’bour)

L’immagine dell’Altrove appare quindi configurarsi in modo duplice: da un lato come la costruzione sociale di un Altrove locale, che è connesso alla dimensione professionale di guida e alla percezione dello spazio turistico in Senegal; dall’altro come un Altrove geografico dai riferimenti contestualmente specifici, che quindi mette in questione l’idea naïf che l’Europa sia collettivamente percepita come uno stereotipato ed omogeneo Eldorado. Contrariamente alle rappresentazioni trasmesse dai media sui migranti, l’idea d’’Europa attraverso cui prende forma l’Altrove, non risulta percepito come un El Dorado, come un mondo omogeneo che riflette le rappresentazioni veicolate dagli Européens di ritorno in Senegal. L’Altrove sembra essere percepito piuttosto come un mosaico, un puzzle di immagini che danno forma a delle rappresentazioni sociali e geografiche frutto dell’incontro spesso intimo tra la guida ed il turista, ma non di meno patinate come quelle turistiche. Non è un caso che queste rappresentazioni immaginarie non siano alimentate dagli Européens, ma piuttosto dai turisti stranieri in visita in Senegal. Né i turisti, ne le guide locali fanno conoscenza della realtà ma piuttosto fruiscono di una interpretazione soggettiva e contestualmente specifica di essa, frutto di uno scambio reciproco.

Durante tutti i gli incontri Malik e altre persone impiegate nel turismo raramente mi è capitato di sentire usare il termine El Dorado.

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